CAPITOLO
9
SMELLS LIKE GUARDIAN SPIRIT
There
is no greater love than this.
There
is no greater gift that can ever be given.
To
be willing to die, so another might live…
There
is no greater love than this
Steve Curtis Chapman
La vita era
fatta di scelte e questo Will-o'-wisp lo aveva imparato molto presto.
Scelte a cui un giorno si sarebbe dovuto dare un senso, uno scopo, se
non si voleva che risultassero del tutto inutili. In vita aveva voluto
essere invisibile, cercando quasi ossessivamente la pace dei sensi e la
calma della solitudine; sperando di dimenticare i torti subiti, le
angherie e le vessazioni che avevano portato il suo corpo alla morte.
L'Uomo nella
Luna le aveva donato tutte e tre queste cose, più una quarta
che riassumeva la sua stesse essenza: il fuoco fatuo.
Di fatua
bellezza era stata persino la sua morte perché negli ultimi
istanti della sua esistenza, lei aveva volato. Fuori dalle finestre di
una delle torri del suo sgargiante castello, ma aveva volato. Per poi
schiantarsi con la prepotenza del fuoco contro il selciato.
Suo marito, di
quasi quarant'anni più vecchio e con altre cinquanta mogli
al seguito, al mattino aveva pianto teneramente la sua dipartita. La
falsa voce che fosse semplicemente scivolata nel vuoto aveva fatto
cadere nel disinteresse la sua vera storia. L'Oriente, con le sue
spezie e le sue notti infinite, l'aveva presto dimenticata.
La Luna invece l'aveva accolta a braccia aperte dandole l'imperativo
del fuoco e della leggerezza.
–
Stai dormendo? –
Senza riuscire
a ricordare quando li avesse chiusi, Will riaprì i suoi
occhi e il largo sorriso di Jack Frost l'accolse come una fresca
ventata settembrina. Così limpido e puro, così
diverso dal sorriso che Halley le aveva rivolto quando l'aveva vista
varcare i suoi cancelli per la prima volta, notando in lei nient'altro
che un ipotetico spirito delle donne morte suicide. Un sorriso
sarcastico e ironico che l'aveva fatta sentire subito a casa,
perché insieme ad esso era arrivata la consapevolezza che
altri credevano - come in fondo anche lei - che la loro vita fosse
stata solo un triste scherzo del destino a cui non erano stati in grado
di sottrarsi se non fuggendo nelle braccia di una fredda bara.
La vita era
fatta di scelte.
–
Non stavo dormendo. – rispose meccanicamente Will.
– Stavo pensando. –
– A
che cosa? –
– Al
perché dell'esistenza. – rispose Will, quasi
sfidando Jack a ridere di lei. Invece lo sguardo sorpreso ed
incuriosito - pur senza risultare in alcun modo invadente - di Jack la
invitò a continuare.
–
Pensavo al perché esistono spiriti come me, come Valentine o
come Halley. Noi non aiutiamo i bambini e non portiamo loro nulla. O
addirittura, come nel caso di Pitch, cerchiamo di spegnere la scintilla
che li anima. Perché credi che l'Uomo nella Luna ci riporti
in vita, dandoci una seconda possibilità? –
–
Forse perché sa che prima una possibilità non
l'avete mai avuta? –
Gli occhi di
Will si allargarono sorpresi e poi tornarono a chiudersi, l'ombra di un
sorriso che aleggiava sulle sue labbra cerulee. Jack Frost era davvero
un tipo sottovalutato da molti.
La voce del
ragazzo le arrivò di nuovo alle orecchie ma questa volta le
sembrò preoccupata. Un refolo di vento, le disse che lui era
balzato al suo fianco, sopra alla balaustra del terrazzino sul quale
lei si era seduta cercando un po' di solitudine.
–
Non mi piace questo cielo. –
Will
guardò a sua volta. C'era qualcosa di errato nella
colorazione rossastra del cielo, come se le nuvole avessero lasciato
dietro di sé scie di sangue dopo esser state ferite a morte
dall'alba che incombeva.
–
Nemmeno a me. – concordò Will, cercando di
reprimere l'ennesima fitta di dolore. Da quando si era
svegliata quella mattina un richiamo sordo al petto si era acceso in
lei e, in qualche modo, la avvisava che qualcosa di molto brutto stava
per accadere. Non sapeva cosa però, né riusciva
ad immaginarlo.
–
Stai bene? –
La mano
delicata di Jack si posò sulla sua fronte e Will si
voltò di scatto, sentendosi avvampare.
–
Si, sto bene. – rispose, scostandosi ulteriormente.
– Sai nulla di Valentine? –
Il sorriso di
Jack le riscaldò ulteriormente il cuore e, con rammarico, si
ritrovò a domandarsi perché non avesse potuto
incontrare un ragazzo come lui quando era in vita.
– A
quanto pare ha deciso che può scoccare frecce anche al
fianco dei Guardiani, se promettiamo di non intralciarlo troppo nella
sua vendetta. È riuscito persino a riparare l'arco. Ma da
quando è successo, stranamente North ha iniziato a parlare
di amore osservando deliziato uno dei suoi yeti più barbuti.
