Epilogue.
«Hai una faccia
strana, June.» Louis rivolse alla futura
sorellastra un’occhiata indagatrice. June si strinse nelle
spalle e gli
sorrise.
A lei sembrava di avere la
stessa faccia di sempre.
Insomma, ci era nata con quella faccia, era impossibile che di punto in
bianco
ne avesse un’altra.
«È la
mia faccia, Lou.» replicò, quindi.
Louis rise, le
circondò le spalle con un braccio e le
stampò un bacio sulla tempia. June, ormai abituata a queste
sue manifestazioni
d’affetto, gli si strinse al fianco e sospirò.
«Vedi? Sei tutta
un sospiro e una coccola, oggi.»
sghignazzò Louis, sventolando la mano come se fosse una
principessa. June lo
guardò un po’ incredula, poi scoppiò a
ridere ed alzò gli occhi al cielo.
«Non è
assolutamente vero, smettila di prendermi in giro.»
protestò, gonfiando le guance con aria offesa.
Louis inarcò un
sopracciglio, scettico.
«E questa sarebbe
la tua faccia minacciosa? Ma per
favore.» le scompigliò i capelli – per
il momento ancora di un caldo castano
scuro – e sciolse la presa intorno alle sue spalle per
tenerle la porta aperta.
«Che
cavaliere.» ironizzò June, prima di cominciare il
consueto slalom tra i tavoli (quel sabato sera il locale era davvero
affollato)
e raggiungere Alice, che sedeva accanto a Niall con
un’espressione assolutamente
raggiante.
Inclinò il capo
verso destra, seguendo lo sguardo di
Louis, che improvvisamente si era puntato sul tavolo. Le mani di Niall
ed Alice
erano strette l’una all’altra, con una naturalezza
che June scoprì di invidiare
un po’.
Insomma, quante
probabilità c’erano, che anche Harry si
mostrasse così spontaneo?
Certo, dopo tutto quello
che si erano detti il pomeriggio
prima, era chiaro che la situazione fosse decisamente migliorata, ma
ancora
June non aveva idea di come comportarsi.
Non era una grande esperta
nelle relazioni e probabilmente
avrebbe commesso miliardi di sbagli e – ancor di
più – lei ed Harry avrebbero
trascorso almeno tre quarti del loro tempo insieme a bisticciare.
Non sarebbero mai stati
“due cuori e una capanna” come
Alice e Niall: tutta quella dolcezza non faceva per lei o, almeno, non
pensava
che Harry si sarebbe sbilanciato tanto.
Ci aveva riflettuto per
tutta la notte; si era rigirata
tra le coperte come un condannato al patibolo e non aveva chiuso occhio
nemmeno
per un minuto. Ad un certo punto, aveva pensato di distrarsi pensando a
qualcos’altro, ma la cosa non aveva funzionato poi
così tanto.
Aveva pensato a sua madre.
June era completamente
sicura che Elizabeth avrebbe
adorato Harry, e come poteva essere altrimenti? Quando voleva, Harry
era
decisamente il ragazzo perfetto, quello che ogni madre vorrebbe per la
propria
figlia.
Poco dopo, era subentrato
il panico. Elizabeth non c’era e
lei non avrebbe mai potuto raccontarle cosa provava per Harry,
né avrebbe
potuto chiederle aiuto per tutti i dubbi che l’assalivano.
Sua mamma non c’era
più e lei doveva cavarsela da sola, come aveva sempre fatto.
Se solo avesse
avuto idea che innamorarsi sarebbe stato così difficile, se
lo sarebbe
risparmiato.
Così si era
alzata in piedi, aveva afferrato Mr. Carota,
l’aveva stretto forte al petto e aveva pianto. Quando,
infine, aveva davvero
realizzato che solo Harry sarebbe stato in grado di calmarla, lo aveva
chiamato.
Lui aveva risposto dopo
qualche squillo, con la voce roca
e profonda di chi sta ancora dormendo, ma non appena l’aveva
sentita
singhiozzare, si era svegliato completamente e l’aveva
lasciata parlare.
«Vorrei poterle
raccontare di te.» aveva sussurrato infine
June, dopo lunghissimi minuti. Harry era rimasto in silenzio per
qualche
secondo, poi aveva sospirato.
«Credo che lo
sappia già, piccola.» le aveva detto,
estremamente serio.
June aveva spalancato gli
occhi, colpita e aveva annuito.
