Hayley POV
“Devo usare la
toilette... scusami.”
“Non c'è
problema.”
Mi dispiace ingannarlo
ma io devo pensare a me stessa. Ho studiato la pianta della città
di Baltimora e uno del branco mi deve un favore. Sono riuscita
a mandargli un sms mentre Elijah era fermo dal benzinaio. Lui mi ha
indicato il supermercato e il punto dove incontrarci. L'area dove si
affaccia la toilette del personale, possiede un piccolo
parcheggio riservato. Gli ho detto di aspettarmi lì con il
motore acceso e una gran quantità di verbena nel portabagagli.
Cammino normalmente, sorpasso gli inutili tornelli all'entrata e mi
guardo intorno. Ho fame e devo fare pipì, ma devo togliermi il
vampiro dalle costole. Il mio apparente girovagare si conclude appena
individuo la porta aperta dell'uscita laterale dei dipendenti.
Sorpasso una coppietta che sta baciandosi – strano luogo per
manifestare affetto - e mi blocco quasi subito. L'ho visto davvero o
sono solo paranoica? Mi nascondo dietro un separatore e le labbra si
incollano fra loro. La verbena non basterà, penso trattenendo
i capelli contro il collo. Il suono di un cellulare disturba l'udito
fine di Klaus che si distacca dalla donna con un sospiro colpevole. E
la donna è... Katherine?! Da quando... ma Elijah lo sa?
Klaus sospira di nuovo
e batte il pugno sullo scaffale dietro Katherine che è rimasta
inerme a fissarlo. Dice qualcosa a voce troppo bassa per essere
udibile. Non credo sia stato un bacio passionale, lei aveva le
braccia lungo i fianchi e non sembrava... Katherine scatta avanti, lo
afferra per le guance e appiccica le labbra alle sue. Devo andarmene
prima che si accorgano che li sto fissando. Però sono
inchiodata al pavimento e una domanda che non mi sono mai posta
prima, ronza nella testa. Sta dimostrando di avere qualche
sentimento. Potrebbe interessarsi al bambino? Io non intendo farlo,
perciò...
Klaus si volta verso di
me, si irrigidisce, e solo allora Katherine smette di aggredirgli il
collo. Fissa prima lui e poi me. Impallidisce e resta a bocca aperta.
Poi, la rabbia le esplode dentro. Klaus la trattiene prima che possa
saltarmi addosso, corro verso l'uscita laterale dei dipendenti, corro
fino al parcheggio e trovo Mike appoggiato al cofano dell'auto
spenta, a fumare e a pensare alla vita. “Via via via!”
urlo aggirando una macchina e saltando fra due musi troppo accostati.
Lui schizza dentro e appena mette in moto, sento uno schianto sul
cofano. Merda! “Parti!” gli urlo, incurante di
Elijah che si accuccia sulle ginocchia con uno sguardo di
riprovazione sul volto. Non ci va leggero. Prima sfonda il parabrezza
afferrando la maglietta di Mike, poi lo scaraventa fuori dall'auto
che ha ancora il freno a mano inserito. Non ho via di fuga. Non posso
guidare con la vettura ridotta in questo modo. La polizia mi
fermerebbe dopo due metri. Slaccio la cintura e scendo dalla
macchina. Il povero Mike sta bene ma è un po' ammaccato. Tutto
questo trambusto mi ha fatto passare di mente... “Katherine!”
esclamo. La mia bocca si muove da sola e il cervello non riesce a
capire dove voglia arrivare l'istinto di sopravvivenza. Elijah mi
fissa con un certo grado di diffidenza. “Katherine è nel
supermercato!” ripeto camminando all'indietro. “Klaus è
con lei e loro stavano...”
“... facendo la
spesa. Che ci fate a Baltimora?”
