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Autore: Bab1974    04/07/2013    0 recensioni
Donovan, principe di Kandria, e il suo valletto e amico Duligr, partono assieme a tre Sacerdoti della Confraternita dei Pugnali Splendenti, per tentare di estrarre la Spada di Smeraldo, arma elfica costruita per combattere il male.
Riuscirà Donovan ad estrarla o Duligr si dovrà sacrificare per salvare il suo signore?
Solo un guerriero dal cuore puro può riuscire nell'impresa che fino a quel momento ha causato solo vittime.
Partecipante al contest di fravgolina 'Fantasy I love U'.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La spada fatata 2
II-
La mattina seguente furono svegliati di buon ora. Anche il re, che di solito prima della nove non si vedeva, si era deciso a scendere a fare colazione con loro.
"Zio, la tua presenza a quest'ora è preoccupante, oltre che segno di sfortuna. Non ti ho mai visto alzato prima che ci fosse il sole alto sul castello." disse Donny, volendo fare una battuta ma in realtà buttando giù il morale di tutti.
Duligr non diceva nulla ma trovava stupido mettere a rischio la vita dell'unico erede al trono di un paese per una missione in cui non c'era neppure la certezza. E se fosse stata una trovata di qualche regno vicino per conquistare la città? Era molto ambita per la sua posizione e i campi fertili che non tutti avevano. Il fatto che fossero coinvolti i sacerdoti, metteva a tacere i dubbi ma non la paura.
Battuta a parte mangiarono in silenzio, ognuno occupato nei propri pensieri.


Alla partenza re Frantas fece mille raccomandazioni ai due ragazzi. Poi prese Duligr da parte, mentre Donny era distratto.
"Duligr, tu sai che sei l'unico cui affiderei la vita di Donovan, ti prego..." ma fu interrotto da Duligr.
"Mio Sire, io sacrificherò volentieri la mia vita per lui." disse senza nessun ripensamento.
Frantas sorrise e prese Duligr per le spalla.
"Lo so, tu gli vuoi bene come a un fratello, forse anche di più e lui ti ricambia." gli disse il re "E il problema sarà proprio questo. Non sarà facile per te costringerlo a scappare quando sarà il momento. Lui deve essere il re di Kandria e sarà un buon regnante anche se un po' pigro. Non può morire. Ehm, secondo te quante possibilità ci sono che lui sia il Portatore?" chiese infine.
Duligr scoppiò a ridere.
"Non ci contare troppo." esclamò "Anzi, visto che questa probabilmente sarà l'ultima volta che ci vedremo volevo cogliere l'occasione per ringraziarti per tutto ciò che hai fatto per me fino ad ora."
Frantas lo abbracciò d'istinto.
"Vorrei che tornaste entrambi vivi." gli disse commosso.
"Non sono certo che mi avresti abbracciato se ne fossi certo." disse Duligr, cercando di trattenere le lacrime. Doveva sembrare positivo, doveva far credere a Donny che sarebbe andato tutto bene. Dopo l'addio di Frantas era più che certo che non sarebbe tornato vivo: sperava di riuscire almeno a salvare Donny.


I sacerdoti, nonostante mangiassero poco, avevano una resistenza fuori dal comune. Mentre Donny e Duligr continuavano a pasteggiare abbondantemente, loro avevano sempre la loro porzione di pane e acqua. Si allenavano spesso con le armi benedette dalla Confraternita e fu in quelle occasioni che i due ragazzi poterono vedere i loro fisici asciutti e muscolosi e la loro abilità, liberi dai mantelli che di solito indossavano.
Donny, che non voleva sfigurare e che forse sperava di diventare un guerriero provetto nei due mesi che avevano preventivato all'arrivo alla foresta, si allenava come non aveva mai fatto in vita sua. Duligr ebbe la sensazione che sperasse fosse sufficiente per combattere la malefica pianta a guardia della Spada di Smeraldo e cercava di prepararlo al peggio.
Due mesi passarono in maniera molto veloce e il paesaggio cambiò radicalmente. Dalle colture basse di Kandria si passò ad arbusti ad alto fusto che s'ingrandivano, più s'avvicinavano ai possedimenti degli Elfi. Anche le persone sembravano diverse, soprattutto si notavano umani che erano nati dall'unione con gli Elfi: alti, magri, orecchie a punta, lunghi capelli biondi. Duligr dovette ammettere che lo spettacolo che gli si apriva davanti non era affatto male e mentre scherzava con Donny, che trovava pure lui le mezze Elfe molto carine, furono ascoltati dai sacerdoti che scossero la testa per avere a che fare con un sodomita: per loro fortuna non avrebbe durato molto, poiché il principe sembrava tutto tranne che di cuore puro, principale caratteristica del Portatore.
