Ellen’s pov
- Diamine Ellen, svegliati! –
è da circa
mezz’ora che mia mamma continua ad urlare dal piano di sotto,
è estate non mi
può svegliare alle otto di mattina, cazzo.
– Dormigliona, sbrigati –
- Fanculo – sussurro alzandomi dal mio
amatissimo letto - Che vuoi? – urlo mentre mi
dirigo verso il bagno
passandomi le mani sugli occhi stanchi e pieni di sonno.
- Spesa, dobbiamo fare la spesa, stasera
ci sono i nonni – risponde mia madre.
- Ma vac..ci con ... Lu..cas – urlo
mentre
mi lavo i denti.
- Ha dormito dal suo amico, torna dopo,
quindi l’unico essere vivente che può aiutarmi sei
tu – risponde in fretta lei.
Mi metto una semplice maglia a maniche
lunghe, dei jeans, converse, e scendo velocemente le scale mentre cerco
di
farmi una coda di cavallo decente.
- Ok, sono pronta – sbuffo per poi
approfittare dell’assenza di mia madre in cucina per rubare
qualche frittella
ricoperta di crema al cioccolato.
Mia madre afferra la sua borsa sul divano
– Ti ho vista golosona – ancora una volta mia madre
mi ha fottuta. – Andiamo va
– sorride aprendo il portone.
Sono in macchina, per arrivare al
supermercato ci vogliono una decina di minuti, penso a tre anni fa
quando la spesa la
facevamo ogni domenica, tutti
insieme: io, Lucas, mamma e papà.
“Ora è così.. è
così diverso.” Penso malinconicamente io,
guardando il
paesaggio sfrecciarmi davanti agli occhi.
Uno dei miei posti preferiti è proprio
il
supermercato, mi ricorda le mattine delle domeniche passate con la mia
famiglia,
i litigi tra mamma e papà su quali prodotti sono di
qualità e quali no, su cosa
comprare per la cena, sul numero di bibite da comprare, si discuteva su
tutto,
ma ci si divertiva da matti, come quando spingevo il carello con dentro
mio
fratello che già aveva aperto bottiglie e buste di patatine
perchè aveva fame.
- Ehi, piccola – la voce di mamma mi
distoglie dai miei tristi pensieri – senti vai a prendermi un
po’ di latte e
fai la fila in panetteria, prendi il numero e chiedi al signore dieci
rosette –
roteo gli occhi sbuffando –
lo so mamma,
so come si ordina un pezzo di pane –
- Bene, a dopo piccola – odio quando mi
chiama così, ho diciassette anni ormai, non puoi chiamarmi
‘piccola’.
Afferro due bottiglie di latte e corro
verso la panetteria per prendere il numero, aspettando il mio turno.
Passano
circa dieci minuti, e io sto sudando come non mai, manca solamente una
persona
e sarebbe stato il mio turno, sottolineo sarebbe stato il mio turno,
fino a
quando un tipo mi sorpassa senza numero e comincia a ordinare, il
nervoso
cresce dentro di me
– Che
cazzo fai? Superi? Prendi il tuo
numero e aspetta il tuo turno - Sbotto irritata.
Il tipo si gira,
è piuttosto alto, avrà
avuto circa trent’anni ma sembra molto più
giovane, quindi sono costretta ad
alzare il volto per guardarlo negli occhi.
– Non
rivolgerti così a me, bambina che
non sei altro, sono molto più grande di te – mi
guarda sbarrando gli occhi come
se colpito da ciò che gli avevo appena detto
– Ma con
un cervello di un bambino di
due anni – dico mantenendo la testa leggermente alzata e
fulminandolo con gli
occhi, gli avrei sganciato un destro in faccia, ma non volevo farlo in
un
supermercato davanti a dei vecchietti che a malapena si reggevano in
piedi.
L’uomo non sembra intenzionato a rispondermi, volta
semplicemente le spalle
e se ne va con la
busta piena del pane
che aveva ordinato.
‘Che gente
immatura!’ penso tra me e me.
Dopo aver preso il pane, raggiungo mia madre alla cassa, ancora un
po’ irritata
da quello che era successo e, ovviamente, lei se ne accorge grazie al
suo
istinto di mamma
– Che è successo tesoro? – Mi chiede
apprensiva.
- No..niente mamma, non ti preoccupare. – solo una gran
bugiarda sono.
- Mi fido, ma ricordati che sono qui. –
Io amo mia madre, ma questi ultimi mesi sono piuttosto fredda con lei,
forse
perchè non riesco a fidarmi di nessuno, nemmeno della
persona che mi ha messo
al mondo.
Pagata la spesa, torniamo a casa con tipo
quattro buste strapesanti. Entriamo e mio fratello sta, come al suo
solito,
giocando alla Play.
