a metà strada
Nb#1: Questa songfic
è basata sulla canzone It's My Life dei Bon Jovi ( Qui trovate la canzone con
testo e traduzione, e qui la versione acustica
che ho ascoltato mentre scrivevo).
Nb#2: Partecipa
alla settimana tematica#1 del forum Pseudopolis Yard.
A
metà strada
And this is for the ones who
stood their ground
For Tommy and Gina, who never
back down
Tommy era uno scrittore. Quella
parola gli calzava a pennello. Scrittore.
Non aveva un aspro suono di verità, quando la pronunciava?
La sentiva sua, sua
come la macchina da scrivere datata 1969, sua come gli occhiali da
vista tondi
che non voleva mai indossare, sua come i suoi genitori, sua come le vite degli altri.
Tommy era uno che non viveva. Tommy
scriveva, e questo sembrava bastargli. Tommy non viveva, non ne aveva
bisogno,
così diceva; lui creava, plasmava, giocava con le parole
come un bambino gioca
con i vagoni di un treno giocattolo, le metteva in fila una dopo
l’altra
sperando che un giorno potessero andare per la loro strada. Questo, per
lui,
era molto più che vivere. Tommy era il dio delle parole che
buttava su carta, l’unico
che poteva decidere dei personaggi che ideava, delle vite che scriveva.
Ma
anche Dio alla fine un salto sulla terra l’ha fatto.
Gina non era una brava ragazza. Gina
beveva, fumava droghe leggere, usciva tutte le sere dopo cena e tornava
dopo
colazione. Aveva lasciato la scuola quattro anni prima, e ora ne aveva
venti e
voleva girare il mondo; i suoi genitori l’avevano buttata
fuori di casa dopo averla
più volte rimproverato il suo stile di vita, non aveva
niente da perdere a
lasciare quella specie di monolocale sporco in cui abitava.
Gina
era una che viveva, viveva troppo. Dalla mattina alla sera, dal
primo battito di ciglia all’ultimo pensiero prima di
addormentarsi, Gina
metteva il 200% di sé; non aveva più amici
stretti, da quando Frankie se n’era andato
se conosceva qualcuno una sera e ci passava l’intera notte.
Tommy non mollava mai. Quando sua
sorella entrava in camera sua, prendeva le bozze stampate e le bruciava
con l’accendino
urlandogli contro che era uno “sfigato di merda”,
che le faceva “schifo avere
un fratello del genere, cristo, da ricovero”, Tommy non si
buttava giù.
Stringeva i denti e andava avanti, osservava le mille strade che
c’erano lì
fuori e tornava ad inventarsi le sue.
Gina cadeva sempre in piedi. L’avevano
chiamata in un sacco di modi, le più fantasiose sfumature di
“troia, stronza,
idiota, fallita” che c’erano al mondo; ma a lei non
fregava. Continuava a
camminare per la sua strada senza curarsi di quelle degli altri: lei
non era
una che si fermava allo stop se non c’erano macchine. Voleva
vivere finché era
viva.
Arrivò il giorno in cui di Tommy
trovarono solo un biglietto sopra il letto: Non
sono io che faccio schifo, siete voi il problema qui dentro.
Arrivò anche il giorno in cui Gina
andò a letto alle dieci di sera e si svegliò alle
otto di mattina, la valigia
pronta e l’affitto non più da pagare.
Il
destino, il fato, Dio, il caso; Tommy e
Gina si incontrarono a metà strada. Era notte, e nella
berlina di Tommy c’era
posto per una chitarra e una ragazza che faceva l’autostop.
Si raccontarono le
rispettive storie; intrecciarono le proprie vite, vagarono per la
nazione in
macchina. Si innamorarono.
Tommy aveva finalmente cominciato a
vivere, Gina a mettere la testa a posto. Lui ventidue anni, lei venti,
volevano
sposarsi.
«Non voglio un vestito da sposa,
Tommy, né una cerimonia da favola. Voglio solo ricominciare
lontano da tutto.»
«Il più lontano da qui
possibile.»
«Una vita insieme...»
«Una vita.»
Sorrisero entrambi. Perché Tommy
ancora non lo sapeva, Gina lo sospettava, ma c’era veramente
una nuova vita per
entrambi.
«Dove andremo ora? Il mio cuore è
un’autostrada
aperta» Tommy sorrideva, sorrideva come mai aveva fatto
prima, gli occhi pieni
di vita.
«Tu comincia a guidare, da qualche
parte arriveremo.»
Ma non arrivarono da nessuna parte.
Un camion fuori carreggiata, i vetri rotti, l’auto ribaltata;
Tommy sentì la
sua vita abbandonarlo di nuovo. Era estate quando si erano conosciuti,
quando
tutto era iniziato; anche quello era un giorno estivo, un altro giorno.
Quella
sera il sole era già tramontato per più di una
persona. Gina era
al nono mese di gravidanza il giorno dell’incidente, il
giorno del suo
matrimonio. Il bambino venne salvato. La chiamarono Faith, fede.
Esiste
una speranza per tutti.
Finale
parzialmente aperto:
Tommy potrebbe essere morto, così Gina, così
Faith. O potrebbero essere vivi
tutti e tre. Sentitevi liberi di pensare quello che volete, anzi,
sentitevi
liberi e basta, vivete, vivete
finché
siete vivi.
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