2 # Trilly (Bonnie, Jeremy e Matt).
Premessa. La storia è divisa in tre parti:la
prima è ambientata durante l’infanzia dei personaggi, la seconda subito dopo la
quarta stagione e l’ultima, infine, è un ipotetico futuro in cui Matt e Jeremy
sono adulti.
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302. fata caduta.
Questa
storia è stata scritta per i contest Trio - The Vampire Diaries
, indetto da Katy.Mary e
Musica e Immagini,
indetto da Fravgolina.
Fata Caduta
Era un torrido e luminoso pomeriggio di luglio. Casa Gilbert
echeggiava degli schiamazzi vivaci del piccolo Jeremy. Nel cortile di fronte
all’edificio Matt e Bonnie erano intenti a svolgere degli esercizi per le
vacanze. Elena era rientrata per prendere della coca cola e uno spuntino per la
merenda e i due ragazzini avevano deciso di portarsi avanti con il compito
successivo a quello appena ultimato.
“Che cosa bisogna fare?”domandò un incerto Matt, leggendo
pensieroso la consegna. Bonnie analizzò il brano che occupava tre quarti buoni
della pagina: l’esercizio era una comprensione del testo su una delle fiabe più
famosi per ragazzi, la preferita del piccolo Jeremy Gilbert: Peter Pan.
“Dobbiamo leggere e rispondere alle domande” spiegò, prima
di schermarsi gli occhi con una mano per via del sole pungente, voltandosi alla
sua destra: Jeremy stava correndo a per di fiato per il cortile, arricciando le
dita,come a voler mimare degli artigli. I suoi schiamazzi vivaci rendevano un
po’ complicato mantenere la concentrazione, ma Bonnie incominciò comunque a
leggere.
“Devi sapere che il giorno in cui il primo bambino sorrise per la prima
volta,
il suo sorriso si spezzò in mille frammenti.
I frammenti rotolarono via tutt’intorno e così ebbero origine le fate.”
*
“Io lo so, che cosa state leggendo!”
L’esclamazione improvvisa di Jeremy distrasse i due
ragazzini che distolsero lo sguardo dai compiti. Il piccolo Gilbert si tuffò in
scivolata verso il tavolino a cui erano seduti, sporcandosi i pantaloni e le
ginocchia di terriccio.
“State leggendo Peter Pan!” dichiarò, sollevando i pugni per
aria ed esibendo la finestrella che aveva fra i denti al posto di un incisivo.
“Non stiamo leggendo,
stiamo facendo i compiti” lo contraddisse Bonnie, allontanando le mani sporche
del bambino dal suo libro delle vacanze. “Vai a giocare da un’altra parte.”
Jeremy non si arrese.
“Giochiamo a Peter Pan?” esordì il bambino, arrampicandosi
sulla sedia di Matt. “Lei può farsi le trecce ed essere Giglio Tigrato” spiegò,
indicando Bonnie. La bambina gli rivolse un’occhiata seccata. “E tu,” aggiunse
poi incominciando a picchiare con l’indice sulla spalla di Matt. “Tu ti sei
messo gli occhiali, quindi puoi fare John!”
Matt gli scompigliò i capelli con dolcezza e lo aiutò a
scendere dalla sedia..
“Non possiamo giocare con te, Jer:
dobbiamo fare i compiti” spiegò. Intercettò poi lo sguardo di Bonnie, che
annuì.
“Ma non si fanno i compiti sull’Isola Che Non C’è!” ribatté
Jeremy allargando le braccia, come a voler rimarcare l’ovvietà della cosa. Matt
e Bonnie si sforzarono di ignorarlo; la ragazzina riprese a leggere ad alta
voce, mentre l’amico teneva il segno con il dito sul suo libro.
“E così…” continuò lui in tono
condiscendente,
“…Ogni bambino e ogni bambina dovrebbe avere
la sua fata.”
“Perché dovrebbe? Non ce l’ha?”