Il viaggio fu più volte interrotto dalla tendenza di Duligr di aiutare chiunque fosse in difficoltà a partire da una vecchia che non riusciva a portare a casa la cesta dei panni, fino a cacciare banditi che importunavano gli abitanti delle varie città che attraversavano. Se i sacerdoti si lamentavano, lui alzava le spalle e diceva: "Andate senza di me." Cominciarono a pensare che fosse una maniera per evitare la missione. Donny sapeva che così non era: Donny era semplicemente gentile ed altruista.
I due, sempre più demoralizzati, ebbero un attimo di allegria prima di entrare in azione. A quel punto mancava davvero poco alla foresta di Brigham.


Avvicinandosi alla foresta le case degli umani o mezzi elfi scomparivano del tutto. Ogni tanto incontravano qualche Elfo che faceva la guardia ai territori e che li fissava un attimo intensamente, poi se ne andavano senza chiedere nulla.
"Loro leggono i pensieri e non hanno bisogno di fermarsi per chiedere che cosa facciamo qui." spiegarono i sacerdoti "Appena vedono che siamo in viaggio per tentare di recuperare la Spada di Smeraldo se ne vanno. La razza elfica è molto gelosa delle sue armi e delle proprie creazioni in generale ed è particolarmente disturbata dal fatto che nessuno di loro possa impugnare un'arma che è destinata solo alla razza umana. Oltretutto il fatto che non abbiamo trovato dopo quasi duemila anni il Portatore fa loro pensare di aver sprecato i loro poteri per nulla. Probabilmente hanno letto nelle nostre menti la predizione dell'Oracolo e non mi stupirei se nei pressi della foresta trovassimo accoglienza."
Il discorso non tranquillizzò Duligr: trovava gli Elfi affascinanti ma molto antipatici e sapere che erano in grado di leggere queste nei suoi pensieri gli metteva ansia, come se già non ne avesse avuto abbastanza.
All'arrivo alla foresta, che era subito dopo una scoscesa parete di un monte, Duligr si stupì della sua piccolezza, nonostante fosse stato avvertito. pensò che ci sarebbero voluti meno di dieci minuti, di buon passo, per circumnavigarla a piedi.
Ad attenderli, con sommo stupore dei sacerdoti, lo stesso re degli Elfi, Sciolivan. Non si aspettavano che il loro arrivo facesse tanto clamore da scomodare un uomo che raramente usciva dalla sua foresta, Florian, nella quale aveva il palazzo.
"Mio Sire, siete stato velocissimo." si complimentò il solito sacerdote "Non mi sarei mai aspettato la vostra presenza. Non pensavo che questo momento fosse tanto importante per voi Elfi."
Re Sciolivan li fissò un attimo serio, quasi scorbutico, cosa che non si notò quando la sua voce armoniosa parlò.
"Sacerdote," disse rivolto al più anziano. "se anche tu che non ti muovi mai dal tuo monastero sei qui, significa che la faccenda potrebbe prendere una piega diversa dal solito. Sono quasi duemila anni che la mia specie aspetta che qualche guerriero umano dal cuore puro estragga la Spada che noi abbiamo contribuito a creare e quando i miei uomini hanno letto nelle vostre menti che avete avuto una profezia dell'Oracolo mi hanno avvertito e sono letteralmente volato qui. Non che veda molta purezza in nessuno di voi, nemmeno in voi monaci..."
"Un cuore puro può essere molto nascosto." ribatté tranquillamente il portavoce. Sapeva che normalmente gli Elfi erano molto diffidenti riguardo agli esseri umani ma che si fidavano dell'Oracolo e delle sue profezie "Comunque vedremo."
Duligr notò che tutti lo fissavano.
-Sanno che vado a morte certa e mi compatiscono- pensò, fregandosene che lo capissero -Odio essere compatito.- Per il resto era tranquillo come non lo era mai stato contando che stava per rendere l'anima agli dei.
Donny dal canto suo se la stava facendo sotto dalla paura per un milione di motivi.
Gli Elfi non fecero altre recriminazioni: nonostante tutto erano curiosi di sapere come sarebbe andata a finire e si misero in attesa fuori dalla foresta.


"Tutti questi spettatori mi mettono in ansia." mormorò Donny a Duligr.
"Puoi anche dirlo ad alta voce," ribatté sullo stesso tono l'amico "tanto questi ti leggono i pensieri."
Donny scosse la testa, sconsolato: perché proprio a lui quella responsabilità?
Se fosse stato il Portatore, cosa altamente improbabile, sarebbe stato costretto a girare per tutta Perinia e il suo animo pigro già si ribellava.
Se non lo fosse stato, e di certo sarebbe stata quella la verità, Duligr sarebbe morto nel difenderlo e lui non poteva sopportare l'idea.
Entrambi con gli animi scossi da pensieri negativi, si prepararono a entrare. Duligr aveva già la spada in mano, sicuro com'era di doverla usare presto.
