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Autore: pheiyu    24/06/2013    2 recensioni
Pitch è tornato, più spietato che mai, e vuole vendetta. Nella notte di Halloween riusciranno i cinque, più qualche strampalato aiuto, qualche vecchio amico e un nuovo combattuto spirito, a salvare sé stessi e i bambini?
Genere: Azione, Comico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, I Cinque Guardiani, Jack Frost, Jamie, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 9

SMELLS LIKE GUARDIAN SPIRIT


There is no greater love than this.
There is no greater gift that can ever be given.
To be willing to die, so another might live…
There is no greater love than this

                               Steve Curtis Chapman


La vita era fatta di scelte e questo Will-o'-wisp lo aveva imparato molto presto. Scelte a cui un giorno si sarebbe dovuto dare un senso, uno scopo, se non si voleva che risultassero del tutto inutili. In vita aveva voluto essere invisibile, cercando quasi ossessivamente la pace dei sensi e la calma della solitudine; sperando di dimenticare i torti subiti, le angherie e le vessazioni che avevano portato il suo corpo alla morte.
L'Uomo nella Luna le aveva donato tutte e tre queste cose, più una quarta che riassumeva la sua stesse essenza: il fuoco fatuo.
Di fatua bellezza era stata persino la sua morte perché negli ultimi istanti della sua esistenza, lei aveva volato. Fuori dalle finestre di una delle torri del suo sgargiante castello, ma aveva volato. Per poi schiantarsi con la prepotenza del fuoco contro il selciato.
Suo marito, di quasi quarant'anni più vecchio e con altre cinquanta mogli al seguito, al mattino aveva pianto teneramente la sua dipartita. La falsa voce che fosse semplicemente scivolata nel vuoto aveva fatto cadere nel disinteresse la sua vera storia. L'Oriente, con le sue spezie  e le sue notti infinite, l'aveva presto dimenticata. La Luna invece l'aveva accolta a braccia aperte dandole l'imperativo del fuoco e della leggerezza.
– Stai dormendo? –
Senza riuscire a ricordare quando li avesse chiusi, Will riaprì i suoi occhi e il largo sorriso di Jack Frost l'accolse come una fresca ventata settembrina. Così limpido e puro, così diverso dal sorriso che Halley le aveva rivolto quando l'aveva vista varcare i suoi cancelli per la prima volta, notando in lei nient'altro che un ipotetico spirito delle donne morte suicide. Un sorriso sarcastico e ironico che l'aveva fatta sentire subito a casa, perché insieme ad esso era arrivata la consapevolezza che altri credevano - come in fondo anche lei - che la loro vita fosse stata solo un triste scherzo del destino a cui non erano stati in grado di sottrarsi se non fuggendo nelle braccia di una fredda bara.
La vita era fatta di scelte.
– Non  stavo dormendo. – rispose meccanicamente Will. – Stavo pensando. –
– A che cosa? –
– Al perché dell'esistenza. – rispose Will, quasi sfidando Jack a ridere di lei. Invece lo sguardo sorpreso ed incuriosito - pur senza risultare in alcun modo invadente - di Jack la invitò a continuare.
– Pensavo al perché esistono spiriti come me, come Valentine o come Halley. Noi non aiutiamo i bambini e non portiamo loro nulla. O addirittura, come nel caso di Pitch, cerchiamo di spegnere la scintilla che li anima. Perché credi che l'Uomo nella Luna ci riporti in vita, dandoci una seconda possibilità? –
– Forse perché sa che prima una possibilità non l'avete mai avuta? –
Gli occhi di Will si allargarono sorpresi e poi tornarono a chiudersi, l'ombra di un sorriso che aleggiava sulle sue labbra cerulee. Jack Frost era davvero un tipo sottovalutato da molti.
La voce del ragazzo le arrivò di nuovo alle orecchie ma questa volta le sembrò preoccupata. Un refolo di vento, le disse che lui era balzato al suo fianco, sopra alla balaustra del terrazzino sul quale lei si era seduta cercando un po' di solitudine.
– Non mi piace questo cielo. –
Will guardò a sua volta. C'era qualcosa di errato nella colorazione rossastra del cielo, come se le nuvole avessero lasciato dietro di sé scie di sangue dopo esser state ferite a morte dall'alba che incombeva.
– Nemmeno a me. – concordò Will, cercando di reprimere l'ennesima fitta di dolore.  Da quando si era svegliata quella mattina un richiamo sordo al petto si era acceso in lei e, in qualche modo, la avvisava che qualcosa di molto brutto stava per accadere. Non sapeva cosa però, né riusciva ad immaginarlo.
– Stai bene? –
La mano delicata di Jack si posò sulla sua fronte e Will si voltò di scatto, sentendosi avvampare.
– Si, sto bene. – rispose, scostandosi ulteriormente. – Sai nulla di Valentine? –
Il sorriso di Jack le riscaldò ulteriormente il cuore e, con rammarico, si ritrovò a domandarsi perché non avesse potuto incontrare un ragazzo come lui quando era in vita.
– A quanto pare ha deciso che può scoccare frecce anche al fianco dei Guardiani, se promettiamo di non intralciarlo troppo nella sua vendetta. È riuscito persino a riparare l'arco. Ma da quando è successo, stranamente North ha iniziato a parlare di amore osservando deliziato uno dei suoi yeti più barbuti. –
Will ridacchiò piano e questa volta il dolore arrivò così prepotentemente da coglierla di sorpresa. Si ripiegò su sé stessa e represse un grido, sentendo le braccia di Jack cingerla l'attimo dopo per impedirle di cadere di sotto.
– Tu non stai affatto bene. – dichiarò lui deciso, senza accennare a mollarla. Will fece per ribattere che senza dubbio sarebbe migliorata a momenti, ma il secondo capogiro la costrinse a pigiarsi le mani sulle tempie con forza.
– È H-halloween. – spiegò con voce rotta dalla sofferenza. – L-lui mi sta chiamando. È da mezzanotte che…–
– Halley? – chiese Jack cercando di guardarla in faccia. – Che significa che ti sta chiamando? –
– N-non era mai successo prima. Non dovrebbe nemmeno accadere: è strano, f-fa male. –
Jack richiamò il vento e portò Will con sé, passandole una mano dietro le ginocchia e l'altra dietro le spalle. Subito si stupì dell'assenza di peso che tratteneva tra le braccia: era leggera, maledizione se era leggera. E di certo il suo colorito azzurrino non l'aiutava a sembrare una persona in salute.
– Ti porto dentro. – annunciò spalancando le porte del terrazzo con una folata impetuosa, per poi varcarle con un balzo.
– Halley… lui vuole che io lo raggiunga. –
– Tu non ti muoverai di un solo millimetro, invece. – ordinò Jack, depositandola su uno dei divani in pelle bordeaux di North. Fece per richiudere le porte di vetro dietro di sé, ma uno sfarfallio smeraldino, chiaro come la giada più pura, costrinse i suoi occhi a socchiudersi.
La voce acuta di Toothy arrivò poco dopo, ancora indistinta, alle sue orecchie.

