23/04/2014. No fermi
tutti, non mi ricordo piu’ che cosa ho scritto. Chi
è ora questa Imago? Che vuole da Kisshu?
Cavoli, mi sta
già antipatica. Aaaaaaaargh, speriamo che muoia presto!
- Capitolo 3: Imago -
Kisshu
venne scaraventato dal gruppetto di guardie dentro una vasta, putrida
stanza sotterranea; cadde addosso a Taruto, che un istante prima aveva
subito la stessa sorte. Le pesanti sbarre della cella si richiusero
dietro di loro prima che avessero il tempo di rialzarsi da terra.
«Siete
stati fortunati,» ghignò una delle guardie,
fissandoli con aria malvagia. «Ma non preoccupatevi: presto
torneremo per finire il lavoro,» disse prima di allontanarsi
con i suoi compagni.
Mentre
si rimetteva in piedi a stento, Kisshu lanciò loro qualche
maledizione silenziosa. Per lui, il rinvio della loro
condanna era stata una fortuna relativa: ricevuta la notizia, le
guardie che già bramavano di veder versare il sangue dei
Traditori erano rimaste così interdette che, per consolarsi
della delusione, non avevano deciso di divertirsi un po' con lui.
Il
moro non ricordava di aver mai provato tanto dolore tutto assieme. Si
asciugò con il polso il sangue che gli colava dalle labbra
spaccate e si guardò in giro: la stanza, immersa nella
penombra, era sporca, maleodorante e… rumorosa. In fondo
alla cella, infatti, vi erano almeno una decina di nibiriani malandati
che borbottavano fra loro. Un paio erano attaccati ai muri con delle
catene, alcuni ridevano in modo folle ed altri lo fissavano
malamente facendogli capire che, se avesse anche solo osato
avvicinarsi a loro, sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe
fatto.
Kisshu
era disorientato: non si era mai trovato in una situazione del genere.
Lanciò d'istinto un’occhiata a Taruto, che
singhiozzava in silenzio stringendosi nei vestiti lacerati.
Fortunatamente, le guardie non gli avevano riservato il suo stesso
trattamento, ma, a giudicare dai lividi che gli arrossavano il viso,
dovevano averlo schiaffeggiato. L’alieno strinse i pugni,
colto da un'ira improvvisa, che un istante dopo si trasformò
in un dolore lancinante che proveniva dal suo braccio destro: a quanto
pareva, doveva esserselo slogato.
«Stai
bene, piccolo...? No, non fare sforzi! Ah, ma come hanno osato?!
Colpire un bambino!»
Kisshu
cercò di ignorare il dolore e puntò di nuovo lo
sguardo su Taruto: uno dei prigionieri, un esserino sporco avvolto in
degli stracci, si era appena chinato su di lui. Il piccolo lo spinse
via gridando, con aria disgustata:
«Non…sono…un bambino!
Lasciami!»
L'altro
non si arrese: «Uhmmm…già, ora che ti
osservo meglio, in effetti, capisco che non sei un bambino. Un tipo
così forte e coraggioso come te, non può che
essere un grande guerriero,» disse pazientemente.
Taruto
lo guardò per un lungo istante, e poi annuì
piano.
Il
prigioniero si inginocchiò accanto a lui. «E
dimmi, cosa è mai accaduto ad un guerriero come te per
trovarsi qui? Magari hai combattuto contro un demone o uno spirito
laggiù in città, ma la tua impresa ha fatto
arrabbiare gli sgherri di Sua Altezzosa
Altezza Imperiale?» disse, fingendo un tono
superbo nel pronunciare le ultime parole.
«Una
cosa del genere, si...» ammise Taruto, sorridendo un poco.
L'altro
emise una risatina consolante, e gli accarezzò la testa.
«Ehi,
tu, chi diavolo sei?» sbottò a quel punto Kisshu,
che aveva seguito la scena con interesse. Più ascoltava
quella voce bassa e rauca, più forte si faceva in lui la
convinzione che quel prigioniero fosse in
realtà…una prigioniera.