La foresta di Brigham era davvero carina nonostante fosse piccolissima. Duligr entrò per primo e vide la Spada di Smeraldo incastonata nell'albero. Sembrava una normalissima quercia millenaria e non riusciva a credere che fosse un'assassina. La Spada invece aveva un certo fascino: non ne aveva mai viste di quel colore, verde scuro, e si chiese se non fosse altro che un pezzo di vetro che si sarebbe rotto alla prima occasione. Sperò che gli Elfi non leggessero i suoi pensieri anche lì dentro, era sicuro che se la sarebbero presa, li conosceva come molto permalosi.
La visione durò poco: un attimo dopo era sparita alla sua vista. Si voltò verso Donny, che era appena entrato e gli domandò se l'aveva vista. Questo scosse la testa.
"Davvero particolare questa foresta." commentò "Come farà ad allargarsi all'infinito, giacché è chiusa dentro un circolo di pietre? La magia Elfica è davvero potente e di sicuro lo è anche quella Spada."
"Comincio a temere che tutto quello che dicono sia vero." disse Duligr, impotente di fronte a ciò che aveva visto. Se la magia degli Elfi da sola aveva creato tutto questo, unita a quella dei Sacerdoti poteva aver raggiunto livelli non descrivibili.
Decisero di avviarsi verso il centro della foresta: prima avessero trovato la Quercia Millenaria, prima quella storia sarebbe finita. Come, era tutto da vedere.


La foresta era bella e Duligr, che ne aveva già conosciuta la versione più piccola, si meravigliò nuovamente: c'erano animali che non sembravano impauriti da loro, alberi che non aveva mai visto e l'acqua, che dopo qualche ora di girovagare erano stati costretti a bere, sembrava rinvigorente. Ogni tanto rischiavano di perdersi di vista per quanto erano rapiti dalle bellezze che li circondavano.
"Se andiamo avanti di questo passo, non ci arriveremo mai!" esclamò Donny, stordito da ciò che lo circondava "Gli Elfi devono essere abituati a tutto questo verde ma noi siamo esseri umani, rischiamo di perderci."
Duligr decise allora di prendere in mano la situazione: legò la sua frusta alla cintura di Donny e ne prese saldamente il manico. Poi cominciò a camminare, senza guardarsi in giro, concentrandosi solo sul ritrovamento della Quercia e della Spada.
Donny, che si perdeva facilmente nella visione della bellezza della natura, ogni tanto si sentiva strattonare dall'amico e rischiava di inciampare quando Duligr scavalcava sassi e tronchi e di sbattere la testa se si abbassava per passare sotto i rami. Il guerriero aveva deciso di non cedere alla debolezza di Donny. La sua perseveranza fu premiata: dopo un paio d'ore di cammino serrato, la Quercia Millenaria riapparve davanti alla sua vista.
"Oh Dei, ormai avevo perso le speranze." esclamò, lasciando la frusta e buttandosi finalmente a terra sfinito. Vide una fonte e si avvicinò: bevve con ingordigia e, quando si voltò, s'accorse che Donny non era più accanto a lui. Lo vide davanti alla Spada di Smeraldo, pronto a impugnarla. Fece uno scatto per impedirgli di seguire nelle sue intenzioni..
"Donny, io non sono pronto." gli fece notare.
"Uff, speravo di crepare da solo, senza portarti con me." disse con voce sicura il principe. Duligr lo fissò negli occhi e vide il suo sguardo triste.
"Mi dispiace, ma se dovessi sopravviverti, poi mi ucciderà tuo zio e avresti sacrificato la tua vita per niente." disse cercando di essere convincente "Quell'acqua è miracolosa. Bevine, potresti averne bisogno per fuggire."
Poiché non riusciva a spuntarla, decise di ubbidire e bevve, riprendendosi all'istante. Duligr era pronto e, dopo aver sguainato lo spadone, si mise in posizione. Donny tornò davanti alla Spada e si preparò nuovamente a tentare di estrarla. Si voltò a guardare l'amico che abbassò la testa  facendogli capire che poteva proseguire nella sua missione.
Donny impugnò la Spada ma non accadde nulla.
"Credi che sia un buon segno?" chiese a Duligr.
"No, non basta impugnarla, devi tentare di tirarla su." disse quest'ultimo scuotendo la testa "Solo allora sapremo se sei il Portatore o se siamo morti."
"Non credi più di essere l'unico a crepare?" chiese Donny.
"Non so se riuscirai a sopravvivere il tempo necessario per riattraversare tutta la foresta... a patto che io non muoia e che dopo, essendo solo, non ti ritrovi l'uscita a due passi." cercò di spiegare Duligr. La cosa non consolò molto il principe.
"Io provo, poi vedremo che succederà." disse e lo fece. La Spada non si mosse di un millimetro però, per bilanciare ciò, la Quercia Millenaria cominciò ad agitarsi e da un secondo all'altro i suoi rami si mossero, tutti verso un punto unico: la persona di Donny.
