La spada fatata 2
II- La
mattina seguente furono svegliati di buon ora. Anche il re, che di
solito prima della nove non si vedeva, si era deciso a scendere a fare
colazione con loro. "Zio,
la tua presenza a quest'ora è
preoccupante, oltre che segno di sfortuna. Non ti ho mai visto alzato
prima che ci fosse il sole alto sul castello." disse Donny, volendo
fare una battuta ma in realtà buttando giù il morale di tutti. Duligr
non diceva nulla ma trovava stupido mettere a rischio la vita
dell'unico erede al trono di un paese per una missione in cui non c'era
neppure la certezza. E se fosse stata una trovata di qualche regno
vicino per conquistare la città? Era molto ambita per la sua posizione
e i campi fertili che non tutti avevano. Il fatto che fossero coinvolti
i sacerdoti, metteva a tacere i dubbi ma non la paura. Battuta a parte mangiarono in silenzio, ognuno occupato nei propri pensieri.
Alla partenza re Frantas fece mille raccomandazioni ai due ragazzi. Poi prese Duligr da parte, mentre Donny era distratto. "Duligr, tu sai che sei l'unico cui affiderei la vita di Donovan, ti prego..." ma fu interrotto da Duligr. "Mio Sire, io sacrificherò volentieri la mia vita per lui." disse senza nessun ripensamento. Frantas sorrise e prese Duligr per le spalla. "Lo
so, tu gli vuoi bene come a un fratello, forse anche di più e lui ti
ricambia." gli disse il re "E il problema sarà proprio questo. Non sarà
facile per te costringerlo a scappare quando sarà il momento. Lui deve
essere il re di Kandria e sarà un buon regnante anche se un po' pigro.
Non può morire. Ehm, secondo te quante possibilità ci sono che lui sia
il Portatore?" chiese infine. Duligr scoppiò a ridere. "Non ci
contare troppo." esclamò "Anzi, visto che questa probabilmente sarà
l'ultima volta che ci vedremo volevo cogliere l'occasione per
ringraziarti per tutto ciò che hai fatto per me fino ad ora." Frantas lo abbracciò d'istinto. "Vorrei che tornaste entrambi vivi." gli disse commosso. "Non
sono certo che mi avresti abbracciato se ne fossi certo." disse Duligr,
cercando di trattenere le lacrime. Doveva sembrare positivo, doveva far
credere a Donny che sarebbe andato tutto bene. Dopo l'addio di Frantas
era più che certo che non sarebbe tornato vivo: sperava di riuscire
almeno a salvare Donny.
I
sacerdoti, nonostante mangiassero poco, avevano una resistenza fuori
dal comune. Mentre Donny e Duligr continuavano a pasteggiare
abbondantemente, loro avevano sempre la loro porzione di pane e acqua.
Si allenavano spesso con le armi benedette dalla Confraternita e fu in
quelle occasioni che i due ragazzi poterono vedere i loro fisici
asciutti e muscolosi e la loro abilità, liberi dai mantelli che di
solito indossavano. Donny, che non voleva sfigurare e che forse
sperava di diventare un guerriero provetto nei due mesi che avevano
preventivato all'arrivo alla foresta, si allenava come non aveva mai
fatto in vita sua. Duligr ebbe la sensazione che sperasse fosse
sufficiente per combattere la malefica pianta a guardia della Spada di
Smeraldo e cercava di prepararlo al peggio. Due mesi passarono in
maniera molto veloce e il paesaggio cambiò radicalmente. Dalle colture
basse di Kandria si passò ad arbusti ad alto fusto che s'ingrandivano,
più s'avvicinavano ai possedimenti degli Elfi. Anche le persone
sembravano diverse, soprattutto si notavano umani che erano nati
dall'unione con gli Elfi: alti, magri, orecchie a punta, lunghi capelli
biondi. Duligr dovette ammettere che lo spettacolo che gli si apriva
davanti non era affatto male e mentre scherzava con Donny, che trovava
pure lui le mezze Elfe molto carine, furono ascoltati dai sacerdoti che
scossero la testa per avere a che fare con un sodomita: per loro
fortuna non avrebbe durato molto, poiché il principe sembrava tutto
tranne che di cuore puro, principale caratteristica del Portatore. Il
viaggio fu più volte interrotto dalla tendenza di Duligr di aiutare
chiunque fosse in difficoltà a partire da una vecchia che non riusciva
a portare a casa la cesta dei panni, fino a cacciare banditi che
importunavano gli abitanti delle varie città che attraversavano. Se i
sacerdoti si lamentavano, lui alzava le spalle e diceva: "Andate senza
di me." Cominciarono a pensare che fosse una maniera per evitare la
missione. Donny sapeva che così non era: Donny era semplicemente
gentile ed altruista. I
due, sempre più demoralizzati, ebbero un attimo di allegria prima di
entrare in azione. A quel punto mancava davvero poco alla foresta di
Brigham.