«Ah...perdonami.
Volevo solo essere gentile. Ma...se vuoi me ne vado,» fu la
risposta dell’altro, che si sollevò il cappuccio e
lo guardò in faccia: era proprio una femmina.
Kisshu
rimase un po’ interdetto. Non si aspettava di trovare una
ragazza in un posto del genere, ma questa era tutt’altro che
bella: era anzianotta e più bassa di lui di almeno tutta la
testa, ed era
così magra da fare impressione. Una lunga treccia di capelli
neri e sporchi le arrivava fin sotto la vita, mentre gli occhi erano
piccoli e scuri. Kisshu pensò che c’era qualcosa
di strano in lei, e alla fine concluse che si trattava di quel suo modo
di fare, così assurdamente gentile da essere fuori luogo in
un posto del genere.
“Probabilmente
è pazza,” pensò sospirando.
La
confrontò quasi inconsciamente con la bellezza di Kassidiya,
quindi roteò gli occhi: «No, non fa
niente,» le rispose infine. Andò ad appoggiarsi
contro il muro lì vicino e si strinse il braccio. Il suo
volto si contrasse in un'espressione di dolore che sembrò
preoccupare la giovane aliena sconosciuta, che lo aveva fissato
incantata fino a quel momento. «Cos’hai a quel
braccio?» gli chiese lei.
«Niente,
sto benissimo,» rispose Kisshu, digrignando i denti.
«Non è niente!» ripeté, dato
che l’aliena, invece di levarsi di torno, si era avvicinata a
lui insieme a Taruto.
«Ma
certo,» annuì lei in tono poco convinto.
«Diceva così anche il fratello di una mia lontana
parente, cioè un lontano mio parente, dopo che uno skunkle
inferocito gli aveva staccato una gamba ad artigliate...»
«Il
trucchetto che hai usato con Taruto non funziona con me,»
sospirò Kisshu.
«Quale
trucchetto?» chiese lui, sospettoso.
«Nessuno,»
rispose la nibiriana rapidamente, «ma il tuo
papà è davvero un brontolone.»
«Non
sono suo padre,» esalò Kisshu, sfinito.
«Sei
un suo lontano parente?»
Kisshu
gemette, esasperato. Non aveva più neanche la forza di
arrabbiarsi.
«Lui
si chiamava Yoshi. Tu come ti chiami?»
«Lui...chi?»
«Il
suo lontano parente, credo,» spiegò Taruto con una
risatina.
«Io
sono Imago,» si presentò la nibiriana.
«Io
invece sono Kisshu, e
voglio essere lasciato in pace.»
«Solo
dopo che mi avrai fatto dare un’occhiata al tuo
braccio.»
«No!»
protestò Kisshu, tirandosi indietro, quando lei si
avvicinò senza preavviso.
«Oh,
non fare il bambino, Kisshu! Prendi esempio da…Taruto,
no?»
«Già.»
«Ah,
che bello! Anche un altro mio lontano parente si chiamava
così!»
Taruto
riprese a ridere, ma Kisshu sbuffò, voltando la testa
dall’altra parte: quella tipaccia davvero
insopportabile.
Lei
gli sfiorò delicatamente il braccio in più punti;
ad ogni tocco, Kisshu provava una fitta di dolore sempre più
acuto. Sicuro che ormai la sua situazione non poteva peggiorare
ulteriormente, quando lei gli disse: «Ora scusami, ma credo
che ti farò un po’ male,» si
limitò ad annuire rassegnato.
«Ecco
fatto!» esclamò Imago dopo pochi secondi, che a
Kisshu erano sembrati un’eternità. «Ehi,
neanche un lamento. Complimenti. Come premio il tuo braccio
é come nuovo!» concluse allegramente,
allontanandosi da lui per ammirare la sua opera.