***

Ali come schegge di zoisite, multicolori e frenetiche, si stagliarono contro i bordi bruniti delle nuvole. In lontananza il primo lampo, illuminò la terra di una luce violenta e fulminea, e la prima goccia nera cadde come tetro ammonimento contro il vetro del terrazzino. Jack osservò la scia grigiastra che quel frammento di tenebra tracciò con lentezza su quella superficie trasparente scivolando verso il basso, prima di notare l'ombra scura che aveva preso possesso del balcone.
La punta del suo bastone ricurvo si puntò contro di essa per puro riflesso istintivo. Solo quando l'ombra alzò le mani in segno di resa, si rese conto di chi si trovava di fronte.
– Jack! No! – gridò Toothy. – È con noi! –
Cassian riabbassò le mani e per un attimo la stessa espressione spezzata di Will comparve anche sul suo volto.
– Diventa sempre più difficile resistere a questa maledetta voce. – disse avanzando verso Jack. – Pitch deve aver fatto qualcosa ad Halley. –
Nessuno, né Toothiana, né Cassian, sapeva ancora quello che era successo nella tana di Pitch.
Quella consapevolezza colpì Jack come un pugno allo stomaco e la sua voce risultò tesa come un filo in procinto di spezzarsi quando cercò di parlare.
– In verità Halley si è … lui si è unito a Pitch. –
– Si, lo sappiamo. – fu la semplice risposta. Così limpida e chiara da spiazzare Jack. – Siamo qui per questo. –
Con qualche sobbalzo dovuto alla stanchezza, Toothy atterrò a sua volta sul terrazzino e Cassian l'afferrò prima che cadesse sul pavimento.
– Come… come lo sapete? –
Lo sguardo di Cassian si oscurò, palesando un sentimento che rasentava la colpevolezza e, a tratti, il risentimento, ma quel momento passò in fretta e lui si affrettò a portare dentro Toothy, richiudendo dietro di loro la porta-finestra per evitare che le sempre più frequenti gocce nere potessero entrare.
– C'è una cosa che vi dobbiamo mostrare. – disse Toothy, mostrando a tutti i due cofanetti cilindrici che fino a quel momento aveva stretto al suo petto ansimante, proteggendoli dalle intemperie con la fermezza di una madre che ripari i propri piccoli. Da sotto uno dei cofanetti, uscirono due Dente da Latte che si scrollarono le piume, starnutendo in un tenue pigolio.
Will si alzò sui gomiti e indicò incredula quegli oggettini dorati: – Sono quello che penso io? Sono… i ricordi di Halley? –
– Di Halley e di sua sorella. – annuì Toothy. – Come ho già detto c'è una cosa che vi dobbiamo mostrare. Io e Cassian l'abbiamo già visto, ma anche voi dovete sapere. –
Una delle due fatine alate corse da Jack ad abbracciarlo e lui sorrise suo malgrado.
– Ma i ricordi non possono essere visti solo dai diretti interessati? – chiese, spostando la piccola Dente la Latte sulla sua spalla, dove presto andò a posarsi anche l'altra compagna. – Quando ci ho guardato dentro io ho visto solo i miei ricordi. –
Quel tremendo giorno in cui credeva di aver perduto tutto quello per cui aveva lottato. Quel giorno dove, se non fosse stato per il sé stesso del passato, avrebbe perduto il sé stesso del presente. L'importanza dei ricordi perduti che gli aveva fatto comprendere qual era la giusta via, e chi era che voleva diventare veramente. Un Guardiano.
– Io sono la Guardiana dei Ricordi. – mormorò Toothy lentamente, quasi volesse accertarsi che nessuno perdesse nemmeno una delle sue parola. – Posso accedere quando voglio a tutti i ricordi contenuti nei denti. –
– Non ha più senso ormai. – rispose Jack, scuotendo la testa. – Satia è morta. –
– Gli spiriti non muoiono. – esclamò Cassian con gli occhi verdi accesi di una luce sinistra. – Gli spiriti sono tali perché sono già morti. Possono venire sconfitti, segregati, distrutti… ma non possono morire di nuovo. –
– Finché qualcuno crederà in loro potranno rinascere... –  comprese Jack.
Rivedere e rivivere la morte di Sandman. Il sacrificio che tutti credevano lui avesse compiuto per non dare la soddisfazione della vittoria a Pitch, pur di lasciare dietro di sé una risacca di speranza e di sogni che, anche senza il loro Guardiano, avrebbero continuato a vivere di vita propria.
Il mare che continua nel suo incessante sciabordio nonostante qualcuno cerchi di fermarlo calciando la spuma delle onde. L'infinita profondità degli abissi della mente, i recessi che anche Toothiana era in grado di esplorare a suo piacimento.
– Satia non era un guardiano. – fece notare Will. – Nessuno credeva in lei prima e nessuno crederà in lei dopo. –
Parole che come vetri rotti feriscono la pelle, lasciando una linea slabbrata, sanguigna e dolorosa, dove prima c'era solo la liscia uniformità dell'epidermide.
– Ed è qui che ti sbagli! – esclamò Toothy, le guance pallide accese da un accenno di colore. – Quando Pitch dice che può riportare indietro Satia dice la verità.  Nessuno di voi conosce la vera storia della nascita di Pitch. –
Cassian serrò i pugni e Will lo guardò con sguardo interrogativo, ricevendo però in cambio solo un'occhiata vuota, spenta. Toothy si voltò verso Jack e gli mise i due cofanetti nella mani.
– Tu che Guardiano credi essere? Il quinto, giusto? –
Jack alzò i sui occhi, mare in tempesta dove una minuscola barca - la sua coscienza - cercava di sopravvivere nonostante i cavalloni la insidiassero da ogni lato.
– Non sono il quinto? –
– Sei il sesto. Pitch è stato il primo. Il primo Guardiano mai creato dall'Uomo nella Luna. –

