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Autore: JunJun    11/09/2004    7 recensioni
(ex "Il potere del cuore")(ipotetico sequel dell’anime)[FANFIC IN REVISIONE, revisionati i capitoli dall'1 al 46]
Non ci sono scuse: Pai, Kisshu e Taruto hanno fallito la loro missione, ed è inaccettabile che gli esseri che hanno tradito Profondo Blu e il loro popolo restino in vita. Riusciranno i tre fratelli a salvarsi dalla pena capitale? E frattanto, a Tokyo, chi sono i tre nuovi avversari contro cui dovranno combattere le nostre eroine? Tra scontri, misteri e nuovi e vecchi amori, storie parallele di umani e alieni si inseguono ed infine si intrecciano perché tese verso uno stesso obiettivo: impedire la distruzione della Terra, il Pianeta Azzurro.
-- Strambo elenco di alcune delle cose che è possibile trovare nella fanfic (non necessariamente in ordine di elencazione): Kisshu, Pai e il suo passato, Ichigo, Ryo, storie d'amore probabili e improbabili; nuovi personaggi, assurdità e amenità varie, cristalli, Minto e l'Amleto a caso; Nibiru, Zakuro e i suoi fan, Retasu, dark!Retasu, Platone, sofferenza; teorie sugli alieni, ooparts, complotti vari ed eventuali, enigmi, labirinti, chiavi mistiche (ora anche in 3D), Purin e Taruto; umani e/o alieni psicopatici, atlantidei, sorpresa!, sofferenza. --
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish, Nuovo Personaggio, Ryo Shirogane/Ryan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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23/04/2014.  No fermi tutti, non mi ricordo piu’ che cosa ho scritto. Chi è ora questa Imago? Che vuole da Kisshu?
Cavoli, mi sta già antipatica. Aaaaaaaargh, speriamo che muoia presto!


- Capitolo 3: Imago -

 
Kisshu venne scaraventato dal gruppetto di guardie dentro una vasta, putrida stanza sotterranea; cadde addosso a Taruto, che un istante prima aveva subito la stessa sorte. Le pesanti sbarre della cella si richiusero dietro di loro prima che avessero il tempo di rialzarsi da terra.
«Siete stati fortunati,» ghignò una delle guardie, fissandoli con aria malvagia. «Ma non preoccupatevi: presto torneremo per finire il lavoro,» disse prima di allontanarsi con i suoi compagni.
Mentre si rimetteva in piedi a stento, Kisshu lanciò loro qualche maledizione silenziosa.  Per lui, il rinvio della loro condanna era stata una fortuna relativa: ricevuta la notizia, le guardie che già bramavano di veder versare il sangue dei Traditori erano rimaste così interdette che, per consolarsi della delusione, non avevano deciso di divertirsi un po' con lui.
Il moro non ricordava di aver mai provato tanto dolore tutto assieme. Si asciugò con il polso il sangue che gli colava dalle labbra spaccate e si guardò in giro: la stanza, immersa nella penombra, era sporca, maleodorante e… rumorosa. In fondo alla cella, infatti, vi erano almeno una decina di nibiriani malandati che borbottavano fra loro. Un paio erano attaccati ai muri con delle catene, alcuni ridevano in modo folle ed altri lo fissavano malamente facendogli capire che, se avesse anche solo osato avvicinarsi a loro, sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe fatto.
Kisshu era disorientato: non si era mai trovato in una situazione del genere. Lanciò d'istinto un’occhiata a Taruto, che singhiozzava in silenzio stringendosi nei vestiti lacerati. Fortunatamente, le guardie non gli avevano riservato il suo stesso trattamento, ma, a giudicare dai lividi che gli arrossavano il viso, dovevano averlo schiaffeggiato. L’alieno strinse i pugni, colto da un'ira improvvisa, che un istante dopo si trasformò in un dolore lancinante che proveniva dal suo braccio destro: a quanto pareva, doveva esserselo slogato.
«Stai bene, piccolo...? No, non fare sforzi! Ah, ma come hanno osato?! Colpire un bambino!»