“No. I bambini oggi sanno troppe cose, troppo presto non credono più
alle fate
e ogni volta che uno dice: «io
non credo alle fate», in qualche
luogo una fiaba cade a terra morta.*
Ancora una volta, la lettura venne bruscamente interrotta
dalla vivacità del piccolo Jeremy, che si era sporto sul tavolo per afferrare
il portapenne di Matt.
“Jeremy, no!” lo ammonì con gentilezza il ragazzino,
cercando di riappropriarsene.
“Ma mi serve una spada!” obiettò il bambino, tirando con più
forza l’estremità del portapenne. “Per uccidere i pirati!”
Bonnie sbuffò.
“Jeremy, lasciaci stare!” lo implorò un’ultima volta, sbattendo
il libro delle vacanze sul tavolo. Il bambino roteò gli occhi. Lasciò andare il
portapenne e rivolse un’occhiata imbronciata a Matt, ma il ragazzino biondo si
limitò a sorridere a mo’ di scusa, sistemandosi gli occhialetti da lettura sul
naso. Jeremy sbuffò e corse via brontolando. Tornò indietro meno di cinque
minti dopo, tenendo le mani chiuse a coppa di fronte a sé. Bonnie stava già per
riprenderlo, quando si accorse dell’uccellino che pigolava flebile tra le mani
del ragazzino.
“Ho trovato una fatina caduta a terra!” spiegò Jeremy,
raggiungendoli al tavolo. “Forse qualche bambino ha detto che non crede più
alle fate e adesso lei sta morendo!”
Matt si alzò e incominciò ad osservare l’uccellino con
apprensione.
“Credo sia un passerotto” osservò. “Forse è caduto dal suo
nido.”
“Gli fai male se lo tieni stretto così!” commentò in quel
momento Bonnie rivolta a Jeremy, che aveva chiuso le mani in maniera fin troppo
salda attorno all’uccellino. La creatura rimase immobile, limitandosi a
pigolare. “Dove l’hai preso?”
Jeremy fece spallucce.
“Era nel prato dietro
casa” spiegò, avvicinando il naso quasi a sfiorare la testolina della creatura.
“Dobbiamo battere le mani, così potrà guarire. Peter Pan dice che le fatine
possono salvarsi solo in questo modo!”
Bonnie e Matt si scambiarono un’occhiata rassegnata.
Chinandosi, la ragazzina incominciò ad osservare con aria attenta e un po’
critica il corpicino gracile dell’uccellino. Il suo pigolio si stava
affievolendo proprio come avrebbe fatto la luce intermittente di una fatina sul
punto di spegnersi. Nell’osservare il piccolo, Bonnie si sentì attraversare da
un improvviso fiotto di tristezza: non voleva che quell’uccellino soffrisse
così, ma non sapeva proprio come aiutarlo.
“Sta morendo?” domandò un allarmato Jeremy a quel punto,
notando l’espressione dispiaciuta della bambina. Fu in quel momento che Matt
incominciò a battere le mani. Dapprima, il suo fu un unico colpo incerto e un
po’ impacciato sfuggitogli, forse, per accontentare il piccolo Jeremy. Pian piano, tuttavia, i
battiti si fecero più composti e regolari. Bonnie non lo imitò, ma tese le dita
a sfiorare con delicatezza il capo dell’animale. In quel momento l’immobilità
dell’uccellino venne intervallata da un improvviso movimento d’ali. La bambina
ritirò indietro la mano di scatto e Matt smise di battere le sue, mentre lo
sguardo dei tre ragazzini si incantò ad ammirare l’agitarsi improvviso
dell’animale.
Bonnie non disse nulla, ma il suo sguardo si fece incredulo.
Non riusciva a capire cosa fosse successo con esattezza. Avvertiva un pulsare
insolito all’altezza dei polpastrelli e un lieve alone di stanchezza ad
appesantirle il corpo, come se si fosse appena fermata dopo aver fatto una
lunga corsa. L’uccellino, al contrario, sembrava aver riacquistato la solita
vivacità.
“Ha funzionato!” dichiarò un’entusiasta Jeremy, rimirando
affascinato i movimenti dell’uccellino. “John ha battuto le mani e la fatina è
guarita!” aggiunse, sorridendo a Matt che ricambiò con fare bonario, rivolgendo
poi un’occhiata interdetta a Bonnie.
