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Autore: Kary91    14/07/2013    10 recensioni
Una raccolta di one-shot dedicata all'accostamento delle fiabe più famose ai protagonisti del telefilm.
1# Pinocchio [Matt/Rebekah] (Cuore di legno)
2 #Trilly [Bonnie, Jeremy, Matt] (Fata Caduta)
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeremy Gilbert, Klaus, Matt Donovan, Rebekah Mikaelson, Un po' tutti | Coppie: Anna/Jeremy, Caroline/Tyler
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cappuccetto rosso (e altri racconti).'
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2 # Trilly (Bonnie, Jeremy e Matt).

Premessa. La storia è divisa in tre parti:la prima è ambientata durante l’infanzia dei personaggi, la seconda subito dopo la quarta stagione e l’ultima, infine, è un ipotetico futuro in cui Matt e Jeremy sono adulti.


Partecipa al 500themes_ita con prompt 302. fata caduta.

 

 

Questa storia è stata scritta per i contest Trio - The Vampire Diaries , indetto da Katy.Mary e Musica e Immagini, indetto da Fravgolina.



Fata Caduta

fta cadut

 

Era un torrido e luminoso pomeriggio di luglio. Casa Gilbert echeggiava degli schiamazzi vivaci del piccolo Jeremy. Nel cortile di fronte all’edificio Matt e Bonnie erano intenti a svolgere degli esercizi per le vacanze. Elena era rientrata per prendere della coca cola e uno spuntino per la merenda e i due ragazzini avevano deciso di portarsi avanti con il compito successivo a quello appena ultimato.

“Che cosa bisogna fare?”domandò un incerto Matt, leggendo pensieroso la consegna. Bonnie analizzò il brano che occupava tre quarti buoni della pagina: l’esercizio era una comprensione del testo su una delle fiabe più famosi per ragazzi, la preferita del piccolo Jeremy Gilbert: Peter Pan.

“Dobbiamo leggere e rispondere alle domande” spiegò, prima di schermarsi gli occhi con una mano per via del sole pungente, voltandosi alla sua destra: Jeremy stava correndo a per di fiato per il cortile, arricciando le dita,come a voler mimare degli artigli. I suoi schiamazzi vivaci rendevano un po’ complicato mantenere la concentrazione, ma Bonnie incominciò comunque a leggere.

 

“Devi sapere che il giorno in cui il primo bambino sorrise per la prima volta,

il suo sorriso si spezzò in mille frammenti.

I frammenti rotolarono via tutt’intorno e così ebbero origine le fate.” *

 

“Io lo so, che cosa state leggendo!”

L’esclamazione improvvisa di Jeremy distrasse i due ragazzini che distolsero lo sguardo dai compiti. Il piccolo Gilbert si tuffò in scivolata verso il tavolino a cui erano seduti, sporcandosi i pantaloni e le ginocchia di terriccio.

“State leggendo Peter Pan!” dichiarò, sollevando i pugni per aria ed esibendo la finestrella che aveva fra i denti al posto di un incisivo.

 “Non stiamo leggendo, stiamo facendo i compiti” lo contraddisse Bonnie, allontanando le mani sporche del bambino dal suo libro delle vacanze. “Vai a giocare da un’altra parte.”
Jeremy non si arrese.

“Giochiamo a Peter Pan?” esordì il bambino, arrampicandosi sulla sedia di Matt. “Lei può farsi le trecce ed essere Giglio Tigrato” spiegò, indicando Bonnie. La bambina gli rivolse un’occhiata seccata. “E tu,” aggiunse poi incominciando a picchiare con l’indice sulla spalla di Matt. “Tu ti sei messo gli occhiali, quindi puoi fare John!”

Matt gli scompigliò i capelli con dolcezza e lo aiutò a scendere dalla sedia..

“Non possiamo giocare con te, Jer: dobbiamo fare i compiti” spiegò. Intercettò poi lo sguardo di Bonnie, che annuì.

“Ma non si fanno i compiti sull’Isola Che Non C’è!” ribatté Jeremy allargando le braccia, come a voler rimarcare l’ovvietà della cosa. Matt e Bonnie si sforzarono di ignorarlo; la ragazzina riprese a leggere ad alta voce, mentre l’amico teneva il segno con il dito sul suo libro.

