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Autore: AsfodeloSpirito17662    30/05/2013    8 recensioni
Doveva ubriacarsi. Non c'era altro modo di affrontare quella grigia, grigissima tragedia. Il punch scivolò giù nella gola che una vera bellezza! Forse un po' troppo bene, tant'è che lo stomaco iniziò a bruciargli come avesse inghiottito un fiammifero. Lasciò cadere il bicchiere di plastica vuoto a terra e si appoggiò al muro durante un giramento particolarmente crudele. Era alla maledetta festa della confraternita dei Camelot, Arthur Pendragon era lì da qualche parte a strusciarsi in mezzo alla bolgia ubriaco come una melanzana e lui, che finalmente era riuscito a trovarsi nello stesso posto alla stessa ora e non perché avevano lezione insieme, era vestito da donna!
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Lancillotto, Merlino, Mordred, Morgana, Principe Artù | Coppie: Gwen/Lancillotto, Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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UNDICESIMO CAPITOLO


Gwen tenne lo sguardo basso, tirò di più la gonna sulle ginocchia (non le era mai sembrata così corta!) e rimase in religioso silenzio. L'odore di pelle e di legno d'acero che impregnavano l'ufficio del Rettore mettevano una certa agonia addosso, almeno per lei. Senza alzare il mento, con la coda dell'occhio studiò l'espressione del volto di Lancelot, ma il suo ragazzo appariva pacifico ed imperturbabile. Se non fosse stato per l'eccessivo strato di sudore freddo che gli imperlava la fronte (visibile sopratutto di profilo), avrebbe pensato che non fosse per niente preoccupato.

E se lui è preoccupato significa che c'è da preoccuparsi.


Lance dal canto suo, si sentiva tutt'altro che pacifico ed imperturbabile. A breve sarebbe sicuramente morto di infarto, tanta era la velocità con cui il suo cuore batteva e se avesse continuato ad alimentare quel suo terrore in silenzio, presto il sudore che stava accumulando anche sulla schiena sarebbe bastato per aprirci una diavolo di piscina, con trampolino annesso.

Anzi, proporrò al Rettore di assumermi come irrigatore umano del parco scolastico. Considerando che sto per essere espulso, direi che sarebbe un lavoro più che dignitoso.


Il Rettore in questione, niente popò di meno che Agravaine de Bois in persona, se ne stava serenamente seduto alla sua beneamata scrivania, i gomiti poggiati su alcuni documenti, le dita delle mani incrociate e le nocche impegnate a sostenerne il mento liscio. I suoi occhi scuri, all'apparenza appartenenti ad un uomo di amabile natura, accompagnavano magnificamente il sorriso dall'aria rassicurante con il quale studiava quei due reperti umani da poco ripescati dalla biblioteca. Lance e Gwen erano stati colti in atteggiamenti indecorosi, imboscati tra gli scaffali di Mitologia della Gran Bretagna ed Archeologia orientale.

Il completo scuro che quel giorno il Rettore indossava, lo faceva sembrare un becchino. Lance sapeva che la sua ora era dunque arrivata.


"Miei cari ragazzi" esordì il Rettore, manifestando il suo potere da dietro una targhetta dorata che recitava il suo nome e cognome, "Gradite una caramella?"

Quando l'uomo allungò verso di loro un contenitore di plastica pieno di palline colorate, Gwen scosse subito la testa, i riccioli scuri che deliziosamente ondeggiarono intorno al volto dai lineamenti delicati; quando alzò gli occhi tuttavia, fu solo per fulminare Lance con uno sguardo atterrito: il ragazzo infatti, aveva allungato una mano e già ne stava scartando una.

Stiamo per essere buttati fuori entrambi a calci nel sedere e lui mangia caramelle?! Non ci voglio credere.


Ficcando in bocca la pallina senza tante cerimonie, rispose all'occhiataccia della sua donna con una mera stretta di spalle: se proprio doveva firmare la sua fine, l'avrebbe fatto mangiando schifezze. Almeno quello, nessuno avrebbe potuto impedirglielo.

Quando masticò la pallina, questa emise uno spaventoso crack, che nel silenzio soffocante di quell'ufficio, risuonò come una mina antiuomo.

Gwen si coprì la faccia con una mano e represse un lamento da bestia ferita, preferendo puntare gli occhi scuri verso la finestra: il cielo uggioso non le era mai sembrato tanto bello e desiderabile.


"Dunque, permettetemi di ricapitolare!" Agravaine si appoggiò comodamente contro lo schienale della sua poltrona e continuò a sorridere, come stesse per raccontare a due buoni amici un vecchio scherzo, "Prima, Signor Lake, mi posiziona dei fuochi d'artificio all'interno delle serre scolastiche contravvenendo a più di metà del regolamento universitario. E civile. E sociale. Non contento, probabilmente pensando che introdursi all'interno di quegli edifici nonostante i lucchetti alle porte non fosse stato sufficientemente fuori da ogni schema di buona creanza sociale, lei ha fatto letteralmente..." e qui si tese in avanti, appoggiando i palmi aperti delle mani sulla scrivania; restò qualche attimo in silenzio, volendo creare con sommo divertimento una certa suspance.

"Lei ha fatto letteralmente saltare in aria le serre! BOOM!"


Gwen sobbalzò sulla sedia, quel grido finale e piuttosto pittoresco non se l'era aspettato proprio; guardò le mani del Rettore, che si erano alzate per aria, volendo imitare al meglio l'esplosione.


"Dopo il suo incredibile exploit di creatività, con la consapevolezza che la sua carriera scolastica era già così appesa ad un filo tenuto in mano da un consiglio scolastico tra l'altro da me presieduto... lei che cosa fa?" Agravaine emise un verso meravigliato, gli occhi grandi e stupiti, il sorriso sempre più largo che si trasformò in una risata. Restò in silenzio dopo, guardando entrambi con gioiosa aspettativa, volendo che i suoi due buoni amici, terminassero quella barzelletta per lui.

"Avanti!" li incoraggiò con allegria, sventolando una mano per aria, "Ditelo voi!"


Gwen arrossì fino all'ultimo ricciolo, ma non osò aprire bocca. Lance prese un'altra caramella.

"Ho capito, vi piace fare i difficili" commentò il Rettore, con un sospiro paziente, "Ve lo dirò io allora. Nonostante la consapevolezza della consistenza irrisoria di quel filo che ancora la teneva incollato alle aule di questa scuola, Lei Signor Lake, con la sua deliziosa compagna di studi... si prodiga sulla via della perdizione, si atteggia in atti osceni in luoghi pubblici!"

"Era solo un bacio..." biascicò lui, spingendo la caramella nella guancia sinistra con la lingua.

"Solo un bacio!" esclamò Agravaine, marcando ancora il suo divertimento; "E' per questo che metà sezione di Archeologia orientale è finita per terra. Perché non eravate spalmati addosso alla scaffalatura, no. Signor Lake, ora mi dica: che cosa mi impedisce da buttarla fuori da questo istituto sedutastante?"

Lance si schiarì la gola e sostenne il suo sguardo con una certa fermezza, come avesse un asso nella manica da poter sfoderare proprio in quel momento. Tuttavia la sua risposta fu abbastanza deludente.

"Non ne ho idea, me lo dica lei" disse infatti, corrugando la fronte.

Già... perché siamo ancora qui a parlarne?


"No, me lo dica lei" ribatté Agravaine, sfoggiando la sua stessa identica espressione guardinga.

"Guardi, le giuro, proprio non lo so. Me lo dica lei!"

"Oh per l'amor del cielo..." biascicò nel mentre Gwen, scuotendo miseramente la testa.

Il Rettore sedette di nuovo composto ed incrociò le mani sulla scrivania, con sguardo improvvisamente greve. Soppesò entrambi gli studenti per degli attimi che parvero infiniti, durante i quali la riccia torturò l'orlo della sua gonna ancora maledettamente troppo corta.