La ragazzina continuò ad osservare incredula il passerotto,
che aveva preso a pigolare in maniera più energica. Jeremy aveva ragione: il
suo verso ricordava un po’ il tintinnio vivace prodotto dalle fatine sull’Isola
Che Non C’è.
L’episodio dell’uccellino fu il primo fra le tante
situazioni un po’ bizzarre con cui Bonnie Bennett si trovò a fare i conti
crescendo. Questi episodi la portarono a credere di avere a sua volta qualcosa
di magico, un po’ come la
Trilly di Peter Pan. A lungo andare smise di tenere in
considerazione queste circostanze insolite, dandone la colpa al caso o a
qualche stramba coincidenza. Tuttavia, più il tempo scorreva e più risultava
chiaro alla ragazza che la magia fosse a tutti gli effetti una parte di lei.
Quando finalmente ne ebbe la certezza, aveva smesso di credere alle fate ormai
da un pezzo.
***
Non c’era tempo da perdere in chiacchiere; occorrevano fatti, perciò
Trilly,
con uno dei suoi fulminei
movimenti, si collocò tra le labbra di Peter e la bevanda
e la trangugiò fino all’ultima
goccia.
“Ebbene, Trilly, come osi bere la mia medicina?”
Lei non rispose. Stava già annaspando in aria.
“Che cosa ti succede?” chiese Peter spaventato.
“Era avvelenata, Peter” spiegò la fatina in un soffio. “E ora sto per morire.”
Peter Pan. James Matthew Barrie
Ogni bambino, quando nasce, viene al mondo assieme a una
fatina. Quella di Jeremy se ne era andata salvandolo, proprio come Trilly aveva
fatto con Peter.
Questo fu uno dei pensieri più insoliti e fuori luogo che
accarezzarono la mente del ragazzo, mentre osservava con espressione afflitta
la lapide di Bonnie Bennett. Aveva atteso come promesso la fine delle vacanze,
prima di comunicare la brutta notizia ai familiari e agli amici. Il funerale si
era tenuto in un pomeriggio di fine settembre, spento e malinconico quanto i
volti dei bambini che salutavano con il broncio un’Estate ormai agli sgoccioli.
Jeremy aggrottò le sopracciglia, sforzandosi di allentare la
presa del dolore che gli avviluppava con prepotenza il petto. Si sforzò di
allontanare il ricordo dei movimenti lenti e meticolosi con cui Elena aveva
sistemato una corona di fiori a terra il giorno del funerale. Riportò alla
mente, senza poterlo evitare, l’abbraccio cullato dalle lacrime degli ex
coniugi Bennett e l’espressione addolorata di Liz
Forbes. Al fianco della madre Caroline aveva pianto in silenzio, scuotendo di
tanto in tanto il capo.
Un rumore di passi appena accennato distolse Jeremy dai suoi
pensieri. Matt lo stava raggiungendo, tenendo in mano un mazzo di fiori. Il
giovane Gilbert lo salutò con un cenno del capo, esaminandolo con sguardo
assente: l’amico non portava più da un
pezzo gli occhialetti tondi da lettura, ma possedeva ancora quella
pacatezza e la nobiltà d’animo che avevano convinto il Jeremy bambino a
paragonarlo a John Darling. Osservandolo, gli venne spontaneo ripensare ai
mille pomeriggi trascorsi cercando di riscoprire nei suoi amici un po’ di
quella magia che traboccava dalle pagine di Peter Pan.
Matt si limitò ad appoggiare i fiori sulla lapide in
silenzio, sistemandosi di fianco a Jeremy. Osservò il nome di Bonnie inciso a
lettere eleganti per un po’, prima di decidersi a distogliere lo sguardo.
