Capitolo Quarto
I preparativi
I due giorni che precedevano il finesettimana in cui si sarebbe svolta
la festa del grano passarono in fretta, i ritmi ripresero tranquilli
come se quella sera non fosse successo nulla e soprattutto Zanira
tornò con i piedi per terra ricominciando le faccende solite
di casa aiutando il padre e la sorella, ma ogni qualvolta si ritrovava
da sola con se stessa, tutti i pensieri erano rivolti a lui, il
misterioso Elmonet dalle orecchie a punta e quel senso dell'umorismo
che si abbinava con tutto il resto come gli accordi di uno strumento
musicale messi insieme a creare una melodia decisa e bellissima come se
quelle note fossero state create per stare insieme in quegli accordi e
per quel singolo pezzo; il pensiero e le fantasticherie furono utili a
Zanira per allontanare i ricordi dagli strani sogni che sembrarono
darle tregua per quel lasso di tempo, quasi come se avessero
abbandonato il suo corpo nel momento in cui la sua mente venne occupata
da tutto il resto e Zanira stava bene. Forse era arrivato davvero il
momento che Alena aveva sempre sognato per la sorella, finalmente la
piccola mezz'elfo dai capelli verdi e gli occhi color cioccolato stava
cambiando trasformandosi nella donna che prima o poi sarebbe diventata
senza accorgersene mentre Alena capì tutto fin dall'inizio e
se i suoi erano semplici sospetti, essi si concretizzavano in idee pure
e certezze ogni volta che incrociava lo sguardo della sorella o che la
osservava nei momenti in cui si metteva a sognare ad occhi aperti con
un sorriso sciocco sulle labbra, ma decise di tenere le sue certezze
per se fino a quando non sarebbe arrivato il momento giusto. La mattina
di quel sabato, il giorno della festa paesana, Alena come al solito si
alzò presto per cominciare le faccende di casa tra cui
preparare la colazione, Zanira solitamente il sabato e la domenica si
alzava più tardi del solito e nonostante il padre e la
sorella l'avessero richiamata più e più volte
c'era poco fa fare, come se il finesettimana il suo cervello staccasse
la spina e decidesse autonomamente di prendersi più tempo
del solito per riposare, finché quindi tutti persero le
speranze di poterle togliere quel vizio; tuttavia quella mattina quando
Alena aprì gli occhi e guardò accanto a se
trovrò il letto vuoto. Rimase interdetta per pochi istanti
fino a quando si convinse che magari avesse fatto tardi lei, ma
perchè nessuno era venuto a svegliarla? Girò lo
sguardo verso la finestra e dalla tendina di lino bianca tesa proveniva
la lieve luce dell'alba, Alena si strofinò gli occhi
convinta che stesse sognando ma rendendosi conto che non era
così e che veramente accanto a lei non vi fosse nessuno fece
uno sbadiglio e scese dal letto barcollando lievemente
poichè era ancora presa dal sonno.
Raggiunse la cucina ancora in camicia da notte per controllare se vi
fosse movimento e si stupì del fatto che invece nella stanza
regnasse una calma assoluta come se si trattasse di una mattina
qualsiasi, "Ma dove si sarà cacciata?" si chiedeva sempre
più sconvolta, riprese la via della camera da letto per
cambiarsi e sciacquarsi il viso promettendosi che ci avrebbe pensato
dopo. Il sole stava cominciando a salire nel cielo dipingendo
l'orizzonte di calde sfumature rosse tendenti all'arancio mentre il blu
della notte pian piano lasciava il posto al celeste limpido del cielo
mattutino; veniva un fresco venticello che scostava dolcemente l'erba
dei campi circostanti come se una grande ed invisibile mano vi passasse
sopra accarezzandoli delicatamente. Alena rimaneva ammaliata e
sconvolta ogni volta che si soffermava ad ammirare quel paesaggio e
rimase più sconvolta quando finalmente trovò
Zanira: stava seduta di spalle rispetto a lei con le ginocchia portate
contro il petto e la testa poggiata su di esse, i capelli smeraldini