«Eh?»
esclamò Kisshu, incredulo, sgranando gli occhi. In effetti,
quando provò ad usare il braccio, non sentì
più alcun dolore. «Ma…è
impossibile! Come hai fatto?»
«Oh,
una cosa da nulla!» sorrise Imago.
«Beh…
grazie,» le disse Kisshu, e il sorriso di lei si
allargò.
Ma
un leggero colpo di tosse alle loro spalle interruppe quel momento.
«Vedo che avete trovato subito compagnia...»
osservò una voce bassa e indifferente.
«Pai...?»
sibilò uno stupito Kisshu, scorgendo il fratello in piedi
dall'altra parte delle sbarre.
«Pai!»
gridò invece Taruto, e lo raggiunse di corsa.
«Facci uscire da qui!» disse disperato.
«Non
ne ho il potere, Taruto,» fu la sua risposta secca.
«State bene?» chiese poi a lui e a Kisshu.
Quest’ultimo
gli si avvicinò, un sorrisino ironico sul viso.
«Starei meglio se mi spiegassi per quale motivo,»
disse, indicando le sbarre, «tu sei da quella parte...e noi
da quest'altra, non so se mi spiego.»
Pai
sospirò. «Credo sia perché quella
strega ha altri piani per me,» rispose laconico.
«Strega?»
ripeté Kisshu, e si sentì ferito al cuore quando
comprese che Pai si riferiva a Kassidiya. «Ehi, non osare
ripeterlo! Ma non l’hai vista? Non l’hai sentita?
E' grazie a lei se siamo ancora vivi!»
«Grazie
a lei?!» ripeté Pai stravolto. La sua bocca si
contorse in un’espressione di furia glaciale.
«Sciocco! Ma guardati! Ti ha già conquistato. Stai
facendo la fine che hanno fatto tutti quelli che l’hanno
incontrata. Presto striscerai ai suoi piedi come un verme…
sempre se non ti farà uccidere prima, ovvio.»
«Ma
che diavolo stai dicendo?» ribatté Kisshu, con
irritazione crescente. «E poi che ne sai tu di lei?»
«Più
di quanto tu immagini,» replicò Pai.
«Perché quella donna, quella Kassidiya
Kaishu,» aggiunse poi in tono piatto, «era la mia
compagna.»
Kisshu
impiegò qualche secondo per comprendere il significato di
quelle parole.
«Eh?»
esalò alla fine. «Scusa, non ho capito
l’ultima parola che hai detto. Puoi ripetere?»
«Hai
capito benissimo,» replicò Pai freddamente.
«Eh?»
ripeté Kisshu, decisamente stravolto. «M-Ma tu
non...tu non sei mai stato con nessuna! Tu non hai mai avuto successo
con le donne!»
Per
tutta risposta, il fratello gli lanciò un'occhiata del tipo:
solo-perché-non-te-ne-ho-mai-parlato-non-vuol-dire-che-sia-così.
«Ah…n-non
ci posso credere, tu… tu conoscevi…tu frequentavi
quella splendida creatura, e non me
l’hai...mai....detto...?!»
«Non
erano affari che ti riguardavano,» gli fece notare Pai.
«E oltretutto, a quel tempo tu eri impegnato con Korie. O era
Hoan?»
Kisshu
lo guardò come se fosse impazzito.
Taruto
si aggiunse alla discussione: «No, con Hoan è
stato meno di un giorno. Forse parli di Elyr!»
«No,
non era neanche lei. Uhm...» Pai assunse
un’espressione concentrata. «Ma prima di Elyr
c’era Niote o Jorine?» chiese a Taruto.
«Hmmmm…forse
Dorine,» rispose lui.
«Ah,
si, ora ricordo. Allora Katin era dopo Rik– »
«Ah!»
esclamò Kisshu, spazientito. «Voi due,
piantatela!»
«In
ogni caso, a quei tempi Kassidiya era poco più di una
bambina, decisamente carina, vero, ma insopportabile.
L’avresti mollata dopo pochi giorni,»
spiegò Pai.