Sposto lo sguardo da
Elijah a Klaus, alla donna che cammina poco distante. Non credo di
aver mai ricevuto così tanto odio da una persona. Si sta
consolando col fratello, che ha da lamentarsi? Sbircio Elijah
per capire le sue intenzioni verso di me e verso Katherine. Sono
passata in secondo piano ora che lei è qui. Istintivamente, le
mie gambe si muovono verso una direzione ben precisa ma stavolta è
Klaus a fermare la mia fuga. Gli rimbalzo addosso – è
come urtare un muro – lui mi afferra e mi gira un braccio
attorno alla vita.
“Zitta e cammina
se vuoi vivere” sussurra a bassa voce nel mio orecchio. Sto
zitta e cammino. Klaus ha un motivo per uccidermi, a differenza di
Elijah.
Klaus
POV
“Dove siete
alloggiati?”
“Da nessuna
parte.”
“Perché
siete qui?”
“Dobbiamo
incontrare una persona”.
“Chi?”
“Un dottore.”
Mi fermo al semaforo
rosso. La frenata è un po' brusca ed Hayley si aggrappa al
sedile. “Scusa.”
Lei non risponde e
guarda fuori del finestrino.
“Che tipo di
dottore?”
“Un
psicoanalista.”
Gli strizza vanno un
casino, quest'anno. “Per te o per Elijah?”
Hayley mi guarda di
traverso. Mi odia, è palese. “Non ponderi una terza
possibilità?”
“Rispondimi.”
Vorrebbe mandarmi al
diavolo, lo vedo da come stringe i denti. “Un uomo ha
rintracciato il telefono di Elijah... non sappiamo niente. Lo
scopriremo quando lo incontreremo.”
Annuisco e anche se il
suo cuore batte forte – e doppio – so che non sta
mentendo. Riparto e getto un'occhiata alla sporgenza celata sotto la
maglia. Hayley lo nota e accosta le falde della giacca. “Sta
bene. Si muove, addirittura.”
“Non dovrebbe
farlo?”
“No. Non così
presto. Vivi qui, ora?”
“Sono in visita
da un'amica.”
“Katherine?”
“Quante domande!”
sospiro rallentando in prossimità dell'incrocio con
l'abitazione. “Sì, Katherine.”
“Ma non ti
odiava?”
“Mi odia ancora.”
“Strano modo di
dimostrarlo.”
Non dovevo baciarla, è
stato avventato e senza senso. Immagino che dovrò parecchie
spiegazioni a Elijah domani.
“Dove stiamo
andando?”
“C'è un
albergo poco lontano da qui.” La sento ingoiare e lo sguardo
che mi lancia, è fra il disgustato e l'incredulo. “Non
metterti strane cose in testa, mi è bastato una volta.”
“Una volta di
troppo che avrei potuto evitare” sottolinea con voce tagliente.
“Non sei quel che si dice un amante premuroso e
attento.”
“Me l'hai
sbattuta in faccia, tesoro.” Non batte ciglio, ma sento il suo
cuore impazzire di rabbia e indignazione. “Te l'ho chiesto:
'vuoi andartene o vuoi restare?' Tu hai scelto di restare...”
Ho caldo, slaccio la giacca e i suoi occhi cadono sulla maglia
insanguinata.
“Di chi è
quel sangue?!”
“Mio.”
“E come...”
“Fai sempre tante
domande?” Ho cercato di usare un tono leggero ma si sente
trapelare il fastidio. “Non hai valige con te?”
“Una borsa. Nella
macchina di Elijah.”
E' insofferente e non
vede l'ora di restare sola. Siamo in due. Le apro la porta
dell'albergo e Hayley mi guarda con lo sguardo che dice 'non
disturbarti'. Mi avvicino all'albergatore che sta leggendo il
giornale. Non saluta, non sorride. Quasi ci ignora. “Una
doppia, grazie.”
“Non divido la
camera con te.”
Alzo due dita in faccia
al receptionist. “Due singole.”
L'uomo ci guarda a
turno, svogliato. “Finite le singole.”
“Allora due
doppie.”
“Abbiamo solo la
doppia super deluxe.”