 

“E così…” continuò lui in tono condiscendente,

…Ogni bambino e ogni bambina dovrebbe avere la sua fata.”

“Perché dovrebbe? Non ce l’ha?”

“No. I bambini oggi sanno troppe cose, troppo presto non credono più alle fate

e ogni volta che uno dice: «io non credo alle fate», in qualche luogo una fiaba cade a terra morta.*

 

Ancora una volta, la lettura venne bruscamente interrotta dalla vivacità del piccolo Jeremy, che si era sporto sul tavolo per afferrare il portapenne di Matt.

“Jeremy, no!” lo ammonì con gentilezza il ragazzino, cercando di riappropriarsene.

“Ma mi serve una spada!” obiettò il bambino, tirando con più forza l’estremità del portapenne. “Per uccidere i pirati!”

Bonnie sbuffò.

“Jeremy, lasciaci stare!” lo implorò un’ultima volta, sbattendo il libro delle vacanze sul tavolo. Il bambino roteò gli occhi. Lasciò andare il portapenne e rivolse un’occhiata imbronciata a Matt, ma il ragazzino biondo si limitò a sorridere a mo’ di scusa, sistemandosi gli occhialetti da lettura sul naso. Jeremy sbuffò e corse via brontolando. Tornò indietro meno di cinque minti dopo, tenendo le mani chiuse a coppa di fronte a sé. Bonnie stava già per riprenderlo, quando si accorse dell’uccellino che pigolava flebile tra le mani del ragazzino.

“Ho trovato una fatina caduta a terra!” spiegò Jeremy, raggiungendoli al tavolo. “Forse qualche bambino ha detto che non crede più alle fate e adesso lei sta morendo!”

Matt si alzò e incominciò ad osservare l’uccellino con apprensione.

“Credo sia un passerotto” osservò. “Forse è caduto dal suo nido.”

“Gli fai male se lo tieni stretto così!” commentò in quel momento Bonnie rivolta a Jeremy, che aveva chiuso le mani in maniera fin troppo salda attorno all’uccellino. La creatura rimase immobile, limitandosi a pigolare. “Dove l’hai preso?” 

Jeremy fece spallucce.

 “Era nel prato dietro casa” spiegò, avvicinando il naso quasi a sfiorare la testolina della creatura. “Dobbiamo battere le mani, così potrà guarire. Peter Pan dice che le fatine possono salvarsi solo in questo modo!”

Bonnie e Matt si scambiarono un’occhiata rassegnata. Chinandosi, la ragazzina incominciò ad osservare con aria attenta e un po’ critica il corpicino gracile dell’uccellino. Il suo pigolio si stava affievolendo proprio come avrebbe fatto la luce intermittente di una fatina sul punto di spegnersi. Nell’osservare il piccolo, Bonnie si sentì attraversare da un improvviso fiotto di tristezza: non voleva che quell’uccellino soffrisse così, ma non sapeva proprio come aiutarlo.

“Sta morendo?” domandò un allarmato Jeremy a quel punto, notando l’espressione dispiaciuta della bambina. Fu in quel momento che Matt incominciò a battere le mani. Dapprima, il suo fu un unico colpo incerto e un po’ impacciato sfuggitogli, forse, per accontentare  il piccolo Jeremy. Pian piano, tuttavia, i battiti si fecero più composti e regolari. Bonnie non lo imitò, ma tese le dita a sfiorare con delicatezza il capo dell’animale. In quel momento l’immobilità dell’uccellino venne intervallata da un improvviso movimento d’ali. La bambina ritirò indietro la mano di scatto e Matt smise di battere le sue, mentre lo sguardo dei tre ragazzini si incantò ad ammirare l’agitarsi improvviso dell’animale.

 

Bonnie non disse nulla, ma il suo sguardo si fece incredulo. Non riusciva a capire cosa fosse successo con esattezza. Avvertiva un pulsare insolito all’altezza dei polpastrelli e un lieve alone di stanchezza ad appesantirle il corpo, come se si fosse appena fermata dopo aver fatto una lunga corsa. L’uccellino, al contrario, sembrava aver riacquistato la solita vivacità.

