hyu
CAPITOLO
1. UN LONTANO 1935.
Caro Stefan,
22 settembre 1935
ti scrivo perchè non so a
chi altro rivolgermi. Ho bisogno di aiuto e tu sei l'unico che vive
fuori dall'Europa di cui mi possa fidare. L'unico che conosco di
persona, a dire il vero. La situazione è complessa, ma non
ho molto tempo quindi sarò estremamente sintetico, forse un
po troppo. Non ti dirò che avrei dovuto darti retta e che
dopo la guerra sarei dovuto andare a vivere in America come hai fatto
tu, lontano da questo inferno, perchè sarebbe sbagliato.
Sono olandese fino al midollo, mio caro Stefan. In Olanda ci sono nato
e cresciuto. Ci sono troppo legato per lasciarla, e lo stesso vale per
mia moglie. Ho trascorso la mia infanzia qui. I momenti più
belli della mia vita sono strettamente legati a questo luogo.
Sono queste le colline che esploravo da bambino ed
è qui il locale in cui ho conosciuto mia moglie. Ricordi
quando abbiamo fatto insieme quel viaggio a Los Angeles? Tu eri
eccitato, volevi visitarla tutta, anche i vicoli puzzolenti. Io invece
ero terrorizzato a morte: tutti quei palazzi così alti,
tutte quelle persone. Mi sentii piccolo piccolo, quasi come un
moscerino, un insetto insignificante davanti alla maestosità
di quella città. Io e Mariaska non possiamo andare via, ma
Henny non c'entra assolutamente nulla. Non deve pagare per le nostre
scelte e quindi non può continuare a stare qui. Non
può. Quasi tutta l'Europa è occupata da Hitler
che sta acquistando sempre più potere. Proprio l'altro
giorno ho sentito via radio che sono state proclamate le leggi di
Norimberga. Non promette niente di buono. E' da quando è
salito al potere che ho capito che non era adatto. Fortunatamente non
siamo ebrei, ma rischiamo molto per quella cosa che già sai,
ma non me ne andrò. Non sono un vigliacco. Ci sono persone e
amici che contano su di me e andarmene sarebbe come tradirli. Tradire
la mia gente. Persone con cui sono cresciuto. Non mi farò
mettere i piedi in testa da Hitler. Non lascerò il mio paese
per causa sua. Non ho paura. E' lui che se ne deve andare, non io, ma
la questione qui è un'altra: Henny. E' troppo pericoloso per
lei. Voglio che la mia bambina abbia una vita lunga e felice. E' la mia
unica figlia e il mio bene più prezioso. Anche tu sei padre,
quindi puoi capire cosa significa volere il meglio per un figlio. Ho
bisogno che tu la tenga al sicuro per un po' di tempo, lontano da tutto
questo schifo. Quando le cose si metteranno meglio e il governo di
Hitler cadrà, perchè cadrà, ne sono
assolutamente certo, la verrò a prendere. Mi
mancherà da morire, ma la sua sicurezza viene prima di
tutto. E' buonissima. Non vi darà problemi. Ti prego Stefan,
sei la mia unica speranza.
Con affetto, il tuo caro amico Lars.
Stefan l'aveva letta talmente
tante che l'aveva imparata a memoria.
Si grattò la nuca per l'imbarazzo, dato che nella sua
macchina c'era Henny: era appena andato a prenderla al porto e ora la
stava portando a casa sua.
Quando vedeva che la strada davanti a lui era dritta e non c'era molto
traffico, gettava velocemente l'occhio sulla bambina.
"La riconoscerai immediatamente: di simile agli olandesi ha solo la
pelle chiara. I capelli e gli occhi sono scuri. Strano, no?
Porterà sicuramente un classico abito campagnolo che le ha
cucito Mariaska. Te l'avevo detto. E' davvero speciale" gli aveva
spiegato Lars in un'altra lettera.
Henny, che aveva non più di otto anni, aveva portato con
sé un piccolo zainetto: al proprio interno c'erano gli
oggetti di cui non poteva fare a meno: si trattava di un libro (Lars
aveva detto nella lettera che Henny amava leggere), un orsacchiotto di
peluche e una foto di famiglia.
Vide che la bambina la fissò a lungo, e quando ebbe finito
si girò verso destra, a guardare cosa ci fosse fuori dal
finestrino.
Era sempre vissuta in un paesino in cui tutti conoscevano tutti e
quella città era un grosso cambiamento per lei.
Dopo una decina di minuti che parvero interminabili ad entrambi,
giunsero nell'abitazione di Stefan, una piccola casetta con tanto di
giardino che sorgeva in una delle zone residenziali di New York.
"Lascia. Te lo prendo io." fece Stefan a Henny, riferendosi allo
zainetto.
"Posso fare anche da sola, signore." disse gentilmente la bambina.
"Non chiamarmi signore. Chiamami Stefan."
Nel salotto li aspettavano un'affascinante donna sui quaranta anni e
una bambina più grande di Henny, sui dodici anni: erano
rispettivamente la moglie e la figlia di Stefan.
La bambina si avvicinò a Henny: aveva i capelli rossi, le
lentiggini e la pelle chiara come il padre, ma aveva anche dei grandi
occhi chiari.
"Ciao. Io sono Peyton."
"Henny."
Quando Stefan aveva spiegato alla famiglia cosa Lars gli aveva chiesto,
temeva che la figlia Peyton non sarebbe stata entusiasta, e invece
l'aveva presa molto bene: era contenta di dividere la camera con una
bambina, sebbene fosse più piccola.
Era come avere una sorellina.
"Sarai stanca. Per cena c'è pollo arrosto." disse Erika, la
moglie di Stefan, posandole amorevolmente una mano sulla spalla.
"Chiedo scusa, ma non ho fame." mormorò Henny.
"E' naturale. Sarai stanca. Peyton, falle vedere la vostra camera."
Henny seguì Peyton: salirono al primo piano ed entrarono in
una camera mediamente grande, con due letti singoli.
Subito dopo Peyton lasciò la stanza, immaginando che Henny
volesse restare sola.
Quest'ultima si stese su uno dei due letti, e strinse a sé
il cuscino.
Le mancava suo padre.
Le mancava sua madre.
Le mancava l'Olanda.
Sapeva che i suoi genitori le volevano bene, ma erano stati troppo
vaghi.
Le avevano detto che era per il suo bene e che presto sarebbe tornato
tutto normale.
Non le restava che aspettare.
SALVE! NON HO MAI SCRITTO UNA STORIA DI QUESTO TIPO, PERCIO' SIATE
CLEMENTI! SPERO VI PIACCIA ;) FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE.
-MICHAELGOSLING-
|