Quando aveva appreso della morte dell’amica aveva provato sensazioni forti e
contrastanti che di tanto in tanto ancora lo tormentavano: la morte di Jeremy
era stata difficile da sostenere, ma quella della ragazza si era rivelata
altrettanto dolorosa. Con il sacrificio di Bonnie, Matt aveva ritrovato
qualcuno che nell’ultimo tempo aveva incominciato a considerare quasi un
fratello minore, ma aveva perso una cara amica. Spesso gli capitava di
domandarsi a quante persone avrebbe ancora dovuto dire addio prima di
raggiungere a pieno l’età adulta. Gli ultimi due anni erano stati difficili da gestire
– per lui, così come per i suoi amici. Elena, Jeremy e Tyler avevano perso
entrambi i genitori; Caroline non aveva più un padre, né la possibilità di
crescere. Erano invischiati fino al collo in responsabilità troppo grandi,
senza alcuna figura adulta a guidarli. Un po’ come i bimbi sperduti di Peter Pan: erano gli orfani di Mystic
Falls.
“Dovremmo tornare indietro” commentò a quel punto Matt,
voltandosi verso l’amico.
Jeremy diede una scrollata di spalle: i suoi pensieri erano
ancora rivolti a Bonnie e ai loro giochi d’infanzia. Da bambino aveva
scandagliato il vicinato in lungo e in largo, alla ricerca di Campanellino: non
si era mai accorto di averne sempre avuta una
accanto, pronta a sfruttare la propria magia per proteggere i suoi
amici. Quando le cose avevano preso
una brutta piega per lui, per Peter Pan, Trilly era accorsa in suo aiuto,
sacrificando la propria vita pur di concedergli di tornare indietro.
Il cinguettio di un uccello si frappose al silenzio dei due
ragazzi, riempiendo quel vuoto che aleggiava fra di loro. In quel momento, a
Jeremy venne in mente il passerotto che aveva tenuto tra le mani da bambino, in
un normale pomeriggio estivo: scoccò un’occhiata impensierita a Matt e, per un
attimo, fu sicuro che anche lui stesse pensando alla stessa cosa.
Battere le mani, quella volta, sarebbe stato inutile: Bonnie
non sarebbe tornata. La magia di Trilly si era dissolta in uno sbuffo di
polvere di fata.
***
“Credete alle fate?”
Trilly si alzò sul letto con una certa vivacità per udire le risposte.
Le sembrò di sentirne alcune affermative, ma non ne era del tutto
sicura.
“E tu che cosa ne pensi?” chiese a Peter.
“Se ci credete” rispose lui a gran voce, rivolgendosi poi a tutti i
bambini ,
“Battete le mani, non lasciate morire Trilly.”
Peter Pan. James Matthew Barrie
Era estate, un torrido e luminoso pomeriggio di luglio. Casa
Gilbert echeggiava degli schiamazzi vivaci di un gruppetto di bambini intenti a
rincorrere un pallone. In veranda due uomini vegliavano le corse dei ragazzini,
pigramente accoccolati sul dondolo. Matt diede di gomito all’altro, quando uno
dei bambini più piccoli – non avrebbe potuto avere più di cinque anni - si
separò dai coetanei per correre loro incontro. Un secondo ragazzino,
decisamente più grande, lo seguì a ruota.
“Papà!” esclamò il
minore dei due, raggiungendo la veranda. Jeremy gli sorrise e lo prese in
braccio, mentre il secondo ragazzino si sistemava sulle ginocchia di Matt.
“Jeff ha detto a me e a Oliver che non
crede nelle fate. Vuol dire che ne ha uccisa una?” chiese il bambino più
piccolo.
“Non ho detto proprio così” specificò l’altro ragazzino,
stropicciandosi con una mano i capelli biondi. “È solo che non ne ho mai vista
nessuna. E poi, non sono poi così sicuro di credere alla magia e le fate sono
magiche.”
Sollevò il capo per poter incontrare lo sguardo del padre.
Matt gli sorrise, appoggiando le mani sulle sue spalle.
“Lo sai? Io e tuo zio Jeremy, un tempo, ne conoscevamo una,
di fata” rivelò, rivolgendo un’occhiata complice all’altro uomo, che annuì. “Si
chiamava Bonnie ed era la migliore amica di tua madre.”
I due ragazzini osservarono l’uomo con espressione
incuriosita.