"Glielo dico, Signor Lake. Lei non verrà espulso"


A Lance quella notizia fece andare di traverso la quarta caramella. Cominciò a tossire come un disperato e le guance si fecero ben presto violacee. Presa dal panico, Gwen si alzò in piedi e cominciò a battergli una mano sulla schiena.

"Oh Dio, Lance, respira, ti prego, mandala giù! Oh mio... Lance! Lance! Preside la prego, faccia qualcosa! Chiami qualcuno, gli dia dell'acqua!"


Continuando ad agitarsi sempre di più, con Lancelot oramai prossimo alla morte tra le braccia, non poté notare che Agravaine aveva arrotolato le maniche della camicia sin sui gomiti; registrò la sua presenza solo quando lo vide apparire alle spalle del suo ragazzo. Il Rettore circondò con le braccia il petto dello studente e facendo delle forti pressioni, dopo pochi tentativi riuscì a fargli sputare fuori la caramella, che come un proiettile puntò verso la finestra, rompendone il vetro. Lance prese un respiro così profondo che parve essere appena risorto dalle acque di Avalon e Gwen, con le lacrime agli occhi, lo abbracciò di slancio.


"Metterò in conto anche quella, Signor Lake" commentò serenamente il Rettore, tornando al suo posto, ma lasciando le maniche della camicia sopra i gomiti. Gettò una breve occhiata alla finestra, per valutare l'entità dei danni. Intanto Lancelot si era letteralmente accasciato sulla sedia e poco lucidamente, ricambiava l'abbraccio soffocante di Gwen.

Mi... mi ha salvato la vita! Non sarò espulso e... e mi ha salvato la vita! Sono su Candid Camera?


"Ora le dirò chiaramente che cosa voglio da lei, Lake"

La voce dell'uomo calamitò completamente la sua attenzione. Spostò la sua ragazza da un lato, che ci rimase un po' male e si sporse verso il Rettore.

"Qualsiasi cosa!" esclamò, con rinnovata convinzione: scampare alla morte ci rende tutti persone migliori. "Farò qualsiasi cosa!"

Agravaine stese le labbra in un sorriso soddisfatto e tornò a guardarli entrambi come fossero stati sempre quei due famosi vecchi amici sopra citati.


*


Per l'ennesima volta, Morgana cercò di riprendersi il suo cellulare, ma Mordred era maledettamente svelto e sfuggì dalle sue grinfie senza troppe difficoltà.

"Duirvir, sto perdendo la pazienza!" ringhiò lei, continuando a trotterellargli dietro, "Ridammelo! Hai superato ogni limite!"

Il ragazzo, senza neanche guardarla, continuò a digitare chissà che cosa sul telefono e si voltò di scatto nel momento in cui Morgana, dopo aver accelerato per superarlo, ebbe allungato ancora le mani verso di lui per riprendersi ciò che era suo.

"Se ti calmi due secondi riesco anche a salvarlo" commentò lui, corrugando la fronte un po' infastidito: i dispositivi touch erano già difficili da gestire di per sé, se poi non aveva neanche la libertà di scrivere stando fermo, la questione si complicava. Cancellò una serie di lettere che aveva digitato per sbaglio e Morgana iniziò a girargli attorno come un serpente, con una tenacia davvero fuori dal comune.

"Due secondi un cavolo! Guarda che ti faccio picchiare di nuovo da mio fratello! Che cosa diavolo pensi di fare con il mio cellulare?!"

Mordred neanche la degnò di una risposta e con un sorriso soddisfatto, alzò il braccio in aria per evitare che la ragazza toccasse il telefono; si voltò finalmente verso di lei e la guardò con una gioia così innocente che non avrebbe potuto essere nient'altro che diabolica.

"Adesso che hai il mio numero in rubrica posso farmi uno squillo, così avrò il tuo!"


I tentativi di Morgana di riprendersi il suo cellulare aumentarono a dismisura, tant'è che cercò letteralmente di arrampicarsi su Mordred saltellando: nonostante fosse alta per essere una ragazza, quello riuscì bene a tenere il dispositivo fuori dalla sua portata. Tra una spinta e l'altra alla lottatore di sumo, con sommo orrore di Pendragon Femmina, la suoneria del telefono di Mordred interruppe i loro bisticci.


"Prendere il mio numero usando questi mezzucci, ti facevo più di classe Duirvir!" esclamò con tono di voce vibrante di insofferenza; lo spinse di nuovo con entrambe le mani e Mordred indietreggiò senza opporre resistenza, facendo anzi il gesto di restituirle il cellulare.

"In amore ed in guerra è tutto valido, Banshee. Considerando che qui le due cose si sono un bel po' mischiate, devo improvvisare!"

E fortunatamente sono davvero molto creativo.


"Ah certo, ed è così che pensi di vincere la guerra" rispose lei, calcando con estremo sarcasmo le ultime due parole, "Mi sa che ti sfugge qualcosa sulla buona riuscita dei rapporti interpersonali!"

Quando Morgana si riprese il telefono con un gesto stizzito, Mordred infilò le mani nelle tasche dei jeans e rise con semplicità.

"Tu che parli di rapporti interpersonali: non sapevo fossi amante delle barzellette... Non che non possa imparare ad apprezzare anche questo..." ammiccò con sfacciataggine, per il puro e palese gusto di provocarla (e per provocare Pendragon Femmina, bastava indispettirla).


Poi, la situazione si ribaltò.

Se prima era stato Mordred ad aver indietreggiato, costretto dalla spinta che aveva ricevuto, adesso era Morgana quella a doverlo fare.

Mano a mano che Duirvir le si avvicinava con dei passi dalla studiata tranquillità, la ragazza si preoccupava di mantenere una certa distanza tra loro e non lo perse di vista un attimo; odiava quel sorriso particolare di Mordred, di chi sapeva che cosa stava accadendo.

Duirvir pareva qualcuno che stava vedendo andare le cose esattamente come voleva lui.

Morgana era troppo intelligente per non accorgersene, ma per una maniaca del controllo quale era lei, la cosa non poteva certo farle piacere. Senza contare il fatto che (sì, almeno quello aveva dovuto ammetterlo), Mordred esercitava una certa influenza su di lei, altrimenti non si spiegava per quale diavolo di motivo riuscisse a farla ammutolire ogni tre per due.

L'orgoglio di Pendragon Femmina aveva ricevuto un brusco colpo da quella segreta ammissione, ma come sempre, era intenzionata ad affrontare le sfide a testa alta. Mordred avrebbe anche potuto farla sentire in soggezione, ma non avrebbe mai potuto intimidirla.

Piuttosto che finire così, rinuncerei ad una vita di potere e gloria per andare a fare l'eremita in un convento tibetano. Basta che non mi rasano a zero. Potrei uccidere per i miei capelli. Ed a quel punto l'eremita andrei a farla nel Sutton(1).


Persa nelle sue comuni elucubrazioni mentali, passò in una situazione di netto svantaggio in brevi istanti: Mordred non solo l'aveva raggiunta, ma aveva afferrato una ciocca dei suoi capelli e l'aveva arrotolata attorno all'indice.

"Morgana Pendragon che si fa prendere di sorpresa... cominci a perdere colpi?" mormorò, odiosamente.

Con il volto improvvisamente caldo per l'imbarazzo di essersi lasciata rimbeccare così facilmente, schiaffeggiò via la mano di Mordred e si allontanò senza aggiungere una parola.

L'aveva ammutolita di nuovo.


*


Arthur si girò dall'altro lato e ficcò la testa sotto il cuscino, ignorando con una volontà eccezionale la grigia luce mattutina che filtrava oltre le tende leggere. Si avvolse nel piumone come un bozzolo e restò immobile peggio di una mummia.