Il ragazzo mollò la presa e cominciò a fuggire, rischiando di inciampare per quanto gli tremavano le gambe.
"Lo sapevo che non ero io quello destinato." gridava nel frattempo, disperato.


Duligr non si stupì quando la pianta cominciò ad aggredire il suo amico: se esisteva al mondo un uomo che poteva battersi contro il male, non era lui. Anzi era certo di non conoscere un sant'uomo del genere. Scosse la testa, maledicendo chi aveva avuto la brillante idea di spedirli in quella missione suicida, poi si apprestò ad affrontare i rami.
Per fortuna non sembravano particolarmente resistenti. Gli bastarono pochi colpi dello spadone per tagliarli tutti di netto. Peccato che questi ricrescevano e si gettavano ancora su Donny il quale, invece di fuggire come avrebbe dovuto, aveva a sua volta impugnato la sua spada e si preparava a combattere.
"Donny, devi fuggire!" ordinò Duligr.
"Io non ti lascio qui a morire!" esclamò Donny coraggiosamente, anche se la sua voce tremava dalla paura.
"Ma se non mi guardano neppure!" gridò Duligr, continuando a colpire i rami che da parte loro rinascevano appena recisi e sempre puntando su Donny. "Comincia a scappare, andando dritto senza voltarti. Se continuo a tagliarli alla radice prima o poi sarai troppo lontano perché possano raggiungerti e, nel caso che mi stanchi, ho anche il tempo di bere un sorso di acqua rigenerante."
Donny, che vedeva i rami evitare Duligr che li stava colpendo come un forsennato, per puntare ancora su di lui, capì che aveva ragione. Abbandonò la spada e prese a correre più forte che gli permettevano le gambe, rendendosi conto che solo così poteva salvare anche l'amico.
Duligr, rassicurato che il principe si stesse mettendo in salvo, continuava a colpire i rami che nascevano dalla pianta e non si voltò, almeno fino a che non sentì l'urlo di Donny. Allora s'accorse di una radice che aveva avvinghiato la caviglia di Donny per tenerlo fermo, mentre i rami si dirigevano ancora verso di lui.
Duligr, che cominciava a sentire la stanchezza, capì che non avrebbe potuto continuare in eterno. Lanciò il suo pugnale a Donny.
"Tagliala e continua a scappare." gridò.
Donny prese il pugnale, recise la radice, poi si alzò pronto a fuggire ancora. Ma la pianta non si era arresa e al posto della radice ne uscirono altre cinque dal terreno, che gli bloccarono entrambe le caviglie, i polsi e la vita.
"Oh, dei!" gridò non sapendo più che fare.


Duligr, vedendo il suo amico bloccato al terreno, e sapendo di aver rimasto poca energia, urlava contro la pianta come se potesse udirlo.
"Lascialo, maledetta." l'apostrofava urlando, mentre continuava a scagliare fendenti sempre più deboli "Colpisci me, colpisci me!" Alla fine era finito anche il fiato e guardando i rami che s'avvicinavano inesorabilmente a Donny, bloccato a terra, si chiese che poteva fare per salvarlo. Poi fu illuminato da un'idea: se la pianta colpiva solo chi tentava di estrarre la Spada, quello avrebbe fatto. Magari si sarebbe dimenticata di chi l'aveva presa prima di lui.
Con i rami che erano ad un passo dal colpire Donny, Duligr si pose davanti alla Spada di Smeraldo, l'impugnò con una mano e, senza sforzarsi particolarmente, giacché il suo scopo non era estrarla, tirò verso l'alto e chiudendo gli occhi pregò gli dei che la sua idea fosse buona.
Li riaprì quando udì il grido di Donny. Lasciò l'impugnatura della spada e si lanciò verso di lui. Aveva visto giusto, i rami si erano fermati a giusto una spanna dal viso di Donny, che aveva chiuso pure lui gli occhi.
"Donny, riapri gli occhi," disse Duligr, mentre con il pugnale tagliava le radici che lo bloccavano a terra. "I rami si sono paralizzati. Non ti stanno attaccando più."
Donny, che aveva visto la fine in faccia, cominciò aprendo timidamente un occhio poi, vista la situazione tranquilla anche l'altro.
"Paralizzati è la parola giusta." commentò, respirando sollevato "Non capisco, come mai si siano fermati in questa maniera?" chiese alzandosi, cercando di evitare i rami che erano a pochi centimetri dal suo viso.
"Non mi sembra il caso di perdere tempo a farsi queste domande." ribatté Duligr, aiutando Donny ad alzarsi. Si guardavano attorno, con il timore che ricominciassero a attaccarli, ma non succedeva.
"Bene, e ora che facciamo?" chiese Donny all'amico.
