50. Polvere di
ricordi
-Scusa,
ma non ho potuto fare a meno di sentire che tuo padre era un Serpeverde…-
-Si,
perché?-
-Piacere
di conoscerti, sono Draco Malfoy. La mia famiglia è Serpeverde da secoli,
magari se ci assegnano alla stessa casa, potremo scambiare due chiacchiere-
-Io
mi chiamo Areal, ma spero con tutto il cuore di non finire in Serpeverde-
-
Perché speri di no? Tutti i migliori maghi di buona famiglia sono Serpeverde-
-
Si, ma bisogna anche essere… -
-
Essere?-
-
…Cattivi!-
Era
stata quella la loro prima conversazione, avvenuta sette anni indietro nella
sartoria di Diagon Alley. Draco si era fatto avanti per presentarsi sotto
ordine di suo padre, che già al tempo, vedeva in quella bambina un buon partito
per il figlio.
Perché
eri già più intelligente di me?
si chiese Draco, perché non ho capito che avevi ragione? I Serpeverde sono
cattivi!
Non
contava avere il sangue puro perché, pur essendo di buona famiglia, Areal stava
morendo lo stesso, in una battaglia inutile e senza senso. Per anni, Draco,
aveva desiderato essere come suo padre e sterminare i Babbani sotto la guida
del Signore Oscuro ma, adesso che aveva ottenuto ciò che voleva, capiva che non
era affatto bello come sembrava. Aveva tentato di tenere Areal lontano dal
pericolo, ma aveva fallito. Tuttavia non si colpevolizzò più di tanto, poiché
sapeva che, se anche quella conversazione in sartoria non fosse mai avvenuta, o
se lui stesso non fosse mai esistito, Areal sarebbe comunque rimasta a
combattere per Hogwarts quella notte. Areal Foreberth voleva un mondo libero, e
avrebbe lottato per ottenerlo. Non sapeva vivere senza proteggere i più deboli.
Era
stato così che era nato il loro rapporto di odio e amicizia.
La
Corvonero lo aveva sentito deridere Potter ed era intervenuta per manifestargli
tutta la sua disapprovazione. E poi si erano incontrati ancora, si erano
sfidati e, quando Areal aveva vinto, invece di schernirlo era scoppiata a
ridere, ma non per cattiveria. La sua risata era stata dolce e gentile e Draco
non era riuscito ad offendersi o ad arrabbiarsi con lei. Già da allora quegli
occhi blu lo aveva stregato.
Chi,
avendo un carattere tanto buono e altruista, sarebbe rimasto al fianco di un
assassino? Chi avrebbe stretto le sue braccia intorno ad un Mangiamorte cercando
protezione, anziché correre via urlando? Chi sarebbe mai rimasto al suo fianco,
dandogli ancora una ragione per vivere, quando tutto sembrava perso per sempre?
Areal
lo aveva fatto.
Draco,
però, l’amava non solo per tutto ciò che gli doveva, ma perché sapeva tenergli
testa mettendolo a tacere il secondo prima mentre, l’attimo dopo, correva da
lui impaurita.
Ma
adesso, fregandosene di tutti gli anni e le disavventure passate insieme, la
morte si stava prendendo l’unica persona a cui Draco era stato capace di aprire
il suo cuore. Poco importava se il destino avesse agito in determinati modi per
unirli o per dividerli, adesso lei stava morendo e Draco non era pronto ad
accettarlo.
Ogni
avvenimento spiacevole nella vita del giovane era avvenuto in quel modo, senza
preavviso, come un fulmine a ciel sereno.
Verso
la fine del quinto anno, Piton era andato a prenderlo durante una lezione di
Erbologia. Una volta fuori dall’aula, lo aveva afferrato dal mantello e lo
aveva trascinato fuori dalla scuola senza dargli alcuna spiegazione. Draco
aveva provato a porgli delle domande, ma non aveva ottenuto risposta. Fuori dai
confini della scuola Piton si era fermato, si era voltato, aveva afferrato
saldamente Draco dalle spalle e lo aveva guardato negli occhi.
