SCUSATE SCUSATE SCUSATE
QUELLO CHE NON PUO' PIU' NEMMENO DEFINIRSI RITARDO. A MIA DISCOLPA
DICO SOLO CHE IO PER SCRIVERE HO BISOGNO DI ISPIRAZIONE E CON QUELLO
CHE HO DOVUTO FARE IN QUESTO PERIODO L'ISPIRAZIONE SAREBBE SFUGGITA A
CHIUNQUE.
HAVE FUN
La
finestra era aperta, l'aveva lasciata così perché
l'aria che iniziava a profumare di primavera nonostante fosse in una
delle più caotiche metropoli del mondo le ricordasse che la
natura tende ad essere più forte di ogni folle impresa umana.
Sedeva
alla piccola scrivania che da poco tempo aveva trovato la sua nuova
dimora in quell'affollato salotto del Village. Il suo portatile era
acceso e lo schermo proiettava su di lei la luce bianca di un foglio
elettronico pieno di parole. Il the fumava lentamente nella tazza, in
infusione e Viola accostò un ginocchio al mento
rannicchiandosi sulla sedia mentre aspirava il primo tiro da una
sigaretta. Improvviso l'odore del the al gelsomino portato dalla
leggera brezza serale colpì i suoi sensi e i suoi ricordi,
sorrise mordendosi il labbro pensando a come il tempo nonostante
tutto fosse passato, e a come, contrariamente alle sue aspettative,
lo avesse fatto in fretta travolto dagli assoluti ribaltamenti subiti
dalla sua vita. Era come se l'aver incontrato Jared l'autunno
precedente avesse dato il via ad una cascata di eventi che in pochi
mesi l'avevano trascinata dove si trovava adesso. Sempre nel suo
salotto, è vero, sempre la stessa persona...ma con un libro in
classifica da settimane, e tutto quello che ne era derivato.
La
pagina finita che aveva davanti, per esempio, era un articolo per
un'importante rivista, che la pagava bene pur di avere il suo punto
di vista sugli eventi del mondo. Scriveva, e viveva di quello ormai,
e benché si ostinasse a continuare a condividere l'affitto con
Maggie e a rimanere attaccata con le unghie e con i denti al suo
quartiere e alla sua vita quella nuova situazione l'aveva portata a
viaggiare parecchio, in giro per l'america a promuovere il suo libro,
a fare letture in affollati caffè letterari di San Francisco e
pure ad affrontare interviste per giornali e tv. Era apparsa in
tv...lei che neanche la guardava. E la prossima settimana...l'Europa.
Il ritorno alle radici, in qualche modo.
Una
voce conosciuta alla radio la strappò improvvisa ai suoi
pensieri, una voce appena distorta di un'intervista telefonica,
esattamente come lei l'aveva sentita al suo orecchio in tutto quel
periodo.
Jared.
Jared
che aveva ripreso la sua strada dopo poco più di due settimane
dal loro incontro. Jared che allora era apparso quasi ogni sera con i
suoi occhi azzurri ed il suo sorriso perfetto. Jared e le sue mani,
Jared e la sua pelle. Jared che poi se n'era andato. E a lei non era
rimasto altro che quei ricordi e un telefono che squillava
inaspettato alle ore più strane portandole la sua voce, voce
che sembrava sempre un po' assonnata all'apparecchio, voce che piano
piano aveva imparato a conoscere in ogni sua sfumatura, per poter
capire il suo umore ed i suoi pensieri ora che non poteva guardarlo
negli occhi. Occhi che poteva fissare solo in fotografia, occhi che
riuscivano a bucare l'obbiettivo, certo, ma non era proprio la stessa
cosa.
E
lei aveva cominciato a temere che prima o poi il tempo avrebbe
confuso e sbiadito il ricordo di quella sensazione.
L'ultima
volta che aveva guardato quegli occhi...la sera prima che lui
partisse, la sera dello stesso giorno in cui aveva finito di
riguardare il suo libro che adesso davvero si poteva dire finito.
Eccola lì...la fine, ed in qualche modo l'inizio.
Quella
volta erano usciti a tarda notte, per passeggiare un po' ed annusare
l'odore delle foglie bagnate.
Lui
si era stretto nel cappotto e le aveva preso la mano, lei se l'era
lasciata stringere. Si era accorta di quanto le sue mani le
piacessero poco a poco. Forse era sola parte esteticamente imperfetta
di lui, quel solo minimo difetto che concretizza la bellezza e la
innalza a sublime.
aveva
detto dopo un silenzio perfetto durato a lungo in cui avevano
comunicato solo attraverso il rumore dei loro passi e del loro
respiro che si addensava in nuvolette bianche.
Lei
non aveva risposto. Limitandosi a sorridere tristemente con lo
sguardo rivolto a terra.
Che
c'era da dire dopotutto? Sapevano fin dall'inizio che sarebbe
successo, e forse era proprio per quel motivo che il loro rapporto si
era sviluppato in maniera così perfetta.
Erano
entrambi serenamente coscienti che la loro era una bolla in cui si
erano rifugiati dal mondo e che era inevitabilmente destinata a
scoppiare.
Cosa
potevano fare? Forse folli promesse di amore e attesa che sapevano
entrambi destinate ad essere infrante? Scadere nell'ipocrisia più
spicciola? Non erano adolescenti che si erano conosciuti in vacanza,
dopotutto. Lanciarsi in una situazione come quella, o anche solo
pensare di farlo, avrebbe distrutto ogni traccia di quella
spontaneità da loro così cercata e protetta fino a quel
momento.
E
a ben pensarci, c'era una sola possibile cosa da fare.
Viola
aveva alzato gli occhi su di lui.
Jared.
Sai dove trovarmi se capiti a New York, e hai anche il mio numero se
avrai voglia di sentirmi, di raccontarmi qualcosa. E magari capiterà
di incontrarci ancora per caso...oddio, per caso...non sarà
difficile per me sapere dove sei per la maggior parte del tempo.
Lui
sorrise.
questo
è ingiusto, vorrei anch'io poterti spiare.
Dov'è
finito il tuo famoso egocentrismo? Perché mai ti
interesserebbe spiarmi?
Per
vedere se pensi A ME, è ovvio!
Risero,
e stavano ancora ridendo quando lui la strinse in un abbraccio, i
loro volti vicinissimi, gli occhi blu di lui che non le erano mai
sembrati più grandi, o belli o penetranti, penetranti in un
modo così assoluto da essere quasi crudele, per un attimo, un
folle attimo, questo la spaventò perché capì
che, se anche avesse voluto, non sarebbe mai riuscita a nascondere
niente a quegli occhi così coscienti della loro intelligenza e
del loro potere.
Un
lampo improvviso di comprensione in quello sguardo come a conferma
del suo pensiero, Jared dischiuse la bocca per dire qualcosa, ma si
trattenne, mordendosi il labbro, per poi sorridere come un bambino
scoperto durante una marachella, lei sorrise dolcemente a sua volta,
scuotendo impercettibilmente la testa in segno di diniego, prima di
baciarlo.
La
mattina successiva Viola aveva scacciato la malinconia di quella
partenza con un sospiro, prima di guardare il libro pronto da spedire
al professore della New York University, prima di afferrarlo e con
decisione chiuderlo in una grande busta marrone.
Nello
stesso momento, su un aereo diretto a Montreal due occhi blu erano
incollati alle pagine di una personale ed esclusiva copia dello
stesso libro.
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