sciolti si alzavano e ondeggiavano ad ogni soffio di vento; era persa
nei suoi pensieri guardando intensamente davanti a se, talmente
concentrata nell'osservare nulla di definito, da non accorgersi della
sorella che le venne incontro senza fare troppo rumore e si sedette
accanto a lei poggiando la testa sulla mano aperta e le dita in mezzo
ai capelli e la guardò con un sopracciglio alzato e un
sorriso di chi sapeva a priori cosa stesse succedendo ma aveva voglia
di udire conferme. Zanira sussultò quando si accorse della
figura seduta accanto a lei e si portò di riflesso la mano
sul petto mentre Alena scoppiò in una fragorosa
risata, "Alena sei impazzita? vuoi farmi prendere un infarto?!" chiese
con il fiato grosso e gli occhi spalancati, la sorella smise di ridere
e senza staccare gli occhi da quelli dell'altra rispose, "tu ti decidi
a dirmi cosa ti è successo? Non rispondere "nulla", capisco
che non è vero solo dal fatto che tu di sabato ti sia
svegliata all'alba quando normalmente i tuoi occhi si aprono ad ora di
pranzo sentendo l'odore del cibo dalla cucina, così come i
petali di un fiore si aprono avvertendo i raggi del sole di prima
mattina!" Zanira rimase interdetta a guardare la sorella che non le
toglieva lo sguardo da dosso né accennava a voler cambiare
espressione, non riuscendo a sostenerla voltò il capo verso
la campagna, rimase di nuovo incantata su qualcosa di indefinito e
senza che se ne accorgesse sorrise spensierata dimenticandosi
nuovamente della persona accanto a se, "visto? Lo stai facendo di
nuovo!"
"Cosa?" chiese zanira come se fosse cascata dalle nuvole, "T'incanti a
guardare chissà cosa e fai quel sorriso sciocco!" questa
volta fu Zanira a scoppiare a ridere, si alzò da terra ma
chinò la schiena a schioccare un bacio nella guancia della
sorella, quindi canticchiando una canzoncina inventata si
avviò verso casa lasciando Alena lì da sola che
guardava la sorella non sapendo se alzarsi e seguirla per farsi
raccontare ciò che voleva sapere o lasciarla andare e
sorridere della chiara novità che si stava presentando.
La mattinata fu abbastanza intensa per tutti i componenti della piccola
famiglia; Nemor passò gran parte del tempo nei campi a
raccogliere, innaffiare e seminare sotto il sole caldo; Zanira raccolse
le uova nel recinto delle galline e passò del tempo nella
stalla a mungere le mucche di latte fresco ma tra una pausa e l'altra
ritagliava un po' di tempo al suo Amoret che nutrì come suo
solito e portò fuori a sgranchire le zampe ma non ebbe il
tempo di cavalcare poiché il lavoro intenso di quella
mattina era totalmente riservato alla serata: durante la festa del
raccolto infatti, era tradizione che tutti gli abitanti dei villaggi
vicini protassero qualcosa dalla loro casa come grano, farina, olio e
pietanze di ogni genere accompagnati ovviamente da scorte di vino e
birra per poter festeggiare tutti insieme ma soprattutto per rendere
grazie del raccolto e augurarsi il buon esito per l'annata successiva.
Dei tre componenti della famiglia forse Alena era quella che gioiva di
più per l'arrivo della festa perché poteva dare
svago alla sua arte culinaria e alla fantasia smisurata non tanto per
ricevere i complimenti dalla gente ma per sentirsi bene con se stessa,
era felice infatti solo se stava a contatto con le sue erbe e i suoi
strumenti da cucina. Nemor e Zanira si affidavano esclusivamente a lei
e non provavano nemmeno a chiederle se avesse bisogno di aiuto
perché ricevevano sempre un no categorico; la cucina era il
mondo di Alena soltanto, gli altri potevano rendersi utili portandole
tutto ciò che le occorreva, dalle verdure alla carne e
quant'altro tranne gli odori a cui pensava esclusivamente lei
perdendosi anche per ore nel bosco per cercare erbe particolari e
saporite, funghi, tartufi e senza stancarsi mai minimamente di stare a
contatto con la natura.