-Ascolta
Draco, devi essere forte. So che sei a conoscenza della vera identità mia e di
tuo padre, so che sai che siamo Mangiamorte, per questo non ti stupirai se ti
dirò che tuo padre si era infiltrato al ministero sotto ordine dell’Oscuro.-
Draco
non capì, si fece serio, respirò a fondo a rimase ad ascoltarlo. Per un attimo
si riscoprì contento, adorava quando lo mettevano al corrente delle “faccende
dei grandi”. Finalmente capivano che anche lui era uomo abbastanza per sapere
la verità.
-Doveva
prendere una profezia e consegnargliela, insieme a Potter, ma… le cose sono
andate storte. Molto storte. Sono arrivati gli Auror e quelli dell’Ordine, e tuo
padre è stato catturato.-
Draco
non si era mai accorto che gli occhi di Piton erano più neri dell’oceano. Troppo
neri. A dire il vero Piton aveva tanti difetti, eppure lui lo aveva sempre
adorato, era il suo insegnante preferito.
Ma
cosa stava farfugliando in quel momento? Era impazzito?
-Adesso
ti riporto a casa, è giusto che vi salutiate prima che lo portino via-
Il
ragazzo si scostò da Piton come se le mani che gli tenevano le spalle lo
avessero improvvisamente scottato.
-Portarlo
via?- chiese.
Piton
sta volta non rispose, non si finse né serio né determinato, si limitò a
sospirare profondamente.
-Cha
sta dicendo?- urlò Draco. –Va bene, è stato catturato, ma poi è scappato,
giusto? Lui lo ha aiutato o lo aiuterà, no?-
All’ennesimo
silenzio di Piton, Draco sentì che un Malfoy può piangere. Non lo fece, rimase
di ghiaccio, ma avrebbe tanto voluto mettersi ad urlare per la disperazione.
Non
era possibile, un grande mago come suo padre non poteva venire portato via.
Perché non era riuscito a salvarsi? Come?
Piton
lo prese da un braccio e si smaterializzò senza avvertirlo e, come sempre, per
uno che non è abituato, la smaterializzazione può dare qualche fastidio.
Quando
arrivarono a Malfoy Manor, Draco era soffocato dalla nausea, ma non per essersi
smaterializzato.
Uomini
del ministero entravano e uscivano da dentro casa sua senza alcun riguardo,
portavano via mobili pesanti, prendevano appunti con pergamene e confabulavano
fra di loro. La porta era lasciata aperta e, più si avvicinava, più sentiva la
voce di sua madre che chiedeva spiegazioni e intimava a quegli uomini di fare
piano con i suoi mobili pregiati.
Si
fermò ad un passo dalla porta di casa e vide Piton entrare e correre da sua
madre, mentre lui rimase lì, fermo immobile e nel più totale silenzio.
Draco
vide Arthur Weasley dirigere con fare altezzoso alcuni uomini e la rabbia lo
accecò, mai in vita sua si era sentito umiliato come in quel momento. Sentiva
che aveva bisogno di aria pur trovandosi all’aperto, pensò che se non correva a
vomitare entro due secondi sarebbe svenuto ma, all’improvviso, qualcuno lo
afferrò e lo trascinò dietro un angolo della casa, bloccandolo con le spalle al
muro.
-Draco,
figliolo, voglio che ti prendi cura di tua madre. Non so per quanto mi terranno
lì ma so che posso contare su di te.-
Draco
rimase in silenzio, senza trasmettere alcuna emozione, si limitò a guardare il
padre, accorgendosi di non averlo mai visto tanto agitato come in quel momento.
-Signor
Malfoy!- Chiamò qualcuno, ma venne ignorato.
-Mi
devi promettere una cosa, anzi, voglio che me lo giuri!-
Dal
tono di voce usato, Draco capì di non aver altra scelta. Il padre lo strattonò
e continuò sibilandogli ad un palmo dal viso:
-Voglio
che rimani lontano da Lui, non ti avvicinare, non farti ammaliare.