Kisshu cercò di ignorare il dolore e puntò di nuovo lo sguardo su Taruto: uno dei prigionieri, un esserino sporco avvolto in degli stracci, si era appena chinato su di lui. Il piccolo lo spinse via gridando, con aria disgustata: «Non…sono…un bambino! Lasciami!»
L'altro non si arrese: «Uhmmm…già, ora che ti osservo meglio, in effetti, capisco che non sei un bambino. Un tipo così forte e coraggioso come te, non può che essere un grande guerriero,» disse pazientemente.
Taruto lo guardò per un lungo istante, e poi annuì piano.
Il prigioniero si inginocchiò accanto a lui. «E dimmi, cosa è mai accaduto ad un guerriero come te per trovarsi qui? Magari hai combattuto contro un demone o uno spirito laggiù in città, ma la tua impresa ha fatto arrabbiare gli sgherri di Sua Altezzosa Altezza Imperiale?» disse, fingendo un tono superbo nel pronunciare le ultime parole.
«Una cosa del genere, si...» ammise Taruto, sorridendo un poco.
L'altro emise una risatina consolante, e gli accarezzò la testa.
«Ehi, tu, chi diavolo sei?» sbottò a quel punto Kisshu, che aveva seguito la scena con interesse. Più ascoltava quella voce bassa e rauca, più forte si faceva in lui la convinzione che quel prigioniero fosse in realtà…una prigioniera.
«Ah...perdonami. Volevo solo essere gentile. Ma...se vuoi me ne vado,» fu la risposta dell’altro, che si sollevò il cappuccio e lo guardò in faccia: era proprio una femmina.
Kisshu rimase un po’ interdetto. Non si aspettava di trovare una ragazza in un posto del genere, ma questa era tutt’altro che bella: era anzianotta e più bassa di lui di almeno tutta la testa, ed era così magra da fare impressione. Una lunga treccia di capelli neri e sporchi le arrivava fin sotto la vita, mentre gli occhi erano piccoli e scuri. Kisshu pensò che c’era qualcosa di strano in lei, e alla fine concluse che si trattava di quel suo modo di fare, così assurdamente gentile da essere fuori luogo in un posto del genere.
“Probabilmente è pazza,” pensò sospirando.
La confrontò quasi inconsciamente con la bellezza di Kassidiya, quindi roteò gli occhi: «No, non fa niente,» le rispose infine. Andò ad appoggiarsi contro il muro lì vicino e si strinse il braccio. Il suo volto si contrasse in un'espressione di dolore che sembrò preoccupare la giovane aliena sconosciuta, che lo aveva fissato incantata fino a quel momento. «Cos’hai a quel braccio?» gli chiese lei.
«Niente, sto benissimo,» rispose Kisshu, digrignando i denti. «Non è niente!» ripeté, dato che l’aliena, invece di levarsi di torno, si era avvicinata a lui insieme a Taruto.
«Ma certo,» annuì lei in tono poco convinto. «Diceva così anche il fratello di una mia lontana parente, cioè un lontano mio parente, dopo che uno skunkle inferocito gli aveva staccato una gamba ad artigliate...»
«Il trucchetto che hai usato con Taruto non funziona con me,» sospirò Kisshu.
«Quale trucchetto?» chiese lui, sospettoso.
«Nessuno,» rispose la nibiriana rapidamente, «ma il tuo papà è davvero un brontolone.»
«Non sono suo padre,» esalò Kisshu, sfinito.
«Sei un suo lontano parente?»
Kisshu gemette, esasperato. Non aveva più neanche la forza di arrabbiarsi.
«Lui si chiamava Yoshi. Tu come ti chiami?»
«Lui...chi?»
«Il suo lontano parente, credo,» spiegò Taruto con una risatina.
«Io sono Imago,» si presentò la nibiriana.
«Io invece sono Kisshu, e voglio essere lasciato in pace.»
«Solo dopo che mi avrai fatto dare un’occhiata al tuo braccio.»
«No!» protestò Kisshu, tirandosi indietro, quando lei si avvicinò senza preavviso.
