In
forte ritardo, lo so, ma eccovi finalmente il quinto capitolo della mia
storia. Avrei dovuto pubblicare un pò di giorni fa, ma gli
impegni accademici mi hanno assorbita più del previsto, per
cui lo faccio solo adesso, sperando che il capitolo vi ripaghi, almeno in
parte, della lunga attesa.
Prima di cominciare, ci tengo a ringraziare tutti coloro che mi hanno
seguito finora, sia chi mi ha recensito (grazie di avermi rassicurata
sul fatto che la storia non sia una noia mortale XD), sia chi, invece,
si limita a leggermi. Grazie veramente.
E
passiamo adesso alla storia perchè il momento è
giunto. Quale momento? Quello in cui, finalmente, dopo quatto capitoli,
Ron ed Hermione si incontrano. E' vero che si erano già
visti in occasione della cena, ma è in questo capitolo, e
ancora più nel prossimo, che i nostri protagonisti si
troveranno l'uno di fronte all'altro, a 'parlare', a sentirsi vicini,
ad affrontare sensazioni che a volte non sono nemmeno totalmente
comprensibili.
Non aspettatevi, ovviamente, colpi di scena, nè un improvviso avvicinamento. Questa ff è un
missing moment e non può andare oltre i limiti posti dalla
Rowling nella sua storia originile. Io ci scavo solo un pò
attorno, da brava aspirante archeologa, e spero che questo scavare
renda giustizia ai personaggi originali.
Chiudo questa introduzione avvertendo che oltre a questo capitolo ce ne
sono altri due. Il penultimo sarà pubblicato prima di Natale
e l'ultimo entro la fine dell'anno, prima che il tanto atteso
settimo libro veda la luce anche in Italia.
Buona lettura adesso e appuntamento a fine capitolo per le note
conclusive e i ringraziamenti.
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5.
Hermione
Proprio
qui, all'altezza del cuore
Hermione
era seduta da quasi un’ora al banco che era solita
occupare quando si trovava a lezione.
In
quel momento, tuttavia, l’atmosfera era completamente diversa
da quella attenta e talvolta agitata che regnava in
quell’aula ogni mattina.
Non
c’era nessuna voce imperiosa a dettare il modo migliore
per eseguire l’incantesimo del giorno o a rimproverare lo
studente di turno
della scarsa capacità nel manovrare la bacchetta, per
esempio.
E
non c’era nemmeno il grattare frenetico delle piume sulle
pergamene ad annotare ogni singola informazione uscita dalla bocca
dell’insegnante – poco importava se poi
l’unica piuma a grattare frenetica
fosse la sua.
Soprattutto,
non c’era nessun amico svogliato da richiamare
con una lieve gomitata perché la smettesse di sbadigliare di
nascosto e si
decidesse a prendere appunti.
Hermione
fece un piccolo sorriso.
In
ogni caso, rimprovero o no, lui non le dava mai retta e alla
fine era sempre costretta passargli i suoi, di appunti.
La
cosa strana, in verità, è che ormai non lo
trovava più
estremamente fastidioso, come accadeva all’inizio. Forse dopo
un po’ ci si
abitua a quello che in principio appare inusuale. Forse, in qualche
strano
modo, quell’abitudine le permetteva di credere di essere
insostituibile, in un
certo senso, per lui.
Magari
era per entrambe le cose.
Abbassò
ancora una volta lo sguardo sul giornale che giaceva
aperto sul banco davanti a lei, sfiorandone la carta ruvida con la
punta delle
dita. Per l’ennesima volta da quando era in
quell’aula si ritrovò a sospirare.
Avrebbe
dovuto farci l’abitudine, ormai, lo sapeva bene, eppure
non ci riusciva proprio.
Avrebbe
dovuto fare come tutti gli altri, come i suoi
compagni di scuola, che portavano avanti la loro vita senza
preoccuparsi di
quello che poteva succedere fuori da quelle antiche mura, a meno che
poi una
chiamata improvvisa da parte della professoressa McGranitt non li
avvertisse
che era accaduta una qualche disgrazia ad un membro della famiglia.
Guardò
fuori dalla finestra fissando per qualche istante la
pallida falce di luna che splendeva opaca poco al di sopra delle cime
degli
alberi della Foresta Proibita. La scarsa luce che essa rifletteva
entrava a
fiotti dai vetri delle grandi finestre dagli infissi scuri e logori e
gettava
un alone luminoso su una vasta porzione di pavimento attorno a lei,
illuminando
di una tenue luce argentea anche la superficie dei banchi
più vicini alla
parete e lasciando in ombra il resto della stanza.
Lo
Yorkshire, la parte verde e brumosa dell’Inghilerra. E
dire che lei c’era anche stata e più
d’una volta, da piccola...