"Non ne ho idea." ammise Duligr scuotendo la testa "Potremmo tornare indietro così, anche se non saprei come spiegare quello che è successo. Comunque sei tu il principe, decidi tu!"
"Certo, quando ti fa comodo, sono io quello che comanda, vero?" lo apostrofò Donny. Intanto però pensava a quello che avrebbero potuto fare per raccontare la faccenda agli altri.
Stette per qualche minuto in contemplazione di una delle radici che l'aveva quasi ucciso, mentre Duligr si chiedeva se fosse possibile che... Ma no, non poteva essere: se Donny non aveva il cuore puro, non poteva averlo neppure lui, anche se questo avrebbe spiegato tutto.
Duligr non aveva avuto il coraggio di avvicinarsi alla spada per vedere cos'era accaduto.
"Ehm, io tornerei indietro," cominciò Donny illustrando il piano d'azione al quale potevano attenersi "e spiegherei tutto quello che è successo. E poiché tu mi hai detto che la Spada si trova a pochi passi dall'entrata, quando c'è solo una presenza, li pregherei di entrare a controllare che abbiamo dichiarato la verità. Che ne dici?" chiese infine.
"Mi sembra un'ottima idea." fu il commento di Duligr, che annuì con vigore. Voleva allontanarsi il più possibile da quella Spada e dalla strana sensazione che gli dava, un brivido lungo la schiena che non riusciva a farsi passare.
"Va bene, torniamo indietro." accordò Donny "Prima fammi vedere la situazione, gliela voglio descrivere bene. Non voglio che pensino male."
Il ragazzo s'avvicinò alla Quercia Millenaria e osservò bene la spada. Fu allora che s'accorse che era sollevata di una spanna dal livello in cui aveva tentato di estrarla. Una gocciolina di sudore gli percorse la tempia per poi scendere lungo la guancia fino al mento, da lì poi fino a terra.
Chi aveva alzato la Spada di Smeraldo? Lui stesso o Duligr? E perché il suo amico all'improvviso era così strano? Che avesse intuito la verità e non volesse che lui capisse, che non volesse assumersi quella responsabilità?
Perché Donny di una cosa era certo senza possibilità di equivoci: la pianta aveva decisamente cercato di ucciderlo e solo quando Duligr aveva tentato di estrarre a sua volta la spada, si era fermata. La pianta non era entrata in confusione perché era stata toccata da due persone diverse ma perché una di queste era il Portatore. Doveva mettere Duligr di fronte alla sua responsabilità, anche se lui non era d'accordo.
"Duligr," chiamò Donny, cercando di dare alla sua voce un tono il più possibile autoritario "vieni qua, devi vedere una cosa."
Duligr sentì un brivido corrergli lungo la schiena e la pessima sensazione riprendere corpo. Dal tono di Donny, che non usava quasi mai con lui, capì che però non poteva rifiutarsi e s'avvicinò.
"Sono qui." disse sconsolato, guardando l'amico negli occhi. Donny gli indicò il luogo in cui la Spada era alloggiata.
"Spiegami che cosa è successo." disse, aspettando poi che Duligr parlasse.
Il guerriero guardò verso la Quercia Millenaria e vide che aveva davvero successo quello che temeva: la Spada era sollevata dalla sua posizione originaria.
Duligr sbuffò.
"Non mi voglio chiudere in convento." borbottò diretto verso Donny.
Questo sorriso delle paure dell'amico.
"Non accadrà," lo consolò "hai sentito quello che ha detto il sacerdote. Non è un obbligo."
Duligr strinse i pugni e abbassò la testa.
"Sei tu che non hai letto fra le righe." disse, sull'orlo di una crisi di nervi "Questo valeva solo per te che sei l'erede al trono di Kandria. Io sono solo un povero figlio di contadini, non varranno le mie proteste. Per colpa di questa stupida spada rischio di dover passare la vita in reclusione. Hai visto che facce sbiadite, che musi lunghi e che fisici. Quelli pregano, lavorano e combattono. Senza mangiare, te ne rendi conto! Anch'io mi potrei ridurre uno scheletro ambulante come loro."
Donny, che era sul punto di compatire l'amico, scoppiò a ridere.
"Tu ti ridurrai così magro solo da morto." disse prendendolo in giro "Sei troppo grasso." cercò poi di tornare serio. "Posso prometterti che farò di tutto per evitare che ti costringano a prendere i voti, anche perché dopo qualche mese ti caccerebbero, alla faccia della spada. Non possiamo trovare spiegazione per tutto ciò. Estrai la spada e caviamoci questo pensiero al resto penseremo poi."
Duligr accettò e poi , senza aggiungere altro, impugnò la spada e si preparò.
"Certo che..." cominciò a dire Donny, interrompendosi.
"Che cosa?" chiese Duligr.
"Beh, secondo me la Spada di Smeraldo ha un'idea piuttosto balzana di quello che dovrebbe essere un cuore puro."