«E
tu perché ti ci sei promesso, allora?» chiese
Kisshu con una punta di amarezza, «eh?»
«E’
stata lei che ha cominciato!» si difese l'altro.
«Io non la conoscevo affatto. E’ stata lei che ha
insistito tanto. Quando capii che
cosa era, me ne liberai subito.
Pensai che fosse finita lì, ma a quanto pare lei
la pensa diversamente,» sbottò. «Non
guardarmi
così, Kisshu. Ascolta, io non so come abbia fatto a
diventare Sovrana mentre noi eravamo sulla Terra e non so quali siano
i suoi piani ma, da come si è comportata, credo che voglia
vendicarsi di me per ciò che le ho fatto. E’
immatura e capricciosa, ed in questo momento è anche molto
potente.»
«Che
cosa facciamo?» domandò Taruto, preoccupato.
Pai
scosse la testa. «Non lo so. Ma adesso io devo andare da lei,
o si insospettirà.»
«E
noi?»
«Voi
non c'entrate niente con questa storia. Per il momento siete al sicuro,
per cui state tranquilli e non combinate guai. Soprattutto tu, Kisshu:
sta’ attento, e fatti passare la tua stupida cotta per
Kassidiya il prima possibile.»
Kisshu
sbuffò. «Parli di lei come se fosse un mostro
assetato di sangue. Non credo che tu la conosca bene, in
fondo,» osservò, incrociando le braccia dietro la
testa.
Sentendo
quelle parole, Pai perse rapidamente la calma: «MA QUANDO
CRESCI, IDIOTA?!» gridò, attirando
l’attenzione di tutti gli altri prigionieri.
«Kisshu, tu devi smetterla di farti incantare dalla prima
bellezza che vedi, tu non puoi sapere incontro a cosa-» si
interruppe, quando davanti a lui si materializzò una giovane
guardia imperiale, che subito si inchinò.
«Pai
Ikisatashi?» gli disse. «La Sovrana vuole
vederti.»
Kisshu
e Taruto spalancarono gli occhi: «Uh?»
«Maledizione,»
borbottò Pai a mezza voce, quindi si girò di
nuovo verso i suoi fratelli. «Kisshu, ricorda quello che ti
ho detto: non farti ingannare e, se dovesse succedermi qualcosa,
scappate. Non-fate-idiozie,»
sillabò.
«Che
vuol dire, se ti succede qualcosa?» chiese Taruto in tono
ansioso.
Pai
abbassò gli occhi. «Addio,» disse infine
ai suoi fratelli, allontanandosi dalle sbarre.
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Ore
dopo, mentre quasi tutti i detenuti del sotterraneo dormivano, chi
russando o parlando nel sonno, chi tossendo o fischiando…e
dal soffitto un odioso gocciolio infrangeva quel silenzio fatto di
rumore… la nibiriana che aveva aiutato Kisshu si sedette
accanto a lui: erano gli unici ancora svegli in tutto il sotterraneo;
persino le guardie riposavano illegalmente. Lei continuava a discutere
a bassa voce di chissà cosa, mentre lui osservava
distrattamente il suo fratellino adottivo dormire accovacciato a terra
lì vicino.
Kisshu
non riusciva a capire cosa gli stava succedendo.
L’unica
cosa di cui era sicuro, era che tutto questo era completamente diverso
dai tempi di Profondo Blu: sembravano passati secoli da quando aveva
lasciato la Terra. Perché non vi era rimasto?
Ah,
già...
Ichigo.
Se
ne era completamente dimenticato.
La
sua piccola, dolce e antipatica bambolina.
L’aveva
dimenticata.
Di
già.
Kassidiya
aveva preso il suo posto: ormai, lui ne era innamorato perso, catturato
dal suo fascino - anche se Pai gli aveva ripetuto fino alla nausea che
non doveva lasciarsi ingannare da lei.
Ma
Pai ora era con lei. Perché non era più tornato?