Il raccolto venne portato nella grande cucina insieme al latte e alle
uova, tutto era pronto per essere preparato ma mancava l'elemento
essenziale, ovvero la cuoca; Alena sembrava scomparsa nel nulla e sia
Nemor che Zanira rimasero sconcertati nel non vederla tornare dal bosco
"le sarà mica successo qualcosa?" chiese l'uomo preoccupato,
"non credo, vado a cercarla!" rispose Zanira e senza esitare
uscì da casa. Percorse inizialmente il perimetro
dell'abitazione e quando fu certa che Alena non si trovasse nei
dintorni dell'abitazione s'inoltrò nella piccola foresta che
cominciava dal retro della casa. Gli alberi erano altissimi e
così rigogliosi che la terra in cui si trovavano era
scarsamente illuminata dai raggi del sole che tentavano di penetrare
quegli ostacoli naturali dall'effetto sorprendente di grande
importanza, che trasmettevano solennità, fascino e paura al
tempo stesso. Tutt'intorno non si sentiva nessun rumore se non quello
delle foglie degli alberi accarezzate dal vento e il rumore di qualche
animale che si aggirava di qua e di la in direzione della tana, quel
particolare silenzio non faceva che incrementare la preoccupazione di
Zanira che non aveva alcuna idea di dove Alena si potesse trovare.
Inizialmente si avventurò cauta con passi lenti,
apparentemente calmi e tentando di non fare alcun rumore quasi in segno
di rispetto nei confronti dello scenario che le si presentava di fronte
ma man a mano che si addentrava nel cuore della foresta e non aveva
notizie sulla sorella, quel poco di calma che stava appesa ad un filo
svanì e Zanira cominciava a piombare nella preoccupazione
tanto che non si preoccupò più di non far rumore
e i passi lenti e leggeri divennero veloci e pesanti, il respiro
affannoso e d'un tratto come se non fosse riuscita a controllarsi,
cominciò ad urlare, "Alena, Alena dove sei? Rispondi.
Alena!" non ricevette risposta e la mente della giovane mezz'elfo fu
invasa da innumerevoli pensieri che si accavallavano senza un ordine
preciso facendola entrare di più nel panico ed aumentandole
il passo, cadde per terra in mezzo al muschio inciampando in una radice
sporgente di un albero secolare a cui non aveva fatto caso,
urlò nuovamente il nome della sorella e come se si stesse
abbandonando a se stessa rimase seduta per terra, portò le
ginocchia verso il petto abbracciandole e scoppiò a piangere
disperata, "dove sei finita Alena?" si chiese rassegnata e con i
peggiori pensieri nella mente; ad un certo punto si soffermò
colpita da uno strano rumore proveniente dal fondo della foresta, come
il sussurro di qualcosa di incomprensibile, senza esitazione Zanira
riprese il passo con il cuore in gola sperando che se si trattasse di
Alena non fosse ferita, in fin di vita o nelle mani di qualche essere.
Una luce fioca colpì la sua vista, alcuni raggi azzurrini e
argentati si facevano spazio tra le fronde poco più avanti
rispetto alla mezz'elfo che sentiva salire il sangue alla testa; stava
accadendo qualcosa lì in fondo, Zanira trattenne il respiro,
fece attenzione a non far alcun rumore, si chinò per terra e
con le mani vagava per il terreno alla ricerca di qualche oggetto che
potesse usare come arma per difendersi o attaccare qualsiasi creatura
mostruosa si celasse dietro quei cespugli. trovò un ramo
d'albero abbastanza robusto, sentiva colare il sudore freddo dalla
fronte e il cuore batteva all'impazzata senza tradire nemmeno un
momento di quiete come se volesse sfuggire dalla gabbia toracica della
fanciulla e volesse andare via da lì. La voce era
più nitida ma non si capiva cosa la creatura stesse dicendo,
sembrava una lingua antica forse, oppure semlicemente sconosciuta e i
bagliori di luce erano più forti ad ogni passo strisciato
che Zanira percorreva con l'arma in pugno accanto a se. Si