 

“Ha funzionato!” dichiarò un’entusiasta Jeremy, rimirando affascinato i movimenti dell’uccellino. “John ha battuto le mani e la fatina è guarita!” aggiunse, sorridendo a Matt che ricambiò con fare bonario, rivolgendo poi un’occhiata interdetta a Bonnie.

La ragazzina continuò ad osservare incredula il passerotto, che aveva preso a pigolare in maniera più energica. Jeremy aveva ragione: il suo verso ricordava un po’ il tintinnio vivace prodotto dalle fatine sull’Isola Che Non C’è.

 

L’episodio dell’uccellino fu il primo fra le tante situazioni un po’ bizzarre con cui Bonnie Bennett si trovò a fare i conti crescendo. Questi episodi la portarono a credere di avere a sua volta qualcosa di magico, un po’ come la Trilly di Peter Pan. A lungo andare smise di tenere in considerazione queste circostanze insolite, dandone la colpa al caso o a qualche stramba coincidenza. Tuttavia, più il tempo scorreva e più risultava chiaro alla ragazza che la magia fosse a tutti gli effetti una parte di lei. Quando finalmente ne ebbe la certezza, aveva smesso di credere alle fate ormai da un pezzo.

 

***

 

Non c’era tempo da perdere in chiacchiere; occorrevano fatti, perciò Trilly,

 con uno dei suoi fulminei movimenti, si collocò tra le labbra di Peter e la bevanda

 e la trangugiò fino all’ultima goccia.

“Ebbene, Trilly, come osi bere la mia medicina?”

Lei non rispose. Stava già annaspando in aria.

“Che cosa ti succede?” chiese Peter spaventato.

“Era avvelenata, Peter” spiegò la fatina in un soffio. “E ora sto per morire.”

 

Peter Pan. James Matthew Barrie

 

Ogni bambino, quando nasce, viene al mondo assieme a una fatina. Quella di Jeremy se ne era andata salvandolo, proprio come Trilly aveva fatto con Peter.

 

Questo fu uno dei pensieri più insoliti e fuori luogo che accarezzarono la mente del ragazzo, mentre osservava con espressione afflitta la lapide di Bonnie Bennett. Aveva atteso come promesso la fine delle vacanze, prima di comunicare la brutta notizia ai familiari e agli amici. Il funerale si era tenuto in un pomeriggio di fine settembre, spento e malinconico quanto i volti dei bambini che salutavano con il broncio un’Estate ormai agli sgoccioli.

 

Jeremy aggrottò le sopracciglia, sforzandosi di allentare la presa del dolore che gli avviluppava con prepotenza il petto. Si sforzò di allontanare il ricordo dei movimenti lenti e meticolosi con cui Elena aveva sistemato una corona di fiori a terra il giorno del funerale. Riportò alla mente, senza poterlo evitare, l’abbraccio cullato dalle lacrime degli ex coniugi Bennett e l’espressione addolorata di Liz Forbes. Al fianco della madre Caroline aveva pianto in silenzio, scuotendo di tanto in tanto il capo.

 

Un rumore di passi appena accennato distolse Jeremy dai suoi pensieri. Matt lo stava raggiungendo, tenendo in mano un mazzo di fiori. Il giovane Gilbert lo salutò con un cenno del capo, esaminandolo con sguardo assente: l’amico non portava più da un  pezzo gli occhialetti tondi da lettura, ma possedeva ancora quella pacatezza e la nobiltà d’animo che avevano convinto il Jeremy bambino a paragonarlo a John Darling. Osservandolo, gli venne spontaneo ripensare ai mille pomeriggi trascorsi cercando di riscoprire nei suoi amici un po’ di quella magia che traboccava dalle pagine di Peter Pan.