Stagli alla larga. Giurami che mi obbedirai, giuramelo!-
-Signor
Malfoy!- Urlarono ancora.
Draco
impallidì, temette quasi che suo padre potesse aggredirlo da un momento
all’altro se lo contraddiva, era furente.
-Te
lo giuro-
Lucius
parve calmarsi, sospirò pesantemente e in un secondo strinse forte il figlio,
tenendolo immobile in quell’abbraccio per qualche secondo, dopo di che si staccò
sbrigativamente.
-Signor
Malfoy!-
-Arrivo!-
ringhiò Lucius e, ricomponendo la propria espressione, si avviò verso gli
uomini che lo chiamavano.
Draco
vide suo padre comportarsi con eleganza e autorevolezze anche mentre si
consegnava ai suoi carcerieri.
-Non
è necessario…- provò a dire Lucius a l’uomo che lo stava ammanettando con la
bacchetta, ma fu inutile.
Narcissa
uscì, scortata da Piton, e Draco si rifiutò di guardarla negli occhi, restò per
secondi interminabili a guardare la schiena di suo padre mentre glielo
portavano via.
Pochi
mesi dopo Draco visse la peggiore delle sue estati, venne marchiato in
pubblico, maledicendosi per non essere riuscito a mantenere la promessa che
aveva fatto al padre. Era stato felice per qualche giorno di quel marchio, ma
tramite la paura della madre poteva provare ad immaginare quello che comportava
essere diventato un Mangiamorte.
Ma
si sbagliava, l’orrore di dover portare per un anno intero il peso di una
missione suicida non avrebbe mai e puoi mai potuto immaginarlo, senza prima viverlo
sulla sua pelle.
E
lui l’aveva vissuto, consapevole che il suo fallimento avrebbe portato alla
morta la madre.
Quante
altre cose brutte dovevano capitargli? Era una punizione? Aveva avuto troppo da
ragazzino e adesso la provvidenza veniva a chiedergli il conto?
Tutti
i dispetti che aveva fatto subire, le volte che si era creduto superiore agli
altri solo per il suo sangue e per i suoi soldi adesso chiedevano di essere
pagate.
-Draco
non so cosa fare, mi dispiace ma…- provò a dire Lucius, con voce rauca.
-Deve
esserci un modo!- rispose il figlio, sollevando la testa dal corpo della sua
amata morente. –Usa tutta la magia nera che conosci, recita formule maledette,
ma ti prego salvala.-
Lucius
lo guardò e non seppe cosa rispondere. Per anni era stato un padre autorevole e
per anni Draco lo aveva temuto e amato insieme ma, in quel momento, Lucius non
poteva che guardare il figlio sofferente e sentirsi direttamente responsabile
per quanto gli era accaduto. Se avesse pensato di più alla famiglia e di meno
ai suoi ideali dannatamente sbagliati, forse il suo adorato ed unico figlio non
avrebbe dovuto affrontare le cose orribili che gli erano capitate negli ultimi
due anni. Era stato marchiato, trattato come carne da macello, punito per gli
errori del padre e umiliato da tutti.
Nonostante
tutto, il suo ragazzo era andato avanti, non aveva mai dato segni di cedimento,
si era dimostrato forte e lo aveva reso orgoglioso anche in quei momenti di
disperazione.
Lucius
abbassò la tasta verso la ragazza e capì che era suo dovere provare almeno a
fare qualcosa. Lo doveva a suo figlio.
-Spiegami
cos’è successo.- ordinò Lucius.
Draco
gli spiegò ogni cosa e vide suo padre riflettere. Qualche secondo dopo, Lucius
scosse il capo e sospirò.
-La
faccenda è delicata, Draco, non c’è rimedio all’anatema che uccide…-
-Ma
lei è viva! Guardala, respira!- strillò Draco, pallido e agonizzante.