***
Ora, lasciatemi...
Ora, abituatevi senza di me.

Non capiva dove si trovava. Alzò gli occhi eppure il paesaggio non sembrò mutare in alcun modo: alberi dalle chiome maestose contro il cielo di velluto nero, deturpato da pennellate furiose di nuvole, barriera invalicabile che per qualche ragione sapeva di non poter attraversare. Il mondo stesso non capiva il perché della sua esistenza, irretito e stupito da quella che credeva - sperava - essere una sua creatura.
Lei non ricordava nemmeno perché si trovava lì. Vagare nell'oscurità era ciò che aveva sempre fatto, o no?
Non lo sapeva. Il non saperlo, però, aveva davvero importanza?
L'erba contro la sua guancia odorava di buono, la terra morbida si era sagomata intorno al suo corpo snello e l'accoglieva in un abbraccio confortevole dal quale non si voleva distaccare. Terra umida che allungava le sue dita sopra le sue caviglie, le sue spalle e la sua vita, trascinandola verso il basso. Ingurgitandola come l'ennesima mostruosità partorita da un sogno che nessuno vuole rivivere: un incubo.
Qual era il suo nome?
Troppe domande senza risposta. Risposte che, divertite, le sfuggivano, sogghignando tra loro della sua incapacità di afferrarle.
Qual è il mio nome?
Fiori di pesco le crebbero tra i capelli mischiando il loro musicale odore a quello putrescente della morte; margherite bianche, morbide perle sulla sua gola, adornarono il suo collo come una collana di terribile bellezza.
Il proprio nome non ha importanza nella morte.
Quella convinzione dava, nonostante tutto, adito ad un'altra domanda.
Sono morta, dunque?
Domande, sempre e solo domande. Domande senza alcuna importanza.
I morti non domandano nulla, non desiderano nulla.
Ma se lei non fosse stata morta, se lei avesse avuto ancora un briciolo di vita dentro il suo petto magro, cosa avrebbe desiderato?
Soffice terra si spalancò sotto di lei, si allargò e la ricoprì completamente, come pioggia che dal cielo lavi via ogni impurità.
Nella morte c'è chi trova sé stesso.
Lei, quindi, chi era?
Qual è il mio nome?
La luna non le rispose, ma le diede un'altra domanda: cosa desideri ?

