Katherine POV
Interessante. Non mi ha
lasciata sola con Elijah, l'ha volutamente portata via da me.
Questo la dice lunga sull'attaccamento al neonato Mikealson che
afferma di non volere. Quando torno nel supermercato, Katerina mi da
di gomito. Sì, piccola. Klaus ha paura di noi. Ora non
eccitarti troppo però, c'è un altro problema da
risolvere: Elijah che mi segue con una foga insolita. “Se non
sei qui per me, lascia perdere.” Non so neppure io cosa vuol
dire, ma è l'unica frase che mi viene in mente. Dove diavolo è
finito il mio carrello?
“Non sapevo fossi
qui.”
Non mi hai neppure
cercato, penso vagamente irritata. Da quando se n'è andato e
Klaus ha cominciato a gironzolarmi in casa, i dubbi mi stanno
sopraffacendo. Il bacio era l'ultima cosa di cui avevo bisogno.
Katerina lo odia da tempo ma Katherine che è rimasta infatuata
per secoli. Ed ora siamo entrambe disorientate Apro un sacchetto di
patatine e ne afferro una manciata, sgranocchiando rumorosamente.
Elijah mi guarda in modo strano mentre ritrovo il carrello disperso.
Raggiungo la cassa.
“Quanto
sei bella....”
Quel miagolio? Abbasso
lo sguardo su una marmocchia alta come un soldo di cacio. La bimba
corre via e torna poco dopo assieme ad una donna carica di pacchetti.
Ne tiene in braccio un'altra, poco più piccola. Quando mi
vede, sorride, agitando la manina sporca di saliva. Se ci fosse stato
Klaus qui, gli sarebbe venuto un collasso. Sorrido alla piccoletta,
lei grida battendo le manine. Basta poco per farle felici, a
quell'età. Cominciate a crescere e poi mi direte.
Elijah mi getta
un'occhiata perplessa. “Va tutto bene?”
Ma non si è
accorto che sono tornata umana? “Mi hai lasciato per occuparti
di un'altra donna che non ti è neppure simpatica. Non hai
diritto di porre domande ed io non sento la necessità di
risponderti.”
“Non ho mai
espresso giudizi su Hayley e non ti ho abbandonato. Sto cercando di
ritrovare l'umanità di mio fratello sfruttando il suo unico
punto debole.”
“Sì, la
zoccoletta incinta!” lo interrompo, sarcastica, beccandomi
un'occhiata severa dalla madre delle ragazzine. “Klaus se ne
frega di lei, non vuole fare il padre, ha paura di diventare come
Mikeal. Sta fuggendo dalle sue responsabilità e ha smesso
anche di nutrirsi.” Comincio a mettere i pacchetti sul nastro
trasportatore. Mi sta salendo il mal di testa e un magone terribile
mi stringe la gola. La cassiera ha quasi timore nel prendere la carta
di credito che ho sbattuto sul portaspiccioli ed evita di tediarmi
con la tessera fedeltà. “I punti, per favore. Faccio la
raccolta.”
La cassiera obbedisce,
Elijah trasecola e si sposta avanti. “Fammi parlare con
Katerina.”
“Posso insultarti
al posto suo.” Ora che ho finito di riempire i sacchetti,
ricordo che sono appiedata. Fanculo, prendo l'autobus.
“Kath, fermati.”
“Non ho tempo da
dedicare ne a te, ne a tuo fratello. Devo vedere una persona.”
Elijah incassa e mi
guarda in modo strano. “Klaus non è qui per caso?”
“Quando mai Klaus
fa qualcosa 'per caso'? E' piantato a casa mia da una settimana.”
Vedo da come si
scurisce che la cosa non gli fa piacere. Un sottile godimento mi
attraversa tutta. Stringo le palpebre e non posso fare a meno di
sorridere. “Sono così tante le cose che non sai...”
***
Gli abbiamo detto il
fatto suo. Se lo meritava, ora non frignare.
Sei stata troppo
dura.
Dura? Mi ha talmente
irritato che mi sono trattenuta dallo spiattellargli in faccia il
bacio con Klaus. Quello sì che l'avrebbe fatto incazzare. Che
lo scopra da se, penso allargando le braccia sulla panchina in
attesa dell'autobus, e inclinando il collo per godere degli ultimi
raggi di sole. Ah, la vendetta è un piatto così
prelibato...
Quando una macchina si
ferma sul ciglio della strada, alzo gli occhiali da sole sulla testa.
L'algido analista fa la spesa come tutti. Faccio un cenno vago con la
mano. Pensavo fosse uno di quelli che tendono a mantenere le distanze
fuori dallo studio.
“Katherine, mi
sembrava di averla riconosciuta.”
Strano individuo, il
dottor Lecter. Sarebbe un vampiro perfetto. “Se mi da un
passaggio a casa, le racconto un sacco di roba nuova e le stacco un
assegno subito.” Alzo due volte le sopracciglia e il gelido
analista sorride, aprendo lo sportello.