Avvicinandosi alla foresta le case degli umani o
mezzi elfi scomparivano del tutto. Ogni tanto incontravano qualche Elfo
che faceva la guardia ai territori e che li fissava un attimo
intensamente, poi se ne andavano senza chiedere nulla. "Loro leggono
i pensieri e non hanno bisogno di fermarsi per chiedere che cosa
facciamo qui." spiegarono i sacerdoti "Appena vedono che siamo in
viaggio per tentare di recuperare la Spada di Smeraldo se ne vanno. La
razza elfica è molto gelosa delle sue armi e delle proprie creazioni in
generale ed è particolarmente disturbata dal fatto che nessuno di loro
possa impugnare un'arma che è destinata solo alla razza umana.
Oltretutto il fatto che non abbiamo trovato dopo quasi duemila anni il
Portatore fa loro pensare di aver sprecato i loro poteri per nulla.
Probabilmente hanno letto nelle nostre menti la predizione dell'Oracolo
e non mi stupirei se nei pressi della foresta trovassimo accoglienza." Il
discorso non tranquillizzò Duligr: trovava gli Elfi affascinanti ma
molto antipatici e sapere che erano in grado di leggere queste nei suoi
pensieri gli metteva ansia, come se già non ne avesse avuto abbastanza. All'arrivo
alla foresta, che era subito dopo una scoscesa parete di un monte,
Duligr si stupì della sua piccolezza, nonostante fosse stato avvertito.
pensò che ci sarebbero voluti meno di dieci minuti, di buon passo, per
circumnavigarla a piedi. Ad attenderli, con sommo stupore dei
sacerdoti, lo stesso re degli Elfi, Sciolivan. Non si aspettavano che
il loro arrivo facesse tanto clamore da scomodare un uomo che raramente
usciva dalla sua foresta, Florian, nella quale aveva il palazzo. "Mio
Sire, siete stato velocissimo." si complimentò il solito sacerdote "Non
mi sarei mai aspettato la vostra presenza. Non pensavo che questo
momento fosse tanto importante per voi Elfi." Re Sciolivan li fissò un attimo serio, quasi scorbutico, cosa che non si notò quando la sua voce armoniosa parlò. "Sacerdote,"
disse rivolto al più anziano. "se anche tu che non ti muovi mai dal tuo
monastero sei qui, significa che la faccenda potrebbe prendere una
piega diversa dal solito. Sono quasi duemila anni che la mia specie
aspetta che qualche guerriero umano dal cuore puro estragga la Spada
che noi abbiamo contribuito a creare e quando i miei uomini hanno letto
nelle vostre menti che avete avuto una profezia dell'Oracolo mi hanno
avvertito e sono letteralmente volato qui. Non che veda molta purezza
in nessuno di voi, nemmeno in voi monaci..." "Un cuore puro può
essere molto nascosto." ribatté tranquillamente il portavoce. Sapeva
che normalmente gli Elfi erano molto diffidenti riguardo agli esseri
umani ma che si fidavano dell'Oracolo e delle sue profezie "Comunque
vedremo." Duligr notò che tutti lo fissavano. -Sanno che vado a
morte certa e mi compatiscono- pensò, fregandosene che lo capissero
-Odio essere compatito.- Per il resto era tranquillo come non lo era
mai stato contando che stava per rendere l'anima agli dei. Donny dal canto suo se la stava facendo sotto dalla paura per un milione di motivi. Gli
Elfi non fecero altre recriminazioni: nonostante tutto erano curiosi di
sapere come sarebbe andata a finire e si misero in attesa fuori dalla
foresta.
"Tutti questi spettatori mi mettono in ansia." mormorò Donny a Duligr. "Puoi anche dirlo ad alta voce," ribatté sullo stesso tono l'amico "tanto questi ti leggono i pensieri." Donny scosse la testa, sconsolato: perché proprio a lui quella responsabilità? Se
fosse stato il Portatore, cosa altamente improbabile, sarebbe stato
costretto a girare per tutta Perinia e il suo animo pigro già si
ribellava. Se non lo fosse stato, e di certo sarebbe stata quella la
verità, Duligr sarebbe morto nel difenderlo e lui non poteva sopportare
l'idea. Entrambi con gli animi scossi da pensieri negativi, si
prepararono a entrare. Duligr aveva già la spada in mano, sicuro
com'era di doverla usare presto. La foresta di Brigham era davvero
carina nonostante fosse piccolissima. Duligr entrò per primo e vide la
Spada di Smeraldo incastonata nell'albero. Sembrava una normalissima
quercia millenaria e non riusciva a credere che fosse un'assassina. La
Spada invece aveva un certo fascino: non ne aveva mai viste di quel
colore, verde scuro, e si chiese se non fosse altro che un pezzo di
vetro che si sarebbe rotto alla prima occasione. Sperò che gli Elfi non
leggessero i suoi pensieri anche lì dentro, era sicuro che se la
sarebbero presa, li conosceva come molto permalosi. La visione durò
poco: un attimo dopo era sparita alla sua vista. Si voltò verso
Donny, che era appena entrato e gli domandò se l'aveva vista. Questo
scosse la testa. "Davvero particolare questa foresta." commentò
"Come farà ad allargarsi all'infinito, giacché è chiusa dentro un
circolo di pietre? La magia Elfica è davvero potente e di sicuro lo è anche quella
Spada." "Comincio a temere che tutto quello che
dicono sia vero." disse Duligr, impotente di fronte a ciò che
aveva visto. Se la magia degli Elfi da sola aveva creato tutto questo,
unita a quella dei Sacerdoti poteva aver raggiunto livelli non
descrivibili. Decisero di avviarsi verso il centro della foresta:
prima avessero trovato la Quercia Millenaria, prima quella storia
sarebbe finita. Come, era tutto da vedere.