–
Will
ridacchiò piano e questa volta il dolore arrivò
così prepotentemente da coglierla di sorpresa. Si
ripiegò su sé stessa e represse un grido,
sentendo le braccia di Jack cingerla l'attimo dopo per impedirle di
cadere di sotto.
– Tu
non stai affatto bene. – dichiarò lui deciso,
senza accennare a mollarla. Will fece per ribattere che senza dubbio
sarebbe migliorata a momenti, ma il secondo capogiro la costrinse a
pigiarsi le mani sulle tempie con forza.
–
È H-halloween. – spiegò con voce rotta
dalla sofferenza. – L-lui mi sta chiamando. È da
mezzanotte che…–
–
Halley? – chiese Jack cercando di guardarla in faccia.
– Che significa che ti sta chiamando? –
–
N-non era mai successo prima. Non dovrebbe nemmeno accadere:
è strano, f-fa male. –
Jack
richiamò il vento e portò Will con sé,
passandole una mano dietro le ginocchia e l'altra dietro le spalle.
Subito si stupì dell'assenza di peso che tratteneva tra le
braccia: era leggera, maledizione se era leggera. E di certo il suo
colorito azzurrino non l'aiutava a sembrare una persona in salute.
– Ti
porto dentro. – annunciò spalancando le porte del
terrazzo con una folata impetuosa, per poi varcarle con un balzo.
–
Halley… lui vuole che io lo raggiunga. –
– Tu
non ti muoverai di un solo millimetro, invece. –
ordinò Jack, depositandola su uno dei divani in pelle
bordeaux di North. Fece per richiudere le porte di vetro dietro di
sé, ma uno sfarfallio smeraldino, chiaro come la giada
più pura, costrinse i suoi occhi a socchiudersi.
La voce acuta
di Toothy arrivò poco dopo, ancora indistinta, alle sue
orecchie.
***
Ali come
schegge di zoisite, multicolori e frenetiche, si stagliarono contro i
bordi bruniti delle nuvole. In lontananza il primo lampo,
illuminò la terra di una luce violenta e fulminea, e la
prima goccia nera cadde come tetro ammonimento contro il vetro del
terrazzino. Jack osservò la scia grigiastra che quel
frammento di tenebra tracciò con lentezza su quella
superficie trasparente scivolando verso il basso, prima di notare
l'ombra scura che aveva preso possesso del balcone.
La punta del
suo bastone ricurvo si puntò contro di essa per puro
riflesso istintivo. Solo quando l'ombra alzò le mani in
segno di resa, si rese conto di chi si trovava di fronte.
–
Jack! No! – gridò Toothy. – È
con noi! –
Cassian
riabbassò le mani e per un attimo la stessa espressione
spezzata di Will comparve anche sul suo volto.
–
Diventa sempre più difficile resistere a questa maledetta
voce. – disse avanzando verso Jack. – Pitch deve
aver fatto qualcosa ad Halley. –
Nessuno,
né Toothiana, né Cassian, sapeva ancora quello
che era successo nella tana di Pitch.
Quella
consapevolezza colpì Jack come un pugno allo stomaco e la
sua voce risultò tesa come un filo in procinto di spezzarsi
quando cercò di parlare.
– In
verità Halley si è … lui si
è unito a Pitch. –
–
Si, lo sappiamo. – fu la semplice risposta. Così
limpida e chiara da spiazzare Jack. – Siamo qui per questo.
–
Con qualche
sobbalzo dovuto alla stanchezza, Toothy atterrò a sua volta
sul terrazzino e Cassian l'afferrò prima che cadesse sul
pavimento.
–
Come… come lo sapete? –
Lo sguardo di
Cassian si oscurò, palesando un sentimento che rasentava la
colpevolezza e, a tratti, il risentimento, ma quel momento
passò in fretta e lui si affrettò a portare
dentro Toothy, richiudendo dietro di loro la porta-finestra per
evitare che le sempre più frequenti gocce nere potessero
entrare.
–
C'è una cosa che vi dobbiamo mostrare. – disse
Toothy, mostrando a tutti i due cofanetti cilindrici che fino a quel
momento aveva stretto al suo petto ansimante, proteggendoli dalle
intemperie con la fermezza di una madre che ripari i propri piccoli. Da
sotto uno dei cofanetti, uscirono due Dente da Latte che si scrollarono
le piume, starnutendo in un tenue pigolio.
Will si
alzò sui gomiti e indicò incredula quegli
oggettini dorati: – Sono quello che penso io?
Sono… i ricordi di Halley? –
– Di
Halley e di sua sorella. – annuì Toothy.
– Come ho già detto c'è una cosa che vi
dobbiamo mostrare. Io e Cassian l'abbiamo già visto, ma
anche voi dovete sapere. –
Una delle due
fatine alate corse da Jack ad abbracciarlo e lui sorrise suo malgrado.
– Ma
i ricordi non possono essere visti solo dai diretti interessati?
– chiese, spostando la piccola Dente la Latte sulla sua
spalla, dove presto andò a posarsi anche l'altra compagna.
– Quando ci ho guardato dentro io ho visto solo i miei
ricordi. –
Quel
tremendo giorno in cui credeva di aver perduto tutto quello per cui
aveva lottato. Quel giorno dove, se non fosse stato per il
sé stesso del passato, avrebbe perduto il sé
stesso del presente. L'importanza dei ricordi perduti che gli aveva
fatto comprendere qual era la giusta via, e chi era che voleva
diventare veramente. Un Guardiano.