Io chiuderò gli occhi
E voglio solo cinque cose,
...

    Chiedo silenzio, Pablo Neruda

***

– Pitch è stato il primo? – Jack Frost osservò attentamente Toothiana. – Ma la pietra nella sala del globo non porta alcuna traccia del simbolo di Pitch: ci siamo solo noi cinque. –
– Esistono due globi, Jack. – disse Toothy, le dita esili che scorrevano leggere sopra i due contenitori dorati quasi richiamando alla memoria ricordi così lontani da essere andati quasi perduti. – E una volta esistevano solo due Guardiani: Pitch e North. Ombra e luce. Paura e meraviglia.
Non sono stati creati insieme, quello no. Prima è venuto Pitch, coi tempi bui e il suo regno fatto di oscurità, e poi è venuto North. Ed è così che l'uomo quando non conosce qualcosa, prima ne ha paura e solo dopo ne rimane meravigliato. Il terzo ad essere creato è stato Sandy: il giusto equilibrio tra i due, colui che si oppone agli incubi e che fomenta la meraviglia, creando i sogni.
Solo molto tempo dopo è arrivata la memoria. – Toothy sorrise e piegò la testa di lato, avvicinandola alla spalla. – La memoria: cioè io. La capacità dell'uomo di ricordare fatti passati, di ricordare le paure, di ricordare le cose meravigliose e i sogni chiusi dentro all'anima. Tu e Bunnymund siete i più giovani per così dire. Speranza e gioia: ultime, certo, ma non per questo meno importanti. –
Con mani tremanti, Jack abbassò lo sguardo. – Pitch quindi è un Guardiano, come te  e come me? –
Toothy annuì.
– Pitch può riportare in vita Satia. Almeno su questo non ha mentito. Non del tutto. –
Gli occhi di Will e di Cassian si appuntarono su Toothy, su Jack e poi di nuovo su Toothy.
– Che vuoi dire? –
– Lui ha taciuto parte della verità. Ovvero che anche noi Guardiani siamo in grado di riportare indietro Satia, ma per farlo abbiamo bisogno dell'aiuto dei bambini, esattamente come Pitch. –
– Pitch spaventa i bambini, mica chiede il loro aiuto. – fece notare Will, senza che c'è ne fosse alcun bisogno.
– Infatti su questo ha mentito. Potrebbe farlo perché ne è capace. Ma non lo farà. –
– Tu che cosa proponi, quindi? – s'informò Cassian, stufo di tutti quei giri di parole e con un'espressione sempre più dolorante in volto. – Non abbiamo più tutto questo tempo. –
Toothy si alzò e guardò tutti i presenti negli occhi, poi parlò: – Dico che dovremo essere noi a riportare indietro per primi Satia. Sapendola in salvo Halley avrà un legame in meno che lo collega a Pitch e sarà anche meno complicato per noi spezzare il patto che lo vincola all'Uomo Nero. –
– E come intendi chiedere aiuto ai bambini? – chiese sarcastico Cassian. – In questo momento saranno troppo intenti a fare incubi per colpa di Pitch o a spaventare la gente per colpa di Halloween. –
– Non servirà l'aiuto dei bambini reali. Basteranno questi. – Toothy mostrò i due cofanetti e sorrise. – Ho bisogno di un volontario che venga con me. –
Per qualche strano motivo tutti gli occhi si puntarono su Jack Frost, nonostante lui non avesse mosso nemmeno un muscolo. Il bianco dei suoi denti si allargò sul suo volto, illuminandolo di una nuova emozione.
– Conta su di me, Toothy. –
– Molto bene. Dopo di te. – disse lei, allargando una mano con gesto galante.  – Ti ricordi come si fa per entrare, vero? –
Sia Will che Cassian rotearono gli occhi, ma entrambi si ritrovarono loro malgrado ad osservare con attenzione i movimenti con cui Jack si tese verso il cofanetto di Satia, ed i suoi occhi di limpido ghiaccio portarsi proprio sopra i minuscoli scompartimenti dove erano alloggiati i dentini. Una debole luce si irradiò da ciascuno di essi, crescendo ed intensificandosi man mano che aumentava la concentrazione del ragazzo.
Poi un fascio bianco esplose di fronte a loro, inghiottendo le coscienze di Jack  e di Toothy. I loro corpi si afflosciarono al suolo e Will lanciò un grido di allarme.
– Che gli è preso? Che è successo? –
– Nulla. – rispose serafico Cassian. – Sono solo entrati nei ricordi di Satia. –