-Lo
so Draco, lo so ma…-
-Lucius!-
Improvvisamente
padre e figlio si voltarono verso la donna, rimasta in silenzio per tutto il
tempo. Gli occhi di Narcissa ardevano di determinazione ed erano fissi in
quelli del marito, la forza contenuta nel suo sguardo diceva più di mille
parole.
Lucius
la guardò a sua volta e si fece dannatamente serio. –Lo so cosa stai pensando,
Cissy, ci ho pensato anch’io, ma sai quant’è rischioso…-
-Dobbiamo
tentare!- rispose con fermezza la moglie.
Un
ultimo sguardo e poi Lucius acconsentì con un cenno, facendo illuminare il
volto del figlio.
Mentre
Narcissa sistemava delicatamente la testa di Areal sulle sue gambe, Lucius si
voltò per spiegare a Draco cosa stava per fare:
-Il
sortilegio scudo ha rallentato il corso della maledizione e in questo momento
l’anima di questa ragazza si trova a metà, fra il regno dei vivi e quello dei
morti. Tuttavia, sta inevitabilmente correndo verso l’aldilà. Non sabbiamo
quanto tempo ci rimane ma, mentre la sua anima si trova lungo questo percorso
di mezzo, possiamo tentare di riportarla al suo corpo con un incantesimo di richiamo.-
fece un pausa. –Sappi che si tratta della magia nera più proibita, e che le
conseguenza possono essere sempre inaspettate. La nostra magia non dovrebbe mai
varcare il confine con il regno dei morti, e noi siamo al limite. Sarà
necessario un contributo di sangue.-
Draco
non gli fece aggiungere altro, si scoprì il polso e l’offrì al padre. –Prendi
tutto quello che ti serve!-
Narcissa
li osservò in silenzio, scostando i capelli neri dal viso gelido di Areal.
-Mentre
recito la formula è necessario che il sangue scorra in abbondanza, a simboleggiare
la via a metà fra la vita e la morte. Vita che va, ciò il sangue che scorre
via, vita che torna, ovvero l’anima che tentiamo di richiamare.-
-Tutto
chiaro.- rispose Draco.
Il
giovane agitò la bacchetta che aveva trovato a terra lungo la scuola, e si procurò
uno squarcio profondo sulle vene del polso, tagliandole di netto. Il sangue
iniziò a scorre copioso ma, per precauzione, Draco fece un secondo incantesimo
che impediva al sangue di coagulare e alla ferita di cicatrizzare.
Quando
il ragazzo ebbe finito, passò la bacchetta al padre, che iniziò a recitare la
sua formula con serietà. Chiuse gli occhi, si concentrò e dalle sue labbra
iniziò ad uscire un suono basso e musicale, consecutivo, mentre con la
bacchetta disegnava curve ondulate verso la ragazza.
Nel
frattempo Draco teneva il braccio sanguinante in bella mostra fra la bacchetta
e Areal e, quando vedeva che il sangue rallentava, stringeva forte il pugno per
aumentare il flusso. Passarono diversi secondi e Lucius finì la sua formula,
guadagnandosi lo sguardo avvilito del figlio.
-Mi
dispiace…-
-Riprova!-
Lucius
sospirò. –Draco…-
-RIPROVA!-
Lucius
si scambiò uno sguardo con la moglie, scoprendola a fissare il viso della
ragazza in lacrime, e ciò gli bastò per riprovare. Ricominciò la formula da capo
e intanto il figlio impallidiva. Draco cominciava a sentirsi debole con il
sangue che fuoriusciva così rapidamente, ma non avrebbe ceduto.
Quando
per la seconda volta la formula arrivò quasi al termine, Draco vide ogni sua
speranza svanire e gettò la fronte sul petto di Areal, abbandonandosi ad un
pianto silenzioso.
Lucius
non ebbe il coraggio di smettere, ripeté la formula per la terza volta senza
nemmeno fare una pausa ma, più il sangue del figlio scorreva, e più gli occhi
della fanciulla rimanevano serrati.
