CAPITOLO 10 –
It's a cold and it's
a broken hallelujah
Tutte
le battaglie nella vita
servono
ad insegnarci qualcosa,
anche
quelle perdute.
[P.
Coelho]
Sono su una spiaggia
bellissima.
La sabbia è
bianca e fine, il mare
azzurro e pulito e il cielo di un terso color celeste.
Questo ambiente mi mette
subito a mio
agio: mi siedo sulla sabbia morbida, ascoltando il rumore
dell'infrangersi delle onde e osservando il cielo aperto senza
nuvole.
Mi rilasso a questa vista,
così mi
stendo e chiudo gli occhi.
Lascio che la sabbia mi si
infili tra i
capelli, lascio andare il mio corpo in un luogo così
perfetto.
Improvvisamente, una voce
appare nitida
al mio orecchio, come se fosse proprio qui, vicino a me.
È
familiare, ne riconosco il timbro e l'accento.
Mi raccomanda di stare
tranquilla, di
non preoccuparmi più, perché ogni problema ormai
è giunto al suo
termine.
Poi a questa voce se ne
aggiunge
un'altra, e un'altra ancora.
Si sovrappongono, ma
capisco
perfettamente ciò che dicono.
Quasi come se i caratteri
delle parole
fossero scritti ordinatamente nella mia mente.
Ci sono cose che
non si possono fare
senza arrivare ai confini del mondo.
Ormai non puoi
più tornare
indietro. Sappiamo entrambi quale sarà il tuo destino.
Rimango
con gli
occhi chiusi, ascoltando queste voci accavallarsi tra di loro.
Poi
improvvisamente, tutte tacciono, lasciando spazio ad una sola voce.
Una
voce sicura,
autoritaria, ma estremamente dolce come mi era sempre parsa.
Apro
gli occhi.
E tutto
ciò che
vedo è una figura semitrasparente, con contorni leggermente
indistinti, con indosso il suo inseparabile impermeabile giallo.
“Vorrei
che tu ti ricordassi di
me. Perché se tu ti ricordassi di me, non mi importerebbe
nulla
nemmeno se tutti gli altri mi dimenticassero.”
~
Apro
improvvisamente gli occhi, osservando quel campo tristemente vuoto e
bagnato dalla pioggia.
Mi alzo
da
quell'ammasso di pioggia e terra, raggiungo la mia camera e mi cambio
velocemente.
Poi
scendo in
cucina, osservando gli altri, con sguardo vuoto.
Non
provo dolore,
non provo rimorsi, non provo paura.
Semplicemente...non
provo nulla. Più nulla.
Osservo
gli sguardi
stanchi e spenti di Lok e Sophie, Metz e gli altri cercatori
presenti.
So che
provano pena
per me. Dolore, forse.
Per la
mia perdita.
Per la morte del mio grande amore.
Ma io
odio questa
pena. Odio quegli sguardi, quegli occhi pieni di compassione per me.
Mi
siedo sul
divano, con in mano una tazza di tè caldo.
“Sai che
il tè verde aumenta la
velocità con cui l'organismo brucia i grassi, contribuendo a
dimagrire, senza causare alcun effetto collaterale?” dice
tutto
d'un fiato.
“Stai
dicendo che dovrei
dimagrire?” scherzo.
“Ah, no
no! Tu...sei bellissima
così” sussurra imbarazzato.
Non
piango, non
parlo, non sorrido.
Lo
ricordo
semplicemente. Come mi ha chiesto lui.
Quando
finisco di
bere il tè, esco fuori dall'albergo, nel campo di battaglia.
Ricordo
ancora il
giorno precedente, ricordo il suo sguardo, l'ultimo sguardo che mi
rivolse.
Ricordo
tutto
perfettamente. Ma ancora, non piango e non mi dispero.
“Dante...sono
troppi, non ce la
faremo mai”
Lui mi guarda
preoccupato, per poi
spostare lo sguardo sul suo mentore, che in lontananza lo
rassicura:”Ragazzi, contiamo su di voi”
Quando
l'imbarcazione è pronta, volgo un ultimo sguardo su quel
paesaggio
vuoto, pieno di ricordi e tristezza.
Sono
consapevole
che forse non tornerò più qui.
Forse
non riuscirò
a tornare, o forse sì.
Poi mi
volto, e di
quel campo, dentro di me, non rimane che il triste ricordo.
~
Seduta
sulla poppa
dell'imbarcazione, ripenso al mio passato. Al mio presente, al mio
futuro.
A
Klaus, a Metz, a
Dante. E poi a Lok, a Sophie, a Cherit.
A ogni
persona che
nella mia vita lasciò un segno profondo.
Rifletto
sugli
avvenimenti delle ultime ore, del giorno precedente e di quello prima
ancora.
So di
essere in uno
stato vegetativo, so di non reagire e non rispondere a nessuno
stimolo.
So di
essere morta.
E se
non lo sono
ancora fisicamente, la mia vita è finita quel giorno, quando
quell'uomo dall'accento leggermente straniero si avvicinò a
Dante e
lo uccise brutalmente.
Dunque,
l'obiettivo
dell'Organizzazione e della Spirale era solo quello.
Eliminare
il grande
detective, il potente cercatore.
Il
migliore.
Ma loro
non sanno
che, insieme a lui, hanno ucciso anche me.
Loro
non sanno e
non sapranno mai.
Improvvisamente,
sento Sophie e Lok chiamare il mio nome.
Mi
alzo,
raggiungendoli.
“Abbiamo
trovato il portale, Zhalia! Un mondo nuovo!”
“Forse
non scopriremo nulla. Forse non usciremo nemmeno più da
lì”
“Oh,
Sophie! Non fare la pessimista! C'è sempre un
inizio!”, esclama
Lok.
C'è
sempre un inizio.
Ha
ragione. Poi non
perde tempo, e si butta euforico.
Sophie
lo osserva
leggermente timorosa, decisa a seguirlo.
Prima
di buttarsi,
si gira verso di me, guardandomi negli occhi.
Per la
prima volta,
in essi scopro una sincerità sconosciuta tra noi.
“Non
aver paura, Zhalia. Il tuo non è mai
stato un addio”
“La
più grande testimonianza d'amore che si possa dare ad una
persona
cara che ci ha lasciato, è tenere viva dentro di noi una
parte di
lei”
Poi si
gira,
osservando il vortice nero poco distante da noi.
“Lok
ha ragione: la pace ha un sapore amaro e il futuro è solo un
brutto
presentimento”
Poi si
volta verso
di me un'ultima volta, gettandosi infine oltre il portale.
Rifletto
sulle sue
parole.
“Vorrei
che tu ti ricordassi di
me. Perché se tu ti ricordassi di me, non mi importerebbe
nulla
nemmeno se tutti gli altri mi dimenticassero.”
Ci sono cose che
non si possono fare
senza arrivare ai confini del mondo.
Osservo
il vortice
sotto al mio sguardo.
“Chiudi
gli occhi e lasciati
andare. Sii te stessa per una volta, Zhalia”
Così
chiudo gli
occhi. E quando li aprirò, sarò in un mondo nuovo.
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