Capitolo 2
Lo spettacolo “Sogno di una notte di
mezza estate” si tenne cinque giorni dopo. Ester,
emozionantissima, era arrivata come tutte le altre ragazze alle undici
di mattina. Avevano passato un paio d’ore a ripassare gli
spartiti, poi avevano fatto pranzo e dopo qualche istante di pausa si
erano dirette al trucco.
Una donna paffuta dai capelli neri aveva truccato,
da sola, lei, tutto il coro e tutto il corpo di ballo. Una giovane
pallida, rossa di capelli, si era invece occupata di Christine
Daaé, della seconda soprano, dei due tenori e del contralto
maschile, nonché di un altro uomo e un’altra
donna.
Questi ultimi, Jean-Paul e Corinne, avrebbero
interpretato Oberon e Titania.
I due tenori, Françoise e
Albèrt, sarebbero stati invece Lisandro e Demetrio.
La seconda contralto, la famosa Carlotta (che,
come aveva imparato ad apprendere Ester, nutriva verso Christine un
profondo odio dettato dalla gelosia), avrebbe fatto Elena, e bisognava
vedere con quanta convinzione interpretava la parte iniziale in cui il
suo personaggio manifestava la sua gelosia nei confronti di quello di
Christine.
Il contralto maschile, di nome Etienne, avrebbe
interpretato il dispettoso Puck. Ester aveva conosciuto Etienne
abbastanza bene, in quei giorni di prove, e poteva dire che la parte
gli andava a pennello visto che aveva senza dubbio una parlantina tanto
tagliente quanto divertente per chi lo ascoltava.
Il personaggio di Christine era, come
già detto, Ermia. In quei giorni Ester, come si era prefissa
di fare, aveva spesso passato la pausa pranzo con Christine. Nessuna
delle due era una gran chiacchierona, dunque per la maggior parte del
tempo si erano limitate a parlare in silenzio, ma non era una
situazione imbarazzante e sembravano godere entrambe, piacevolmente,
della compagnia.
Tre dei cinque giorni di prove, anche Meg aveva
pranzato con loro, ed Ester aveva appreso, grazie all’allegra
parlantina di Meg e ai silenziosi assenzi di Christine, che le due
erano cresciute come sorelle, in casa Giry ma per la maggior parte del
tempo proprio lì all’Opera.
Dalle chiacchiere del corpo di ballo, inoltre,
Ester aveva appreso qualcosa su un gentiluomo che, si diceva,
corteggiava Christine, e che ne era ricambiato. Si vociava di un
possibile fidanzamento tra lei e questo giovane, un certo Raul,
visconte di Chagny.
-Ci sarà il tuo visconte, stasera?-
domandò Ester a Christine mentre si avviavano verso i
camerini, che erano l’uno di fianco all’altro.
Come le altre volte in cui qualcuno aveva nominato
Raul, Christine arrossì, ma si vedeva che era più
che felice di annunciare che si, ci sarebbe stato.
Eppure Ester non poteva non percepire che qualcosa
non andava. Dopo la felicità iniziale nel sentire il nome
del visconte di Chagny, Christine cadeva in una specie di trance: si
faceva pallida e sembrava che la sua mente vagasse verso
chissà che luoghi. Accadde anche quella volta, tanto che a
malapena Christine si rese conto che avevano raggiunto i camerini.
Nel suo, Ester si infilò il costume di
scena, attenta a non rovinare trucco e pettinatura. Poi
sistemò la coroncina di fiori: il coro, infatti, avrebbe
fatto la parte della corte di fate di Titania, mentre il corpo di ballo
sarebbe stato il seguito di folletti di Oberon.
Come si era raccomandato il signor Philippe, non
appena fu pronta, Ester si mise a scaldare la voce.
Dopo qualche esercizio si interruppe bruscamente:
le era sembrato di vedere… non sapeva bene cosa. Era
un’ombra, nello specchio, come un pezzo di stoffa…
forse un mantello? Si guardò attorno, ma non c’era
nessuno.
Si diede immediatamente della sciocca: chi poteva
esserci nel suo camerino chiuso a chiave? Un fantasma?