***

La prima cosa che Jack Frost capì al suo risveglio fu che c'era agitazione. Molta gente correva, urlava, spintonava. Nessuno che si premurava del prossimo: l'intera massa di persone era intenta a convogliare  verso un unico punto. Al suo fianco, Toothy si massaggiò qualche piuma che si era curvata durante il brusco atterraggio.
– Tu la vedi? –
Jack non ebbe bisogno che gli dicesse chi cercare; subito i suoi occhi scandagliarono la folla alla ricerca di quel volto pallido e spigoloso. Viaggiare nei ricordi altrui però era diverso che ripercorrere i propri, e lentamente se ne accorse. I volti erano indistinti, come se l'autore di quelle memorie non ci avesse prestato molta attenzione, al pari di uno sbadato pittore che avesse dimenticato di disegnare le facce a tutti i personaggi del suo quadro, tranne che ad uno soltanto di loro.
Una figura magra e cenciosa lo sorpassò passandogli attraverso e Jack ritornò per un terribile istante al momento del suo risveglio. Quando nessuno lo vedeva, quando nessuno credeva in lui.
– Jack! Non imbambolarti! –
Voltandosi, scoprì che Toothy era andata avanti, seguendo gli abitanti del villaggio giù per un pendio boscoso. I ricordi stavano scomparendo, avvolti in una nebbia grigiastra che era la non-conoscenza. Satia doveva essere andata già avanti se nei suoi ricordi mancava il villaggio da quel momento in poi.
– Arrivo! Toothy aspet…–
Jack trattenne il fiato.
Vicino ad un grumo di alberi, alti e neri, una ragazza pallida e dal volto fuligginoso si guardava intorno smarrita, persa. Ma non poteva essere Satia se quelli erano i suoi ricordi… Non potevano esserci due Satie!
Scacciando quell'immagine dai suoi occhi si affrettò a raggiungere Toothy, e così facendo non si accorse che quel grigio miraggio lo aveva notato e che silenziosamente aveva iniziato a seguirlo, avanzando sopra l'erba come sospinto dal vento, nonostante i suoi piedi lerci e pieni di tagli non sfiorassero neppure gli steli secchi e incrostati di ghiaccio.
– Toothy, ma dove stanno andando? –
Jack oltrepassò qualche corpo senza che il proprietario si degnasse di accorgersene e si affiancò a Toothy, badando a non perdere il suo bastone in mezzo a tutte quelle persone.
– Ascoltali e capirai. – rispose lei, accelerando il battito delle ali.
Le sue orecchie si sforzarono di trarre un senso compiuto dalla cacofonia di grida e di schiamazzi che stavano udendo, e finalmente riuscì a distinguere due parole sopra le altre. "Miniera" e "crollata".
– Halley lavorava nella miniera. – lo anticipò Toothy, levandosi in cielo e oltrepassando le cime di alcuni alberi. La scelta di risalire il pendio in linea d'aria, abbandonando le vie tortuose dei sentieri ghiaiosi, si rivelò assai proficua, ed entrambi arrivarono insieme ai primi soccorsi davanti ad un foro circolare.
L'ingresso della miniera, praticato ai piedi della montagna, era crollato per metà e la massiccia architrave di legno era collassata su sé stessa, spezzandosi a metà come un qualunque, esile fuscello.
La luna spandeva impietosa i suoi raggi argentati sull'erba e sui massi circostanti. Le urla divennero più forti.
– Toothy, tu hai detto che Halley lavorava nella miniera…–
Tremando lievemente Jack si voltò a fronteggiarla, i muscoli che non sembravano più appartenergli per il modo goffo con cui rispondevano ai suoi ordini.
– … si, lavorava qui. – concluse Toothy per lui, apparendo quasi diafana sotto la fioca luce delle torce che sbucavano dai boschi ad ondate di cinque o sei persone.
 – Ed è qui che è morto. –
Impotente, Jack tornò a fissare la miniera e la voce di Toothy gli giunse distante, come attutita da uno spesso panno.
– Ho guardato anche i ricordi di Halley. Tutti. Fino in fondo. – Una solitaria lacrima le rigò la guancia, seguendo il percorso di quelle che già l'avevano preceduta. – Sono rimasta con lui nei suoi ultimi momenti di vita. Non l'ho abbandonato. Mi ripeto che è così che avrebbe fatto un vero Guardiano, solo che … solo che un vero Guardiano dovrebbe vegliare sulla vita e non sulla morte dei bambini e dei ragazzi. O perlomeno non solo su quest'ultima.–
– Tu hai fatto tutto il possibile. –
– Non è stato abbastanza.  –
– Ma, Toothy. Non puoi incolpare te stessa per quello che è successo. –
– Lo so. Infatti incolpo me stessa per quello che è accaduto dopo. –
– Dopo? –
Un grido sovrastò all'improvviso tutti gli altri e una ragazza minuta si gettò oltre la folla, fendendola con la forza della propria disperazione.
– Lasciatemi andare! Lasciatemi, vi ho detto! Lui è dentro! Lui è lì dentro! Devo salvarlo! –
– Satia, ferma! –
– Qualcuno la tenga ferma! Non può entrare! –
– C'è la possibilità che ci siano ulteriori frane! È un suicidio entrare adesso! –
– Ma lui è ancora dentro! Potrebbe essere vivo! –
– Satia, smettila! –
– Mio fratello! Lasciatemi vi supplico! Jacky!! –
Con uno spintone più forte degli altri, quel corpicino minuto riuscì ad avere la meglio sui muscoli degli uomini che lo trattenevano, slanciandosi verso il minuscolo foro d'entrata rimasto tra l'architrave e il muro della montagna.
Molte mani si protesero per impedirle di avanzare ma lei fu più veloce e riuscì a guadagnare l'angusto ingresso, gettandovicisi a capofitto.
– Quella pazza! –
– Qualcuno entri e la fermi! –
– No, nessuno si muova! Bisogna prima organizzare una squadra di soccorso! –
– Bisogna far brillare le rocce che bloccano l'ingresso! –
Toothy impallidì ancora di più ma rifiutò con decisione l'aiuto di Jack quando lui glielo offrì.
– Tu mi hai chiesto che cosa è successo dopo…– disse infine. – … è successo che io ho odiato Halley per molto tempo e gli ho… ho detto delle cose orribili. Cose che solo ora ho capito cosa significassero veramente per lui e quanto lo avessero ferito in realtà. –
Jack non la interruppe,  lasciandola continuare, e lei gliene fu grata.
– Dopo aver visto i suoi ricordi, ho capito. Ora so perché Halley è lo spirito di Halloween. Ora so perché bussa di casa in casa chiedendo dei dolci. Ora so perché vaga solitario, sempre alla ricerca di quel qualcosa che non troverà mai.  Per lui i dolci rappresentano sua sorella, e lui vaga alla ricerca di quello spirito a lui complementare che non troverà mai. Nella leggenda Jack O'Lantern vaga nel purgatorio perché ha ingannato la morte per ben tre volte grazie alla sua astuzia. Ma non è lui ad aver ingannato la morte, è stata Satia ad averlo fatto. –