«Ti
amo.» aveva mormorato. Poi, quando si era resa conto
di ciò che le era sfuggito, aveva chiuso bruscamente la
telefonata e si era
rimessa a letto, accanto a Mr. Carota. Non aveva dormito
più, ovviamente, ma
sentiva di essersi tolta un gran peso.
Scivolò sulla
panca e si accomodò tra Zayn e Liam, come di
consueto. Ormai, si sentiva parte integrante del gruppo e, ancora una
volta,
non poté fare a meno di pensare che la sua vita stava
prendendo una piega così
felice e così positiva, che la paura che aveva provato la
notte precedente
sembrava ingiustificata.
Le tornò alla
mente quel “Ti amo” pronunciato tra le
lacrime e scosse la testa. Che razza di stupida, non avrebbe dovuto
dirlo:
Harry sarebbe scappato a gambe levate, probabilmente.
«Hai una faccia
strana, tesoro. Tutto okay?» domandò
Alice, distraendo June dai suoi pensieri cupi e pessimisti.
June sbuffò.
«Ma
perché ce l’avete tutti con la mia faccia,
oggi?»
Louis, che stava discutendo animatamente con Niall, si interruppe e
ridacchiò.
«Fatti due
domande, June.» replicò. June non rispose, si
voltò di nuovo verso Zayn – ignorando
completamente Alice, che sembrò non farci
troppo caso – e gli picchiettò sulla spalla per
catturare la sua attenzione.
«Harry
dov’è?» chiese, cercando di non
diventare rossa.
Zayn inarcò un
sopracciglio e la guardò come se fosse
stupida.
«Non è
mica il mio ragazzo.» celiò, con un sorriso
angelico che non gli si addiceva per niente.
June rimase in completo
silenzio e incrociò le braccia al
petto, stizzita. Ci mancavano solo Zayn e le sue frecciatine.
«Arriva tra poco,
comunque. Ha detto che doveva prima fare
una cosa.» le spiegò Liam, con un sorriso sereno.
June lo ringraziò,
premurandosi di sottolineare quanto fosse carino, da parte sua, evitare
di fare
lo stupido come qualcun altro.
Di nuovo,
riportò il suo pensiero su Harry: cosa doveva
fare? Forse stava solo prendendo tempo. Magari aveva riflettuto a lungo
ed era
giunto alla conclusione che lei non fosse assolutamente la ragazza
giusta –
come dargli torto? Era piena di difetti. – e che non era
più il caso di andare
avanti.
Con un gemito di orrore,
June si rese conto che
quell’eventualità l’avrebbe
completamente distrutta, devastata, fatta a pezzi.
Lo amava, santo cielo! Gliel’aveva confessato, senza dargli
il tempo di
replicare.
«Scricciolo, fai
un respiro profondo e ripeti con me:
Louis è il calciatore migliore del mondo. Louis è
il calciatore migliore del
mondo. Louis è il calciatore migliore del mondo.»
June, che non si era
nemmeno accorta di aver cominciato ad
ansimare, si riscosse.
«Louis
è il calciatore migliore del mondo. Ma che dici?»
domandò, poi, perplessa. Louis si strinse nelle spalle.
«Hai bisogno di
un mantra, June. Ultimamente vai spesso in
iperventilazione.» commentò, con incredibile
disinvoltura.
June arrossì:
non era mica colpa sua, se pensare ad Harry
la mandava così in confusione da farle dimenticare perfino
come si respirasse.
Certo, tutte queste cose
Harry non avrebbe dovuto saperle,
ma almeno con sé stessa poteva essere sincera.
Poi, finalmente, Harry
arrivò. Portava con sé due buste di
carta azzurra, che gli tenevano impegnate entrambe le mani. Lo sguardo
era
serio, assorto, come se fosse concentrato su ogni sua mossa. I capelli
erano
disordinati come al solito e quel maglione bianco gli stava talmente
bene, che
June rimase per un attimo incantata a guardarlo.
Lui ricambiò
l’occhiata, con intensità, e le sorrise. Poi
appoggiò le buste sul tavolo e allontanò la mano
di Louis – che si era subito
allungato per vedere cosa contenessero – con un colpo secco a
si piazzò davanti
a June.
Infilò la mano
nel sacco alla sua destra e ne estrasse un
piccolo peluche. Glielo porse con un sorriso enigmatico e si
schiarì la voce.