La foresta era
bella e Duligr, che ne aveva già conosciuta la versione più piccola, si
meravigliò nuovamente: c'erano animali che non sembravano impauriti da
loro, alberi che non aveva mai visto e l'acqua, che dopo qualche ora di
girovagare erano stati costretti a bere, sembrava rinvigorente. Ogni
tanto rischiavano di perdersi di vista per quanto erano rapiti dalle
bellezze che li circondavano. "Se andiamo avanti di questo passo, non
ci arriveremo mai!" esclamò Donny, stordito da ciò che lo circondava
"Gli Elfi devono essere abituati a tutto questo verde ma noi siamo
esseri umani, rischiamo di perderci." Duligr decise allora di
prendere in mano la situazione: legò la sua frusta alla cintura di
Donny e ne prese saldamente il manico. Poi cominciò a camminare, senza
guardarsi in giro, concentrandosi solo sul ritrovamento della Quercia e della Spada. Donny,
che si perdeva facilmente nella visione della bellezza della natura,
ogni tanto si sentiva strattonare dall'amico e rischiava di inciampare
quando Duligr scavalcava sassi e tronchi e di sbattere la testa se si
abbassava per passare sotto i rami. Il guerriero aveva deciso di non
cedere alla debolezza di Donny. La sua perseveranza fu premiata: dopo
un paio d'ore di cammino serrato, la Quercia Millenaria riapparve
davanti alla sua vista. "Oh
Dei, ormai avevo perso le speranze."
esclamò, lasciando la frusta e buttandosi finalmente a terra sfinito.
Vide una fonte e si avvicinò: bevve con ingordigia e, quando si voltò,
s'accorse che Donny non era più accanto a lui. Lo vide davanti alla
Spada
di Smeraldo, pronto a impugnarla. Fece uno scatto per impedirgli di
seguire nelle sue intenzioni.. "Donny, io non sono pronto." gli fece notare. "Uff,
speravo di crepare da solo, senza portarti con me." disse con voce
sicura il principe. Duligr lo fissò negli occhi e vide il suo sguardo triste. "Mi dispiace, ma se dovessi sopravviverti, poi mi
ucciderà tuo zio e avresti sacrificato la tua vita per niente." disse
cercando di essere convincente "Quell'acqua è miracolosa. Bevine,
potresti averne bisogno per fuggire." Poiché non riusciva a spuntarla, decise di ubbidire e bevve, riprendendosi
all'istante. Duligr era pronto e, dopo aver sguainato lo spadone, si
mise in posizione. Donny tornò davanti alla Spada e si preparò
nuovamente a tentare di estrarla. Si voltò a guardare l'amico che abbassò la testa facendogli capire che poteva
proseguire nella sua missione. Donny impugnò la Spada ma non accadde nulla. "Credi che sia un buon segno?" chiese a Duligr. "No,
non basta impugnarla, devi tentare di tirarla su." disse quest'ultimo
scuotendo la testa "Solo allora sapremo se sei il Portatore o se siamo
morti." "Non credi più di essere l'unico a crepare?" chiese Donny. "Non
so se riuscirai a sopravvivere il tempo necessario per riattraversare
tutta la foresta... a patto che io non muoia e che dopo, essendo solo,
non ti ritrovi l'uscita a due passi." cercò di spiegare Duligr. La cosa
non consolò molto il principe. "Io provo, poi vedremo che succederà."
disse e lo fece. La Spada non si mosse di un millimetro però, per
bilanciare ciò, la Quercia Millenaria cominciò ad agitarsi e da un
secondo all'altro i suoi rami si mossero, tutti verso un punto unico:
la persona di Donny. Il ragazzo mollò la presa e cominciò a fuggire, rischiando di inciampare per quanto gli tremavano le gambe. "Lo sapevo che non ero io quello destinato." gridava nel frattempo, disperato.