In quello splendido giorno, non aveva lezione sino al pomeriggio e se ci fosse stato suo padre, sicuramente l'avrebbe buttato giù dal letto a calci nel sedere per costringerlo ad allenarsi al campo di tiro, ma francamente Arthur non si sentiva proprio in vena. Era andato a dormire con la luna storta e quella mattina si era svegliato con una voglia di fare pari a quella di un invertebrato.

E poi, diciamocelo: lui ed il letto avevano sempre avuto un rapporto molto speciale. Erano fatti per stare insieme!

Il cellulare cominciò a squillare di nuovo e da sotto l'accumulo di coperte, Arthur emise un lamento d'oltretomba: era circa la decima volta che Morgana cercava di chiamarlo, ma non aveva la minima intenzione di rispondere.

Però non posso spegnere il cellulare, perché se lo spengo va a finire che quella piaga viene fino a qui per controllare di persona dove sono finito.


Se proprio vogliamo essere precisi fino in fondo, c'erano anche altri motivi per i quali Pendragon Maschio non intendeva dare udienza alla sorella Pendragon Femmina; uno di quei motivi, era l'argomento Emrys. Arthur sapeva che chiedere a Morgana di farsi gli affari suoi era come chiedere all'umanità di non fare la guerra, di conseguenza sapeva anche perché sua sorella continuasse a chiamarlo così insistentemente: voleva sapere.

Se c'era una cosa però che Arthur poteva fare, era mettere la vibrazione al suo stupido telefono; fu proprio così che andò a finire: fece emergere un solo braccio oltre il bordo del piumone, tastò poi a casaccio il comodino e dopo qualche buffo tentativo trovò l'oggetto delle sue ricerche.


Emrys aveva bisogno di tempo.

Sì, ma quanto? Non ha quantificato. Avrebbe potuto fare almeno questo, così avrei potuto, che ne so, organizzarmi.


Emrys aveva bisogno di tempo ed a lui questa cosa dava un fastidio tremendo.


Con uno sbuffo si girò nuovamente, incapace di stare a lungo fermo in una sola posizione. Ripensò a quando aveva detto a Merlin di lasciarlo da solo ed ammise che se i ruoli fossero stati invertiti (come stava in effetti accadendo), probabilmente avrebbe dato in escandescenza. Merlin invece aveva abbozzato in silenzio, piuttosto che mandarlo al diavolo era rimasto zitto ed aveva rispettato il suo bisogno.

Questa cosa lo faceva sentire un emerito imbecille: provava a comportarsi da persona adulta, sul serio, ma non poteva farci niente se l'idea che Emrys lo stesse evitando gli urtava da morire!


Tirò fuori la testa da sotto il cuscino ed il cellulare, incastrato nella federa, cominciò a vibrare; Arthur incrociò le braccia sul petto e fissò con un certo astio gli occhi azzurri sul soffitto.

Durante la notte era sceso a patti con un dato di fatto: Merlin condizionava il suo umore, per vie oscure e misteriose certo, fatto sta che lo faceva. Come ci riusciva?

E' più complicato del cubo di Rubik quello. C'è qualcosa in lui... e devo sapere che cos'è.


Ultimamente la sua vita era costellata da parecchi punti interrogativi, ma era più che intenzionato a dissiparne alcuni; come aveva detto sua sorella infatti, se c'era una situazione che poteva risolvere subito, era proprio quella che si era creata con Merlin.

La faccenda della ragazza in verde non aveva avuto nessuno sviluppo utile e davvero, non sapeva più che cosa fare. Non è che l'idea di starsene fermo ad aspettare gli facesse fare i salti di gioia, ma al momento non poteva comportarsi diversamente. Accantonando quindi per un tempo imprecisato quell'obbiettivo, se n'era prefissato un altro: capire come dover interpretare Emrys.


Il cellulare smise di fargli vibrare anche quel poco di cervello che aveva e lui si mise a pancia sotto, con una gamba che sbucava fuori dalle coperte, oltre il bordo del materasso.

Un'altra cosa su cui Morgana aveva avuto ragione, era che suo fratello ripensava per davvero alle cose come i cornuti: difatti, dopo che gli era stato fatto notare come Merlin fosse stato disposto ad aiutarlo in ogni modo possibile, aveva cominciato a chiedersi perché l'avesse fatto.

Se avesse chiesto a me una cosa così... probabilmente gli avrei riso in faccia.


Adocchiando i cassetti del comodino senza vederli realmente, piegò le labbra verso il basso, mettendo su un broncio da principe viziato; in pratica aveva appena ammesso che avrebbe riso in faccia ad un ipotetico se stesso.

In che posizione mi mette questa cosa?

Di certo in quella di un asino babbeo, avrebbe detto Morgana. O forse no, forse l'avrebbe detto Merlin.


La compagnia di Merlin gli piaceva. Lo trovava divertente, sincero e maledettamente altruista. Era il tipo di persona che avrebbe voluto accanto nella vita, tra la stretta cerchia di persone di cui si fidava sul serio. A pelle, avrebbe scommesso una mano su quel ragazzo: non sapeva come, ma era certo che avrebbe sempre potuto contare su di lui.

Quella completa dimostrazione di fiducia lo fece ridere con un certo scetticismo, non poteva credere di averlo pensato sul serio.

Poteva permettere di lasciarsi sfuggire qualcuno di cui aveva una così alta opinione senza nessuna ragione apparente? Qualcuno che gli era entrato nella testa in così breve tempo?

Qualcosa doveva pur significare...


La risata si spense sul suo volto, che mutò i lineamenti dubbiosi in qualcosa di più serio e reale.

Posso lasciare che accada? Posso dargli i suoi spazi? Posso rischiare che il suo cervello complessato lavori nel modo sbagliato?


No, decise quella parte di lui nella quale risiedeva il Pendragon d'azione, mentre calciava via le coperte come fossero diventate improvvisamente un pericoloso impedimento. No che non poteva permetterselo!


*


Merlin ci provò a non ridere, sul serio, ma guardare la sua faccia senza poter cedere neanche due secondi era un'impresa fuori dalla portata di qualsiasi essere umano.

E fino a prova contraria io sono noiosamente umano. Quindi riderò. Riderò un sacco!


Quando cedette, Gwen roteò gli occhi verso il cielo e Lancelot sopportò in eroico silenzio, ben conscio che tutto avrebbe potuto fare tranne che lamentarsi. Gli era andata anche troppo bene!

Erano tutti e tre seduti in aula, ad una delle poche lezioni che avevano in comune e stavano attendendo l'arrivo del professore. Non appena li aveva visti entrare, Merlin si era fatto notare e li aveva invitati a raggiungerlo; adesso lui stava in mezzo, alla destra c'era Gwen (in quanto futuro bastone della sua vecchiaia era quello il posto che le spettava) ed alla sua sinistra si trovava un mogissimo Lancelot.

Con un sospiro piuttosto sereno, Merlin batté una pacca sulla schiena dell'amico e sorrise.


"Su con la vita! Non è la fine del mondo, vedrai che riuscirai a fare entrambe le cose! Io e Gwen ti aiuteremo!" commentò, dopo che ebbe calmato gli spasmi dovuti alle risa. Appoggiò un gomito sul tavolo e scambiò uno sguardo di intesa con la ragazza in questione, che annuì con aria davvero comprensiva.

"Io ti aiuterò a preparare gli esami e Merlin la tesi, va bene?" disse lei, carezzando con gentilezza i riccioli scuri del suo ragazzo.

"Perché io devo aiutarlo a preparare la tesi?" intervenne l'altro, con un punto interrogativo al posto della faccia.

"Perché... beh tu sei talmente organizzato che non ti verrà difficile preparare sia la tua tesi che aiutarlo a fare la sua. A volte fai talmente tante cose insieme in così poco tempo che se non ti conoscessi, penserei che hai qualche potere magico di cui non mi hai detto niente!"