– Io
sono la Guardiana dei Ricordi. – mormorò Toothy
lentamente, quasi volesse accertarsi che nessuno perdesse nemmeno una
delle sue parola. – Posso accedere quando voglio a tutti i
ricordi contenuti nei denti. –
–
Non ha più senso ormai. – rispose Jack, scuotendo
la testa. – Satia è morta. –
–
Gli spiriti non muoiono. – esclamò Cassian con gli
occhi verdi accesi di una luce sinistra. – Gli spiriti sono
tali perché sono già morti. Possono venire
sconfitti, segregati, distrutti… ma non possono morire di
nuovo. –
–
Finché qualcuno crederà in loro potranno
rinascere... – comprese Jack.
Rivedere
e rivivere la morte di Sandman. Il sacrificio che tutti credevano lui
avesse compiuto per non dare la soddisfazione della vittoria a Pitch,
pur di lasciare dietro di sé una risacca di speranza e di
sogni che, anche senza il loro Guardiano, avrebbero continuato a vivere
di vita propria.
Il
mare che continua nel suo incessante sciabordio nonostante qualcuno
cerchi di fermarlo calciando la spuma delle onde. L'infinita
profondità degli abissi della mente, i recessi che anche
Toothiana era in grado di esplorare a suo piacimento.
–
Satia non era un guardiano. – fece notare Will. –
Nessuno credeva in lei prima e nessuno crederà in lei dopo.
–
Parole
che come vetri rotti feriscono la pelle, lasciando una linea slabbrata,
sanguigna e dolorosa, dove prima c'era solo la liscia
uniformità dell'epidermide.
– Ed
è qui che ti sbagli! – esclamò Toothy,
le guance pallide accese da un accenno di colore. – Quando
Pitch dice che può riportare indietro Satia dice la
verità. Nessuno di voi conosce la vera storia
della nascita di Pitch. –
Cassian
serrò i pugni e Will lo guardò con sguardo
interrogativo, ricevendo però in cambio solo un'occhiata
vuota, spenta. Toothy si voltò verso Jack e gli mise i due
cofanetti nella mani.
– Tu
che Guardiano credi essere? Il quinto, giusto? –
Jack
alzò i sui occhi, mare in tempesta dove una minuscola barca
- la sua coscienza - cercava di sopravvivere nonostante i cavalloni la
insidiassero da ogni lato.
–
Non sono il quinto? –
–
Sei il sesto. Pitch è stato il primo. Il primo Guardiano mai
creato dall'Uomo nella Luna. –
***
Ora,
lasciatemi...
Ora,
abituatevi senza di me.
Non capiva
dove si trovava. Alzò gli occhi eppure il paesaggio non
sembrò mutare in alcun modo: alberi dalle chiome maestose
contro il cielo di velluto nero, deturpato da pennellate furiose di
nuvole, barriera invalicabile che per qualche ragione sapeva di non
poter attraversare. Il mondo stesso non capiva il perché
della sua esistenza, irretito e stupito da quella che credeva - sperava
- essere una sua creatura.
Lei non
ricordava nemmeno perché si trovava lì. Vagare
nell'oscurità era ciò che aveva sempre fatto, o
no?
Non lo sapeva.
Il non saperlo, però, aveva davvero importanza?
L'erba contro
la sua guancia odorava di buono, la terra morbida si era sagomata
intorno al suo corpo snello e l'accoglieva in un abbraccio confortevole
dal quale non si voleva distaccare. Terra umida che allungava le sue
dita sopra le sue caviglie, le sue spalle e la sua vita, trascinandola
verso il basso. Ingurgitandola come l'ennesima mostruosità
partorita da un sogno che nessuno vuole rivivere: un incubo.
Qual era il
suo nome?
Troppe domande
senza risposta. Risposte che, divertite, le sfuggivano, sogghignando
tra loro della sua incapacità di afferrarle.
Qual
è il mio nome?
Fiori di pesco
le crebbero tra i capelli mischiando il loro musicale odore a quello
putrescente della morte; margherite bianche, morbide perle sulla sua
gola, adornarono il suo collo come una collana di terribile bellezza.
Il
proprio nome non ha importanza nella morte.
Quella
convinzione dava, nonostante tutto, adito ad un'altra domanda.
Sono
morta, dunque?
Domande,
sempre e solo domande. Domande senza alcuna importanza.
I morti non
domandano nulla, non desiderano nulla.
Ma se lei non
fosse stata morta, se lei avesse avuto ancora un briciolo di vita
dentro il suo petto magro, cosa avrebbe desiderato?
Soffice terra
si spalancò sotto di lei, si allargò e la
ricoprì completamente, come pioggia che dal cielo lavi via
ogni impurità.
Nella morte
c'è chi trova sé stesso.
Lei, quindi,
chi era?
Qual
è il mio nome?
La luna non le
rispose, ma le diede un'altra domanda: cosa desideri ?
Io
chiuderò gli occhi
E
voglio solo cinque cose,
...