Duligr
non si stupì quando la pianta cominciò ad aggredire il suo amico: se
esisteva al mondo un uomo che poteva battersi contro il male, non era
lui. Anzi era certo di non conoscere un sant'uomo del genere. Scosse la
testa, maledicendo chi aveva avuto la brillante idea di spedirli in
quella missione suicida, poi si apprestò ad affrontare i rami. Per
fortuna non sembravano particolarmente resistenti. Gli bastarono pochi colpi
dello spadone per tagliarli tutti di netto. Peccato che questi
ricrescevano e si gettavano ancora su Donny il quale, invece di fuggire
come avrebbe dovuto, aveva a sua volta impugnato la sua spada e si
preparava a combattere. "Donny, devi fuggire!" ordinò Duligr. "Io non ti lascio qui a morire!" esclamò Donny coraggiosamente, anche se la sua voce tremava dalla paura. "Ma
se non mi guardano neppure!" gridò Duligr, continuando a colpire i rami
che da parte loro rinascevano appena recisi e sempre puntando su Donny.
"Comincia a scappare, andando dritto senza voltarti. Se continuo a
tagliarli alla radice prima o poi sarai troppo lontano perché possano
raggiungerti e, nel caso che mi stanchi, ho anche il tempo di bere un
sorso di acqua rigenerante." Donny,
che vedeva i rami evitare Duligr che li stava colpendo come un
forsennato, per puntare ancora su di lui, capì che aveva ragione.
Abbandonò la spada e prese a correre più forte che gli permettevano le gambe, rendendosi
conto che solo così poteva salvare anche l'amico. Duligr,
rassicurato che il principe si stesse mettendo in salvo, continuava a
colpire i rami che nascevano dalla pianta e non si voltò, almeno fino a
che non sentì l'urlo di Donny. Allora s'accorse di una radice che aveva
avvinghiato la caviglia di Donny per tenerlo fermo, mentre i rami si
dirigevano ancora verso di lui. Duligr, che cominciava a sentire la stanchezza, capì che non avrebbe potuto continuare in eterno. Lanciò il suo pugnale a Donny. "Tagliala e continua a scappare." gridò. Donny
prese il pugnale, recise la radice, poi si alzò pronto a fuggire
ancora. Ma la pianta non si era arresa e al posto della radice ne
uscirono altre cinque dal terreno, che gli bloccarono entrambe le
caviglie, i polsi e la vita. "Oh, dei!" gridò non sapendo più che fare.
Duligr,
vedendo il suo amico bloccato al terreno, e sapendo di aver rimasto
poca energia, urlava contro la pianta come se potesse udirlo. "Lascialo,
maledetta." l'apostrofava urlando, mentre continuava a scagliare
fendenti sempre più deboli "Colpisci me, colpisci me!" Alla fine era
finito anche il fiato e guardando i rami che s'avvicinavano
inesorabilmente a Donny, bloccato a terra, si chiese che poteva fare
per salvarlo. Poi fu illuminato da un'idea: se la pianta colpiva solo
chi tentava di estrarre la Spada, quello avrebbe fatto. Magari si
sarebbe dimenticata di chi l'aveva presa prima di lui. Con i rami
che erano ad un passo dal colpire Donny, Duligr si pose davanti
alla Spada di Smeraldo, l'impugnò con una mano e, senza sforzarsi
particolarmente, giacché il suo scopo non era estrarla, tirò verso
l'alto e chiudendo gli occhi pregò gli dei che la sua idea fosse buona. Li
riaprì quando udì il grido di Donny. Lasciò l'impugnatura della spada e
si lanciò verso di lui. Aveva visto giusto, i rami si erano fermati a
giusto una spanna dal viso di Donny, che aveva chiuso pure lui gli occhi. "Donny,
riapri gli occhi," disse Duligr, mentre con il pugnale tagliava le
radici che lo bloccavano a terra. "I rami si sono paralizzati. Non ti
stanno attaccando più." Donny, che aveva visto la fine in faccia,
cominciò aprendo timidamente un occhio poi, vista la situazione
tranquilla anche l'altro. "Paralizzati è la parola giusta."
commentò, respirando sollevato "Non capisco, come mai si siano fermati
in questa maniera?" chiese alzandosi, cercando di evitare i rami che erano a pochi centimetri dal suo viso. "Non
mi sembra il caso di perdere tempo a farsi queste domande." ribatté
Duligr, aiutando Donny ad alzarsi. Si guardavano attorno, con il timore
che ricominciassero a attaccarli, ma non succedeva. "Bene, e ora che facciamo?" chiese Donny all'amico. "Non
ne ho idea." ammise Duligr scuotendo la testa "Potremmo tornare
indietro così, anche se non saprei come spiegare quello che è successo.