Merlin sorrise con quella sua classica scintilla di furbizia in fondo agli occhi azzurri e si lasciò abbindolare da quel complimento.

"Lance, stavi dicendo qualcosa prima che..."

"Prima che tu iniziassi a ridere, intendi?"

Merlin morse l'interno della guancia in religioso silenzio, ma le labbra tentarono già di arricciarsi un'altra volta. Lancelot sospirò pazientemente ed afferrò una mano di Gwen con le sue, giocando distrattamente con le dita.

"L'università è a corto di fondi..."

"A corto di fondi?" lo interruppe di nuovo Emrys, con sferzante ironia, "Ma se tre quarti degli studenti provengono da famiglie quasi a livello di quella di Pendragon! Con tutte le donazioni che riceve, come fa il college a non avere fondi?"

"Non saprei dire" intervenne Gwen, con un mezzo sorriso sarcastico sulle belle labbra, "Ma l'arredamento nuovo di zecca dell'ufficio del Rettore, sembra essere costato parecchie migliaia di sterline..."


Lancelot le lanciò un'occhiata pensierosa, ma non commentò quella frecciatina. Era terrorizzato! Aveva paura che se avesse detto una qualsiasi cosa negativa nei confronti del Rettore, una catastrofe senza precedenti si sarebbe abbattuta su di lui senza pietà (e lui di precedenti ne aveva un sacco, eh). Si limitò a sospirare di nuovo ed osservò le unghie pulite e rotonde di Gwen con aria abbattuta.


"Non so come faccia a non avere fondi, fatto sta che per risparmiare il Rettore ha deciso che non ci avrebbe espulso solamente se mi fossi preso l'incarico di riparare la serra a mie spese, manodopera inclusa"

E se spendo troppo, poi sarò costretto a fare il prostituto se davvero voglio riuscire a sposare Gwen per la fine dell'anno.


"Sì, quello l'avevo capito" rispose Merlin, incrociando le braccia sul tavolo, "Ma... hai mai riparato una serra?"

"Oggi pomeriggio mi devo vedere con il guardiano... Spero mi dica lui da dove diavolo dovrei iniziare"

"Quello stesso guardiano che ha come animale domestico quella specie di bestia infernale che ti ha azzannato il sedere per ben due volte?"

Lo sguardo sconsolato di Lancelot bastò a Merlin per ricominciare a ridere senza ritegno. Allungando un braccio, Gwen gli diede un colpetto sulla spalla come rimprovero, ma la sua facciata durò ben poco: alla fine si misero a ridere tutti e due.


Quando il professore entrò, cercarono di ricomporsi il più velocemente possibile e ad un certo punto, Gwen si chinò verso una delle parabole che Merlin aveva al posto delle orecchie e parlò con un tono piuttosto serio.

"A fine lezione dobbiamo fare una chiacchierata io e te, lo sai?"

Merlin inspirò, puntando gli occhi verso la lavagna appesa alle mura di pietra all'altro capo dell'aula.

"Gwen, sto bene" sussurrò di rimando, aprendo il quaderno degli appunti, armato già di penna dalla punta a sfera, "E non ne voglio parlare"

"Meno male che stai bene" replicò lei con scetticismo, "E' per questo che non ne vuoi parlare. Perché stai bene!"

"Infatti!" si intestardì, arraffando il quaderno di Lancelot per controllare, come faceva sempre, i suoi appunti con quelli degli altri, "Non parlarne mi fa stare bene!"

"Ti piacerebbe cavartela così!"

"Se sei mia amica allora non-"

"Non cominciare con la storia se sei mia amica. Dopo di quello viene specchio riflesso e con te non ci gioco più! Con me non attacca!"

"Gwen! Quando vorrò farlo, sarai la prima a sapere cosa ho deciso!"

"Cosa?!" lei gli afferrò il braccio, gli occhi grandi di stupore e sete di sapere, "Hai preso una decisione senza neanche dirmi che stavi prendendo una decisione?! Merlin!"

"Emh emh... Miss Taibhse, Mr Emrys... vi sono grato per il fatto che vi impegnate così alacremente a mantenere i toni della vostra conversazione sotto i trenta decibel, ma la sfortuna vuole che io sia dotato di un udito finissimo. Gradirei quindi ricevere una certa attenzione, durante le mie lezioni"


Al richiamo del professore, tutta l'aula si voltò verso di loro; Merlin aveva le orecchie completamente viola e teneva lo sguardo basso, guardando forse lo stesso esatto punto che stava guardando Gwen, con l'unica differenza che lei aveva solo le guance tendenti al viola.

A proposito di specchio riflesso... mi sembra di essere tornato alle superiori! Voglio ingoiare la penna e morire in silenzio...


*


Morgana si massaggiò le tempie con le dita, dopo aver puntellato i gomiti sul tavolo della biblioteca. Lanciò un'occhiata piuttosto obliqua a Mordred che le sedeva di fronte e strinse le labbra, facendole diventare un'unica linea sottile. Lei odiava avere mal di testa e se c'era qualcuno che avrebbe dovuto prendersi la colpa del suo stato, quello era proprio Duirvir!

Come richiamato da un'aura mefistofelica ed oscura, Mordred alzò i suoi occhi dal libro di simbologia che stava leggendo ed incontrò quelli di Morgana, che non provò neanche a fingere di distogliere lo sguardo con casualità, anzi: se possibile, intensificò ancora di più le ondate di negatività che a secchiate, cercava di gettare su quel povero, disgraziato quasi-innocente.


"Ci stai ancora pensando?" domandò lui con semplicità, mettendo il tappo all'evidenziatore azzurro per evitare di macchiarsi.

"Si vede sai, che non te ne frega niente. Che non provi neanche il minimo senso di colpa"

Mordred sorrise ed incrociò le dita sul libro, stringendosi con leggerezza nelle spalle.

"Ma io volevo prendere il tuo numero. Perché dovrei sentirmi in colpa per una cosa che ho fatto proprio perché volevo farla?"

"Non mi riferisco a quello" sbuffò Morgana, lasciando cadere la matita tra la piega centrale delle pagine. Tirò indietro i capelli mossi e scuri dal viso ed avvicinò la borsa, cominciando a cercare qualcosa. Mordred continuò a guardarla in silenzio, non avendo la più pallida idea di cosa stesse parlando; poi, dopo qualche istante, Morgana gli schiaffò sotto al naso una bustina chiusa di antidolorifico.

"Stai male?" domandò il ragazzo, corrugando la fronte.

Lei gli rivolse un sorriso di falsa cortesia ed aprendo il medicinale, lo ingoiò senza neanche un po' di acqua.

"Non ti posso nascondere proprio niente" ribatté quindi con evidente sarcasmo, accartocciando la bustina vuota.

"E perché dovrei sentirmi in colpa?"

"Perché se non mi avessi mandato all'incirca trenta o quaranta messaggi tutti di fila, a quest'ora sarei molto più serena di così. E non avrei il mal di testa!"

Mordred arcuò le sopracciglia con aria perplessa: "Beh, ma ho dovuto farlo! Ai primi cinque mi hai risposto che non avresti mai e poi mai accettato di studiare con me. Agli altri trentacinque non hai risposto e basta. Non mi hai lasciato alternativa, l'unica cosa rimasta da fare era portarti all'esasperazione. Ed ha funzionato, mi sembra. Sei qui no?"


Morgana avrebbe voluto arrabbiarsi, sul serio, ma Mordred le aveva fatto ribollire il sangue talmente tante di quelle volte che una specie di esasperazione da martire aveva iniziato a farsi strada oltre le manie omicide che quel ragazzo le ispirava. Lo guardò per dei lunghi istanti, prima di sospirare e tornare a dedicarsi allo studio.


"E poi senti chi parla!" rincarò lui, accompagnando una risatina scettica alle parole, "Quella che stamattina ha tormentato il fratello..."