trovò davanti al cespuglio che nascondeva la creatura,
rimise i piedi saldamente sul terreno ma rimase china poiché
se si fosse alzata completamente le fronde non l'avrebbero coperta del
tutto e qualsiasi creatura si nascondeva lì dietro avrebbe
potuto reagire in maniera sconosciuta e spregiudicata, era pronta con
l'arma in pugno, stava per allungare la mano verso il verde quando
sentì la voce della creatura sconosciuta parlare la stessa
lingua di Zanira e ciò le permise anche di riconoscerla:
"Bene, sei a posto puoi andare adesso, anirétima!" attimo di
silenzio, un rumore lieve di qualcosa che si alzava dal letto di foglie
cadute e dal cespuglio spuntò la figura di un cucciolo di
cerbiatto che sfrecciò a tutta velocità e si
dissolse nel nulla coperto dalla vegetazione, non curante dello sguardo
stupito di Zanira che rimase incredula davanti alla scena, soprattutto
quando si accorse che la creatura che tanto l'aveva spaventata e che
aveva intenzione di colpire, era Alena che spuntò dalle
stesse fronde ma per lo spavento cadde indietro abbandonando
inconsciamente un cesto pieno di funghi ed erbe nel terreno, "Zanira
-esclamò con gli occhi sgranati e la pelle bianca come il
marmo- ma sei impazzita? Cosa ci fai con quell'arnese in mano? Gettalo
immediatamente!" si guardarono stravolte entrambe, con il fiato grosso
e gli occhi spalancati. come se si fosse d'un tratto ripresa, Zanira
mollò finalmente il ramo e riprese a respirare con
regolarità, "Spiegami tu cos'hai fatto tutto questo tempo?
E' da molto che manchi da casa, ancora c'è tutto da
preparare e non vedendoti arrivare ci siamo preoccupati e mi sono
addentrata qui per venirti a cercare, poi ho sentito quella strana
voce, ho visto una luce fioca e presa dal panico mi sono gettata a
terra e ho cercato qualsiasi oggetto potessi scagliare contro la -fece
un attimo di silenzio e con la mano aperta indicò la
sorella- mostruosa creatura che si stava nascondendo e stava combinando
chissà quale diavoleria, mi ero armata con la speranza che
non fossi finita nelle mani di chissà cosa e che cosa
succede?! vedo sbucare un cerbiatto da un cespuglio e mi accorgo che la
voce del mostro è niente di meno che quella di mia sorella!"
Alena, anche lei ormai calma guardò la sorella in silenzio e
scoppiò a ridere, "come sei dolce sorellina quando ti
preoccupi per me" ironicamente cominciò a sbattere le ciglia
velocemente facendo innervosire Zanira che sfuggì lo sguardo
stizzita e ricominciò a parlare: " ah smettila, dimmi
piuttosto, che cosa stavi facendo? Che dicevi?" a quella domanda il
sorriso di Alena scomparve dal suo viso e abbassò lo
sguardo, "non so di che parli, io stavo cercando funghi ed erbe , poi
mi sono trovata di fronte a quel cucciolo ferito quasi a morte al
fianco e l'ho curato tutto qui!" "Che l'hai curato non ci sono dubbi,
il punto è come ci sei riuscita. Alena dimmi la
verità: sei mica una strega e non me l'hai mai detto?"
adesso Alena volse lo sguardo alla sorella sconvolta "Ma che stai
dicendo? -esclamò- io non sono niente, soltanto una
mezz'elfo come te, non so niente di magia o arti curative, tu piuttosto
sei stata strana, non mi sono accorta minimamente della tua presenza ed
eri a pochi centimetri di distanza da me, armata e pronta a colpire!"
"E questo cosa vorrebbe dire? Ho reagito per difendermi da qualsiasi
cosa vi fosse!" vi fu un momento di silenzio tra le due che
inizialmente si guardarono negli occhi, dopo abbassarono entrambe lo
sguardo, "Beh lasciao perdere, meglio tornare a casa prima che
papà cominci a preoccuparsi seriamente!" disse Alena
alzadosi in piedi e recuperando il cesto; tese la mano alla sorella per
aiutarla ad alzarsi e dopo essersi date un veloce abbraccio ripresero
insieme la via di casa.