Chiedo silenzio, Pablo Neruda
***
–
Pitch è stato il primo? – Jack Frost
osservò attentamente Toothiana. – Ma la pietra
nella sala del globo non porta alcuna traccia del simbolo di Pitch: ci
siamo solo noi cinque. –
–
Esistono due globi, Jack. – disse Toothy, le dita esili che
scorrevano leggere sopra i due contenitori dorati quasi richiamando
alla memoria ricordi così lontani da essere andati quasi
perduti. – E una volta esistevano solo due Guardiani: Pitch e
North. Ombra e luce. Paura e meraviglia.
Non sono stati
creati insieme, quello no. Prima è venuto Pitch, coi tempi
bui e il suo regno fatto di oscurità, e poi è
venuto North. Ed è così che l'uomo quando non
conosce qualcosa, prima ne ha paura e solo dopo ne rimane meravigliato.
Il terzo ad essere creato è stato Sandy: il giusto
equilibrio tra i due, colui che si oppone agli incubi e che fomenta la
meraviglia, creando i sogni.
Solo molto
tempo dopo è arrivata la memoria. – Toothy sorrise
e piegò la testa di lato, avvicinandola alla spalla.
– La memoria: cioè io. La capacità
dell'uomo di ricordare fatti passati, di ricordare le paure, di
ricordare le cose meravigliose e i sogni chiusi dentro all'anima. Tu e
Bunnymund siete i più giovani per così dire.
Speranza e gioia: ultime, certo, ma non per questo meno importanti.
–
Con mani
tremanti, Jack abbassò lo sguardo. – Pitch quindi
è un Guardiano, come te e come me? –
Toothy
annuì.
–
Pitch può riportare in vita Satia. Almeno su questo non ha
mentito. Non del tutto. –
Gli occhi di
Will e di Cassian si appuntarono su Toothy, su Jack e poi di nuovo su
Toothy.
–
Che vuoi dire? –
–
Lui ha taciuto parte della verità. Ovvero che anche noi
Guardiani siamo in grado di riportare indietro Satia, ma per farlo
abbiamo bisogno dell'aiuto dei bambini, esattamente come Pitch.
–
–
Pitch spaventa i bambini, mica chiede il loro aiuto. – fece
notare Will, senza che c'è ne fosse alcun bisogno.
–
Infatti su questo ha mentito. Potrebbe farlo
perché ne è capace. Ma non lo farà.
–
– Tu
che cosa proponi, quindi? – s'informò Cassian,
stufo di tutti quei giri di parole e con un'espressione sempre
più dolorante in volto. – Non abbiamo
più tutto questo tempo. –
Toothy si
alzò e guardò tutti i presenti negli occhi, poi
parlò: – Dico che dovremo essere noi a riportare
indietro per primi Satia. Sapendola in salvo Halley avrà un
legame in meno che lo collega a Pitch e sarà anche meno
complicato per noi spezzare il patto che lo vincola all'Uomo Nero.
–
– E
come intendi chiedere aiuto ai bambini? – chiese sarcastico
Cassian. – In questo momento saranno troppo intenti a fare
incubi per colpa di Pitch o a spaventare la gente per colpa di
Halloween. –
–
Non servirà l'aiuto dei bambini reali. Basteranno questi.
– Toothy mostrò i due cofanetti e sorrise.
– Ho bisogno di un volontario che venga con me. –
Per qualche
strano motivo tutti gli occhi si puntarono su Jack Frost, nonostante
lui non avesse mosso nemmeno un muscolo. Il bianco dei suoi denti si
allargò sul suo volto, illuminandolo di una nuova emozione.
–
Conta su di me, Toothy. –
–
Molto bene. Dopo di te. – disse lei, allargando una mano con
gesto galante. – Ti ricordi come si fa per entrare,
vero? –
Sia Will che
Cassian rotearono gli occhi, ma entrambi si ritrovarono loro malgrado
ad osservare con attenzione i movimenti con cui Jack si tese verso il
cofanetto di Satia, ed i suoi occhi di limpido ghiaccio portarsi
proprio sopra i minuscoli scompartimenti dove erano alloggiati i
dentini. Una debole luce si irradiò da ciascuno di essi,
crescendo ed intensificandosi man mano che aumentava la concentrazione
del ragazzo.
Poi un fascio
bianco esplose di fronte a loro, inghiottendo le coscienze di
Jack e di Toothy. I loro corpi si afflosciarono al suolo e
Will lanciò un grido di allarme.
–
Che gli è preso? Che è successo? –
–
Nulla. – rispose serafico Cassian. – Sono solo
entrati nei ricordi di Satia. –
***
La prima cosa
che Jack Frost capì al suo risveglio fu che c'era
agitazione. Molta gente correva, urlava, spintonava. Nessuno che si
premurava del prossimo: l'intera massa di persone era intenta a
convogliare verso un unico punto. Al suo fianco, Toothy si
massaggiò qualche piuma che si era curvata durante il brusco
atterraggio.
– Tu
la vedi? –
Jack non ebbe
bisogno che gli dicesse chi cercare; subito i suoi occhi scandagliarono
la folla alla ricerca di quel volto pallido e spigoloso. Viaggiare nei
ricordi altrui però era diverso che ripercorrere i propri, e
lentamente se ne accorse. I volti erano indistinti, come se l'autore di
quelle memorie non ci avesse prestato molta attenzione, al pari di uno
sbadato pittore che avesse dimenticato di disegnare le facce a tutti i
personaggi del suo quadro, tranne che ad uno soltanto di loro.