“Il Fantasma dell’Opera,
magari!” rise tra sé, poi riprese a fare le sue
scale.
Fu un successo, un vero e proprio successo.
Quando si aprì il sipario per la prima
scena in cui era presente, Ester pensò che il cuore le
sarebbe probabilmente uscito dal petto tanto batteva forte. Sotto il
palco c’era una marea di gente, centinaia di persone, e
l’agitazione le dava l’illusione di avere tutti gli
occhi puntato su di sé, pronti a cogliere il primo errore,
la prima stonatura.
Mentre la musica vibrava dall’orchestra,
prese un bel respiro e tornò per un attimo in Andalusia, nel
suo paesino, nella sua chiesetta. Prese l’attacco, e il resto
della canzone non fu un problema, e lo stesso valse per le successive.
Il sipario si chiuse, ma gli applausi non si
interruppero. E a ragione: tutti i cantanti era stati bravissimi, ma in
particolare Christine era stata fantastica. Certo la voce di Carlotta
non aveva nulla da invidiare: eppure qualcosa, negli accenti, nelle
tonalità di Christine, aveva un effetto non solo
sull’udito ma sull’intero essere.
Diego e Gabrielle quella sera avevano lasciato
Antoine alla cameriera. Quando Ester tornò nel suo camerino,
li trovò entrambi ad attenderla davanti alla porta e corse
ad abbracciare il fratello, l’agitazione ancora nel cuore.
-Oh, cielo, ho scordato il cappello… vi
raggiungo immediatamente!- esclamò ad un certo punto mentre
uscivano. Il cappello, ricordò, le era scivolato quando era
arrivata dietro uno degli scenari, dietro le quinte… si era
detta che l’avrebbe recuperato appena pronta per lo
spettacolo, ma poi se n’era dimenticata…
Diego disse che l’avrebbero aspettata
alla carrozza e lei si allontanò.
Non c’era più nessuno: si
erano attardati nel camerino perché Ester non riusciva a
sganciare un laccio del costume e così i macchinisti
dovevano aver finito di mettere in ordine.
Ester salì sul palco e si
inoltrò tra due scenari, ma il cappello non c’era.
Riflettendo, comprese che erano stati spostati
durante lo spettacolo, perciò decise di guardare
più indietro. Passò allo scenario dietro, poi
ancora, e ancora. Man mano che si allontanava dal palco, la luce
diminuiva, ma lei se ne rese a malapena conto mentre continuava a
guardarsi attorno alla ricerca del cappello.
Arrivò al penultimo scenario, e ancora
non c’era. Sbuffando, passò allo scenario
seguente.
Finalmente lo vide, lì accanto a una
trave.
D’improvviso tra lei e il cappello
sbucò una figura di forma umana…
immaginò che fosse un macchinista che si era attardato.
-Mi scusi, non voglio disturbare.- disse
avvicinandosi –Ma ho dimenticato il mio cappello
e…- l’uomo si voltò verso di lei.
Indossava un mantello nero, e…
Ester non gridò, perché la
voce le morì in gola. Non scappò,
perché le gambe erano come impietrite. Non cercò
di non guardare, o di proteggersi, perché il suo corpo
riusciva solo a tremare violentemente per la paura.
Sotto il cappello, ne era certa, non
c’era alcun volto, solo due occhi dorati, scintillanti come
potevano esserlo quelli di un gatto.
Ester rimase lì, immobile, tremante, le
labbra che si muovevano senza emettere alcun suono. Lo scheletro la
guardò per un attimo. Poi scomparve nel nulla. La ragazza
rimase immobile per qualche attimo, ancora troppo spaventata per fare
qualsiasi cosa.
Si riprese, non dallo spavento ma almeno da quella
paralisi improvvisa, e senza nemmeno pensare a cosa stava facendo corse
a prendere il cappello e poi, sempre correndo, si allontanò
quanto più possibile dal palco, fermandosi solo
nell’entrata. Lì si poggiò al muro,
trasse qualche respiro profondo e una volta che si fu calmata, almeno
esteriormente, uscì e raggiunse la carrozza.
|