Comunque sei tu il principe, decidi tu!" "Certo, quando ti fa comodo,
sono io quello che comanda, vero?" lo apostrofò Donny. Intanto però
pensava a quello che avrebbero potuto fare per raccontare la faccenda
agli altri. Stette
per qualche minuto in contemplazione di una
delle radici che l'aveva quasi ucciso, mentre Duligr si chiedeva se
fosse possibile che... Ma no, non poteva essere: se Donny non aveva il
cuore puro, non poteva averlo neppure lui, anche se questo
avrebbe spiegato tutto. Duligr non aveva avuto il coraggio di avvicinarsi alla spada per vedere cos'era accaduto. "Ehm,
io tornerei indietro," cominciò Donny illustrando il piano d'azione al
quale potevano attenersi "e spiegherei tutto quello che è successo. E poiché tu mi hai detto che la Spada si trova a pochi passi
dall'entrata, quando c'è solo una presenza, li pregherei di entrare a
controllare che abbiamo dichiarato la verità. Che ne dici?" chiese infine. "Mi
sembra un'ottima idea." fu il commento di Duligr, che annuì con vigore.
Voleva allontanarsi il più possibile da quella Spada e dalla strana
sensazione che gli dava, un brivido lungo la schiena che non riusciva a
farsi passare. "Va bene, torniamo indietro." accordò Donny "Prima fammi vedere la situazione, gliela voglio descrivere bene. Non
voglio che pensino male." Il ragazzo s'avvicinò alla Quercia
Millenaria e osservò bene la spada. Fu allora che s'accorse che era
sollevata di una spanna dal livello in cui aveva tentato di estrarla.
Una gocciolina di sudore gli percorse la tempia per poi scendere lungo
la guancia fino al mento, da lì poi fino a terra. Chi
aveva alzato la Spada di Smeraldo? Lui stesso o Duligr? E perché il suo
amico all'improvviso era così strano? Che avesse intuito la verità e
non volesse che lui capisse, che non volesse assumersi quella
responsabilità? Perché
Donny di una cosa era certo senza possibilità
di equivoci: la pianta aveva decisamente cercato di ucciderlo e solo
quando Duligr aveva tentato di estrarre a sua volta la spada, si era
fermata. La pianta non era entrata in confusione perché era stata
toccata da due persone diverse ma perché una di queste era il
Portatore. Doveva mettere Duligr di fronte alla sua responsabilità,
anche se lui non era d'accordo. "Duligr," chiamò Donny, cercando di dare alla sua voce un tono il più possibile autoritario "vieni qua, devi vedere una cosa." Duligr
sentì un brivido corrergli lungo la schiena e la pessima sensazione
riprendere corpo. Dal tono di Donny, che non usava quasi mai con lui,
capì che però non poteva rifiutarsi e s'avvicinò. "Sono qui." disse sconsolato, guardando l'amico negli occhi. Donny gli indicò il luogo in cui la Spada era alloggiata. "Spiegami che cosa è successo." disse, aspettando poi che Duligr parlasse. Il
guerriero guardò verso la Quercia Millenaria e vide che aveva davvero
successo quello che temeva: la Spada era sollevata dalla sua posizione
originaria. Duligr sbuffò. "Non mi voglio chiudere in convento." borbottò diretto verso Donny. Questo sorriso delle paure dell'amico. "Non accadrà," lo consolò "hai sentito quello che ha detto il sacerdote. Non è un obbligo." Duligr strinse i pugni e abbassò la testa. "Sei
tu che non hai letto fra le righe." disse, sull'orlo di una crisi di
nervi "Questo valeva solo per te che sei l'erede al trono di Kandria.
Io sono solo un povero figlio di contadini, non varranno le mie
proteste. Per colpa di questa stupida spada rischio di dover passare la
vita in reclusione. Hai visto che facce sbiadite, che musi lunghi e che
fisici. Quelli pregano, lavorano e combattono. Senza mangiare, te ne
rendi conto! Anch'io mi potrei ridurre uno scheletro ambulante come
loro." Donny, che era sul punto di compatire l'amico, scoppiò a ridere. "Tu
ti ridurrai così magro solo da morto." disse prendendolo in giro "Sei
troppo grasso." cercò poi di tornare serio. "Posso prometterti che farò
di tutto per evitare che ti costringano a prendere i voti, anche
perché dopo qualche mese ti caccerebbero, alla faccia della spada.
Non possiamo trovare spiegazione per tutto ciò. Estrai la spada e
caviamoci questo pensiero al resto penseremo poi." Duligr accettò e poi , senza aggiungere altro, impugnò la spada e si preparò. "Certo che..." cominciò a dire Donny, interrompendosi. "Che cosa?" chiese Duligr. "Beh, secondo me la Spada di Smeraldo ha un'idea piuttosto balzana di quello che dovrebbe essere un cuore puro." Duligr lo fulminò, poi si concentrò sulla spada.