Duligr lo fulminò, poi si concentrò sulla spada.


Intanto, all'esterno della foresta...
Re Sciolivan e gli Elfi che lo accompagnavano scesero quasi all'unisono dai cavalli elfici che montavano. Si avvicinarono verso la foresta restando concentrati, poi si voltarono verso i sacerdoti.
"La Spada è stata estratta." disse l'essere rivolto ai sacerdoti con voce solenne.
I monaci guerrieri fissarono la piccola foresta per un attimo, poi videro che non accadeva nulla.
"La foresta non dovrebbe sparire a questo punto?" chiese il portavoce.
Re Sciolivan si concentrò ancora, per entrare in contatto con la piccola foresta elfica perché gli dicesse cosa stava succedendo.
"La Spada di Smeraldo è stata estratta per una parte." mormorò come se fosse in trance, tanto che gli umani dovettero avvicinarsi per sentire quello che diceva. "Credo che alla fine chi vi è riuscito sia rimasto stupito e l'abbia lasciata subito dopo. O potrebbe essere successo altro, per ora non vedo di più."
"Quindi il principe ha estratto la spada." borbottò il sacerdote insoddisfatto "Sarà davvero difficile mandare in missione il futuro re di Kandria."
"Voi avete costretto il mio predecessore a forgiare la spada." l'accusò Sciolivan "Ora ne pagherete le conseguenze. Sempre che..." s'interruppe lasciando in sospeso il discorso.
Il sacerdote capì che il re tramava qualcosa e benché non avesse i poteri di leggere la mente come gli Elfi intuì di cosa si trattava.
"Spero non intendiate rubargli la spada una volta che sia stata completamente estratta." si raccomandò "Non voglio certo che incolpiate noi se doveste fare una brutta fine. Quell'arma è stata forgiata per essere impugnata da un essere umano, per quanto a voi possa dispiacere. Non sappiamo quali conseguenze possa avere."
Re Sciolivan trapassò il sacerdote con uno sguardo freddo, quasi gelato.
"Se quell'essere immondo che voi chiamate principe è stato in grado di impugnare la spada, posso esserlo anch'io." lo apostrofò duramente. "Non posso credere che abbia considerato lui un guerriero puro, non è neppure un guerriero, è solo un ragazzino che finge di allenarsi coperto dal suo degno amico."
I sacerdoti confabularono un secondo, poi il portavoce si rivolse ancora al re degli Elfi.
"Fate come vi pare," accordò "ma i vostri uomini, che spero non siano in mala fede, saranno testimoni che noi vi abbiamo messo in guardia."
Gli Elfi annuirono all'unisono.


Si erano appena accordati che notarono la foresta muoversi.
"Finalmente la Spada di Smeraldo è stata estratta, il Portatore si rivelerà a noi." disse il sacerdote.
Uno dei suoi confratelli gli parlò all'orecchio.
"Sì, hai ragione," disse con un sorriso "avremmo dovuto dire ai due che la foresta sarebbe stata assorbita dal potere della spada, ma non pensavo realmente che fosse lui quello giusto. Ero quasi certo che avremmo dovuto portare cattive novelle a Kandria, invece..."
Anche l'altro fratello gli disse qualcosa all'orecchio.
"Già, abbiamo promesso che non avrebbe pronunciato i voti e temo che dovremmo mantenere, se vogliamo che il potere della Spada sia dalla nostra parte." ammise il sacerdote "A questo punto non potremmo più neppure minacciarli di richiamare a noi il sacerdote Guardiano della Porta dell'Inferno. Sarebbe sufficiente la presenza della spada a Kandria per impedire al male di uscire fuori e ora è in suo possesso."
Tutti osservavano la foresta cambiare più volte forma, prima di rimpicciolirsi e ritirarsi del tutto all'interno della spada.
Donny e Duligr, che davano le spalle al gruppetto, si ritrovarono all'improvviso all'aperto.
"Che accidenti sta succedendo?" chiese Duligr.
"E che accidenti ne so io!" ribatté Donny.
Sia i sacerdoti che gli Elfi scossero la testa: per entrambi era inaudito che uno di loro due fosse il Portatore della Spada di Smeraldo e non ne trovavano una logica.
Il sacerdote si schiarì la voce, mentre i due continuavano a guardarsi attorno. Duligr, improvvisamente preso dal panico, mollò la spada appena estratta gettandola a terra, poi si voltò.
"Perché lo hai fatto?" chiese a voce bassa Donny all'amico, mentre avanzavano verso il gruppetto. "Ti ho detto che non permetterò che ti facciano prendere i voti, se non lo desideri."
"Senza offesa Donny, ma non mi fido molto delle tue parole." disse Duligr "Ho visto come tremavate quando vi minacciavano di lasciare la Porta dell'Inferno senza guardia. Hanno il coltello dalla parte del manico e non voglio rimetterci. Non mi ci vedo proprio a fare la vita di quei disgraziati."