«Oh, non fare il bambino, Kisshu! Prendi esempio da…Taruto, no?»
«Già.»
«Ah, che bello! Anche un altro mio lontano parente si chiamava così!»
Taruto riprese a ridere, ma Kisshu sbuffò, voltando la testa dall’altra parte: quella tipaccia davvero insopportabile.
Lei gli sfiorò delicatamente il braccio in più punti; ad ogni tocco, Kisshu provava una fitta di dolore sempre più acuto. Sicuro che ormai la sua situazione non poteva peggiorare ulteriormente, quando lei gli disse: «Ora scusami, ma credo che ti farò un po’ male,» si limitò ad annuire rassegnato.
«Ecco fatto!» esclamò Imago dopo pochi secondi, che a Kisshu erano sembrati un’eternità. «Ehi, neanche un lamento. Complimenti. Come premio il tuo braccio é come nuovo!» concluse allegramente, allontanandosi da lui per ammirare la sua opera.
«Eh?» esclamò Kisshu, incredulo, sgranando gli occhi. In effetti, quando provò ad usare il braccio, non sentì più alcun dolore. «Ma…è impossibile! Come hai fatto?»
«Oh, una cosa da nulla!» sorrise Imago.
«Beh… grazie,» le disse Kisshu, e il sorriso di lei si allargò.
Ma un leggero colpo di tosse alle loro spalle interruppe quel momento. «Vedo che avete trovato subito compagnia...» osservò una voce bassa e indifferente.
«Pai...?» sibilò uno stupito Kisshu, scorgendo il fratello in piedi dall'altra parte delle sbarre.
«Pai!» gridò invece Taruto, e lo raggiunse di corsa. «Facci uscire da qui!» disse disperato.
«Non ne ho il potere, Taruto,» fu la sua risposta secca. «State bene?» chiese poi a lui e a Kisshu.
Quest’ultimo gli si avvicinò, un sorrisino ironico sul viso. «Starei meglio se mi spiegassi per quale motivo,» disse, indicando le sbarre, «tu sei da quella parte...e noi da quest'altra, non so se mi spiego.»
Pai sospirò. «Credo sia perché quella strega ha altri piani per me,» rispose laconico.
«Strega?» ripeté Kisshu, e si sentì ferito al cuore quando comprese che Pai si riferiva a Kassidiya. «Ehi, non osare ripeterlo! Ma non l’hai vista? Non l’hai sentita? E' grazie a lei se siamo ancora vivi!»
«Grazie a lei?!» ripeté Pai stravolto. La sua bocca si contorse in un’espressione di furia glaciale. «Sciocco! Ma guardati! Ti ha già conquistato. Stai facendo la fine che hanno fatto tutti quelli che l’hanno incontrata. Presto striscerai ai suoi piedi come un verme… sempre se non ti farà uccidere prima, ovvio.»
«Ma che diavolo stai dicendo?» ribatté Kisshu, con irritazione crescente. «E poi che ne sai tu di lei?»
«Più di quanto tu immagini,» replicò Pai. «Perché quella donna, quella Kassidiya Kaishu,» aggiunse poi in tono piatto, «era la mia compagna.»
Kisshu impiegò qualche secondo per comprendere il significato di quelle parole.
«Eh?» esalò alla fine. «Scusa, non ho capito l’ultima parola che hai detto. Puoi ripetere?»
«Hai capito benissimo,» replicò Pai freddamente.
«Eh?» ripeté Kisshu, decisamente stravolto. «M-Ma tu non...tu non sei mai stato con nessuna! Tu non hai mai avuto successo con le donne!»
Per tutta risposta, il fratello gli lanciò un'occhiata del tipo: solo-perché-non-te-ne-ho-mai-parlato-non-vuol-dire-che-sia-così.
«Ah…n-non ci posso credere, tu… tu conoscevi…tu frequentavi quella splendida creatura, e non me l’hai...mai....detto...?!»
«Non erano affari che ti riguardavano,» gli fece notare Pai. «E oltretutto, a quel tempo tu eri impegnato con Korie. O era Hoan?»