Nemor nel frattempo aveva atteso in casa le due figlie che non
arrivavano ed ogni minuto che passava aumentava la sua preoccupazione,
il battito del cuore sembrava non voler rallentare e la fronte era
imperlata di sudore freddo che tamponava con un vecchio straccio di
tanto in tanto, quando sentiva che gli provocava un fastidioso
solletico sulle tempie, allora si asciugava la fronte con la mano
tremante mentre l'altra stava serrata sull'ascia da giardinaggio che
Zanira gli aveva procurato da Leonar poco tempo prima; era combattuto
tra il voler andare a cercare le figlie o confidare nella speranza e
rimanere ad aspettare in casa. La paura di cui era vittima in quel
momento aveva un fondamento ed esso lo trovava nel passato,in quegli
anni prima, quando la moglie Carèn scomparve nel nulla
proprio nella stessa maniera e l'idea che potesse accadere la stessa
cosa in quel momento con Zanira e Alena balenò come una
secchiata d'acqua gelida: Nemor si alzò quindi di scatto e
senza più pensare a niente aprì la porta
d'ingresso della casa con ancora l'arma in pugno, pronto ad andare
personalmente alla ricerca delle due figlie e fu sorpreso e
meravigliato nel trovarsele davanti appena fuori dalla porta, Zanira
con il vestito completamente lercio di foglie secche e fango mentre
Alena era candida come sempre tranne per la capigliatura appena
rovinata e portava in braccio il cesto pieno. Ebbero tutti e tre un
sussulto quando si ritrovarono gli uni difronte agli altri e Nemor
pochi istanti dopo gettò per terra l'ascia e
abbracciò entrambe le ragazze quasi in lacrime mentre le due
per poco non venivano stritolate dalla forte presa dell'uomo, "Non vi
azzardate più, avete capito?" chiese lui mentre non si era
ancora sciolto dall'abbraccio, "scusaci papà, non
accadrà più" si divisero finalmente e l'uomo
rimase a guardarle entrambe sorridente, si soffermò poi
sullo stato di Zanira e rimase perplesso, "figlia mia ma cos'hai
combinato? Hai combattuto contro un cinghiale forse?" Zanira
scoppiò a ridere, "in quel caso non sarei nemmeno tornata a
casa, comunque nulla mi sono buttata per terra per... è una
storia lunga e siamo in un grande ritardo!" non sapeva cosa rispondere,
ecco perchè aveva sviato l'argomento e fu un bene
perchè tutti tornarono nel mondo presente, "accidendi
è vero, bene Zanira, visto che tu sei quella che ha
più bisogno in questo momento di una sistemata,
và a farti il bagno, -esclamò Alena prendendo un
tono autoritario- io nel frattempo comincio a preparare e tu
papà non so, potresti preparare il carro e quando Zanira
avrà finito di fare il bagno le darai il cambio, io
sarò l'ultima!" nessuno dei componenti della famiglia
osò contraddire il piano di Alena, quindi tutti e tre si
divisero per compiere ognuno il proprio dovere.
Il tramonto giunse svelto e ai primi raggi arancioni la
piccola famiglia era pronta per partire poichè tutto era
pronto nonostante il contrattempo; Nemor che poche volte come quella lo
si poteva vedere elegantemente vestito, pettinato e sbarbato lasciando
tuttavia i baffoni sul viso paffuto, indossava un paio di pantaloni
marroni, una casacca di pelle verde muschio molto scura, una giacca in
tessuto anch'essa marrone come i pantaloni ed un fazzoletto al collo
bianco con decorazioni floreali verdi come si usavano a quel tempo fra
gli uomini e gli davano un aspetto da vero gentil uomo. Mentre finiva
di sistemare il carro per poter partire, nella camera delle fanciulle
si ultimavano i preparativi ma non si respirava un'atmosfera di vera e
propria pace poiché le due sorelle erano in preda ad un
litigio. Alena era pronta: indossava un abito lungo di lino misto a
cotone bianco con una scollatura a barca che mostrava leggermente le
spalle, era un abito attillato che ricadeva lento fino a nascondere i
piedi, i bordi erano cuciti con fili d'oro, in fondo alla vita portava
una striscia abbordata anche quella con fili d'oro e le maniche lunghe
finivano in un nastrino sottile che fungeva da anello sulle dita medie.