I ragazzi s'avvicinarono agli esseri aspettando che dicessero loro qualcosa.
"Principe Donovan, perché avete lasciato cadere la spada a terra?" chiese il padre Grundian, stupito dal gesto.
Donny fulminò l'amico, poi cercò di tergiversare.
"E voi perché non mi avete detto che la foresta sarebbe stata assorbita dalla Spada?" ribatté, cercando di essere abbastanza sdegnato "Scommetto che siete rimasti male che entrambi siamo ancora vivi."
"Ehm, ma no..." disse il monaco che per la prima volta si sentiva in imbarazzo "Solo non ci avevamo pensato."
Le risa degli Elfi, che di solito erano molto seri, lo stizzirono: non amava che si mettesse in dubbio la sua autorità.
"Raccoglietela mio signore, torneremo a Kandria a festeggiare. Vostro zio sarà davvero contento di vedervi entrambi vivi. Era certo che almeno uno di voi non sarebbe tornato vivo." disse Grundian.
Gli Elfi dal canto loro, subito dopo le parole dell'uomo avevano cominciato ad esplorare le menti dei due ragazzi e la risposta che vi leggevano li aveva confusi: non era il principe ad avere estratto la Spada di Smeraldo ma il servitore. Il ragazzino temeva di essere costretto a prendere i voti essendo solo figlio di contadini. I subordinati chiesero al re, tramite messaggi mentali che avrebbero dovuto fare e lui rispose che sarebbe stato più semplice sottrarre la spada a un servo piuttosto che ad un futuro re.
Prima che Donny potesse raccontare ai tre monaci che non era lui il Portatore, re Sciolivan s'intromise nella discussione.
"Ricordatevi la promessa." gli rammentò con alterigia "Noi proveremo a impugnare la spada."
Donny, memore di quello che gli era accaduto, cercò di convincerli che non era il caso di rischiare la vita.
"Voi siete certi di volerlo fare?" li avvertì.
"Lasciali fare se ci tengono tanto." intervenne Duligr, pieno di speranza "Se la desiderano tanto sono certo che possiamo cedergliela volentieri."
Più facile del previsto, il contadino non la voleva proprio la spada!
"E se dovesse succedere come nella foresta?" gli ricordò Donny " Come faremo se delle radici malefiche spuntassero dal terreno e tantassero di uccidere il re degli Elfi? Non incolperanno noi, vero?"
"Non preoccupatevi." disse il sacerdote alle loro spalle "Gli Elfi leggono nel pensiero e, se anche dovessero essere eliminati prima che voi, o mio principe, riusciste a recuperare la spada, potrebbero solo costatare che noi li avevamo avvertiti."
Donny osservò gli Elfi: se era vero che i loro poteri erano così forti di certo sapevano la verità, e cioè che non era lui il Portatore. Volendo impossessarsene la faccenda gli era indifferente e avevano appoggiato la commedia che Duligr aveva recitato fino a quel momento.
Anche Duligr aveva raggiunto la stessa conclusione: annuì e lasciarono che si avvicinassero, stando però non troppo lontano, per poter intervenire nel caso servisse il suo aiuto.


Re Sciolivan s'avvicinò alla Spada di Smeraldo gettata a terra. I suoi occhi, di solito indifferenti, luccicavano per la bramosia di possederla. Era un oggetto destinato a rimanere tra gli Elfi ne era certo. Le immagini che aveva visto nei pensieri dei due ragazzi non lo spaventavano. Doveva tentare di prenderla qualsiasi fossero state le conseguenze.
Duligr pregava, implorava e malediceva allo stesso tempo ogni divinità, conosciuta e sconosciuta, perché quell'essere riuscisse a impugnare la spada senza problemi. Si attaccava a quell'ultimo brandello di speranza per poter evitare una vita di stenti e ristrettezze nel monastero di quei pazzi.
Sciolivan impugnò la spada e non successe nulla. Il fatto sollevò molto il morale a tutti a parte i sacerdoti che si preoccuparono.
"Non basta impugnarla," disse Donny ricordando le avventure appena passate "bisogna anche muoverla. Poi si vedranno le conseguenze."
Il sacerdote si chiese come facesse il principe a sapere questa cosa, giacché aveva estratto la spada: in quel momento non lo sfiorava neppure il pensiero che il Portatore fosse Duligr.
"La muova allora, sire. Togliamoci questo pensiero." lo invitò il sacerdote.
Il re degli Elfi annuì, esaltato dal primo risultato, mosse la spada. Ebbe appena il tempo di rendersi conto di quello che stava succedendo che qualcosa emerse dal terreno e lo colpì in testa. Una grossa radice lo stava massacrando e non sembrava intenzionata a fermarsi.