Morgana alzò la testa di colpo e lo guardò completamente basita.

"E tu come lo sai?!"

"L'ho incontrato mentre venivo qui. Mi ha chiesto se gentilmente potevo tenerti ad una certa distanza di sicurezza da lui. Quando ho chiesto il perché, mi ha solo detto che entro la fine della giornata gli avresti fatto esplodere il cellulare. Ho fatto due più due"

Pendragon Femmina schiuse le labbra con aria piuttosto babbea e Mordred le sorrise fascinoso ed innocentemente demoniaco come al solito.

"Che altro ti ha detto?!" scattò Morgana, alzandosi in piedi con evidente impazienza.

Mordred alzò il viso verso di lei ed inarcò le sopracciglia.

"Niente" rispose con tranquillità, "E so esattamente cosa stai per fare. Per questo, ti dico che secondo me non è una buona idea"

"Quando vorrò il tuo parere te lo farò sapere" il tono sferzante di Morgana accompagnò i gesti frettolosi che compì nel rimettere tutto a posto dentro la borsa. Voleva trovare suo fratello, riempirlo di botte, costringerlo a rispondere alle sue domande e poi picchiarlo di nuovo. Il tutto in quella sequenza.

Come osa ignorare le mie telefonate e chiedere a Duirvir di tenermi lontana da lui? Arthur Pendragon, potrai scappare a quel fesso di tuo padre, che è anche il mio, ma non sfuggirai mai a me!


Mordred si alzò in piedi a sua volta e chiuse il libro, prima di incrociare le braccia contro il petto.

"D'accordo, forse non vorrai il mio parere, ma il mio aiuto potrebbe farti comodo..."

Morgana lo guardò con aria scettica, i suoi occhi acquamarina stavano praticamente chiedendo aiutarmi? Tu? E come pensi di fare?

Il moro sorrise pazientemente a quello sguardo di sfiducia e si strinse con nonchalance nelle spalle.

"Se tuo fratello ti sta evitando, andarlo a cercare in ogni caso dubito che gli farà venire voglia di parlare, qualsiasi cosa tu voglia sapere. Se vuoi, posso provare a parlarci io..."


Lei lo osservò in silenzio, afferrando il labbro inferiore con i denti. Un'idea iniziò a farsi strada nella sua mente... E se l'avesse messo alla prova? Se avesse potuto approfittarne per capire?

Devo sapere se posso fidarmi di qualcuno che ha tutta questa influenza sul mio umore. Il segreto è imbrogliare prima di essere imbrogliati.


Mordred corrugò la fronte, incredibilmente avvertì una sorta di disagio sotto lo sguardo attento e penetrante di Morgana. Non ricordava di essere mai stato guardato così profondamente, di certo non da lei. Con una sorta di silenzioso imbarazzo, cercò di scacciare via un tipo di pensiero che non era certo abituato a fare e che lo fece sentire un po' sciocco ed infantile.

Vorrei che mi guardasse sempre così. Che vedesse solo me.


"E' una questione complicata" esordì Morgana, strappandolo dai suoi stessi desideri, "Ti annoierei soltanto"

"Puoi lasciarlo giudicare a me?" le chiese, abbozzando un sorriso un po' titubante. Le sembrava combattuta.

Lei si strinse nelle spalle e distolse lo sguardo: "So che Emrys conosce l'identità della ragazza dal vestito verde e voglio sapere se Arthur ha già parlato con lui. Solo che... Emrys mi ha promesso che sarebbe stato lui a dirglielo, quindi mio fratello non sa ancora che... che Emrys sa. Tra l'altro, non mi ha voluto neanche dire chi è, quindi non posso andare da Arthur e raccontargli ciò che so! D'altra parte Emrys è mio amico e non farei mai qualcosa che non vuole. Mordred, mio fratello mi crede completamente fuori da questa faccenda. Lo sto dicendo solo a te! Se sapesse che gli ho tenuta nascosta una cosa così..."

Appunto. Sono proprio curiosa di vedere se lo verrà a sapere. Magari proprio da te, Duirvir. Vediamo quanto li sai tenere i segreti.


"Quindi vuoi parlare con Arthur e capire per vie traverse se ha scoperto qualcosa..." intervenne Mordred, completamente a suo agio, nonostante lo scoop (semi falso) appena ricevuto. Lei raggrumò le labbra, vedere un po' di stupore su quella faccia da angelo con il forcone non le sarebbe dispiaciuto.

Ma questo qui il controllo lo perde solo quando gli pare? Non c'è gusto... Nemmeno la soddisfazione del gossip!


Pendragon Femmina si ritrovò suo malgrado ad annuire ed a quel punto, l'altro sfregò i palmi delle mani con aria pratica.

"Bene, allora vado ad indagare!" esordì, raccattando le sue cose con aria giuliva, "E quando avrò scoperto qualcosa ti chiamerò, quindi farai bene a rispondere Banshee!"

"Piantala di chiamarmi Banshee!"

"Hai quasi ringhiato. Se fai così, sarà difficile far morire questa mia abitudine, che è comune a quella di più della metà del college, lo sai?"

"Ho anche io i miei metodi!"

Mordred si abbassò di scatto ed il libro che Morgana gli aveva tirato contro, volò oltre la sua testa.

"Mh... piuttosto brutale..." commentò placido il bersaglio appena scampato al trauma cranico, tirandosi su. "Mi piace!"

A quel punto, fu costretto a catapultarsi fuori dalla biblioteca, perché Morgana aveva iniziato a sollevare una delle sedie del tavolo.

Quella potrei avere qualche difficoltà ad evitarla.


Quindo uscì fuori con l'ombra di una risata sulle labbra, nel lasciar vagare lo sguardo non poté credere alla sua fortuna sfacciata: quasi alla fine del corridoio, affacciato ad una delle finestre che stavano davanti l'aula di mitologia moderna, c'era un pensieroso Arthur Pendragon. Mordred capì che il ragazzo stava osservando qualcosa, perché teneva gli occhi azzurri fissi in un punto verso il basso del cortile interno. Cercando di cucirsi addosso un'aria innocente e casuale, il moro appiattì i capelli sulla fronte e si diresse verso l'amico con un'andatura da lemure.

L'arte dell'improvvisazione, volume I, di Mordred Duirvir.


"Ehilà, Pendragon!" esordì, spintonandolo un po' per farsi spazio con i gomiti sul davanzale della finestra, "Cos'è quell'aria funebre?"

Seguì la direzione dello sguardo di Arthur e vide, seduti su una delle panchine attorno alla fontana, le tre famose grazie, il trio delle meraviglie dopo Harry Potter & Co.: Merlin, Gwen e Lancelot; da come se la ridevano, dovevano star bighellonando alla grande.


Pendragon Maschio sospirò e raggrumò le labbra con stizza.

"Mantieni le distanze" disse, con voce monocorde, "Non vorrei ci facessero un'altra foto equivoca"

Mordred sporse il labbro inferiore e lo guardò come fosse stato appena bastonato.

"Ma come! Ed io che ero venuto per sbaciucchiarti un pochettino..."

Arthur gli regalò un'occhiataccia, simile a quelle della sorella, ma continuò a tenere la guancia mollemente affondata nel palmo della mano.

"Come mai non sei in giro con quel secchio(3) di Emrys come al solito?" continuò imperterrito Mordred, osservando il suddetto interessato con una certa curiosità negli occhi.

"Non mi avevi detto di mollare la presa con la faccenda della ragazza in verde?" replicò a quel punto Arthur, piuttosto sulle sue. Mordred lo guardò senza capire.

"Sì che te l'ho detto, ma questo che c'entra? Frequenti Emrys solo per andare a caccia di ragazze? Pensavo foste amici..."