– Buongiorno sorellina che fa la spesa con la mamma
– ma che presuntuoso, è lui
che ha quindic’anni, non io.
- Sfigato, zitto e aiutami a mettere a
posto ciò che io e mamma abbiamo comprato per farti vivere
– mio fratello si
alza subito per aiutarmi, anche se è un rompipalle, ha un
grandissimo cuore, e
ci tiene a me e
tiene moltissimo anche a
nostra madre.
Ore
19.00
‘’Stanno per arrivare i nonni,
mi sono
mancati tanto e non vedo l’ora di abbracciarli forte come non
mai.
Stamani è successa una cosa assurda,
anzi
assurdissima, un certo è riuscito a farmi saltare i nervi a
mille, nessuno,
nemmeno mio fratello, mi ha fatto arrabbiare così tanto.
Forse è da tanto che
non parlo con ragazzi, quindi avrò dimenticato come tutti,
riescono a farti
innervosire con un semplice gesto.
Ma torniamo a
stamattina, quel tipo era
abbastanza, anzi fin troppo alto, moro, muscoloso, aveva una maglietta
leggermente aderente quindi si vedevano alcuni tratti del suo corpo, ma
ciò che
mi ha colpito sono i suoi occhi, non ho mai visto degli occhi
così belli, color
verdeacqua con alcune striature celesti, mi guardava con quegli occhi,
Dio, mi
piacevano ma mi facevano anche paura allo stesso tempo.
Ma
cazzo, era uno stronzo di prima categoria, ed era immaturo, tanto, mi
aveva
sorpassato, neanche avesse chiesto il permesso, e da lì il
mio nervosismo
raggiunse il limite e cominciai ad attaccarlo con le parole, tremavo
dalla
voglia di picchiarlo, ma lui mi disse con tono arrogante –
non rivolgerti così
a me, bambina che non sei altro, sono molto più grande di te
–
Odio, odio totale, giuro che se lo rivedo lo ammazzo di botte, non ci
si può
rivolgersi così ad una ragazza, ad una femmina, e
soprattutto non ci si può
rivolgersi così a me.
Eccoli sono arrivati i nonni, ti scrivo
domani ciao
diario.
–Ellen.’’
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David’s pov
- Sto ancora pensando a quella ragazza del
supermercato, la regina di tutte le stronze che ho conosciuto
nell’arco di
tutta la mia vita, mi viene da strapparmi i capelli.
Ok, non è giusto passare avanti senza aver fatto la fila, ma
dovevo sbrigarmi e
portare il pane a te. – mi passo una mano tra i capelli mordendomi il labbro
inferiore, con lo
sguardo fisso sulle mie scarpe.
- Fratello, potevi aspettare. – mi
risponde
Stefan guardando fuori dalla finestra, aveva voglia di uscire da
quell’ospedale, aveva voglia di tornare a casa, di lasciare
quella stanza in
cui è rinchiuso da tre mesi, era stanco di quel posto, di
quel letto.
- La cosa che mi fa innervosire è
quella ragazzina,
nessuna si è rivolta a me in quel modo.. ma come si
è permessa. – mi alzo dalla
sedia per bere in un sorso il mio bicchier d’acqua.
- Era bella? – mio fratello delira, non
gli rispondo.
Ore
21.30
“Caro diario, è da millenni
che non ti
scrivo, la situazione di mio fratello migliora, grazie a Dio. Ho
parlato con il
suo dottore e mi ha confermato che fra dieci giorni, esattamente il
dodici,
potrà tranquillamente tornare a casa, di nuovo con me, di
nuovo insieme, di
nuovo fratelli inseparabili, lui è il mio piccolo fratello,
lui è l’unica persona
che mi tiene vivo.
Da quando sono morti
i nostri genitori,
sono distrutto, sono diverso, sono semplicemente triste, ma quando
parlo con
mio fratello, quando vedo che ride e allunga le sue labbra verso
l’alto, mi
sento sempre più forte, mi sento come un padre che osserva
il suo bimbo
giocare, mi sento in paradiso.
Lui ha diciassette anni mentre io ne ho ventotto, ma è come
se avessimo la
stessa età, perchè lui è in grado di
aiutarmi, di sostenermi.
È stato colpito dalla malattia di
crohn, non ne so molto, so solo che è un'infiammazione cronica che
può colpire tutto il canale alimentare, senti
dei dolori tremendi all’addome, febbre sempre alta, diarrea,
insomma stai male
e basta. E vederlo così fa stare male anche a me.
Ma ora sta meglio,
ed è questo quello
che conta. Ti faccio sapere
poi.
–david.”
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Ringrazio Cristina che
mi fa da beta yee, grazie grazie grazie ancora.
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