“Rimandiamo
assegni e racconti alla prossima seduta. L'accompagno volentieri.”
Scivolo nella
lussuosissima vettura, capisco dove vanno a finire i miei soldi e mi
sento bene. Quel che ho detto a Klaus è parzialmente una
balla. Indosso roba costosa e firmata perché mi piace.
“Ha
dimenticato questo nel mio studio. Ha squillato molto nei giorni
precedenti, ma non ho ritenuto opportuno rispondere.”
Prendo il cellulare che
mi porge e lo apro. La batteria è al minimo. L'identità
del chiamante è sempre la stessa. La casellina dei messaggi è
intasata. “Non credo di averne più bisogno, ma grazie.”
“Posso...”
Il dottore si ferma ad
un semaforo e mi guarda. E' titubante, ma lo maschera molto bene.
“E' scorretto
invitarla a cena?”
“E'
scorretto chiederle di cucinare?”
Neppure
il guizzo di un muscolo. Eppure, è sorpreso. Arrotolo una
ciocca di capelli attorno al dito. Mi sento bene. Mi sento come
prima.
“Bianco o rosso?”
L'analista annota il
suo indirizzo privato dietro un biglietto da visita e me lo porge.
“Non si preoccupi dei dettagli.”
“I dettagli
salvano la vita” commento, infilando il bigliettino nella tasca
posteriore dei miei jeans dozzinali. Socchiudo le palpebre,
sorniona, e mi guardo nello specchietto laterale. Ho sangue di
vampiro nelle vene.
“Lei è
perfettamente al sicuro, Katherine.”
Lo sono?, mi domando
volgendo lo sguardo sull'uomo. Sorrido e sospiro. “Sì,
lo sono.”
Klaus POV
Non mi nutro da troppo
tempo, i riflessi sono rallentati e come non ricordo di essermi
addormentato, non mi accorgo subito che il letto è vuoto.
Scommetto che i portafogli e le chiavi della macchina sono spariti.
Bisogna ammettere che la ragazza è piena di risorse. Butto giù
le gambe dal letto, tasto con indolenza la maglia che giace umida nel
lavandino del bagno con una macchia opaca sullo stomaco e la infilo,
rabbrividendo. Chissà se Kath ha già spifferato tutto
ad Elijah. Chissà se Hayley ha capito che il SUV ha il cambio
manuale all'europea.
***
Riesco a trovarla al
calar della sera, ferma sul ciglio della strada - poco fuori
Baltimora - e con i fari spenti. Sono abbastanza incazzato e affamato
per domandarmi se ha finito la benzina o se ha le doglie in anticipo.
Spalanco lo sportello e la trovo in un mare di lacrime. Non sembra
sorpresa ma ho percepito un trasalimento in lei. Come Katherine mi ha
fatto mangiare la polvere per secoli (e che ci creda a no, la
rispetto e l'ammiro per questo), anche Hayley è fatta di una
pasta dura e poco malleabile. “Ti sei persa? Il navigatore è
nel cassetto del cruscotto.”
“Non mi sono
persa...” sussurra passando il dorso della mano sulle guance.
Istintivamente abbasso
gli occhi sulla pancia. Non era così grande ieri sera. “Stai
bene?”
“No...”
Allungo le mani per
aiutarla a scendere. Hayley mi guarda, diffidente. Percepisco che
ogni movimento è un'agonia. Quando mette un piede a terra,
sbianca e sono costretto a sostenerla. Il battito del suo cuore è
insopportabile e il cuoricino minuscolo che sta crescendo dentro di
lei, mi rende il compito del barbablù difficile. E'
sufficientemente terrorizzata, non devo neppure applicarmi. “Ti
porto all'ospedale.”
“No...”
“Sì”
ribatto e lei mi guarda in quel modo supplichevole che ho visto tante
volte. “Voi partorire in mezzo alla strada?”
Lei scuote la testa e
si aggrappa a me. Ha paura di morire, ha paura per se stessa. Non
gliene frega niente del bambino. Quando inspiro il suo odore, un
odore diverso dal solito sentore di magnolia della crema di
Katherine, il mio corpo ha una contrazione. Sale nell'inguine, si
diffonde nei lombi e affretta il respiro. Devo nutrirmi. Devo...
Trrrrrrrrrr!
“E' il tuo.”
“E' Sophie...”
“Allora è
mio” decreto frugandole nelle tasche in cerca del telefono.
Alzo un dito per farla tacere, ma si sta già mordendo le
labbra dal dolore e non credo abbia voglia di fare conversazione con
la strega. “Ciao, dolcezza!”
Sophie resta in attesa
un momento, poi mugugna qualcosa che non capisco. “Hayley sta
bene?”
“No, non sta
bene. Non vuole andare in ospedale.”
“Dov'è,
Elijah?”