***

Io chiuderò gli occhi,
e voglio solo cinque cose,
cinque radici preferite.
Una è l'amore senza fine.

Il suo respiro si condensava davanti alla sua faccia, invisibile se non per la sensazione di gelo che le trasmetteva al volto. Circondata dall'oscurità, avanzava a tentoni, sperando di non inciampare e di non incontrare ostacoli troppo grandi da non poter essere aggirati.
Era entrata dentro alla miniera per trovarlo. Sapeva che era vivo. Doveva essere vivo.
Dietro di lei un miraggio grigio - specchio speculare della sua anima - la osservava ripercorrere il suo passato con passo incerto, claudicante quasi. I ricordi assomigliano più ad una superficie scabra e butterata, che non ad una liscia distesa immacolata. Essi recano la traccia della nostra vita e ne riassumono i momenti più importanti. Non i più belli o i più brutti, semplicemente quelli più importanti.
La seconda è vedere l'autunno.
Non posso vivere senza che le foglie
Volino e tornino a terra.
Suo fratello però non sarebbe diventato un ricordo, non ancora, non in quel modo.
"Non ora" continuava a pregare nel buio che l'ascoltava in religioso silenzio. I suoi ansiti di fatica mentre discendeva all'interno della montagna si mischiarono al dolore dei muscoli in tensione, e al bruciore crescente che le serrava la gola.
Suo fratello avrebbe visto l'autunno. E l'inverno… l'inverno con la sua bellissima neve.
La terza è il grave inverno,
la pioggia che ho amato, la carezza
del fuoco nel freddo silvestre.
La neve che scendeva elegante dal cielo, dando anche ai paesaggi più brutti l'apparenza di una dama albina appena risvegliatasi dal suo sonno apatico ed indolente. Bellissima nel suoi drappi fioccanti di pizzo ghiacciato e nei suoi veli di bora gelida, altera nel suo portamento distaccato.
Satia non voleva che quella fosse la fine. Avevano ancora così tanto da vedere, così tanto da mostrare a quel piccolo mostriciattolo fuligginoso di suo fratello.
La quarta cosa è l'estate
Rotonda come un'anguria.
Inciampò e cadde per terra. Il suo gemito di dolore riecheggiò di parete in parete, ritornandole il suo dolore in mille echi diversi. E poi lo vide. Un raggio di luna penetrava attraverso le macerie, illuminando il suo volto riverso di lato.
Sorrideva.
Perfino la morte sembrava adorarlo nel suo ultimo abbandono.
"Scusa se non potrò mantenere la mia promessa. Ma mi sarebbe davvero piaciuto mangiare qualcuno dei tuoi dolci un ultima volta …"
Un masso gigantesco lo aveva tranciato a metà, dividendo in due il suo corpo snello, con la stessa precisione di un macellaio inesperto. Sangue cremisi sgorgava dalla ferita mortale e scendeva in sottili rivoli lungo le superfici circostanti, creando tante piccole diramazioni quanti erano i rami in un albero.
Lei gridò. O perlomeno credette di averlo fatto, visto il fuoco che le riarse  la gola, gli occhi, il cuore, bruciando tutto senza ritegno.
La quinta cosa sono i tuoi occhi.
Non voglio dormire senza i tuoi occhi,
non voglio esistere senza che tu mi guardi:
io muto la primavera
perché tu continui a guardarmi.
Sangue sulle mani mentre lo stringeva. Sangue sul volto mentre cercava di svegliarlo. La luce della luna che assisteva, impassibile: le vicende umane non la toccano, non la sfiorano, lei si limita ad osservare.
– Non lui!!! Prendi me!!!–
Il rombo di tuono dentro alle sue orecchie. E la seconda scossa di assestamento che scuote le fondamenta della montagna, facendo franare definitivamente la miniera. "Non lui. Prendi me. "
Questo è ciò che voglio.
È quasi nulla e quasi tutto.
Il pietrisco che le entra nei polmoni. Il sasso sotto il quale è imprigionato il corpo di suo fratello che si sposta, martoriando quelle membra troppo giovani anche dopo la morte. Il sangue che bagna i volti di entrambi ed i massi che cadono dal soffitto, schiacciandola, uccidendola. Ma a lei non importa.
Il miraggio argentato versa una lacrima, ora ricorda. Ricorda tutto.
Ora se volete andatevene.
Ma perché chiedo silenzio…
Satia è fuori. E tra le mani stringe il corpo senza vita di suo fratello. Non sa come ci sia riuscita, ma è fuori. Piange lacrime amare ma la luna le sorride.
"Non lui. Prendi me."
A volte perfino le vicende umane riescono a sfiorare la lontana presenza della luna e la luna se ne lascia intenerire.
…Non crediate che io muoia:
mi accade tutto il contrario,
accade che sto per vivere.
Il miraggio guarda quella scena e sa che è già successa. È tutto già accaduto molto tempo prima.
È lei quella che sta osservando, lei che come in uno specchio ripete i suoi stessi movimenti, le sue stesse azioni. Lei e Satia sono la stessa persona. Ora sa chi è. Sa quello è il suo nome e che cosa deve fare.
In alto sopra di loro, due Guardiani osservano affranti la scena senza intervenire. Anche loro sanno che è già successo; comprendono che quello che stanno guardando è solo un ricordo. Non possono fare nulla.
Accade che sono e che continuo.
La luna ha fatto la sua scelta: il guardiano che accompagnerà i bambini e i ragazzi nella morte...
Ora, come sempre è presto.
La luce vola via con le sue api.
Lasciatemi solo con il giorno.