Arthur accusò la frecciatina in silenzio e si sentì in colpa ancora un po' di più. Dal giorno prima a dire il vero, non aveva smesso un attimo di sentirsi un imbecille.

Stamattina sono uscito per risolvere la faccenda ma ancora non ho concluso niente. E se dovesse mandarmi via di nuovo? Beh a quel punto credo che dovrò ricorrere al sequestro di persona. Una volta portato in un posto sicuro, gli farò vedere talmente tante diapositive di me che finirà per dimenticare tutto ciò che ho detto e vorrà diventare il mio migliore amico. Sì, il lavaggio del cervello mi sembra la soluzione più pratica.


Sbatté le palpebre, quando vide una mano sventolare davanti alla sua faccia. Sembrando un po' smarrito, si voltò verso Mordred.

"Che ne so" esordì quello, stringendosi nelle spalle, "Sembravi esserti incantato! A che pensavi?"

"A niente" rispose frettolosamente il biondo, alzando le braccia verso l'altro per stiracchiarsi un po'.

Ok, adesso vado giù e gli impongo la mia presenza. Se si alzerà, io lo seguirò. Se mi accuserà di non avere rispetto per i suoi desideri, me ne fregherò altamente. Regola numero quattro del buon stratega: quando la situazione si fa critica, fotti la strategia. La preda non se lo aspetta.


"Ma non è che per caso ci hai litigato?"

La domanda di Mordred lo investì come una secchiata di acqua fredda. Restò congelato nel movimento di abbassare le braccia e voltò la testa verso di lui un po' troppo velocemente. Mordred sorrise: beccato!

"Che cosa te lo fa credere?!"

"Non so... sei piuttosto reticente sull'argomento. Ho solo tirato ad indovinare..."

Arthur assottigliò le palpebre sugli occhi con sospetto.

"Abbiamo discusso..." pronunciò lentamente, quasi temesse lo scoppio improvviso di qualcosa ad ogni sua parola.

"Perché, se posso chiederlo?"

"Perché sono un imbecille Mordred!" la stizza fu chiaramente percepibile ed Arthur si scostò dalla finestra, "Il terzo grado finisce qui! Con il tuo permesso vado a recuperare il secchio"


Graziato da un pessimo inchino cavalleresco, Duirvir restò con i gomiti poggiati sulla finestra e guardò l'altro allontanarsi da lui. Pensieroso come ultimamente gli accadeva spesso, tornò a prestare attenzione al trio seduto attorno alla fontana: Gwen e Lance si erano alzati e dopo un paio di parole, si allontanarono da Emrys.

Se Arthur avesse litigato con lui per la questione della ragazza, non si sarebbe mai dato dell'imbecille. Quindi Emrys non gliel'ha ancora detto...


Morgana sarebbe stata molto contrariata dal sapere che a Mordred la lingua non prudeva neanche un po'. Duirvir era un tipo piuttosto riservato, che non amava immischiarsi nelle faccende altrui; si riteneva un osservatore, ed era proprio grazie a quella sua qualità che aveva capito come entrare tra le attenzioni di Morgana. Anche se Arthur era suo amico, non avrebbe mai svelato un'informazione che Emrys custodiva in silenzio per chissà quale ragione.

Se non glielo dice sua sorella, non vedo perché dovrei farlo io. Avrò anche un concetto sbagliato di amicizia, ma preferisco starne fuori, grazie tante.


Non aspettò di vedere sbucare Pendragon fuori dal portico, per tornarsene in biblioteca e riferire ciò che aveva scoperto.

Sperò che Morgana avesse rimesso giù la sedia da un pezzo.


*


Quando Merlin vide Arthur dirigersi verso di lui a passo marziale, fu invaso da due istinti primordiali ben diversi; il primo, gli suggerì di alzarsi e darsela a gambe levate, il secondo gli impose di non fare il babbeo ed al massimo di ignorare quell'ammasso di biondaggine e cocciutaggine che andava cercando proprio lui. Con un sospiro raccattò la sua borsa e si alzò lentamente in piedi, restando fermo accanto alla panchina.


"Ciao Merlin!" esordì Pendragon, mettendogli le mani sulle spalle per ributtarlo giù seduto. Merlin sfarfallò le ciglia con un certo stupore e lo osservò sedersi accanto a lui in una posizione piuttosto svaccata.

"Hai pensato?"

Il moro schiuse la bocca, praticamente senza parole... infatti non rispose. Arthur sbuffò roteando gli occhi verso il cielo e gli propinò una leggera gomitata.

"Meglio così" continuò quindi, guardando quella scura testa arruffata con aria pensierosa, "Almeno non dovrò riparare a nessun danno"

"Arthur... di che stai parlando?" tentò Merlin, con una certa cautela, corrugando la fronte carezzata da alcune ciocche nere.

Pendragon Maschio circondò le sue spalle con un braccio ed assunse l'atteggiamento di un uomo che cerca di spiegare a qualcuno i significati più reconditi della vita umana.

"Vedi Merlin... oggi ho capito che non posso lasciarti i tuoi spazi. Te sei pericoloso quando pensi. Dovessi lasciarti da solo, prenderesti sicuramente la decisione sbagliata!"

Se possibile, gli occhi blu di Emrys diventarono ancora più grandi.

"Scusa?!" sbottò, senza mezzi termini, "E che intenderesti fare? Pedinarmi come hai fatto con le studentesse sulla lista?"

Negli occhi azzurri di Arthur balenò un improvviso lampo di soddisfazione e Merlin seppe di avergli appena dato una pessima, pessima idea.

Ma perché mi scavo sempre la fossa da solo? Perché?!


"Non mi hai spiegato perché non sei sicuro di voler essere mio amico"

"Non eravamo rimasti d'accordo che avremmo evitato le domande?"

"No, tu eri rimasto d'accordo con te stesso che avremmo evitato le domande. Non ho mai detto che l'avrei fatto"


Merlin spostò il braccio di Arthur dalle sue spalle e si alzò in piedi, sistemando la borsa su una spalla. Quando iniziò a camminare verso i portici senza aver degnato il biondo di una singola parola, quello scattò su come una molla e lo seguì, incrociando le braccia dietro la testa.

"Non fa niente se non parli sai, tanto non me ne vado" commentò con leggerezza Pendragon Maschio, determinato più che mai a capire cosa diavolo ci fosse sotto quella zazzera di capelli neri che marciava davanti a lui. Merlin sospirò pesantemente, protraendo il suo stoico silenzio sino a data da destinarsi; doveva sapere però, che l'asino alle sue spalle quando decideva di volere qualcosa, doveva ottenerla e basta. Non c'erano vie di mezzo, per un Pendragon.

Trotterellando un po' più in fretta, Arthur arrivò ad affiancarlo e si sporse in avanti per guardarlo in faccia.

"Hai detto che non sei sicuro di voler essere mio amico. Io ti ho detto che è una reazione un po' esagerata e tu hai risposto che non è questo il punto. Allora qual è?"

Merlin finalmente lo guardò, ma solo perché era rimasto completamente spiazzato dalla memoria da falco che aveva sfoggiato Pendragon.

Si ricorda solo quello che gli pare però!


Il biondo iniziò a camminare all'indietro come i gamberi per poter continuare a guardarlo, tenendo ancora le braccia incrociate dietro la testa.

"Se i dubbi non te li ha fatti venire quello che ti ho detto, e tra l'altro mi sono anche scusato se non te lo ricordi, allora deve essere stato qualcos'altro. Ho fatto qualcosa di cui non mi sono reso conto?"

Merlin strinse le labbra in una linea sottile ed inspirò profondamente, mantenendo gli occhi puntati avanti a sé.

Non cedere, non cedere, non cedere. Fai finta che non sia qui. E' una mosca. Una piccola mosca ronzante e tu non parli con le mosche Merlin, perché neanche loro parlano.