Fece
un movimento brusco con la mano. Erano ricordi
piacevoli, ma talmente lontani e sfocati che faceva quasi fatica a
credere che
li avesse davvero vissuti. Meglio pensare al presente. Meglio tornare
alla vita
normale.
Osservò
di nuovo La
Gazzetta del Profeta, poi la arrotolò con cura e
la ripose in borsa. Ne
aveva abbastanza di macerarsi su qualcosa che non poteva comprendere
fino in
fondo e contro cui, soprattutto, non poteva lottare.
Non
te lo aspetti che qualcuno entri in casa tua e ti
faccia del male. Non te lo aspetti, ma può succedere in
tempo di guerra. E
Merlino solo sa quanta forza ci vuole per provare a non pensarci.
In
fondo, poi, non è questo che facevano tutti? Fingevano
che le cose andassero bene e lo facevano solo perché non
potevano fare
altrimenti, anche se intimamente ognuno di loro sapeva che in ogni
momento
qualcosa poteva cambiare.
Era
un modo per andare avanti, tutto sommato, non vera
ipocrisia.
Si
alzò dal banco e si avviò verso la porta
dell’aula, la
borsa pesante stretta al petto, sperando di tutto cuore di non
incontrare Gazza
impegnato nel suo giro di ronda serale.
Stava
già per posare la mano sulla maniglia di ottone
quando questa si abbassò e la porta iniziò ad
aprirsi da sola.
Hermione
sobbalzò spaventata, ma ebbe la prontezza di
spostarsi in tutta fretta dietro la porta, in modo che la persona che
stava
entrando non potesse vederla. Se si fosse trattato davvero di Gazza
sarebbe finita
in guai molto seri, perché nemmeno il suo lucente distintivo
da prefetto
avrebbe potuto salvarla lontana com’era dalla torre
Grinfondoro.
La
persona che vide entrare, tuttavia, non aveva nulla
dell’arcigno
custode di Hogwarts.
“Ron...”
esalò Hermione così sorpresa che per poco non
fece
cadere a terra la borsa.
Il
ragazzo avanzò un poco, senza dare segno di averla
sentita. Si guardò intorno, facendo scorrere lo sguardo su
tutta l’aula, ma
dopo un attimo, apparentemente deluso, fece per andarsene.
Hermione
allora uscì allo scoperto e prima che il suo amico
richiudesse la porta lo chiamò di nuovo.
Ron
si voltò di scatto verso di lei e la fissò
inebetito. Un
secondo dopo arrossì di botto.
“Hermione...
ciao...” gracchiò con voce insicura, come se
non si aspettasse di vederla proprio lì. La
guardò un momento e poi distolse in
fretta lo sguardo, ma Hermione notò che un sorriso
compiaciuto gli si disegnava
sulle labbra.
Hermione
se ne chiese il motivo, ma non disse nulla. “Cosa
ci fai qui?” domandò invece.
Lui
alzò lo sguardo su di lei e stavolta non nascose il
tipico sorriso di chi la sa lunga. “In realtà
potrei chiederti la stessa cosa...
Non eri in sala comune quando sono rientrato dopo cena e ho pensato
potessi
essere qui.”
“Oh...”
fece Hermione un po’ imbarazzata. Moriva dalla
voglia di chiedergli come mai gli fosse venuto in mente di cercarla
proprio là,
ma non lo fece. “Sì, avevo bisogno di stare un
po’ da sola, immagino...”
Ritornò
al banco da cui si era appena alzata e vi posò di
nuovo la borsa. Rimase a fissarla senza sapere cosa dire.
Sentì
Ron chiudere la porta e farsi più vicino e
improvvisamente si sentì a disagio.
Era
da sola con lui.
Da
sola per la prima volta dopo quello che era successo
quella mattina.
Hermione
sollevò gli occhi sul suo amico che tuttavia sembrava
molto interessato a studiare una lunga crepa nell’intonaco
della parete. Lo
osservò per un momento. Aveva le punte delle orecchie
arrossate e la fronte
aggrottata come se cercasse – anche
lui!
– qualcosa da dire per uscire da quell’assurdo
momento di imbarazzo che era
caduto tra loro.
Improvvisamente
Ron si voltò verso di lei ed Hermione fu
così sorpresa da quel gesto che per poco non
sobbalzò. Invece si mise a sedere
sentendo il volto andare in fiamme.
Perché
doveva essere così imbarazzante rimanere da sola con
lui?
Perché?!
Era
tutta colpa di quello stupido invito.
Hermione
prese un respiro profondo. “Come mai mi cercavi?”
chiese cercando di sembrare il più naturale possibile.