Una figura
magra e cenciosa lo sorpassò passandogli attraverso e Jack
ritornò per un terribile istante al momento del suo
risveglio.
Quando nessuno lo vedeva, quando nessuno credeva in lui.
–
Jack! Non imbambolarti! –
Voltandosi,
scoprì che Toothy era andata avanti, seguendo gli abitanti
del villaggio giù per un pendio boscoso. I ricordi stavano
scomparendo, avvolti in una nebbia grigiastra che era la
non-conoscenza. Satia doveva essere andata già avanti se nei
suoi ricordi mancava il villaggio da quel momento in poi.
–
Arrivo! Toothy aspet…–
Jack trattenne
il fiato.
Vicino ad un
grumo di alberi, alti e neri, una ragazza pallida e dal volto
fuligginoso si guardava intorno smarrita, persa. Ma non poteva essere
Satia se quelli erano i suoi ricordi… Non potevano esserci
due Satie!
Scacciando
quell'immagine dai suoi occhi si affrettò a raggiungere
Toothy, e così facendo non si accorse che quel grigio
miraggio lo aveva notato e che silenziosamente aveva iniziato a
seguirlo, avanzando sopra l'erba come sospinto dal vento, nonostante i
suoi piedi lerci e pieni di tagli non sfiorassero neppure gli steli
secchi e incrostati di ghiaccio.
–
Toothy, ma dove stanno andando? –
Jack
oltrepassò qualche corpo senza che il proprietario si
degnasse di accorgersene e si affiancò a Toothy, badando a
non perdere il suo bastone in mezzo a tutte quelle persone.
–
Ascoltali e capirai. – rispose lei, accelerando il battito
delle ali.
Le sue
orecchie si sforzarono di trarre un senso compiuto dalla cacofonia di
grida e di schiamazzi che stavano udendo, e finalmente
riuscì a distinguere due parole sopra le altre. "Miniera" e
"crollata".
–
Halley lavorava nella miniera. – lo anticipò
Toothy, levandosi in cielo e oltrepassando le cime di alcuni alberi. La
scelta di risalire il pendio in linea d'aria, abbandonando le vie
tortuose dei sentieri ghiaiosi, si rivelò assai proficua, ed
entrambi arrivarono insieme ai primi soccorsi davanti ad un foro
circolare.
L'ingresso
della miniera, praticato ai piedi della montagna, era crollato per
metà e la massiccia architrave di legno era collassata su
sé stessa, spezzandosi a metà come un qualunque,
esile fuscello.
La luna
spandeva impietosa i suoi raggi argentati sull'erba e sui massi
circostanti. Le urla divennero più forti.
–
Toothy, tu hai detto che Halley lavorava nella
miniera…–
Tremando
lievemente Jack si voltò a fronteggiarla, i muscoli che non
sembravano più appartenergli per il modo goffo con cui
rispondevano ai suoi ordini.
–
… si, lavorava qui. – concluse Toothy per lui,
apparendo quasi diafana sotto la fioca luce delle torce che sbucavano
dai boschi ad ondate di cinque o sei persone.
–
Ed è qui che è morto. –
Impotente,
Jack tornò a fissare la miniera e la voce di Toothy gli
giunse distante, come attutita da uno spesso panno.
– Ho
guardato anche i ricordi di Halley. Tutti. Fino in fondo. –
Una solitaria lacrima le rigò la guancia, seguendo il
percorso di quelle che già l'avevano preceduta. –
Sono rimasta con lui nei suoi ultimi momenti di vita. Non l'ho
abbandonato. Mi ripeto che è così che avrebbe
fatto un vero Guardiano, solo che … solo che un vero
Guardiano dovrebbe vegliare sulla vita e non sulla morte dei bambini e
dei ragazzi. O perlomeno non solo su quest'ultima.–
– Tu
hai fatto tutto il possibile. –
–
Non è stato abbastanza. –
–
Ma, Toothy. Non puoi incolpare te stessa per quello che è
successo. –
– Lo
so. Infatti incolpo me stessa per quello che è accaduto
dopo. –
–
Dopo? –
Un grido
sovrastò all'improvviso tutti gli altri e una ragazza minuta
si gettò oltre la folla, fendendola con la forza della
propria disperazione.
–
Lasciatemi andare! Lasciatemi, vi ho detto! Lui è dentro!
Lui è lì dentro! Devo salvarlo! –
–
Satia, ferma! –
–
Qualcuno la tenga ferma! Non può entrare! –
–
C'è la possibilità che ci siano ulteriori frane!
È un suicidio entrare adesso! –
– Ma
lui è ancora dentro! Potrebbe essere vivo! –
–
Satia, smettila! –
–
Mio fratello! Lasciatemi vi supplico! Jacky!! –
Con uno
spintone più forte degli altri, quel corpicino minuto
riuscì ad avere la meglio sui muscoli degli uomini che lo
trattenevano, slanciandosi verso il minuscolo foro d'entrata rimasto
tra l'architrave e il muro della montagna.