Per tutto il giorno aveva portato i capelli legati in due lunghe trecce
che quando sciolse si liberarono in fluenti onde verde smeraldo e per
incorniciare il viso prese due ciocche, una per ogni lato del viso, le
intrecciò e se le portò dietro la testa per
poterle legare; aveva un aspetto radioso. Non si poteva dire lo stesso
di Zanira: aveva deciso di rimanere sobria come se non vi fosse alcuna
festa; aveva indosso un abito di una semplicità assoluta,
uno di quelli che indossava nelle occasioni quotidiane come quando
andava in paese a fare compere insieme alla sorella o al padre e i
capelli legati alla menopeggio, il tutto fece innervosire Alena ma non
che Zanira si divertisse a vederla in quello stato, solo che non amava
lo sfarzo, gli abiti come quello che indossava la sorella le
davano già molto fastidio perché si sentiva
oppressa, non era libera infatti di potersi muovere come voleva, eppure
Alena non voleva saperne nulla e se da tempo l'aveva convinta a
vestirsi come una giovincella, sarebbe stata capace di farla apparire
come la fanciulla che era. "Togliti quel vestito, Zanira e fallo
subito!" esclamò mettendosi davanti a lei con una mano sul
fianco e l'altra a puntare l'indice contro la sorella, "ma insomma non
vuoi sistemarti neanche adesso che hai trovato qualcuno che
t'interessa?" chiese ad un certo punto: Zanira mutò
espressione, alzò lo sguardo da terra che aveva tenuto tutto
il tempo con aria viziata e guardava la sorella con gli occhi sgranati
"suvvia non guardarmi in quel modo; è da tempo che l'ho
capito" "no Alena ti sbagli, non m'interessa nessuno!"
esclamò frettolosamente tanto che riuscì per
miracolo a terminare la frase, Alena nel frattempo non le dava
più retta, decisa si abbassò e da sotto il letto
tirò fuori un baule di legno scuro , "Che cosa fai?" chiese
Zanira, "ti concio come una vera donna!" esclamò la sorella
senza rivolgerle lo sguardo: aprì il baule e
cominciò a cercare frettolosamente qualcosa fino a quando
non esultò e lentamente tirò fuori un abito al di
sopra di ogni aspettativa, di una bellezza incomprensibile. Zanira lo
riconobbe nonostante fossero passati molti anni, "questo
è..." non riusciva a continuare tanta era la
sorpresa, "si, è l'abito della mamma, dai indossalo!" Alena
gli e lo avvicinò ma Zanira si alzò di scatto e
si allontanò dalle braccia della sorella, "No, non puoi
dirmi questo, era di nostra madre non abbiamo il diritto di prenderlo e
indossarlo!" si voltò rivolgendole le spalle e
portò le braccia incrociate sul petto, "Oh smettila Zanira,
che bene gli fa stare rinchiuso in questo baule a prendere polvere e
logorarsi con il tempo? Non penso che la mamma avrebbe qualcosa da
ridire anzi... lo avrei indossato io se non fossì
così formosa, tu hai un fisico più esile di lei,
sei perfetta per questo abito, hai preso del tutto da lei." Zanira si
voltò di scatto, "sei ignobile, come puoi pensare di
indossare questo vestito?! E a nostro padre non pensi? Se vedesse me o
te indossare qualcosa di simile non ce lo perdonerebbe mai,
diventerebbe cieco dalla furia!"
"Ma perché mai dovrebbe?" Alena non riusciva a capire,
"Perché gli ricorderemmo troppo lei e credo che anche noi la
ricorderemmo con troppa enfasi. Non posso, davvero andrò
così come sono adesso, va più che bene!" Alena
guardava quel vestito con un immenso trasporto, scuotè le
spalle e lo rimise nel baule da dove lo aveva preso, "Se è
questo ciò che vuoi" disse sospirando e lasciò
cadere il coperchio del baule che emise un forte rumore echeggiante. Le
due stavano per andare quando Alena ripartì alla carica
cercando un pretesto per far cambiare idea alla sorella senza che lei
se ne accorgesse, "Certo che, stavo pensando" disse sull'uscio della
camera, "cosa?" chiese Zanira ormai tranquillizzata, "Che se il tuo
misterioso cavaliere stasera fosse alla festa e tu lo incontrassi, ti
vedrebbe vestita normalmente nonostante tu stia partecipando ad una
festa, credo nonostante la mia modesta esperienza, che gli uomini
apprezzino molto essere sorpresi dalle donne!" Zanira si
fermò di scatto e Alena fece altrettanto fissandola
assiduamente, "Ma sei incredibile!" esclamò ad un certo
punto zanira slacciandosi in fretta e furia i lacci del corpetto del
semplice vestito; "ti odio!" disse mentre sul viso di Alena apparve un
sorriso di soddisfazione per aver colto due piccioni con una fava, "
prendo il vestito!" disse tutta eccitata tirando nuovamente fuori
l'abito.