Intanto, all'esterno della foresta... Re
Sciolivan e gli Elfi che lo accompagnavano scesero quasi all'unisono
dai cavalli elfici che montavano. Si avvicinarono verso la foresta
restando concentrati, poi si voltarono verso i sacerdoti. "La Spada è stata estratta." disse l'essere rivolto ai sacerdoti con voce solenne. I monaci guerrieri fissarono la piccola foresta per un attimo, poi videro che non accadeva nulla. "La foresta non dovrebbe sparire a questo punto?" chiese il portavoce. Re
Sciolivan si concentrò ancora, per entrare in contatto con la piccola
foresta elfica perché gli dicesse cosa stava succedendo. "La Spada
di Smeraldo è stata estratta per una parte." mormorò come se fosse in
trance, tanto che gli umani dovettero avvicinarsi per sentire quello
che diceva. "Credo che alla fine chi vi è riuscito
sia rimasto stupito e l'abbia lasciata subito dopo. O potrebbe essere
successo altro, per ora non vedo di più." "Quindi il principe ha
estratto la spada." borbottò il sacerdote insoddisfatto "Sarà davvero
difficile mandare in missione il futuro re di Kandria." "Voi avete
costretto il mio predecessore a forgiare la spada." l'accusò Sciolivan
"Ora ne pagherete le conseguenze. Sempre che..." s'interruppe lasciando
in sospeso il discorso. Il
sacerdote capì che il re tramava qualcosa e benché non avesse i poteri
di leggere la mente come gli Elfi intuì di cosa si trattava. "Spero
non intendiate rubargli la spada una volta che sia stata completamente
estratta." si raccomandò "Non voglio certo che incolpiate noi se
doveste fare una brutta fine. Quell'arma è stata forgiata per essere
impugnata da un essere umano, per quanto a voi possa dispiacere. Non
sappiamo quali conseguenze possa avere." Re Sciolivan trapassò il sacerdote con uno sguardo freddo, quasi gelato. "Se
quell'essere immondo che voi chiamate principe è stato in grado di
impugnare la spada, posso esserlo anch'io." lo apostrofò duramente.
"Non posso credere che abbia considerato lui un guerriero puro, non è
neppure un guerriero, è solo un ragazzino che finge di allenarsi
coperto dal suo degno amico." I sacerdoti confabularono un secondo, poi il portavoce si rivolse ancora al re degli Elfi. "Fate
come vi pare," accordò "ma i vostri uomini, che spero non siano in mala
fede, saranno testimoni che noi vi abbiamo messo in guardia." Gli Elfi annuirono all'unisono.
Si erano appena accordati che notarono la foresta muoversi. "Finalmente la Spada di Smeraldo è stata estratta, il Portatore si rivelerà a noi." disse il sacerdote. Uno dei suoi confratelli gli parlò all'orecchio. "Sì,
hai ragione," disse con un sorriso "avremmo dovuto dire ai due che la
foresta sarebbe stata assorbita dal potere della spada, ma non pensavo
realmente che fosse lui quello giusto. Ero quasi certo che avremmo
dovuto portare cattive novelle a Kandria, invece..." Anche l'altro fratello gli disse qualcosa all'orecchio. "Già,
abbiamo promesso che non avrebbe pronunciato i voti e temo che dovremmo
mantenere, se vogliamo che il potere della Spada sia dalla nostra
parte." ammise il sacerdote "A questo punto non potremmo più neppure
minacciarli di richiamare a noi il sacerdote Guardiano della Porta
dell'Inferno. Sarebbe sufficiente la presenza della spada a Kandria per
impedire al male di uscire fuori e ora è in suo possesso." Tutti osservavano la foresta cambiare più volte forma, prima di rimpicciolirsi e ritirarsi del tutto all'interno della spada. Donny e Duligr, che davano le spalle al gruppetto, si ritrovarono all'improvviso all'aperto. "Che accidenti sta succedendo?" chiese Duligr. "E che accidenti ne so io!" ribatté Donny. Sia
i sacerdoti che gli Elfi scossero la testa: per entrambi era inaudito
che uno di loro due fosse il Portatore della Spada di Smeraldo e non ne
trovavano una logica. Il sacerdote si schiarì la voce, mentre i due
continuavano a guardarsi attorno. Duligr, improvvisamente preso dal
panico, mollò la spada appena estratta gettandola a terra, poi si voltò. "Perché
lo hai fatto?" chiese a voce bassa Donny all'amico, mentre avanzavano
verso il gruppetto. "Ti ho detto che non permetterò che ti facciano
prendere i voti, se non lo desideri." "Senza offesa Donny, ma non mi
fido molto delle tue parole." disse Duligr "Ho visto come tremavate
quando vi minacciavano di lasciare la Porta dell'Inferno senza guardia.