Molte mani si
protesero per impedirle di avanzare ma lei fu più veloce e
riuscì a guadagnare l'angusto ingresso, gettandovicisi a
capofitto.
–
Quella pazza! –
–
Qualcuno entri e la fermi! –
–
No, nessuno si muova! Bisogna prima organizzare una squadra di
soccorso! –
–
Bisogna far brillare le rocce che bloccano l'ingresso! –
Toothy
impallidì ancora di più ma rifiutò con
decisione l'aiuto di Jack quando lui glielo offrì.
– Tu
mi hai chiesto che cosa è successo
dopo…– disse infine. – …
è successo che io ho odiato Halley per molto tempo e gli
ho… ho detto delle cose orribili. Cose che solo ora ho
capito cosa significassero veramente per lui e quanto lo avessero
ferito in realtà. –
Jack non la
interruppe, lasciandola continuare, e lei gliene fu grata.
–
Dopo aver visto i suoi ricordi, ho capito. Ora so perché
Halley è lo spirito di Halloween. Ora so perché
bussa di casa in casa chiedendo dei dolci. Ora so perché
vaga solitario, sempre alla ricerca di quel qualcosa che non
troverà mai. Per lui i dolci rappresentano sua
sorella, e lui vaga alla ricerca di quello spirito a lui complementare
che non troverà mai. Nella leggenda Jack O'Lantern vaga nel
purgatorio perché ha ingannato la morte per ben tre volte
grazie alla sua astuzia. Ma non è lui ad aver ingannato la
morte, è stata Satia ad averlo fatto. –
***
Io
chiuderò gli occhi,
e
voglio solo cinque cose,
cinque
radici preferite.
Una
è l'amore senza fine.
Il suo respiro
si condensava davanti alla sua faccia, invisibile se non per la sensazione
di gelo che le trasmetteva al volto. Circondata
dall'oscurità, avanzava a tentoni, sperando di non
inciampare e di non incontrare ostacoli troppo grandi da non poter
essere aggirati.
Era entrata
dentro alla miniera per trovarlo. Sapeva che era vivo. Doveva essere
vivo.
Dietro di lei
un miraggio grigio - specchio speculare della sua anima - la osservava
ripercorrere il suo passato con passo incerto, claudicante quasi. I
ricordi assomigliano più ad una superficie scabra e
butterata, che non ad una liscia distesa immacolata. Essi recano la
traccia della nostra vita e ne riassumono i momenti più
importanti. Non i più belli o i più brutti,
semplicemente quelli più importanti.
La
seconda è vedere l'autunno.
Non
posso vivere senza che le foglie
Volino
e tornino a terra.
Suo fratello
però non sarebbe diventato un ricordo, non ancora, non in
quel modo.
"Non ora"
continuava a pregare nel buio che l'ascoltava in religioso silenzio. I
suoi ansiti di fatica mentre discendeva all'interno della montagna si
mischiarono al dolore dei muscoli in tensione, e al bruciore crescente
che le serrava la gola.
Suo fratello
avrebbe visto l'autunno. E l'inverno… l'inverno con la sua
bellissima neve.
La
terza è il grave inverno,
la
pioggia che ho amato, la carezza
del
fuoco nel freddo silvestre.
La neve che
scendeva elegante dal cielo, dando anche ai paesaggi più
brutti l'apparenza di una dama albina appena risvegliatasi dal suo
sonno apatico ed indolente. Bellissima nel suoi drappi fioccanti di
pizzo ghiacciato e nei suoi veli di bora gelida, altera nel suo
portamento distaccato.
Satia non
voleva che quella fosse la fine. Avevano ancora così tanto
da vedere, così tanto da mostrare a quel piccolo
mostriciattolo fuligginoso di suo fratello.
La
quarta cosa è l'estate
Rotonda
come un'anguria.
Inciampò
e cadde per terra. Il suo gemito di dolore riecheggiò di
parete in parete, ritornandole il suo dolore in mille echi diversi. E
poi lo vide. Un raggio di luna penetrava attraverso le macerie,
illuminando il suo volto riverso di lato.
Sorrideva.
Perfino la
morte sembrava adorarlo nel suo ultimo abbandono.
"Scusa se non
potrò mantenere la mia promessa. Ma mi sarebbe davvero
piaciuto mangiare qualcuno dei tuoi dolci un ultima volta …"
Un masso
gigantesco lo aveva tranciato a metà, dividendo in due il
suo corpo snello, con la stessa precisione di un macellaio inesperto.
Sangue cremisi sgorgava dalla ferita mortale e scendeva in sottili
rivoli lungo le superfici circostanti, creando tante piccole
diramazioni quanti erano i rami in un albero.
Lei
gridò. O perlomeno credette di averlo fatto, visto il fuoco
che le riarse la gola, gli occhi, il cuore, bruciando tutto
senza ritegno.
La
quinta cosa sono i tuoi occhi.
Non
voglio dormire senza i tuoi occhi,
non
voglio esistere senza che tu mi guardi:
io
muto la primavera
perché
tu continui a guardarmi.
Sangue sulle
mani mentre lo stringeva. Sangue sul volto mentre cercava di
svegliarlo. La luce della luna che assisteva, impassibile: le vicende
umane non la toccano, non la sfiorano, lei si limita ad osservare.