"O forse ho detto qualcosa che non avrei dovuto... a parte quel giorno al campo di tiro, si intende. Oh!"

Arthur si fermò improvvisamente ed allungò una mano, poggiandola sul petto di Merlin per bloccare anche lui. Lo costrinse a guardarlo nel bel mezzo del corridoio, completamente incurante degli altri studenti che passavano loro affianco, diretti forse ad altre lezioni o chissà dove.

Emrys poteva quasi sentire il calore delle dita di Arthur attraverso la stoffa della maglia, lo poteva sentire diffondersi sulla sua pelle. Una sorta di disagio esplose come una bolla di sapone dentro il suo stomaco e sentì le orecchie scaldarsi.


"Sei arrabbiato per la sera della festa?" domandò Pendragon, scrutandolo con l'attenzione di chi non voleva lasciarsi sfuggire nemmeno una smorfia.

Merlin fu silenzioso come una tomba. Non si fidava di quello che avrebbe potuto dire, ma c'era qualcosa che gli premeva nella gola e che cercava di risalirla per uscire fuori. Sentì il proprio cuore cominciare a battere più velocemente, come di solito faceva quando stava per commettere qualcosa di molto, molto stupido, di cui poi si sarebbe sicuramente pentito.


"E' perché ho detto che era Freya, ad avere ragione?"

Di colpo, Emrys afferrò con rabbia il polso di Arthur e quel qualcosa che strusciava lungo la gola, finalmente uscì fuori.

"Sono arrabbiato perché sei un cieco asino imbecille! Come, dico, com'è possibile che tu ancora non abbia capito un accidente!"

Arthur guardò prima la mano di Merlin che lo stringeva con una forza che non gli avrebbe mai attribuito, poi di nuovo lui.

"Che cosa dovrei aver capito?" domandò con una voce sommessa, sentendo che qualcosa di importante gli stava sfuggendo tra le dita come l'acqua.

Merlin rise seccamente e scacciò in malo modo la sua mano, compiendo poi un passo indietro.

"Facile, vero, quando le cose ti vengono sbattute in faccia. E per quanto in questo momento vorrei farlo, non te la renderò così semplice Arthur, mi dispiace. Se non l'hai ancora capito, significa che non è destino"


Notando la voglia che Merlin aveva di andarsene e lasciarlo di nuovo lì come un povero idiota, Arthur disse la prima cosa che gli passò per la testa.

"Non è vero che non hai influenza su di me"


Il moro rimase in silenzio e lo guardò con una tale rabbia disillusa che sentì di dover continuare, perché oramai il danno era fatto.


"Sei tu che non capisci" proseguì allora, distogliendo lo sguardo e passando con un gesto nervoso la mano tra i capelli, "Se fosse stato vero non mi sarei arrabbiato così tanto. Nel momento stesso in cui te l'ho detto, ho capito che era una bugia e non so come diavolo ci riesci, Merlin, ma certe volte mi fai sentire davvero un... cretino, oppure l'opposto, dipende da quello che mi dici. Non lo vedi?" allargò le braccia in una sorta di dichiarazione d'arresa e rise senza volerlo fare davvero; "Anche adesso, il fatto che tu ce l'abbia con me ed il non sapere per quale diavolo di motivo, mi manda ai pazzi. Non lo sopporto!" si avvicinò di nuovo a lui e lo afferrò per le spalle con una presa un po' prepotente. "Non lo sopporto!"


Quell'inaspettata vicinanza, congelò Merlin come una statua di granito. Trattenne il respiro, ma trovò il coraggio di non abbassare lo sguardo. L'ultima volta che si era trovato in quella situazione, era finita con un bacio; quel pensiero scatenò nella sua memoria una serie di immagini confuse risalenti a quel momento, il calore sulle orecchie divenne anche più intenso ed Arthur le guardò con una sorta di meravigliato interesse. Se le avesse toccate, le avrebbe sentite bruciare?


"Perché mi hai aiutato per tutto questo tempo?" chiese, appena in tempo per sentirlo inghiottire con una certa difficoltà.


Poi lo notò.(2)


Un odore, non troppo forte, ma che attirò la sua attenzione. Conosceva quell'odore, o almeno così credeva... l'aveva già sentito? Se così era... dove?

Senza rendersene nemmeno conto, spinto solo dall'istinto di quell'intuizione, si sporse per accostare il volto ai capelli di Merlin.

Lo so, so di averlo già sentito. Ma quando?!


Non riuscì neanche ad inspirare che il moro sgusciò via come un'anguilla dalla sua presa e se la diede letteralmente a gambe levate. Lance che correva inseguito da Attila in quel momento sarebbe sembrato una lumaca, in confronto.

Arthur restò completamente basito, con gli occhi grandi come palline da golf incollati alla schiena dell'insospettabile flashboy.

Emrys gli stava decisamente nascondendo qualcosa.


*


"E lui è lì adesso?"

Gwen appoggiò un gomito sul tavolino e giocò con il cibo nel piatto, stuzzicandolo con la forchetta. Annuì mestamente alla domanda di Morgana ed infilzò un fagiolino, guardandolo con scarso interesse. Erano arrivate un po' tardi in mensa e per quello, erano davvero pochi i posti ancora occupati.

Morgana prese il bicchiere con l'acqua e ne mandò giù un sorso, allontanando il vassoio da sé; i residui di un'insalata mista giacevano miseramente nel suo piatto.


"Pensi che il custode lo aiuterà?" domandò ancora, prima di essere interrotta dall'ennesima vibrazione del suo telefono. Gwen lo adocchiò con una punta di curiosità e corrugò la fronte.

"Si può sapere chi è che ti sta mandando tutti questi messaggi? Non fa altro che vibrare da quando ci siamo sedute" commentò senza risultare infastidita, anzi: sembrava che vedere Morgana così insofferente la divertisse un po'. Pendragon Femmina pigiò velocemente alcuni tasti per rispondere al messaggio e poi mostrò lo schermo all'amica: smettila di tormentarmi! c'era scritto e Gwen arcuò le sopracciglia.

"Dici che sono stata abbastanza esplicita?" chiese l'altra, prima di premere l'invio e gettare il telefono nella borsa.

"Secondo me più dei messaggi, ti dà fastidio che non abbia fatto la spia con Arthur"

Morgana la guardò con tanto d'occhi e Gwen stese le labbra in un sorriso comprensivo; sapeva come dover trattare con certe psichi distorte.

"Non ti ho raccontato tutto soltanto per permetterti di fare sciocche ed infondate congetture Gwen!"

La riccia sospirò con leggerezza e mangiò una forchettata di fagiolini, con l'aria di una che la sapeva lunga al riguardo.

"Non sono sciocche ed infondate" rispose dopo aver mandato giù il boccone, "E tu lo sai!" concluse, puntandole la forchetta contro.

L'altra roteò gli occhi verso il cielo ma non disse niente, iniziando a rigirarsi tra le dita il bicchiere di plastica vuoto. Sapeva dove Gwen voleva andare a parare, quindi era meglio lasciar cadere così quel discorso. La sua coscienza rediviva bastava già da sola a scombussolarle le idee.

Ma prima o poi troverò il modo di ammazzarti, che ti credi. E' solo questione di tempo gioia mia!


"Sai perché Merlin e tuo fratello non si vedono più tanto spesso insieme? E' colpa della foto che è stata messa in giro, quella dove c'è anche Mordred?"

"Ma come, non lo sai?" Morgana alzò gli occhi, piuttosto stupita dal fatto che Gwen non fosse al corrente di qualcosa che riguardava il suo amichetto del cuore.

"Merlin non ne vuole parlare" rispose l'altra semplicemente, stringendosi nelle spalle, "Ma di solito te sai sempre tutto, quindi..."

"Credo abbiano discusso, ma anche Arthur è stato molto criptico al riguardo..."