“E’ successo forse
qualcosa? Harry sta bene?” Alzò lo sguardo su Ron
e si sorprese di vedere che
si era fatto più vicino e che la stava osservando.
Ron
arrossì un po’ sotto il suo sguardo stupito, ma
non
disse nulla. Si avvicinò alla cattedra, proprio di fronte al
banco di Hermione,
e vi si poggiò contro.
“Non
è successo niente, stai tranquilla. E l’ultima
volta
che ho visto Harry,” aggiunse poi con un sorriso furbo,
“era piuttosto preso
dal suo tema di Pozioni, ma nonostante questo sembrava in ottima
salute.”
Hermione
sorrise a sua volta, sollevata, anche se non
avrebbe saputo dire se per la notizia che tutto andava bene o
perché finalmente
quel silenzio imbarazzante sembrava finito.
“A
quanto mi risulta, lo studio non ha mai ucciso
nessuno...”
“Parla
per te, Hermione, se penso che devo ancora finire di
scrivere il tema per Lumacorno, mi viene il mal di
stomaco...” rispose Ron con
una smorfia divertita.
Hermione
fece una piccola risata, comprensiva e rassegnata
insieme. “Bè, magari hai solo esagerato con il
polpettone...”
Ron
scosse il capo e sorrise. “Da quanti anni mi
conosci?”
Hermione
osservò il suo amico, interrogativa. “Da sei
anni”
rispose senza sapere cosa Ron volesse intendere.
“E
in sei anni ti risulta che io abbia mai avuto mal di
stomaco?”
Hermione
rimase un attimo spiazzata, ma poi rise di gusto.
Anche
Ron si unì alla risata.
“In
effetti... credo di non conoscere nessuno con lo
stomaco coriaceo come il tuo... Immagino che potresti mangiare anche il
ferro
senza risentirne.”
“Merlino,
Hermione! Ma ti pare che io abbia gusti così
barbari?”
Hermione
scoppiò di nuovo a ridere, imitata da Ron, e per
un po’ non fecero altro. Poi Ron accarezzò con una
mano il piano levigato della
cattedra e vi si issò con un gesto fluido. Rimase seduto in
silenzio, in volto
un’espressione divertita.
Hermione
ridacchiò ancora un po’, seduta al suo posto. Poi
restò in silenzio a guardare la propria mano posata
pigramente sulla borsa ed
iniziò a giocherellare distrattamente con la cinghia scura
che la chiudeva.
Una
volta si era rotta, quand’era in vacanza e si trovava
in casa da sola, e aveva dovuto sistemarla senza l’uso della
magia, con ago e
filo, ma non era mai stata molto brava nelle cose manuali. Da vicino si
notavano
chiaramente le cuciture storte e di larghezze diverse. Un pessimo
lavoro. Dopotutto,
se non era in grado di realizzare dei berretti decenti con una
bacchetta, come
si poteva pretendere che riuscisse a rattoppare qualcosa con metodi
babbani?
“Perché
te ne sei andata in quel modo, prima?”
La
domanda di Ron le giunse del tutto inattesa.
Alzò
lo sguardo su di lui e lo fissò stupita.
“Quando?
A cena?”
Ron
annuì.
Hermione,
invece, abbassò di nuovo lo sguardo.
Sentiva
il bisogno di confidarsi con qualcuno, questo sì,
ma non sapeva se le andava davvero di farlo. La presenza di Ron aveva
fatto
passare i brutti pensieri di poco prima, come un vento deciso che
scaccia una
nube scura dal cielo, ed Hermione non sapeva se era disposta a tirarli
fuori di
nuovo.
“Niente
di particolare, non avevo molta fame...” mormorò
poco convinta.
Come
al solito era incapace di mentire con lui. Hermione si
maledisse per questo.
“Non
è vero. Hai detto che volevi restare da sola. Non
resti mai da sola, e quando succede lo fai o per studiare materie
difficilissime che io non capirei mai, o perché
c’è qualcosa che non va. E non
è il primo caso, questo.”
Hermione
sollevò lo sguardo sul suo amico. “Se ti riferisci
all’Aritmazia, sono sicura che saresti in grado di capirla
benissimo se solo ti
applicassi.”
Ron
sorrise. “Preferisco lasciarla a te, grazie. Ma questo
non risponde alla mia domanda.”
Ed
Hermione seppe che non c’era speranza.
Ron
non avrebbe mollato finchè lei non gli avesse detto
tutto quanto. Lo faceva sempre quando si trattava di lei. Ed era un
buon segno,
almeno sperava, perché o era il mago più
impiccione del mondo, cosa da non escludere,
oppure – ed Hermione si ritrovò a trettenere il
fiato al solo pensiero –
oppure, semplicemente, teneva davvero a lei.