«Lui è
Uno. Ed è il primo motivo per cui ti amo: la tua
voce. Quando ridi, quando canti, quando piangi, quando urli contro di
me,
quando parli con Alice, quando prendi per il culo Louis. Quando mi dici
che mi
ami.» una piccola pausa, un altro peluche.
«Due: i tuoi
occhi. Credo di non aver mai visto occhi più
belli dei tuoi. Potresti anche rimanere in silenzio per sempre, ma i
tuoi occhi
avrebbero sempre qualcosa da dire. Li amo, perché capisco
ogni tuo pensiero
solo guardandoli.
Tre: il tuo sorriso. Quando
mi sorridi, non vedo
nient’altro che te. Non importa che io sia arrabbiato,
triste, indispettito o
semplicemente annoiato. Tu sorridi, ed ogni cosa perde di importanza.
Quattro. Ti amo
perché mi hai fatto sentire le farfalle
nello stomaco, uno stormo intero.
Cinque: ti amo
perché sei entrata nella mia vita
all’improvviso, con la tua sfacciataggine, il tuo orgoglio e
la tua forza.
Sei: ti amo,
perché non ti sei arresa di fronte alla mia
stupidità e mi hai dato un’occasione, anche se
ogni tanto mi sono comportato
come uno stronzo, ma a mia difesa dico che volevo solo farti una buona
impressione.
Sette: ti amo,
perché quando mi hai imposto di starti
lontano, poi sei stata tu ad avvicinarti e tutto è andato
meglio.
Otto: ti amo,
perché sei così piccola e vorrei proteggerti
da qualsiasi cosa, da chiunque ti si avvicini anche solo per parlarti.
Nove: ti amo,
perché sei testarda fino al midollo, dici
sempre quello che pensi, fregandotene di offendermi e dieci: ti amo, perché dai
un nome a tutti i tuoi peluche,
come se fossero vivi e perché perdi l’iPod ogni
cinque minuti.»
June, che ormai stringeva
tra le braccia ben dieci
peluche, aveva le lacrime agli occhi, un sorriso che andava da un
orecchio all’altro,
e il cuore che palpitava così forte da farle male.
Non vedeva nessun altro, se
non Harry, che le sorrideva
con una semplicità disarmante.
Abbandonò i
peluche sul tavolo, con delicatezza, si alzò e
si avvicinò ad Harry, sotto lo sguardo commosso di Alice,
quello felice di Liam
e Zayn e quello indecifrabile di Louis. Se lo conosceva bene almeno la
metà di
quanto credeva, quella notte non l’avrebbe fatta dormire per
tempestarla di
domande.
Ma al momento non le
importava. Circondò il collo di Harry
con le braccia, si alzò sulle punte e lo baciò.
Quando si separarono, Harry
le porse un ultimo peluche.
«Ti amo, okay?
Perciò, la prossima volta, dammi il tempo
di rispondere.»
***
Bene, ci siamo.
Pretending, signore e
signori (se ce ne sono), è
ufficialmente conclusa. Fine. Stop. The End. Oh, God. Sto male.
Davvero, penso
di essere traumatizzata, un pochino, ma ormai comincio a farci
l’abitudine. A
furia di pubblicare schifezze su EFP, mi sono abituata alla sensazione
di
mettere la spunta del quadratino del “Completa?”
Detto questo, spero che
questo epilogo vi sia piaciuto, vi
abbia magari fatto un pochino emozionare e sorridere e, niente, non so
cosa
dire.
Pretending ha avuto un
seguito inaspettato (credetemi,
ancora non mi capacito del fatto che mi seguiate in così
tante, siete fantastiche.)
e spero tanto che nessuna di voi sia rimasta delusa da questa storia.
So che avevo accennato ad
un seguito, tempo fa, ma ancora
non so se lo scriverò o meno, perciò non perdete
la speranza. Per ora,
comunque, direi che è tutto. Anche perché sto
ancora finendo di scrivere One
Step Forward e voglio concentrarmi su quella. E comunque
venerdì parto e sarò
senza pc per due
settimane, più o meno,
perciò non volevo lasciare la storia in sospeso!
Ora, volevo ringraziarvi.
Grazie, per aver inserito
questa storia tra le
seguite/preferite/ricordate e grazie per aver inserito me tra gli
autori
preferiti.
Grazie per aver commentato
i capitoli precedenti, per
avermi contattato su Facebook/Twitter/Ask. E grazie, perché
non lo so, siete
tanto carine e coccolose e io vi adoro <3
Alla prossima e buone
vacanze!
Con affetto,
Fede.
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