Kisshu lo guardò come se fosse impazzito.
Taruto si aggiunse alla discussione: «No, con Hoan è stato meno di un giorno. Forse parli di Elyr!»
«No, non era neanche lei. Uhm...» Pai assunse un’espressione concentrata. «Ma prima di Elyr c’era Niote o Jorine?» chiese a Taruto.
«Hmmmm…forse Dorine,» rispose lui.
«Ah, si, ora ricordo. Allora Katin era dopo Rik– »
 «Ah!» esclamò Kisshu, spazientito. «Voi due, piantatela!»
«In ogni caso, a quei tempi Kassidiya era poco più di una bambina, decisamente carina, vero, ma insopportabile. L’avresti mollata dopo pochi giorni,» spiegò Pai.
«E tu perché ti ci sei promesso, allora?» chiese Kisshu con una punta di amarezza, «eh?»
«E’ stata lei che ha cominciato!» si difese l'altro. «Io non la conoscevo affatto. E’ stata lei che ha insistito tanto. Quando capii che cosa era, me ne liberai subito. Pensai che fosse finita lì, ma a quanto pare  lei la pensa diversamente,» sbottò. «Non guardarmi così, Kisshu. Ascolta, io non so come abbia fatto a diventare Sovrana mentre noi eravamo sulla Terra e non so quali siano i suoi piani ma, da come si è comportata, credo che voglia vendicarsi di me per ciò che le ho fatto. E’ immatura e capricciosa, ed in questo momento è anche molto potente.»
«Che cosa facciamo?» domandò Taruto, preoccupato.
Pai scosse la testa. «Non lo so. Ma adesso io devo andare da lei, o si insospettirà.»
«E noi?»
«Voi non c'entrate niente con questa storia. Per il momento siete al sicuro, per cui state tranquilli e non combinate guai. Soprattutto tu, Kisshu: sta’ attento, e fatti passare la tua stupida cotta per Kassidiya il prima possibile.»
Kisshu sbuffò. «Parli di lei come se fosse un mostro assetato di sangue. Non credo che tu la conosca bene, in fondo,» osservò, incrociando le braccia dietro la testa.
Sentendo quelle parole, Pai perse rapidamente la calma: «MA QUANDO CRESCI, IDIOTA?!» gridò, attirando l’attenzione di tutti gli altri prigionieri. «Kisshu, tu devi smetterla di farti incantare dalla prima bellezza che vedi, tu non puoi sapere incontro a cosa-» si interruppe, quando davanti a lui si materializzò una giovane guardia imperiale, che subito si inchinò.
«Pai Ikisatashi?» gli disse. «La Sovrana vuole vederti.»
Kisshu e Taruto spalancarono gli occhi: «Uh?»
«Maledizione,» borbottò Pai a mezza voce, quindi si girò di nuovo verso i suoi fratelli. «Kisshu, ricorda quello che ti ho detto: non farti ingannare e, se dovesse succedermi qualcosa, scappate. Non-fate-idiozie,» sillabò.
«Che vuol dire, se ti succede qualcosa?» chiese Taruto in tono ansioso.
 Pai abbassò gli occhi. «Addio,» disse infine ai suoi fratelli, allontanandosi dalle sbarre.
 
 
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Ore dopo, mentre quasi tutti i detenuti del sotterraneo dormivano, chi russando o parlando nel sonno, chi tossendo o fischiando…e dal soffitto un odioso gocciolio infrangeva quel silenzio fatto di rumore… la nibiriana che aveva aiutato Kisshu si sedette accanto a lui: erano gli unici ancora svegli in tutto il sotterraneo; persino le guardie riposavano illegalmente. Lei continuava a discutere a bassa voce di chissà cosa, mentre lui osservava distrattamente il suo fratellino adottivo dormire accovacciato a terra lì vicino.
Kisshu non riusciva a capire cosa gli stava succedendo.
L’unica cosa di cui era sicuro, era che tutto questo era completamente diverso dai tempi di Profondo Blu: sembravano passati secoli da quando aveva lasciato la Terra. Perché non vi era rimasto?