Matt si limitò ad appoggiare i fiori sulla lapide in silenzio, sistemandosi di fianco a Jeremy. Osservò il nome di Bonnie inciso a lettere eleganti per un po’, prima di decidersi a distogliere lo sguardo. Quando aveva appreso della morte dell’amica aveva provato sensazioni forti e contrastanti che di tanto in tanto ancora lo tormentavano: la morte di Jeremy era stata difficile da sostenere, ma quella della ragazza si era rivelata altrettanto dolorosa. Con il sacrificio di Bonnie, Matt aveva ritrovato qualcuno che nell’ultimo tempo aveva incominciato a considerare quasi un fratello minore, ma aveva perso una cara amica. Spesso gli capitava di domandarsi a quante persone avrebbe ancora dovuto dire addio prima di raggiungere a pieno l’età adulta. Gli ultimi due anni erano stati difficili da gestire – per lui, così come per i suoi amici. Elena, Jeremy e Tyler avevano perso entrambi i genitori; Caroline non aveva più un padre, né la possibilità di crescere. Erano invischiati fino al collo in responsabilità troppo grandi, senza alcuna figura adulta a guidarli. Un po’ come i bimbi sperduti di Peter Pan: erano gli orfani di Mystic Falls.

 

“Dovremmo tornare indietro” commentò a quel punto Matt, voltandosi verso l’amico.

 

Jeremy diede una scrollata di spalle: i suoi pensieri erano ancora rivolti a Bonnie e ai loro giochi d’infanzia. Da bambino aveva scandagliato il vicinato in lungo e in largo, alla ricerca di Campanellino: non si era mai accorto di averne sempre avuta una  accanto, pronta a sfruttare la propria magia per proteggere i suoi amici. Quando le cose avevano preso una brutta piega per lui, per Peter Pan, Trilly era accorsa in suo aiuto, sacrificando la propria vita pur di concedergli di tornare indietro.

 

Il cinguettio di un uccello si frappose al silenzio dei due ragazzi, riempiendo quel vuoto che aleggiava fra di loro. In quel momento, a Jeremy venne in mente il passerotto che aveva tenuto tra le mani da bambino, in un normale pomeriggio estivo: scoccò un’occhiata impensierita a Matt e, per un attimo, fu sicuro che anche lui stesse pensando alla stessa cosa.

Battere le mani, quella volta, sarebbe stato inutile: Bonnie non sarebbe tornata. La magia di Trilly si era dissolta in uno sbuffo di polvere di fata.

 

***

 

 “Credete alle fate?”
Trilly si alzò sul letto con una certa vivacità per udire le risposte.

Le sembrò di sentirne alcune affermative, ma non ne era del tutto sicura.

“E tu che cosa ne pensi?” chiese a Peter.

“Se ci credete” rispose lui a gran voce, rivolgendosi poi a tutti i bambini ,

“Battete le mani, non lasciate morire Trilly.”

 

Peter Pan. James Matthew Barrie

 

Era estate, un torrido e luminoso pomeriggio di luglio. Casa Gilbert echeggiava degli schiamazzi vivaci di un gruppetto di bambini intenti a rincorrere un pallone. In veranda due uomini vegliavano le corse dei ragazzini, pigramente accoccolati sul dondolo. Matt diede di gomito all’altro, quando uno dei bambini più piccoli – non avrebbe potuto avere più di cinque anni - si separò dai coetanei per correre loro incontro. Un secondo ragazzino, decisamente più grande, lo seguì a ruota.

 

“Papà!”  esclamò il minore dei due, raggiungendo la veranda. Jeremy gli sorrise e lo prese in braccio, mentre il secondo ragazzino si sistemava sulle ginocchia di Matt. “Jeff ha detto a me e a  Oliver che non crede nelle fate. Vuol dire che ne ha uccisa una?” chiese il bambino più piccolo.

 

“Non ho detto proprio così” specificò l’altro ragazzino, stropicciandosi con una mano i capelli biondi. “È solo che non ne ho mai vista nessuna. E poi, non sono poi così sicuro di credere alla magia e le fate sono magiche.”

 

Sollevò il capo per poter incontrare lo sguardo del padre. Matt gli sorrise, appoggiando le mani sulle sue spalle.

 

“Lo sai? Io e tuo zio Jeremy, un tempo, ne conoscevamo una, di fata” rivelò, rivolgendo un’occhiata complice all’altro uomo, che annuì. “Si chiamava Bonnie ed era la migliore amica di tua madre.”

 

I due ragazzini osservarono l’uomo con espressione incuriosita. 