Erano ormai passate ore da quando l’avevano portato via. Cosa
stavano facendo quei due?
Kisshu
sentì una forte rabbia crescere in lui, insieme ad un
sentimento di rassegnazione. "Lo so, alla fine Pai si
prenderà la Sovrana, ed io rimarrò di nuovo
solo,"
pensò, sconsolato. "E’ il mio destino.
E’ stato deciso così. Io non avrò mai
una compagna. Non una che amo davvero. Sono destinato a restare solo... che
fregatura, il mio destino."
«Ahia!»
esclamò poi improvvisamente, ritornando alla
realtà. Imago gli aveva appena pizzicato un braccio.
«Che vuoi?!» esclamò infastidito,
girandosi dalla sua parte.
«Non
hai ascoltato una singola parola di quello che ho detto,»
osservò la ragazza con rassegnazione.
«Perché,
che hai detto?»
«Lascia
perdere,» sospirò lei, grattandosi una guancia.
«Quell'alieno che prima è venuto a trovarvi, quel
Pai. Era tuo fratello?»
Kisshu
sbuffò. «Lasciami in pace. Non ho voglia di
parlare ora,» disse, ma lei lo ignorò.
«Mi
è sembrato di aver capito che siete fratelli...ma
è strano che tu non sapessi che lui era il compagno di
Diya...» osservò lei, ferendo Kisshu a tradimento,
anche se non aveva veramente l'intenzione.
Lui
le lanciò un'occhiataccia. «Perché, tu
lo sapevi?» chiese ironico.
«Io?
Ma certo, stavano sempre attaccati! O meglio… lei
gli stava sempre attaccata, quando era piccina,» rispose
Imago.
«Io...io ero...io ero un'istruttrice di grado elementare, e
frequentavo la famiglia di Kassidiya per lavoro prima che lei
diventasse Sovrana, ecco!» si affrettò ad
aggiungere poi, cogliendo l'occhiata incuriosita che Kisshu le aveva
lanciato.
«L'avevo
capito che eri un'istruttrice,» annuì lui.
«Ci sai fare con i mocciosi,» le spiegò
poi, indicando Taruto.
«Ah...si,
amo i bambini,» sorrise lei, ma Kisshu si era di nuovo perso
nei suoi pensieri. «Tu sei geloso di tuo fratello,»
dichiarò Imago alla fine.
«Non
è vero,» si affrettò a rispondere
Kisshu.
«Non
vergognartene. Kassidiya ha un fascino magnetico. E’ sempre
stata così, con tutti i maschi,» ammise l'altra
con uno strano tono di voce, che portò Kisshu a chiederle:
«Ma
tu la conoscevi?»
«Un
po’,» fu la risposta. «E mi spiace
dirtelo, ma so che è tanto bella quanto fatale.»
Se
gli occhi di Kisshu si erano illuminati per un momento, adesso quella
luce era del tutto scomparsa.
«Non
ti ci mettere anche tu, Imago.»
«D’accordo,
va bene, hai ragione tu,» annuì lei, sbuffando e
incrociando le braccia.
Kisshu
le lanciò uno sguardo esasperato: «Senti, non ce
l'ho con te, ma Kassidiya non sembra…!»
«Lo
so!» lo interruppe lei. «Per questo che nessuno
riesce a ribellarsi!»
«Senti,
perché dovrei fidarmi di quello che dici?»
ribatté Kisshu, accigliato. «Non so neanche chi
sei. Cosa hai fatto per trovarti qui? Sarà almeno la quarta
volta che te lo chiedo, ed ogni volta hai fatto finta di non sentire.
Adesso mi rispondi,» le
intimò.
Imago
sospirò. «Non è una storia
interessante, la mia.»
«Perfetto.
Ho proprio voglia di annoiarmi.»
La
nibiriana lo
fissò per qualche istante, incerta.