Zanira lo indossò aiutata dalla sorella e sembrava che fosse
stato cucito su di lei, le stava perfetto. Era un abito molto lungo che
portava uno strascico dietro, era di seta di un colore rosso molto
scuro ma lungo la gonna e in tre punti ben definiti della striscia che
abbracciava la vita sul fronte dell'abito, si dipartivano dei veli di
tulle bianca che ricadevano dolcemente per terra dando l'idea che la
figura minuta della ragazza dall'abito rosso e bianco fosse immersa in
una grande nuvola; sul retro era la stessa cosa tranne per il fatto che
in un punto del fondoschiena si dipartiva un unico velo che faceva da
strascico per alcuni centimetri per terra. Il petto era costituito da
un corpetto anch'esso rosso scuro ma che sul seno riprendeva il tessuto
dei veli della gonna e ne faceva una fascia intrecciata
cosicché il vestito fosse privo di spalline o maniche ma il
tutto era compensato da un mantello che arrivava fino a metà
gonna e le copriva le spalle. Era un incanto e quando entrambe le
sorelle si misero davanti allo specchio non poterono credere ai loro
occhi. "Oddio Zanira, sei splendida!" esclamò Alena con le
lacrime agli occhi "Già, non sembro nemmeno io"
esclamò lei emozionata quanto la sorella. "manca soltanto un
dettaglio: l'acconciatura!" "Ma non abbiamo tempo, è tardi!"
Esclamò preoccupata per il tempo che passava,
"Stà tranquilla faremo in fretta! Non possiamo proprio
fermarci così dopo un passo del genere!" Alena
obbligò Zanira di sedersi su una sedia e in meno di due
minuti le improvvisò un'acconciatura portando alcune ciocche
di capelli raccolte e lasciandone altre libere sulle spalle insieme ad
un piccolo ricciolo verde che si era creato in quel momento sulla
fronte e ricadeva leggero in mezzo al viso. Adesso erano veramente
pronte a partire!
Nemor nel frattempo rimase sul carretto in attesa che le giovani si
degnassero di uscire da casa ma era in procinto di perdere la pazienza;
quando si convinse ad entrare in casa per capire quale problema vi
fosse fu interrotto dalla presenza delle due figlie che stavano
percorrendo l'uscio della casa; un abbaglio lo investì come
un fiume in piena nel vedere Zanira indossare quell'abito, il suo
pensiero ricadde immediatamente su Carèn e il senso di
tristezza fu inevitabile. Le due si avviarono in fretta verso il carro
e non poterono fare a meno di notare. "Scusaci padre per aver tardato
tanto ma abbiamo avuto un piccolo problema di preparazioni e.. tutto
bene?" chiese Alena senza pensare, ma Zanira sapeva. "Scusami
papà, sapevo che non avrei dovuto indossare quest'abito e
sono mortificata. -scese dal carro- scusate ma io non
parteciperò a questa festa; torno in casa andate senza di
me!" Nemor la bloccò afferrandole un polso, "No Zanira,
aspetta! -la lasciò immediatamente dopo che la giovane gli
rivolse lo sguardo- stai benissimo così, non badare a me
quest'abito mi ricorda moltissimo vostra madre ma in fondo, me la
ricordate moltissimo voi due ogni giorno. Siete così simili
a lei, soprattuto tu Zanira. Tienilo indosso e vieni alla festa!" aveva
le lacrime agli occhi e l'istinto di piangere, ma reprimerlo gli faceva
bruciare gli occhi e la gola; riuscì comunque a rivolgere un
dolce sorriso alla figlia che sorrise e dopo un sospiro salì
nuovamente sul carro, abbracciò il padre che le si sedette
accanto. Nemor tirò su col naso, prese in mano le briglie e
fece partire i cavalli in direzione di Leonar.
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