"Siete solo degli esseri decorativi e inutili." esclamò Duligr, con voce strozzata, prima di scattare verso la Spada di Smeraldo e menando fendenti forsennatamente. Era ancora stanco da prima, non avendo avuto il tempo di bere l'acqua rinvigorente, ma intervennero anche tutti gli altri.
Per fortuna anche se la radice continuava ad attaccare insistentemente, non era difficile tenerla a bada. Duligr ebbe il tempo di riprendere un attimo fiato, avvicinarsi alla spada, impugnarla e sollevarla. Le radici, com'era accaduto nella foresta, smisero di attaccare e i sacerdoti videro con stupore Duligr armato della spada fatata.
"Sei... sei tu il portatore!" esclamò Grundian, che aveva perso la sua solita indifferenza "Questo ci solleva da una miriade di problemi."
Duligr guardò sconsolato verso l'amico, che da parte sua non avrebbe lasciato che l'unica persona al mondo cui teneva come un fratello fosse rinchiusa come un convento.
Rabbrividì all'idea dei suoi capelli rosso sangue rasati a zero, dei suoi occhi blu cobalto spenti e indifferenti, del suo fisico possente ridotto ad un fascio di muscoli nervosi e malnutriti, della sua sessualità, quale che fosse, mortificata e castigata. No, quello che avevano promesso al principe doveva valere anche per il servo.
Mentre gli Elfi facevano bere dell'acqua, probabilmente fatata, al loro re, Donny s'avvicinò ai sacerdoti e vi si parò dinanzi.
"Se solo tenterete di costringere Duligr, che non lo desidera affatto, a prendere i voti, dovrete vedervela con l'autorità di Kandria." disse, facendo notare una certa attitudine al comando che non guastava in un futuro re.
"Mio principe, vi devo ricordare che posso richiamare quando voglio il Sacerdote guardiano della Porta dell'Inferno." disse Grundian, giocandosi la sua ultima carta.
"Lascia stare." ribatté Duligr abbattuto "Non vale la pena lottare per me. Te lo avevo detto che sarebbe finita così."
"Devi smetterla di sminuirti, Duligr." lo apostrofò Donny, con tono severo "Tu vali molto di più di quello che credi e lo dimostra il fatto che tu abbia estratto la Spada di Smeraldo. E per quanto riguarda voi," aggiunse rivolgendosi ai sacerdoti "fate quello che vi pare. Sono certo che basterà la spada di Duligr a tenere a freno le Porte e rimarrà al mio fianco finché non giurerete sull'Oracolo che sarà solo un collaboratore esterno, come lo sarei stato io."
I sacerdoti osservarono lo sguardo deciso e sicuro del principe Donovan e per un attimo nelle loro menti sovvenne l'idea di liberarsi di lui per poi raccontare qualche lacrimevole storia a re Frantas, poi però lo sguardo severo degli Elfi e quello preoccupato di Duligr, che sentiva la spada di cui era il Portatore pulsare a ogni pensiero malvagio che percepiva, fece loro cambiare idea.
Confabularono qualche istante fra loro, sotto gli sguardi irritati dei ragazzi e quelli, per una volta canzonatori, degli Elfi: leggere nei pensieri era un gran vantaggio che, nonostante allenamenti e costrizioni, non tutti gli umani potevano raggiungere. Gli Anziani della Confraternita dei Pugnali Splendenti, la cui parola era l'ultima, decisero di accettare quel piccolo ricatto.
Duligr avrebbe dovuto passare del tempo fra loro, per imparare a dominare i poteri della Spada di Smeraldo, che si stavano facendo notare, e riuscire a capire i segnali che mandava, ma non l'avrebbero costretto a diventare uno di loro. Furono costretti a giurare sull'Oracolo, che una volta ancora si era rivelato molto preciso nelle sue profezie.
Il Portatore era stato trovato vicino alla famiglia reale di Kandria, come aveva predetto, ma ciò significava che davvero era in arrivo il male assoluto: dovevano prepararsi per essere pronti al momento giusto ad accoglierlo degnamente.
Con queste prospettive tornarono a Kandria a dare la buona novella a Frantas, che era pronto a mettere a lutto la città. Fu con estremo sollievo che li vide entrambi salvi: era convintissimo che almeno Duligr non sarebbe tornato. Pensò con estremo imbarazzo al momento d'intimità che aveva avuto con lui e sperò che se lo tenesse per sé. Non che se ne pentisse, era quasi un figlio, ma era stato un atteggiamento poco reale. In realtà aveva sfogato tutta la sua apprensione in quel gesto, tralasciando di farlo con Donny per paura che si preoccupasse troppo.
Si preparò ad accoglierli in maniera molto sobria, ma ogni suo tentativo di rimanere calmo andò a farsi benedire appena li vide.
Si avvicinò ad entrambi, li baciò, pianse dalla gioia e il giorno che temeva sarebbe stato di lutto si trasformò in festa per il ritorno del principe e del nuovo eroe.
  
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