Mi sta prendendo per il
culo. E' completamente deserto! “Senta, buon uomo...”
“Va bene la
doppia.”
Hayley gira il registro
e firma nella casella indicata, sbattendo la carta d'identità
sul bancone. Afferra la chiave e marcia in direzione dell'ascensore.
“Non bisogna questionare per ogni cosa.”
“Una doppia super
deluxe, tzè!” soffio appoggiando il braccio allo
specchio e spingendo un pulsante a caso. “Minimo ti devono
fornire due schiavi per tutto il soggiorno...”
Hayley si ferma sulla
porta della camera e mi guarda, nervosa. “Non credere che ti
inviterò ad entrare.”
“Non illuderti,
non hai alcun potere su di me. Tanto meno interesse.”
Hayley alza le
sopracciglia e infila la chiave nella porta. “State insieme?”
Rido per la sua battuta
e scuoto la testa, abbassando volutamente la voce. “Niente di
quello che hai visto era reale...”
“... ma scommetto
che Elijah non deve saperlo.”
Piccola putt... mi
viene una voglia di... “No, non deve saperlo. Puoi essere così
gentile da non riferire nulla di ciò che credi di aver
visto?”
“Ti ha infilato
la lingua in gola.”
Eh sì, l'ha
fatto. Scrollo una mano nel vuoto, facendo spallucce. “Un'illusione
ottica.”
“Oh,
un'illusione...”
Intrigante. Questo
giochetto ci ha portato lontano dal punto di partenza, una volta. Non
credo di volerlo ripetere, ma il bacio con Katherine mi ha eccitato e
non riesco a farmela passare.
“Mi cucio la
bocca se mi lasci andare.”
“E dove vorresti
andare, sentiamo.”
“Lontano da voi e
dalle streghe.”
“Le streghe ti
trovano sempre” sussurro lasciando scivolare il dorso
dell'indice sull'arco della mandibola. “Un punto in comune.”
Sta combattendo. Lo vedo da come socchiude le labbra e da come mi
ricaccia indietro con tutte le sue forze. E' lusinghiero, ma non è
lusinghiero ciò che sto pensando di lei, ora.
Hayley impallidisce e
si appoggia a me, inspirando forte. Geme e si contrae tutta. Dolore.
Sento il dolore nella parte più interna del suo corpo. Non
proviene da lei, ma dal feto. “Sta soffrendo” mormoro e
lei mi guarda, pallida e quasi piangente. “Andiamo
all'ospedale.”
“No... capita
spesso... ora mi passa... devo solo... sdraiarmi...”
“Se non mi inviti
ad entrare, a quel letto non ci arriverai mai.”
Hayley esita poi
mormora un 'entra' che non ha il sapore della vittoria. Deve stare
davvero male per cedere così velocemente. La prendo in braccio
e lei si accartoccia contro di me. Quando la poso sul letto, resta
distesa su un fianco, tenendosi il ventre. “Deve aver capito...
di non essere benvoluto...”
La sensazione che mi
assale è orribile. Per un lungo momento non dico niente. Mi
limito a guardarla, seduto sulla sponda laterale del letto. “Potevi
abortire.”
“Sono contraria
all'aborto...”
Hayley ansima, mordendo
forte il labbro inferiore. Sento la pelle lacerarsi. “Perchè...
non mi hai... ucciso...”
Che razza di domanda!
Non l'ho uccisa...
Hayley mi guarda di
sottecchi, massaggiando la pancia.
Non l'ho uccisa
perché...
Poso la mano sulla sua.
Calore. Vita. Bisogno. La ritiro dopo poco e sento i muscoli del viso
contrarsi. Mi allontano dal letto, confuso. Sto sudando. Butto il
giubbotto a terra e a seguire, la maglietta sporca. Devo fare una
doccia per togliermi la sensazione di dosso. Sbatto la porta in
faccia alla disperazione di Hayley, ma in realtà, sto solo
cercando di tenere fuori la mia.
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