Chiedo il permesso di nascere.
E la luna rispose:
Concesso. –





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Cit. Pablo Neruda.

Non ho letto i libri da cui è stato tratto il film quindi spero con la mia versione dei fatti di non aver sconvolto i fan dell'opera originale. E poi…. oh shit, parlare del passato dei personaggi mi intristisce… ç___ç e quindi, nonostante abbia fatto una fatica boia a scriverlo, questo intero capitolo mi fa tenerezza … ç.ç!
Salut!
*corre ad abbracciare qualcuno*

Qui sotto troverete la side-story per risollevarvi il morale dopo codesto tripudio di lacrime. ç______ç Tenete presente che Cassian è il tipico ragazzo con la rabbia dentro, repressa o tenuta nascosta a tutti. Oppure (più semplicemente) è idiota a livelli perpetui. Opterò per la seconda. u.u

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- SIDE STORY -

Yeah, I've been feeling everything
From hate to love
From love to lust
From lust to truth
I guess that's how I know you

                       Kiss me, Ed Sheeran

– Propongo un gioco di gruppo! –
Jack sollevò il suo volto spossato ad incontrare quello raggiante di Cassian.
– Non ne ho molta voglia, Cass. È tutto il capitolo che corro come un disgraziato. –
– Ma Jack! Sarà un gioco divertente. –
Sospirando, Jack Frost si costrinse ad alzarsi dal verde prato sul quale si era disteso e, con sommo sforzo, perfino a stiracchiarsi. Il sole splendeva alto e l'aria priva di vento dava la stessa fastidiosa sensazione di una pellicola applicata sulla pelle, una canicola dalla quale era difficile fuggire.
– Ma tu non ti stanchi mai? –
– Di rado. – confessò Cassian, indicando qualcosa alle sue spalle. – E dai vieni, manchi solo tu. Ci sono anche tutti gli altri. –
Jack si sporse di lato e lanciò uno sguardo poco convinto al piazzale antistante il set di registrazione. Will e Halley stavano parlando fittamente all'ombra di un albero frondoso, Toothiana rideva per qualcosa che aveva detto Bunnymund indicandosi il costume da coniglio abbassato fino sotto la cintola, lasciando un corpo tonico e snello libero di ricevere occhiate di apprezzamento da parte della Befana; la quale non sembrava più raccapezzarsi nella difficoltosa scelta tra lui e Valentine, che se ne stava tranquillamente a torso nudo col fianco appoggiato al tronco con ancora indosso il costume di scena.
Senza alcun preavviso, Cassian afferrò Jack per il braccio e lo trascinò di peso dove si erano riuniti gli altri.
– Molto bene. Ora che ci siamo tutti possiamo cominciare. – esclamò deliziato. – Si, dunque… ecco qui. –
Il gruppetto smise di parlare e si ritrovò a fissare con le fronti corrugate otto bastoncini bianchi disposti a ventaglio nelle mani di Cassian.
– Halley non serve che ti allontani: non mordo mica. – commentò Cassian con un sorrisetto sulle labbra, prima di riprendere la spiegazione. – Bene, questi qui sono otto spiedi da carne. Si, Thia, lo so che lo sapevi già, ma abbi un po' di pazienza. Le estremità di questi bastoncini sono state colorati con quattro colori differenti, due per ogni tipo. E serviranno a formare le coppie con cui si svolgerà la caccia al tesoro. No, Bunny, niente gare di corsa: alla fine abbiamo deciso (con la collaborazione dello staff) di organizzare una caccia al tesoro. Ehm… dov'ero? Ah, si. A turno si pescherà un bastoncino dal mazzo: chi risulterà avere colori uguali sarà in squadra assieme. Lo scopo sarà trovare per primi il tesoro che è già stato nascosto su quella collina boscosa, proprio quell… –