–
Non lui!!! Prendi me!!!–
Il rombo di
tuono dentro alle sue orecchie. E la seconda scossa di assestamento che
scuote le fondamenta della montagna, facendo franare definitivamente la
miniera. "Non lui. Prendi me. "
Questo
è ciò che voglio.
È
quasi nulla e quasi tutto.
Il pietrisco
che le entra nei polmoni. Il sasso sotto il quale è
imprigionato il corpo di suo fratello che si sposta, martoriando quelle
membra troppo giovani anche dopo la morte. Il sangue che bagna i volti
di entrambi ed i massi che cadono dal soffitto, schiacciandola,
uccidendola. Ma a lei non importa.
Il miraggio
argentato versa una lacrima, ora ricorda. Ricorda tutto.
Ora
se volete andatevene.
Ma
perché chiedo silenzio…
Satia
è fuori. E tra le mani stringe il corpo senza vita di suo
fratello. Non sa come ci sia riuscita, ma è fuori. Piange
lacrime amare ma la luna le sorride.
"Non lui.
Prendi me."
A volte
perfino le vicende umane riescono a sfiorare la lontana presenza della
luna e la luna se ne lascia intenerire.
…Non
crediate che io muoia:
mi
accade tutto il contrario,
accade
che sto per vivere.
Il miraggio
guarda quella scena e sa che è già successa.
È tutto già accaduto molto tempo prima.
È
lei quella che sta osservando, lei che come in uno specchio ripete i
suoi stessi movimenti, le sue stesse azioni. Lei e Satia sono la stessa
persona. Ora sa chi è. Sa quello è il suo nome e
che cosa deve fare.
In alto sopra
di loro, due Guardiani osservano affranti la scena senza intervenire.
Anche loro sanno che è già successo; comprendono
che quello che stanno guardando è solo un ricordo. Non
possono fare nulla.
Accade
che sono e che continuo.
La luna ha
fatto la sua scelta: il guardiano che accompagnerà i bambini
e i ragazzi nella morte...
Ora,
come sempre è presto.
La
luce vola via con le sue api.
Lasciatemi
solo con il giorno.
Chiedo
il permesso di nascere.
E la luna
rispose:
– Concesso. –
****************************************
Cit. Pablo
Neruda.
Non ho letto i
libri da cui è stato tratto il film quindi spero con la mia
versione dei fatti di non aver sconvolto i fan dell'opera originale. E
poi…. oh shit, parlare del passato dei personaggi mi
intristisce… ç___ç e quindi,
nonostante abbia fatto una fatica boia a scriverlo, questo intero
capitolo mi fa tenerezza … ç.ç!
Salut!
*corre ad
abbracciare qualcuno*
Qui sotto
troverete la side-story per risollevarvi il morale dopo codesto
tripudio di lacrime. ç______ç Tenete presente che
Cassian è il tipico ragazzo con la rabbia dentro, repressa o
tenuta
nascosta a tutti. Oppure (più semplicemente) è
idiota a livelli perpetui.
Opterò per la seconda. u.u
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- SIDE STORY -
Yeah,
I've been feeling everything
From
hate to love
From
love to lust
From
lust to truth
I
guess that's how I know you
Kiss me, Ed Sheeran
–
Propongo un gioco di gruppo! –
Jack
sollevò il suo volto spossato ad incontrare quello raggiante
di Cassian.
–
Non ne ho molta voglia, Cass. È tutto il capitolo che corro
come un disgraziato. –
– Ma
Jack! Sarà un gioco divertente. –
Sospirando,
Jack Frost si costrinse ad alzarsi dal verde prato sul quale si era
disteso e, con sommo sforzo, perfino a stiracchiarsi. Il sole splendeva
alto e l'aria priva di vento dava la stessa fastidiosa sensazione di
una pellicola applicata sulla pelle, una canicola dalla quale era
difficile fuggire.
– Ma
tu non ti stanchi mai? –
– Di
rado. –
confessò Cassian, indicando qualcosa alle sue spalle.
– E dai vieni,
manchi solo tu. Ci sono anche tutti gli altri. –
Jack si sporse
di
lato e lanciò uno sguardo poco convinto al piazzale
antistante il set
di registrazione. Will e Halley stavano parlando fittamente all'ombra
di un albero frondoso, Toothiana rideva per qualcosa che aveva detto
Bunnymund indicandosi il costume da coniglio abbassato fino sotto la
cintola, lasciando un corpo tonico e snello libero di ricevere occhiate
di apprezzamento da parte della Befana; la quale non sembrava
più
raccapezzarsi nella difficoltosa scelta tra lui e Valentine, che se ne
stava tranquillamente a torso nudo col fianco appoggiato al tronco con ancora indosso il costume di scena.
Senza alcun
preavviso, Cassian afferrò Jack per il braccio e lo
trascinò di peso dove si erano riuniti gli
altri.
–
Molto bene. Ora che ci siamo tutti possiamo cominciare. –
esclamò deliziato. – Si, dunque… ecco
qui. –
Il
gruppetto smise di parlare e si ritrovò a fissare con le
fronti
corrugate otto bastoncini bianchi disposti a ventaglio nelle mani di
Cassian.