“E dov’è, adesso?” chiese il minore dei due, voltandosi poi
verso di Jeremy. “La voglio conoscere, papà!”
L’espressione del padre si fece d’un tratto meno distesa.
“Non si può, Xander bello” ammise
l’uomo, accarezzandogli i capelli scuri. “Non è più qui con noi.”
“Vuoi dire che è morta?” lo interrogò Xander,
squadrandolo con espressione preoccupata. Prima ancora che il padre avesse il
tempo di rispondergli, incominciò a battere le mani. Jeff osservò indeciso
l’altro bimbo per qualche istante, ed incominciò ad imitarlo. I due adulti
ascoltarono con un pizzico di stupore misto a malinconia il clap irregolare causato dal cozzare
delle mani dei bambini, rimirando la determinazione che riluceva nello sguardo
di entrambi. A malapena si accorsero di aver incominciato a fare altrettanto,
istigati dall’entusiasmo dei rispettivi figli e dal tepore malinconico dei
ricordi d’infanzia.
Fu in quel momento che la videro: Bonnie stava sorridendo
con dolcezza ai due ragazzini con la schiena appoggiata al supporto del
dondolo. Jeff e Xander continuarono imperterriti a
battere le mani, senza sapere di avere di fianco la persona che stavano
cercando di riportare in vita.
Quando l’attenzione di Bonnie si spostò finalmente dai
bambini a Matt e a Jeremy, lo sguardo della giovane si fece quasi malinconico.
Nessuno dei due adulti fu in grado di percepire la mano della ragazza adagiata
sulla propria spalla. Eppure, sorrisero entrambi.
In fondo, fino a quando ci sarebbero stati dei bambini a
credere nelle fate, anche la loro Trilly non se ne sarebbe mai andata.
Molti batterono le mani.
Altri no.
Un piccolo gruppo di cretini fischiò.
Gli applausi cessarono poi bruscamente, come se tutte le mamme fossero accorse nelle stanze dei loro bambini
a vedere che cosa accadeva, ma ormai Trilly era salva.
Peter Pan. James Matthew Barrie
_____________
* Le citazioni sono tratte da “Peter Pan” di James Matthew Barrie.
Nota dell’autrice.
Questa storia partecipa al contest su TVD
indetto da Katy.Mary
e al contest Musica e Immagini
indetto da Fravgolina.
Questa è la mia terza storia in questo fandom su
Peter Pan, lo so bene. E potete odiarmi per questo. Dopo Car(o)line Pan e Imagine You are Peter Pan pensavo
che il Jeremy/Peter non sarebbe più tornato, ma ho avuto l’ispirazione con i
miei bimbi dell’asilo in cui lavoro. Come tema stiamo seguendo la favola di
Peter Pan e quando ho raccontato loro delle fatine, hanno passato il pomeriggio
a battere le mani ogni volta che uno dei ragazzini più grandicelli dichiarava
di non credere alle fate. Loro sono stati la mia ispirazione. E Bonnie mi è
parsa perfetta come fatina: perché
Trilly si è sacrificata per Peter, così come Bonnie si è sacrificata per
Jeremy. E Jeremy è il mio Peter Pan da sempre, quindi ho pensato ci stesse
bene. La presenza di Matt è dovuta al fatto che, per un contest, mi era stato
segnalato di dover scrivere su questi tre personaggi.
Per quanto riguarda il riferimento a ‘gli orfani di Mystic Falls’ mi sono ispirata a
uno dei prompt più belli del TVG!Fest
(che mi manca .-.)
Ultima postilla e poi scappo: Xander
e Jeff sono i figli, rispettivamente, di Jeremy e Matt nelle mie storie legate
alla long “History Repeating – The Next Generation of The Vampire Diaries”. Mi era parso carino usarli anche qui: nella
long, comunque, Bonnie è viva e vegeta (e con prole <3). Ovviamente la
Bonnie che compare alla fine è un fantasma – e noi sappiamo bene che sia Matt,
sia Jeremy li possono vedere!
Il prossimo capitolo forse sarà su Kol.
O su Tyler. O su Klaus. Insomma, non lo so: vedremo!
Un abbraccio!
Laura