“Hai problemi a
relazionarti con me, dolcezza?” Incastro il cellulare fra il
mento e la spalla e auto Hayley a sistemarsi sul sedile posteriore.
Continua a proteggere la pancia con le mani ed io continuo a fissarla
senza volerlo. “Perché sta così male?”
“L'hai fatta
agitare?”
“Dille di non
scappare ogni volta che voltiamo le spalle.”
“Forse la
compagnia è sgradevole.”
Touchè,
stronzetta. Sorrido, peccato non possa vedermi. “Allora?”
“Non farle bere
il tuo sangue, potrebbe avvelenare il bambino.”
E chi ci aveva pensato?
“Hayley è
incinta di appena quattro mesi, ma il vostro bambino sta crescendo al
ritmo dei lupi.”
“A quanti mesi
corrispondono?”
Hayley si volta e mi
guarda, smettendo di piangere. E' di nuovo pallida come un cencio.
Credo abbia capito di cosa parliamo, così inserisco il
vivavoce.
“Tre mesi,
circa.”
“Siamo lunghi di
trenta giorni, tesoro.”
“Crediamo che il
nuovo ibrido abbia assorbito le caratteristiche di entrambe le
razze.”
Hayley si guarda la
pancia e poi guarda me, disperata.
“D'accordo. Le
daremo tanto acido folico... che altro?”
“Tu non sei in
grado di prenderti cura di una persona. Fammi parlare con tuo
fratello.”
Guardo il cellulare, la
mando silenziosamente affanculo e attacco, gettando un'occhiata alla
ragazza. Salgo in macchina e la guardo dallo specchietto retrovisore
mentre allaccio la cintura. “Non sarebbe stato meglio...”
“No!”
“... restare a
casa coccolata e sollazzata da mio fratello?” concludo passando
la lingua sulle labbra. Come se potessi fare battute sull'aborto a
una che sta soffrendo come un cane. Neppure per mano mia.
“Come si chiama il tipo che state cercando?”
“Non ricordo...
il biglietto da visita è nella giacca di Elijah... urgh...”
Quel gemito sofferente
mi ha alzare gli occhi al cielo. Eppure non sono mai stato uno che ci
va giù tenero. Ne che ha pietà di chi non riesce a
cavarsela con le proprie forze. Batto una mano sul volante e il suono
secco del clacson lacera l'aria fredda di Baltimora. D'accordo.
Facciamolo! Ma solo perché sono stato sfidato.
***
Elijah non risponde al
cellulare, segno che il piccolo evento del supermercato non è
ancora venuto alla luce. Suono due volte il campanello di Kath dopo
aver allungato le orecchie. Troppo silenzio. Non dovrebbero stare
scopando come ricci? Katherine spalanca la porta, le dita strette
attorno all'orecchino sinistro. Il filo dorato arriva alla spalla e
si confonde fra i capelli lisci e lunghissimi. E' bellissima. Eterea.
Ha un vestito che farebbe resuscitare un morto. Sta funzionando alla
perfezione. “Mio fratello è qui?”
“No.”
Mi affretto ad entrare.
Senza un perché. Come un idiota, tanta è la foga di non
perderla di vista. “Dove vai?”
“Esco.”
“Con chi?”
Katherine mi lancia
un'occhiata di superiorità. Le sue labbra sono così
rosse che non riesco a smettere di fissarla. “L'hai fatto?”
Aggiusta le bretelline
del vestito nero, sorride fra se e poi sorride a me. “Quante
domande...”
Il taxi è
arrivato e la sta aspettando nel vialetto. La prendo per il braccio
quando mi passa davanti. Inspiro l'odore di magnolia della sua crema
per il corpo. “Hayley sta male, il bambino cresce troppo
velocemente.”
Katherine arriccia un
labbro, sarcastica. “Ed è un mio problema?”
E' arrabbiata con me
per il bacio? Sono a corto di empatia, al momento, e non riesco a
penetrare i misteri della psiche femminile. E' seducente, non è
mai stata così sicura di se e sprezzante.
“Se sta male,
portala all'ospedale. Se ha fame falla mangiare. Se ha i piedi gonfi,
falle un massaggio. Non ci vuole molto per far felice una donna
incinta.”
Katherine si divincola
dalla mia presa, apre la borsetta, controlla di avere le chiavi di
casa e i soldi per il taxi e mi lancia un altro sguardo che mi
trapassa la testa. La sua voce entra nelle orecchie e arriva dritta
ai testicoli.
“Si tratta di
assumersi una responsabilità, per quello non sai da che parte
cominciare.”
Katherine mi sta
ammaliando in un modo nuovo che non ho mai sperimentato prima d'ora.
Devo nutrirmi. Sono debole. “Non mi hai detto che c'era un
altro uomo...”
“Un altro uomo”
sussurra, ferma in mezzo al vialetto. Sorride fra se. “Passa
una buona serata, Nik.”
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