Just Let me hold your hands

di Memel
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Just let me hold your hands

  Just Let me hold your hands

 
 
Adorava stringere le sue mani.
Piccole conchiglie lavorate dal mare.
Incastrate tra le sue nocche pallide, e fredde, mute ad ogni brivido e carezza.
Anche le sue mani erano fredde, ma solo quando si dimenticava di lasciarle andare.
Il suo collo sapeva di sole, lo sapeva bene, era diventato il suo posto segreto, dove nascondere il debole infiammarsi delle sue gote, e dove pregustare l’ebbrezza di regalarle il ritmo irregolare del suo respiro spezzato.
Quando la stringeva a sé, cullandola e asciugandole le lacrime con le sue labbra impazienti, gli sembrava di stringere un fiore, delicato ma immortale, eterno ma fugace.
Perché lui sapeva che dietro la delicatezza di quel viso si nascondeva un fuoco ardente pronto a immolarsi per lui, legato al vincolo di una fedeltà senza eguali.
Per questo la amava, come nessun uomo avrebbe mai amato una donna.
Perché lui, Loki di Asgard, non si sentiva uomo. E nemmeno dio.
Tra le braccia di Sigyn diventava solo desiderio. plasmato dalle sue docili mani, che allentavano ogni traccia di rabbia, cancellavano il sapore amaro del rimorso e le urla ceche della solitudine, ombre evanescenti che il calore dei suoi tiepidi baci spazzavano via come cenere.
Lei era la sola debolezza concessa.
L’unica a cui aveva regalato i sentimenti che pensava di aver relegato nell’oblio più cupo, sentimenti che da sempre gli erano stati negati perché mai realmente meritati.
Ma il suo cuore, se di cuore si può parlare, agiva più egoisticamente della sua mente, che premeva nel riportarlo su azioni più razionali e degne di lui.
E in quei momenti, l’onore e la vendetta che da sempre agognava con violenza e inganno,
                                                                                              svanivano come fantasmi di un passato lontano, 
                                                                                                                                           fili invisibili
                                                                                                                                                che scivolavano
                                                                                                                                                              tra le dita di Sigyn.

 





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