Hanno il coltello dalla parte del manico e non voglio rimetterci. Non mi ci vedo proprio a fare la vita di quei disgraziati." I ragazzi s'avvicinarono agli esseri aspettando che dicessero loro qualcosa. "Principe Donovan, perché avete lasciato cadere la spada a terra?" chiese il padre Grundian, stupito dal gesto. Donny fulminò l'amico, poi cercò di tergiversare. "E
voi perché non mi avete detto che la foresta sarebbe stata assorbita
dalla Spada?" ribatté, cercando di essere abbastanza sdegnato
"Scommetto che siete rimasti male che entrambi siamo ancora vivi." "Ehm, ma no..." disse il monaco che per la prima volta si sentiva in imbarazzo "Solo non ci avevamo pensato." Le risa degli Elfi, che di solito erano molto seri, lo stizzirono: non amava che si mettesse in dubbio la sua autorità. "Raccoglietela
mio signore, torneremo a Kandria a festeggiare. Vostro zio sarà davvero
contento di vedervi entrambi vivi. Era certo che almeno uno di voi non
sarebbe tornato vivo." disse Grundian. Gli Elfi dal canto loro, subito
dopo le parole dell'uomo avevano cominciato ad esplorare le menti dei
due ragazzi e la risposta che vi leggevano li aveva confusi: non era il
principe ad avere estratto la Spada di Smeraldo ma il servitore. Il
ragazzino temeva di essere costretto a prendere i voti essendo solo
figlio di contadini. I subordinati chiesero al re, tramite messaggi
mentali che avrebbero dovuto fare e lui rispose che sarebbe stato più
semplice sottrarre la spada a un servo piuttosto che ad un futuro re. Prima che Donny potesse raccontare ai tre monaci che non era lui il Portatore, re Sciolivan s'intromise nella discussione. "Ricordatevi la promessa." gli rammentò con alterigia "Noi proveremo a impugnare la spada." Donny, memore di quello che gli era accaduto, cercò di convincerli che non era il caso di rischiare la vita. "Voi siete certi di volerlo fare?" li avvertì. "Lasciali
fare se ci tengono tanto." intervenne Duligr, pieno di speranza "Se la
desiderano tanto sono certo che possiamo cedergliela volentieri." Più facile del previsto, il contadino non la voleva proprio la spada! "E
se dovesse succedere come nella foresta?" gli ricordò Donny " Come
faremo se delle radici malefiche spuntassero dal terreno e tantassero di
uccidere il re degli Elfi? Non incolperanno noi, vero?" "Non
preoccupatevi." disse il sacerdote alle loro spalle "Gli Elfi leggono
nel pensiero e, se anche dovessero essere eliminati prima che voi, o
mio principe, riusciste a recuperare la spada, potrebbero solo
costatare che noi li avevamo avvertiti." Donny osservò gli Elfi: se
era vero che i loro poteri erano così forti di certo sapevano la
verità, e cioè che non era lui il Portatore. Volendo impossessarsene la
faccenda gli era indifferente e avevano appoggiato la commedia che
Duligr aveva recitato fino a quel momento. Anche Duligr aveva
raggiunto la stessa conclusione: annuì e lasciarono che si
avvicinassero, stando però non troppo lontano, per poter intervenire nel
caso servisse il suo aiuto.
Re Sciolivan s'avvicinò alla Spada di
Smeraldo gettata a terra. I suoi occhi, di solito indifferenti,
luccicavano per la bramosia di possederla. Era un oggetto destinato a
rimanere tra gli Elfi ne era certo. Le immagini che aveva visto nei
pensieri dei due ragazzi non lo spaventavano. Doveva tentare di
prenderla qualsiasi fossero state le conseguenze. Duligr pregava,
implorava e malediceva allo stesso tempo ogni divinità, conosciuta e
sconosciuta, perché quell'essere riuscisse a impugnare la spada senza
problemi. Si attaccava a quell'ultimo brandello di speranza per poter
evitare una vita di stenti e ristrettezze nel monastero di quei pazzi. Sciolivan
impugnò la spada e non successe nulla. Il fatto sollevò molto il morale
a tutti a parte i sacerdoti che si preoccuparono. "Non basta
impugnarla," disse Donny ricordando le avventure appena passate
"bisogna anche muoverla. Poi si vedranno le conseguenze." Il
sacerdote si chiese come facesse il principe a sapere questa cosa,
giacché aveva estratto la spada: in quel momento non lo sfiorava
neppure il pensiero che il Portatore fosse Duligr. "La muova allora, sire. Togliamoci questo pensiero." lo invitò il sacerdote. Il
re degli Elfi annuì, esaltato dal primo risultato, mosse la spada.