Narcissa
non aveva mai visto suo figlio piangere, tranne che da bambino, e sapeva lo
sforzo che gli costava farlo in quel momento, davanti al padre. Da madre
iperprotettiva, aveva sempre temuto il momento in cui il figlio avrebbe trovato
una fidanzata che, di sicuro, li avrebbe divisi. All’inizio di quell’anno,
però, alla richiesta di Lucius, aveva subito accettato di dare la sua collana a
Draco per poter proteggere la sua amata.
Quella
emme dorata valeva per Narcissa più di tutti i tesori del mondo, gliela aveva
donata il marito quando si erano fidanzati e non avrebbe mai voluto privarsene
per niente al mondo. Eppure, quando aveva saputo che quella famosa ragazza era
rimasta accanto al suo Draco sin dal primo anno, perfino dopo aver scoperto che
era un Mangiamorte, non era riuscita a resistere e aveva dato la collana al
figlio.
In
Areal rivedeva lei da giovane, così bella, forte, eppure debole per amore. Se
davvero era disposta a stare con Draco, a Narcissa andava bene, purché ne fosse
all’altezza. Nessuno doveva azzardarsi a toccarla prima che lei potesse
conoscerla e giudicare se era davvero degna del suo unico figlio.
Quando
vide la collana dorata ricadere abbandonata sulla gola della giovane, pensò che
non se l’era tolta dal collo per niente e che, tutte le fatiche fatte da suo
figlio per proteggerla, non potevano finire al vento.
Doveva
fare qualcosa.
Prese
la bacchetta bianca di Areal lasciata cadere lì accanto e si tagliò le vene del
polso, proprio come il figlio, lasciando scorrere ancora più sangue. Non poteva
certo lasciare il suo Draco a dissanguarsi, e non voleva neppure attendere una
fine che non doveva giungere.
Quando
l’afflusso di sangue fu sufficiente e la formula portata a termine per la terza
volta, successe il miracolo. Areal spalancò gli occhi in uno scatto e il suo
corpo sussultò forte fino a sedersi quando prese il primo, vero, respiro da
sveglia. Tossì forte per diversi secondi, senza neppure riuscire a prendere
fiato, pianse per lo sforzo ed iniziò a tremare convulsamente. Annaspò in cerca
d’aria, le faceva così tanto male la testa che non riusciva a smettere di
piangere, la gola era in fiamme e si sentiva talmente senza forze che le dolevano
anche le dita delle mani.
Draco
la guardò per interminabili istanti, era come vedere un fantasma, forse lo era,
e come la dama grigia avrebbe protetto la casa del Corvonero dentro Hogwarts.
Aspettò che si calmasse senza muovere un muscolo, c’era già sua madre a
sorreggerla, poi lei lo guardò per mezzo secondo, con gli occhi blu colmi di
lacrime e le guancie infuocate per la sofferenza, e gli bastò quello per capire
che lo aveva riconosciuto. Areal scivolò fra le sue braccia come una bambina
che cerca il genitore dopo una brutta caduta, e Draco l’accolse stringendola
contro il suo petto, con calma, con dolcezza, per paura di ferirla. Era così
fragile mentre singhiozzava, che aveva paura che gli si sciogliesse fra le
mani.
Lucius
e Narcissa rimasero a guardare Draco che stringeva la sua amata, e questa,
sempre più tremante, aggrappata a lui con la testa nascosta sulla sua spalla e
rimasero in silenzio.
-D-Draco…-
soffiò Areal.
Sentir
pronunciare il suo nome riempì il cuore di Draco di un dolce calore.
-Sono
qui.-
-Ho…
s-sonno…-
Le
accarezzò i capelli. -Dormi, adesso è tutto finito. Siamo al sicuro.-
Dai
piani sottostanti non si sentivano più i boati della battaglia e, poco prima,
avevano sentito la voce di Potter e le urla festanti degli altri. Il braccio
sinistro di padre e figlio aveva bruciato forte per un solo secondo e poi, il
marchio, si era dileguato senza che ci fosse bisogno di controllare con gli
occhi per capire che non c’era più.
Voldemort
era morto, la guerra era finita.
Erano
al sicuro per davvero.
Continua….