Ah, già...
Ichigo.

Se ne era completamente dimenticato.
La sua piccola, dolce e antipatica bambolina.
L’aveva dimenticata.
Di già.
Kassidiya aveva preso il suo posto: ormai, lui ne era innamorato perso, catturato dal suo fascino - anche se Pai gli aveva ripetuto fino alla nausea che non doveva lasciarsi ingannare da lei.
Ma Pai ora era con lei. Perché non era più tornato? Erano ormai passate ore da quando l’avevano portato via. Cosa stavano facendo quei due?
Kisshu sentì una forte rabbia crescere in lui, insieme ad un sentimento di rassegnazione. "Lo so, alla fine Pai si prenderà la Sovrana, ed io rimarrò di nuovo solo," pensò, sconsolato. "E’ il mio destino. E’ stato deciso così. Io non avrò mai una compagna. Non una che amo davvero. Sono destinato a restare solo... che fregatura, il mio destino."
«Ahia!» esclamò poi improvvisamente, ritornando alla realtà. Imago gli aveva appena pizzicato un braccio. «Che vuoi?!» esclamò infastidito, girandosi dalla sua parte.
«Non hai ascoltato una singola parola di quello che ho detto,» osservò la ragazza con rassegnazione.
«Perché, che hai detto?»
«Lascia perdere,» sospirò lei, grattandosi una guancia. «Quell'alieno che prima è venuto a trovarvi, quel Pai. Era tuo fratello?»
Kisshu sbuffò. «Lasciami in pace. Non ho voglia di parlare ora,» disse, ma lei lo ignorò.
«Mi è sembrato di aver capito che siete fratelli...ma è strano che tu non sapessi che lui era il compagno di Diya...» osservò lei, ferendo Kisshu a tradimento, anche se non aveva veramente l'intenzione.
Lui le lanciò un'occhiataccia. «Perché, tu lo sapevi?» chiese ironico.
«Io? Ma certo, stavano sempre  attaccati! O meglio… lei gli stava sempre attaccata, quando era piccina,» rispose Imago. «Io...io ero...io ero un'istruttrice di grado elementare, e frequentavo la famiglia di Kassidiya per lavoro prima che lei diventasse Sovrana, ecco!» si affrettò ad aggiungere poi, cogliendo l'occhiata incuriosita che Kisshu le aveva lanciato.
«L'avevo capito che eri un'istruttrice,» annuì lui. «Ci sai fare con i mocciosi,» le spiegò poi, indicando Taruto.
«Ah...si, amo i bambini,» sorrise lei, ma Kisshu si era di nuovo perso nei suoi pensieri. «Tu sei geloso di tuo fratello,» dichiarò Imago alla fine.
«Non è vero,» si affrettò a rispondere Kisshu.
«Non vergognartene. Kassidiya ha un fascino magnetico. E’ sempre stata così, con tutti i maschi,» ammise l'altra con uno strano tono di voce, che portò Kisshu a chiederle:
«Ma tu la conoscevi?»
«Un po’,» fu la risposta. «E mi spiace dirtelo, ma so che è tanto bella quanto fatale.»
Se gli occhi di Kisshu si erano illuminati per un momento, adesso quella luce era del tutto scomparsa.
«Non ti ci mettere anche tu, Imago.»
«D’accordo, va bene, hai ragione tu,» annuì lei, sbuffando e incrociando le braccia.
Kisshu le lanciò uno sguardo esasperato: «Senti, non ce l'ho con te, ma Kassidiya non sembra…!»
«Lo so!» lo interruppe lei. «Per questo che nessuno riesce a ribellarsi!»
«Senti, perché dovrei fidarmi di quello che dici?» ribatté Kisshu, accigliato. «Non so neanche chi sei. Cosa hai fatto per trovarti qui? Sarà almeno la quarta volta che te lo chiedo, ed ogni volta hai fatto finta di non sentire. Adesso mi rispondi,» le intimò.
Imago sospirò. «Non è una storia interessante, la mia.»