Gwen lasciò cadere la forchetta nel piatto e si stiracchiò pigramente, prima di appoggiare la schiena contro la spalliera della sedia.

"Morgana... è Merlin la ragazza dal vestito verde" confessò ad un certo punto, con uno sguardo maledettamente serio, "Lo so perché me lo ha detto lui. L'ho incrociato la sera stessa che è successo. Era fuori di sé dall'euforia"


Pendragon Femmina restò in silenzio. Non aveva detto a nessuno di aver scoperto la verità la sera del compleanno di Gwaine, ma aveva ancora senso continuare a nascondere quello che sapeva? Strinse le labbra tra loro e non rispose, limitandosi ad osservare il volto di Gwen senza mostrare la minima traccia di sorpresa; a quel punto, l'altra sembrò cogliere la verità tra le righe, tant'è che schiuse le labbra senza poter reprimere un verso strozzato, di completo sbigottimento.


"Tu lo sai!" esclamò, cercando di elaborare quella notizia e cosa avrebbe potuto comportare; "Tu lo sai!" ripeté ancora, "Da quanto?!"

"Da un po'" si sentì rispondere la riccia, piuttosto blandamente.

"E non hai detto niente! Non ci posso credere! Dov'è Morgana e chi sei tu?"

"Ehi, per chi mi hai preso? Stiamo parlando di mio fratello e di un amico qui, anche io a volte so pensare prima di fare la stronza, cosa credi?"

Gwen assottigliò le palpebre ed incrociò le braccia contro il petto, scrutando gli occhi chiari della ragazza con estrema attenzione.

Se non l'ha detto deve averci sicuramente guadagnato qualcosa.


Nonostante fosse convinta di quel pensiero, a parole diede ad intendere tutt'altro.

"Sei umana anche tu allora..."

Morgana sbuffò con divertimento e scosse la testa.

"Perché me lo stai dicendo?" domandò invece, cercando di capire dove volesse andare a parare Gwen.

"Perché non ne posso più di vedere Merlin sempre di malumore! Puoi parlare con tuo fratello? Cercare di fargli capire... la faccenda?"

"Perché non lo fai tu?"

"Perché Merlin è il mio migliore amico e se venisse a sapere che ho aperto bocca finirei tra gli impiccati di Paint, te lo posso assicurare!"

"Emrys disegna gente impiccata su Paint?"

"E' un modo che ha per sfogare la sua frustrazione!"

"E poi danno a me della disadattata..."

"Non è questo il punto!"

Gwen appoggiò i gomiti sul tavolino e si sporse verso di lei, con due occhi vagamente supplicanti e dolciosi come quelli dei suoi ventordici peluche (peluche per cui Morgana aveva sviluppato un intimo disagio).

"Morgana... per favore!"

Pendragon Femmina accartocciò il bicchiere di plastica e lo gettò sul vassoio con stizza.

"Partendo dal fatto che Emrys è anche amico mio e per quanto possa condividere i suoi propositi omicidi, non mi piacerebbe vedermi riprodotta impiccata su Paint... Sappi che con Arthur ci ho già parlato. Non esplicitamente, ma l'ho fatto. Non è colpa mia se ho un fratello cieco come una talpa, ho cercato di indirizzarlo verso Emrys, ma per ora non ha funzionato molto bene. Più di questo non posso fare Gwen, non mi puoi chiedere di sbattergli in faccia le cose come stanno. Non lo farò, per i tuoi stessi motivi! Io non rischio solo l'impiccagione su Paint, ma anche nella vita reale, perché mio fratello sa essere piuttosto rancoroso quando ci si mette!"

Gwen sospirò pesantemente ed abbassò la testa con aria sconfitta; sentì Morgana prendere il vassoio ed alzarsi in piedi, ma lei non si mosse.

"Mi dispiace Gwen, sul serio. Ma ci ho provato e non posso fare più di così!" concluse, allontanandosi dal tavolo per buttare gli avanzi del pranzo. La mensa stava per chiudere, era ora di ritornare a sgobbare sui libri.


Nonostante le addette ai tavoli stessero iniziando a pulire la sala, la riccia rimase seduta al tavolino e puntò lo sguardo fuori da una delle finestre, guardando il cielo senza vederlo realmente.

Non poteva lasciar perdere, che bastone della vecchiaia sarebbe stata se l'avesse fatto? Anche se Merlin l'avesse odiata, doveva fare qualcosa, in nome del bene che gli voleva! Si lasciò scappare una risatina, al pensiero che tutto era cominciato da una stupida scommessa che Merlin aveva perso... Era stato costretto ad indossare uno degli abiti di Morgana e questo aveva scatenato una vera odissea!


Si alzò in piedi di scatto, folgorata da un'improvvisa illuminazione divina.

Il club di rievocazioni storiche del quale Morgana faceva parte metteva a disposizione di tutti gli studenti resoconti e fotografie, come testimonianza degli eventi che avevano organizzato!

Come ho fatto a non pensarci prima! Stupida, stupida Gwen!


Raccattando in fretta e furia le sue cose, lasciò addirittura il vassoio sul tavolo: adesso sapeva cosa doveva fare!

















NOTE DELL'AUTORE: questo capitolo è stato un vero casino. C'erano così tante cose che volevo dire ed ho avuto qualche problema di organizzazione. Spero che il risultato sia abbastanza soddisfacente. Ebbene, a questo punto posso dirvi che mancano solo due capitoli alla fine. Siete felici? ù_ù Sappiate soltanto che il tredicesimo sarà il più lungo mai pubblicato sino ad ora (credo) e che sarà così pieno di demenzialità che finirete per farmi causa, ve lo assicuro. Proprio a causa della sua lunghezza, dovrete forse aspettare ancora di più del solito per averlo. Mi vorrete bene comunque però, non è vero? ç_ç Come al solito grazie a Ryta Holmes che beta le mie bestialità, grazie a tutti i recensori pazzi, i lettori silenziosi e quelli che approderanno qui in futuro. Aggiorno piuttosto lentamente, è vero, ma almeno lo faccio u_u guardiamo il lato positivo! Ecco le note, solo tre, ma una è corposa e forse noiosa XD:


(1) Nel Sutton, zona Surrey, c'è un penitenziario femminile.

(2) Ok raga, qui c'è un po' da filosofeggiare. In questa occasione ho voluto ricollegarmi un po' a Proust ed alla sua 'Alla ricerca del tempo perduto'. Sorseggiando del tè con all'interno alcune briciole di Madeleine, gli ritorna alla mente un episodio del suo passato che aveva completamente dimenticato. Per chi voglia un po' annoiarsi, cito testualmente: "La grande intuizione di Proust fu, dunque, che l’olfatto e il gusto hanno un ruolo fondamentale per la memoria e per il recupero dei ricordi. Nel 1911, l’anno della madeleine appunto, gli scienziati non avevano ancora idea di come i nostri sensi comunicassero all’interno del cervello. Oggi le neuroscienze sanno che Proust aveva ragione. I sensi dell’olfatto e del gusto sono quelli più “sentimentali”, più soggettivi e meno trasmissibili. Non è facile, infatti, descrivere a qualcun altro il profumo di gelsomino o l’aroma del caffè, perché si tratta di percezioni intime e difficilmente condivisibili. Questo perché gusto e olfatto sono gli unici due sensi direttamente collegati all’ippocampo, che guarda caso, è il centro della memoria a lungo termine".

(3) Secchio è semplicemente il diminutivo di secchione.


Tutto questo per cercare di spiegarvi che non è così irreale collegare un odore a qualcosa o qualcuno, accade più spesso di quanto pensiamo, sopratutto se quell'odore è connesso a qualcosa che ha lasciato il segno, che ne siamo consapevoli oppure no. Ho cercato di rendervi l'intuizione di Pendragon Maschio meno assurda possibile, per intenderci XD


Ciao a tutti u_u

Asfo


   
 
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