–
Halley non serve che ti allontani: non mordo mica. –
commentò Cassian con un sorrisetto sulle labbra, prima di
riprendere la
spiegazione. – Bene, questi qui sono otto spiedi da carne.
Si, Thia, lo
so che lo sapevi già, ma abbi un po' di pazienza. Le
estremità di
questi bastoncini sono state colorati con quattro colori differenti,
due per ogni tipo. E serviranno a formare le coppie con cui si
svolgerà
la caccia al tesoro. No, Bunny, niente gare di corsa: alla fine abbiamo
deciso (con la collaborazione dello staff) di organizzare una caccia al
tesoro. Ehm… dov'ero? Ah, si. A turno si pescherà
un bastoncino dal
mazzo: chi risulterà avere colori uguali sarà in
squadra assieme. Lo
scopo sarà trovare per primi il tesoro che è
già stato nascosto su
quella collina boscosa, proprio quell… –
– Tu
continui a parlare di
un tesoro. – s'intromise Thia, incrociando le braccia.
– Ma come
sarebbe fatto questo tesoro? E come facciamo a sapere che quando
pescheremo il bastoncino tu non abbia già in qualche modo
truccato i
risultati? –
–
Pescherò per ultimo se proprio vuoi. – fece
Cassian,
lievemente offeso. – E, no, non ricorrerei mai a simili mezzi
per stare
in squadra con Halley. In ogni caso il tesoro nemmeno io so cosa sia. A
quanto pare è una sorpresa dello staff, ma hanno detto che
quando ce lo
ritroveremo davanti capiremo all'istante di averlo trovato. Altre
domande? –
Tutti tacquero
ad eccezione di Halley che impallidendo si limitò a
borbottare qualcosa a bassa voce.
–
Se nessuno ha nulla in contrario, incomincio io. – si
offrì Valentine,
avanzando di qualche passo e sfilando dalle mani di Cassian il primo
stecchetto.
–
Rosso. – disse mostrandolo a tutti – Colore
appropriato direi. –
– Il
prossimo sono io. – decretò Bunnymund, pescando un
bastoncino azzurro.
–
Ora tocca a me. – disse Will, togliendo con un unico fluido
movimento lo stecchetto all'estrema destra. – Oh, Giallo.
–
La
Befana si fece avanti e pescò tenendo gli occhi chiusi, poi
con un
sorriso da iena da un orecchio all'altro sventolò il suo
colore in
faccia a Valentine.
–
Ehi! La vecchia ha barato! –
–
No, Val. – disse Cassian. – Ha pescato
correttamente. Siete in squadra assieme. –
L'allegra
vecchina lanciò uno sguardo lascivo a Valentine che
rabbrividì e guardò
ostentatamente altrove. Intanto Jack nel disinteresse generale
finì di
pescare.
–
Giallo! – constatò, confrontando il suo colore con
quello di Will.
La ragazza
sobbalzò lievemente e un colorito rosato le comparve sulle
guance.
–
Hai caldo, Will? – s'informò Cassian ricevendo in
cambio
un'occhiataccia degna di Thia di fronte ad un dolce. – Cielo!
C'è
qualcuno che oggi non abbia la luna storta? Comunque è il
tuo turno,
Halley. –
–
Verde. – disse quest'ultimo, capendo solo in
quell'istante che per lui si stava mettendo molto male. – Ci
sono
ancora due stecchi: chi manca? –
Thia
alzò la mano e Halley guardò
prima lei e poi Cassian. Se Thia avesse pescato verde sarebbero stati
loro due in squadra assieme, altrimenti…
Cassian
sollevò entrambe le
sopracciglia di scatto, riabbassandole l'istante dopo, e si
passò
lentamente la punta della lingua sul labbro superiore accertandosi che
Halley non si perdesse nemmeno un secondo di quell'esibizione.
–
THIA! – gridò subito Halley con occhi stralunati,
attaccandosi al
braccio della ragazza come una cozza. – Non fare cretinate e
pesca il
verde! È un ordine! –
– E
mi dici come minchia faccio? E poi chi ti
dice che voglia stare in coppia con te? – ribatté
lei per nulla toccata
dalle vicende shakespeariane dei due ragazzi. – E non
slambrecciarmi la
t-shirt! –
Halley si
pigiò le mani sugli occhi. – Non voglio vedere!
Uomo nella luna, se esisti è il momento giusto per darmi un
segno! –
Thia
afferrò con decisione il bastoncino alla destra e
…
…
lo fissò alzando un sopracciglio. – Ops.
–
Cassian
schioccò la lingua e senza spostare le mani dal volto,
Halley lanciò un
grido assumendo per qualche terribile momento le sembianze dell'Urlo
di
Munch.
–
Che diavolo gridi a fare? – berciò Thia
piazzandogli il
bastoncino che aveva appena preso in mezzo agli occhi. –
Guarda! Verde!
–
Nuovamente
Cassian schioccò la lingua, mentre il suo sguardo vacuo
si spostava su Bunnymund. – A quanto pare saremo in squadra
assieme,
palestrato dei miei stivali. –
– E
non ti sta bene? –
Il sorriso di
Cassian, falso e stucchevole, fece sobbalzare tutti tranne Bunnymund.
– Tu
che dici…? –
(continua)
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