– Tu continui a parlare di un tesoro. – s'intromise Thia, incrociando le braccia. – Ma come sarebbe fatto questo tesoro? E come facciamo a sapere che quando pescheremo il bastoncino tu non abbia già in qualche modo truccato i risultati? –
– Pescherò per ultimo se proprio vuoi. – fece Cassian, lievemente offeso. – E, no, non ricorrerei mai a simili mezzi per stare in squadra con Halley. In ogni caso il tesoro nemmeno io so cosa sia. A quanto pare è una sorpresa dello staff, ma hanno detto che quando ce lo ritroveremo davanti capiremo all'istante di averlo trovato. Altre domande? –
Tutti tacquero ad eccezione di Halley che impallidendo si limitò a borbottare qualcosa a bassa voce.
– Se nessuno ha nulla in contrario, incomincio io. – si offrì Valentine, avanzando di qualche passo e sfilando dalle mani di Cassian il primo stecchetto.
– Rosso. – disse mostrandolo a tutti – Colore appropriato direi. –
– Il prossimo sono io. – decretò Bunnymund, pescando un bastoncino azzurro.
– Ora tocca a me. – disse Will, togliendo con un unico fluido movimento lo stecchetto all'estrema destra. – Oh, Giallo. –
La Befana si fece avanti e pescò tenendo gli occhi chiusi, poi con un sorriso da iena da un orecchio all'altro sventolò il suo colore in faccia a Valentine.
– Ehi! La vecchia ha barato! –
– No, Val. – disse Cassian. – Ha pescato correttamente. Siete in squadra assieme. –
L'allegra vecchina lanciò uno sguardo lascivo a Valentine che rabbrividì e guardò ostentatamente altrove. Intanto Jack nel disinteresse generale finì di pescare.
– Giallo! – constatò, confrontando il suo colore con quello di Will.
La ragazza sobbalzò lievemente e un colorito rosato le comparve sulle guance.
– Hai caldo, Will? – s'informò Cassian ricevendo in cambio un'occhiataccia degna di Thia di fronte ad un dolce. – Cielo! C'è qualcuno che oggi non abbia la luna storta? Comunque è il tuo turno, Halley. –
– Verde. – disse quest'ultimo, capendo solo in quell'istante che per lui si stava mettendo molto male. – Ci sono ancora due stecchi: chi manca? –
Thia alzò la mano e Halley guardò prima lei e poi Cassian. Se Thia avesse pescato verde sarebbero stati loro due in squadra assieme, altrimenti…
Cassian sollevò entrambe le sopracciglia di scatto, riabbassandole l'istante dopo, e si passò lentamente la punta della lingua sul labbro superiore accertandosi che Halley non si perdesse nemmeno un secondo di quell'esibizione.
– THIA! – gridò subito Halley con occhi stralunati, attaccandosi al braccio della ragazza come una cozza. – Non fare cretinate e pesca il verde!  È un ordine! –
– E mi dici come minchia faccio? E poi chi ti dice che voglia stare in coppia con te? – ribatté lei per nulla toccata dalle vicende shakespeariane dei due ragazzi. – E non slambrecciarmi la t-shirt! –
Halley si pigiò le mani sugli occhi. – Non voglio vedere! Uomo nella luna, se esisti è il momento giusto per darmi un segno! –
Thia afferrò con decisione il bastoncino alla destra e …
… lo fissò alzando un sopracciglio. –  Ops. –
Cassian schioccò la lingua e senza spostare le mani dal volto, Halley lanciò un grido assumendo per qualche terribile momento le sembianze dell'Urlo di Munch.
– Che diavolo gridi a fare? – berciò Thia piazzandogli il bastoncino che aveva appena preso in mezzo agli occhi. – Guarda! Verde! –
Nuovamente Cassian schioccò la lingua, mentre il suo sguardo vacuo si spostava su Bunnymund. – A quanto pare saremo in squadra assieme, palestrato dei miei stivali. –
– E non ti sta bene? –
Il sorriso di Cassian, falso e stucchevole, fece sobbalzare tutti tranne Bunnymund.
Tu che dici…?

(continua)
  
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