 

“E dov’è, adesso?” chiese il minore dei due, voltandosi poi verso di Jeremy. “La voglio conoscere, papà!”

 

L’espressione del padre si fece d’un tratto meno distesa.

 

“Non si può, Xander bello” ammise l’uomo, accarezzandogli i capelli scuri. “Non è più qui con noi.”

 

“Vuoi dire che è morta?” lo interrogò Xander, squadrandolo con espressione preoccupata. Prima ancora che il padre avesse il tempo di rispondergli, incominciò a battere le mani. Jeff osservò indeciso l’altro bimbo per qualche istante, ed incominciò ad imitarlo. I due adulti ascoltarono con un pizzico di stupore misto a malinconia il clap irregolare causato dal cozzare delle mani dei bambini, rimirando la determinazione che riluceva nello sguardo di entrambi. A malapena si accorsero di aver incominciato a fare altrettanto, istigati dall’entusiasmo dei rispettivi figli e dal tepore malinconico dei ricordi d’infanzia.

 

Fu in quel momento che la videro: Bonnie stava sorridendo con dolcezza ai due ragazzini con la schiena appoggiata al supporto del dondolo. Jeff e Xander continuarono imperterriti a battere le mani, senza sapere di avere di fianco la persona che stavano cercando di riportare in vita.

Quando l’attenzione di Bonnie si spostò finalmente dai bambini a Matt e a Jeremy, lo sguardo della giovane si fece quasi malinconico. Nessuno dei due adulti fu in grado di percepire la mano della ragazza adagiata sulla propria spalla. Eppure, sorrisero entrambi.

 

In fondo, fino a quando ci sarebbero stati dei bambini a credere nelle fate, anche la loro Trilly non se ne sarebbe mai andata.

 

 

 Molti batterono le mani.

Altri no.

Un piccolo gruppo di cretini fischiò.

Gli applausi cessarono poi bruscamente, come se tutte le mamme  fossero accorse nelle stanze dei loro bambini a vedere che cosa accadeva, ma ormai Trilly era salva.

 

Peter Pan. James Matthew Barrie

 

 

_____________
* Le citazioni sono tratte da “Peter Pan” di James Matthew Barrie.

 

 

Nota dell’autrice.
Questa storia partecipa al contest su TVD indetto da Katy.Mary e al contest Musica e Immagini indetto da Fravgolina.


Questa è la mia terza storia in questo fandom su Peter Pan, lo so bene. E potete odiarmi per questo. Dopo Car(o)line Pan e Imagine You are Peter Pan pensavo che il Jeremy/Peter non sarebbe più tornato, ma ho avuto l’ispirazione con i miei bimbi dell’asilo in cui lavoro. Come tema stiamo seguendo la favola di Peter Pan e quando ho raccontato loro delle fatine, hanno passato il pomeriggio a battere le mani ogni volta che uno dei ragazzini più grandicelli dichiarava di non credere alle fate. Loro sono stati la mia ispirazione. E Bonnie mi è parsa perfetta come fatina:  perché Trilly si è sacrificata per Peter, così come Bonnie si è sacrificata per Jeremy. E Jeremy è il mio Peter Pan da sempre, quindi ho pensato ci stesse bene. La presenza di Matt è dovuta al fatto che, per un contest, mi era stato segnalato di dover scrivere su questi tre personaggi.

Per quanto riguarda il riferimento a ‘gli orfani di Mystic Falls’ mi sono ispirata a uno dei prompt più belli del TVG!Fest (che mi manca .-.)

Ultima postilla e poi scappo: Xander e Jeff sono i figli, rispettivamente, di Jeremy e Matt nelle mie storie legate alla long History Repeating – The Next Generation of The Vampire Diaries”. Mi era parso carino usarli anche qui: nella long, comunque, Bonnie è viva e vegeta (e con prole <3). Ovviamente la Bonnie che compare alla fine è un fantasma – e noi sappiamo bene che sia Matt, sia Jeremy li possono vedere!

Il prossimo capitolo forse sarà su Kol. O su Tyler. O su Klaus. Insomma, non lo so: vedremo!

Un abbraccio!

Laura

   
 
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