Ebbe appena il tempo di rendersi conto di quello che stava succedendo
che qualcosa emerse dal terreno e lo colpì in testa. Una grossa radice
lo stava massacrando e non sembrava intenzionata a fermarsi. "Siete
solo degli esseri decorativi e inutili." esclamò Duligr, con voce strozzata,
prima di scattare verso la Spada di Smeraldo e menando fendenti
forsennatamente. Era ancora stanco da prima, non avendo avuto il tempo
di bere l'acqua rinvigorente, ma intervennero anche tutti
gli altri. Per fortuna anche se la
radice continuava ad attaccare insistentemente, non era difficile
tenerla a bada. Duligr ebbe il tempo di riprendere un attimo fiato,
avvicinarsi alla spada, impugnarla e sollevarla. Le radici, com'era
accaduto nella foresta, smisero di attaccare e i sacerdoti videro con
stupore Duligr armato della spada fatata. "Sei... sei tu il
portatore!" esclamò Grundian, che aveva perso la sua solita
indifferenza "Questo ci solleva da una miriade di problemi." Duligr
guardò sconsolato verso l'amico, che da parte sua non avrebbe lasciato
che l'unica persona al mondo cui teneva come un fratello fosse
rinchiusa come un convento. Rabbrividì
all'idea dei suoi capelli
rosso sangue rasati a zero, dei suoi occhi blu cobalto spenti e
indifferenti, del suo fisico possente ridotto ad un fascio di muscoli
nervosi e malnutriti, della sua sessualità, quale che fosse,
mortificata e castigata. No, quello che avevano promesso al principe
doveva valere anche per il servo. Mentre gli Elfi facevano bere dell'acqua, probabilmente fatata, al loro re, Donny s'avvicinò ai sacerdoti e vi si parò dinanzi. "Se
solo tenterete di costringere Duligr, che non lo desidera
affatto, a prendere i voti, dovrete vedervela con l'autorità di Kandria." disse, facendo
notare una certa attitudine al comando che non guastava in un futuro re. "Mio
principe, vi devo ricordare che posso richiamare quando voglio il
Sacerdote guardiano della Porta dell'Inferno." disse Grundian,
giocandosi la sua ultima carta. "Lascia stare." ribatté Duligr abbattuto "Non vale la pena lottare per me. Te lo avevo detto che sarebbe finita così." "Devi
smetterla di sminuirti, Duligr." lo apostrofò Donny, con tono severo "Tu vali
molto di più di quello che credi e lo dimostra il fatto che tu abbia
estratto la Spada di Smeraldo. E per quanto riguarda voi," aggiunse
rivolgendosi ai sacerdoti "fate quello che vi pare. Sono certo che
basterà la spada di Duligr a tenere a freno le Porte e rimarrà al mio
fianco finché non giurerete sull'Oracolo che sarà solo un collaboratore
esterno, come lo sarei stato io." I
sacerdoti osservarono lo sguardo deciso e sicuro del principe Donovan e
per un attimo nelle loro menti sovvenne l'idea di liberarsi di lui per
poi raccontare qualche lacrimevole storia a re Frantas, poi però lo
sguardo severo degli Elfi e quello preoccupato di Duligr, che sentiva
la spada di cui era il Portatore pulsare a ogni pensiero malvagio che
percepiva, fece loro cambiare idea. Confabularono qualche istante
fra loro, sotto gli sguardi irritati dei ragazzi e quelli, per una
volta canzonatori, degli Elfi: leggere nei pensieri era un gran
vantaggio che, nonostante allenamenti e costrizioni, non tutti gli
umani potevano raggiungere. Gli Anziani della Confraternita dei Pugnali
Splendenti, la cui parola era l'ultima, decisero di accettare quel
piccolo ricatto. Duligr avrebbe dovuto passare del tempo fra loro,
per imparare a dominare i poteri della Spada di Smeraldo, che si
stavano facendo notare, e riuscire a capire i segnali che mandava, ma
non l'avrebbero costretto a diventare uno di loro. Furono costretti a
giurare sull'Oracolo, che una volta ancora si era rivelato molto preciso
nelle sue profezie. Il Portatore era stato trovato vicino alla
famiglia reale di Kandria, come aveva predetto, ma ciò significava che
davvero era in arrivo il male assoluto: dovevano prepararsi per essere
pronti al momento giusto ad accoglierlo degnamente. Con queste
prospettive tornarono a Kandria a dare la buona novella a Frantas, che
era pronto a mettere a lutto la città. Fu con estremo sollievo che li
vide entrambi salvi: era convintissimo che almeno Duligr non sarebbe
tornato. Pensò con estremo imbarazzo al momento d'intimità che aveva avuto con
lui e sperò che se lo tenesse per sé. Non che se ne pentisse, era quasi
un figlio, ma era stato un atteggiamento poco reale. In realtà aveva
sfogato tutta la sua apprensione in quel gesto, tralasciando di farlo
con Donny per paura che si preoccupasse troppo. Si preparò ad accoglierli in maniera molto sobria, ma ogni suo tentativo di rimanere calmo andò a farsi benedire appena li vide. Si
avvicinò ad entrambi, li baciò, pianse dalla gioia e il giorno che
temeva sarebbe stato di lutto si trasformò in festa per il ritorno del
principe e del nuovo eroe. |