Sorrise,
tenendo lo sguardo basso, mentre una piacevole
sensazione di calore la invadeva, proprio all’altezza del
cuore.
Forse
avrebbe davvero dovuto confidarsi.
Chissà
perché credeva che parlando con Ron quel peso che le
gravava sul petto si sarebbe sciolto definitivamente. O magari si
sarebbe
addolcito, ridotto. Comunque, sarebbe diventato più
sopportabile.
Hermione
guardò Ron, che le sorrideva.
Ed
iniziò a parlare.
Continua...
____________________________
Note di fine capitolo:
Ed eccoci arrivati anche alla fine di questo capitolo. Qualcuno ha
capito qualcosa del posto in cui Hermione si è rifugiata? Se
finora il mistero è stato fitto adesso avete alcuni elementi
in più: oltre a sapere che si tratta di un'aula, avete anche
qualche dato su chi ci insegna. La 'voce imperiosa' che detta o punisce
è un indizio molto utile, e probabilmente è
facile anche arrivare al motivo che ha spinto Hermione a scegliere
proprio quell'aula e non un'altra. Ma non andiamo di fretta. Avrete la
risposta anche a questa domanda.
Devo confessare che ero
piuttosto indecisa riguardo al titolo del capitolo. Alla fine ho optato
per questo, riprendendo una frase del capitolo stesso. Forse non
è il migliore dei titoli, ma credo che riesca ad esprimere
quello che prova Hermione. Non le sensazioni, no, quelle cerca di
renderle
più chiare lei stessa durante il capitolo, e lo
farà anche nel prossimo, ma l'intensità di quello
che sente. 'All'altezza del cuore', perchè è
lì, figurativamente, ma anche fisicamente, a volte, che
sentiamo gioia o dolore, è il cuore che ci si stringe quando
proviamo pietà, è il cuore che si riscalda quando
sentiamo in modo forte la vicinanza di qualcuno, è il cuore
che batte quando siamo emozionati. E' proprio qui, all'altezza del
cuore che Hermione sente prima scendere una cappa di
tristezza e poi, con l'arrivo di Ron, uno strano e piacevole sollievo,
un sollievo che, almeno in parte, caccia via quella brutta sensazione.
Ma Hermione ha ancora qualcosa da tirare fuori, qualcosa per cui,
forse, ha ancora bisogno della vicinanza di Ron. Non vi anticipo nulla,
solo il fatto che il prossimo capitolo è decisivo per
chiudere la storia iniziata con la lettura dell'articolo. Il primo
anello, diciamo, di cui la ff si costituisce.
E spero anche sinceramente che leggere il primo vero 'incontro' tra
Hermione e Ron dall'inizio della ff sia piaciuto a voi come a me
è piaciuto scriverlo.
Ringraziamenti:
Sunnyna:
Innanzittutto grazie della bella (e lunga ^_^) recensione che, devo
dire, mi ha rassicurato non poco. Sono contenta che tu trovi il mio Ron
vicino all'originale, è una cosa a cui tengo moltissimo e
sono anche felice che tu abbia apprezzato il piccolo cammeo di Nick e
il riferimento a Pix. E' vero, rendono i corridoi più veri,
ed è quello che spero di riuscire a far provare: la
sensazione di essere lì ad Hogwarts con i protagonisti. E a
proposito, ti è piaciuta l'ambientazione nell'aula? Qualche
idea su quale possa essere? Infine grazie anche per i complimenti a BTL
(avrei tanto voluto che ci fosse una csa così quando ho
iniziato ad appassionarmi al mondo delle ff!) e tienilo d'occhio,
perchè prima del nuovo anno ci sarà un
aggiornamento!
lucediluna:
Grazie molte dei complimenti. Al di là del fatto che la
storia possa o meno avere successo, sono felice che la trovi originale.
Fammi apere cosa ti pare di questo capitolo!
mica: Nick interessante... E sono commossa dai tuoi
ringraziamenti. Grazie a te per avermi fatto sapere che hai apprezzato
tutte le piccole cose che ho inserito nella storia. E' importante per
me, visto che tengo molto a questa ff e la sento molto 'mia'. Grazie
davvero.
Joannadellepraterie: Addirittura tra i preferiti? Wow!!
Felicissima del fatto che Ron ed Hermione ti sembrino vicini agli
originali, cosa a cui tengo moltissimo. Grazie dei complimenti!
Gluck88: Eccoti l'aggiornamento. Sono contenta che anche
per te l'idea sia bella e, spero, originale. Riesco ad incuriosire il
lettore? Bè, me lo auguro davvero. Intanto grazie moltissime
per gli apprezzamenti e spero continuerai a
seguirmi...
Alla prossima,
patsan
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