«Perfetto. Ho proprio voglia di annoiarmi.»
La nibiriana lo fissò per qualche istante, incerta.
«Vedi, qualche tempo fa, quando Kassidiya salì al trono,» cominciò con cautela dopo un poco, «mi giudicò meritevole di una condanna a morte. Me, e molte altre persone che conoscevo. Io riuscii a scappare. La sera stessa, mi feci arrestare con una scusa. Avevo cambiato il mio aspetto e il mio nome. Sono brava con questi trucchetti, ed infatti nessuno mi riconobbe. Da allora io sono qui. E il bello,» disse, accennando un sorriso, «è che ancora mi cercano là fuori...o forse credono che io sia morta.» Catturò lo sguardo stranito di Kisshu. «Si, hai ragione, il mio è un piano davvero stupido. Anche io preferirei morire piuttosto che starmene qui rinchiusa. Ma… ti sembrerà una cosa assurda, ma so che il mio destino non è questo. Io sto aspettando che accada qualcosa,» spiegò. «Non so cosa,» aggiunse poi confusamente, «ma sento di avere un compito da svolgere...ed è già da qualche giorno che ho come l’impressione che….manchi poco, ormai.»
Kisshu la guardò come se fosse pazza: «E’ uno scherzo?»
«Suona un po’ come una presa in giro, in effetti,» annuì Imago.
«Bah, stai mentendo.»
«In ogni caso, quello che ti ho detto riguardo la mia identità deve restare un segreto. Sai com’é…»
«Ma allora tu non ti chiami Imago!»
«Mi raccomando, urla più forte, lassù all’ultimo piano del Palazzo non ti hanno sentito!» replicò lei, inarcando le sopracciglia cespugliose.
«Qual’è il tuo vero nome?» le chiese velocemente Kisshu.
«Questo non posso dirtelo. Però posso dirti che sono d’accordo con voi, anche se penso di essere l’unica su questo pianeta. Mi hanno riferito dei discorsi che avete fatto davanti al Consiglio. Se i terrestri sono come noi, non vedo perché non meritano di vivere. Possiamo vivere insieme,» osservò sognante.
Kisshu sbuffò e si voltò dall’altra parte, chiudendo gli occhi come per dormire. Era seccato perché lei aveva cambiato discorso pur di non rispondergli.
«Gli esseri umani sono carini?» tentò Imago.
«Un po’,» rispose Kisshu.
«Taruto mi ha accennato di una certa Ichigo.»
«Ricordami di tirargli un pugno quando si sveglia.»
«Se é vero che si è comportata con te come mi ha detto, non devono essere molto intelligenti, in fondo,» osservò lei pacata.
«Sono testardi,» disse Kisshu, senza prestare troppa attenzione al significato di quelle parole. «Senti, non mi va di parlarne ora.»
«Capito,» annuì lei, e fece per alzarsi. «Buon riposo e addio.»
«Uh? No, aspetta!» Istintivamente, Kisshu la trattenne per un braccio.
Lei gli lanciò uno sguardo interrogativo.
Kisshu, accortosi del suo gesto, si affrettò a ritrarre la mano. «Anche se sei un femmina,» le disse dopo qualche secondo, «credo che qui tu sia l’unica con cui si possa fare un discorso quasi intelligente.»
La nibiriana, dopo un attimo di imbarazzo, si sedette di nuovo accanto a lui. L’ombra di un sorriso le illuminò il volto, e probabilmente era anche arrossita. «Beh grazie,» mormorò piano. «Ma credo che ci siano molte altre persone migliori di me qui dentro.»
Prima che Kisshu potesse aggiungere altro, la sua attenzione venne attirata da delle grida improvvise: in fondo alla cella, due prigionieri si stavano prendendo a parolacce perché uno di loro, a quanto pareva, aveva cercato di morsicare l’altro nel sonno. Alla fine si misero a sghignazzare insieme e caddero addormentati l’uno sopra l’altro.
«Oh, si, certo,» sussurrò lui, osservando quello squallido spettacolo, «hai proprio ragione.»
  
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