«Vedi,
qualche tempo fa, quando Kassidiya salì al trono,»
cominciò con cautela dopo un poco, «mi
giudicò meritevole di una condanna a morte. Me, e molte
altre persone che conoscevo. Io riuscii a scappare. La sera stessa, mi
feci arrestare con una scusa. Avevo cambiato il mio aspetto e il mio
nome. Sono brava con questi trucchetti, ed infatti nessuno mi
riconobbe. Da allora io sono qui. E il bello,» disse,
accennando un sorriso, «è che ancora mi cercano
là fuori...o forse credono che io sia morta.»
Catturò lo sguardo stranito di Kisshu. «Si, hai
ragione, il mio è un piano davvero stupido. Anche io
preferirei morire piuttosto che starmene qui rinchiusa. Ma…
ti sembrerà una cosa assurda, ma so che il mio destino non
è questo. Io sto aspettando che accada qualcosa,»
spiegò. «Non so cosa,» aggiunse poi
confusamente, «ma sento di avere un compito da svolgere...ed
è già da qualche giorno che ho come
l’impressione che….manchi poco, ormai.»
Kisshu
la guardò come se fosse pazza: «E’ uno
scherzo?»
«Suona
un po’ come una presa in giro, in effetti,»
annuì Imago.
«Bah,
stai mentendo.»
«In
ogni caso, quello che ti ho detto riguardo la mia identità
deve restare un segreto. Sai
com’é…»
«Ma
allora tu non ti chiami Imago!»
«Mi
raccomando, urla più forte, lassù
all’ultimo piano del Palazzo non ti hanno sentito!»
replicò lei, inarcando le sopracciglia cespugliose.
«Qual’è
il tuo vero nome?» le chiese velocemente Kisshu.
«Questo
non posso dirtelo. Però posso dirti che sono
d’accordo con voi, anche se penso di essere l’unica
su questo pianeta. Mi hanno riferito dei discorsi che avete fatto
davanti al Consiglio. Se i terrestri sono come noi, non vedo
perché
non meritano di vivere. Possiamo vivere insieme,»
osservò sognante.
Kisshu
sbuffò e si voltò dall’altra parte,
chiudendo gli occhi come per dormire. Era seccato perché lei
aveva cambiato discorso pur di non rispondergli.
«Gli
esseri umani sono carini?» tentò Imago.
«Un
po’,» rispose Kisshu.
«Taruto
mi ha accennato di una certa Ichigo.»
«Ricordami
di tirargli un pugno quando si sveglia.»
«Se
é vero che si è comportata con te come mi ha
detto, non devono essere molto intelligenti, in fondo,»
osservò lei pacata.
«Sono
testardi,» disse Kisshu, senza prestare troppa attenzione al
significato di quelle parole. «Senti, non mi va di parlarne
ora.»
«Capito,»
annuì lei, e fece per alzarsi. «Buon riposo e
addio.»
«Uh?
No, aspetta!» Istintivamente, Kisshu la trattenne per un
braccio.
Lei
gli lanciò uno sguardo interrogativo.
Kisshu,
accortosi del suo gesto, si affrettò a ritrarre la mano.
«Anche se sei un femmina,» le disse dopo qualche
secondo, «credo che qui tu sia l’unica con cui si
possa fare un discorso quasi
intelligente.»
La
nibiriana, dopo un
attimo di imbarazzo, si sedette di nuovo accanto a
lui. L’ombra di un sorriso le illuminò il volto, e
probabilmente era anche arrossita. «Beh grazie,»
mormorò piano. «Ma credo che ci siano molte altre
persone migliori di me qui dentro.»
Prima
che Kisshu potesse aggiungere altro, la sua attenzione venne attirata
da delle grida improvvise: in fondo alla cella, due prigionieri si
stavano prendendo a parolacce perché uno di loro, a quanto
pareva, aveva cercato di morsicare l’altro nel sonno. Alla
fine si misero a sghignazzare insieme e caddero addormentati
l’uno sopra l’altro.
«Oh,
si, certo,» sussurrò lui, osservando quello
squallido spettacolo, «hai proprio ragione.»
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