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Autore: Kaimy_11    23/07/2013    1 recensioni
[Era la ragazza più antipatica, viziata, odiosa e saputella che avessi mai conosciuto. Mi batteva nei duelli, era più furba di me. Era migliore di me. Tuttavia, quando capiva di non aver speranza, di aver perso, usava l'arma più crudele, eppure più potente, che conosceva: Le sue lacrime. Anche adesso, io sono qui a dirle che me ne devo andare, che sono un assassino e che non posso stare con lei, ma lei piange. Ed io come faccio a dirle che la amo? Come faccio a dirle che non vorrei lasciarla ma che devo, per il suo bene... Mi basta un suo sorriso per capire che non sono altro che un satellite attratto dalla forza di gravita che esercita su di me il pianete che lei è...] Storia già pubblicata ma cancellata durante un momento di follia. Ovviamente revisionata, spero che vi piaccia rivivere i setti anni ad Hogwarts visti da una ragazza che seguirà la vita di…Draco! Se amate questo personaggio e volete vedere come sono stati i suoi anni a scuola e come ha vissuto la battaglia contro Voldemort…leggete!. (la storia segue i Film e i libri)
Genere: Azione, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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50

50. Polvere di ricordi

 

 

 

 

-Scusa, ma non ho potuto fare a meno di sentire che tuo padre era un Serpeverde…-

-Si, perché?-

-Piacere di conoscerti, sono Draco Malfoy. La mia famiglia è Serpeverde da secoli, magari se ci assegnano alla stessa casa, potremo scambiare due chiacchiere-

-Io mi chiamo Areal, ma spero con tutto il cuore di non finire in Serpeverde-

- Perché speri di no? Tutti i migliori maghi di buona famiglia sono Serpeverde-

- Si, ma bisogna anche essere… -

- Essere?-

- …Cattivi!-

Era stata quella la loro prima conversazione, avvenuta sette anni indietro nella sartoria di Diagon Alley. Draco si era fatto avanti per presentarsi sotto ordine di suo padre, che già al tempo, vedeva in quella bambina un buon partito per il figlio.

Perché eri già più intelligente di me? si chiese Draco, perché non ho capito che avevi ragione? I Serpeverde sono cattivi!

Non contava avere il sangue puro perché, pur essendo di buona famiglia, Areal stava morendo lo stesso, in una battaglia inutile e senza senso. Per anni, Draco, aveva desiderato essere come suo padre e sterminare i Babbani sotto la guida del Signore Oscuro ma, adesso che aveva ottenuto ciò che voleva, capiva che non era affatto bello come sembrava. Aveva tentato di tenere Areal lontano dal pericolo, ma aveva fallito. Tuttavia non si colpevolizzò più di tanto, poiché sapeva che, se anche quella conversazione in sartoria non fosse mai avvenuta, o se lui stesso non fosse mai esistito, Areal sarebbe comunque rimasta a combattere per Hogwarts quella notte. Areal Foreberth voleva un mondo libero, e avrebbe lottato per ottenerlo. Non sapeva vivere senza proteggere i più deboli.

Era stato così che era nato il loro rapporto di odio e amicizia.

La Corvonero lo aveva sentito deridere Potter ed era intervenuta per manifestargli tutta la sua disapprovazione. E poi si erano incontrati ancora, si erano sfidati e, quando Areal aveva vinto, invece di schernirlo era scoppiata a ridere, ma non per cattiveria. La sua risata era stata dolce e gentile e Draco non era riuscito ad offendersi o ad arrabbiarsi con lei. Già da allora quegli occhi blu lo aveva stregato.

Chi, avendo un carattere tanto buono e altruista, sarebbe rimasto al fianco di un assassino? Chi avrebbe stretto le sue braccia intorno ad un Mangiamorte cercando protezione, anziché correre via urlando? Chi sarebbe mai rimasto al suo fianco, dandogli ancora una ragione per vivere, quando tutto sembrava perso per sempre?

Areal lo aveva fatto.

Draco, però, l’amava non solo per tutto ciò che gli doveva, ma perché sapeva tenergli testa mettendolo a tacere il secondo prima mentre, l’attimo dopo, correva da lui impaurita.

Ma adesso, fregandosene di tutti gli anni e le disavventure passate insieme, la morte si stava prendendo l’unica persona a cui Draco era stato capace di aprire il suo cuore. Poco importava se il destino avesse agito in determinati modi per unirli o per dividerli, adesso lei stava morendo e Draco non era pronto ad accettarlo.

Ogni avvenimento spiacevole nella vita del giovane era avvenuto in quel modo, senza preavviso, come un fulmine a ciel sereno.

Verso la fine del quinto anno, Piton era andato a prenderlo durante una lezione di Erbologia. Una volta fuori dall’aula, lo aveva afferrato dal mantello e lo aveva trascinato fuori dalla scuola senza dargli alcuna spiegazione. Draco aveva provato a porgli delle domande, ma non aveva ottenuto risposta. Fuori dai confini della scuola Piton si era fermato, si era voltato, aveva afferrato saldamente Draco dalle spalle e lo aveva guardato negli occhi.

-Ascolta Draco, devi essere forte. So che sei a conoscenza della vera identità mia e di tuo padre, so che sai che siamo Mangiamorte, per questo non ti stupirai se ti dirò che tuo padre si era infiltrato al ministero sotto ordine dell’Oscuro.-

Draco non capì, si fece serio, respirò a fondo a rimase ad ascoltarlo. Per un attimo si riscoprì contento, adorava quando lo mettevano al corrente delle “faccende dei grandi”. Finalmente capivano che anche lui era uomo abbastanza per sapere la verità.

-Doveva prendere una profezia e consegnargliela, insieme a Potter, ma… le cose sono andate storte. Molto storte. Sono arrivati gli Auror e quelli dell’Ordine, e tuo padre è stato catturato.-

Draco non si era mai accorto che gli occhi di Piton erano più neri dell’oceano. Troppo neri. A dire il vero Piton aveva tanti difetti, eppure lui lo aveva sempre adorato, era il suo insegnante preferito.

Ma cosa stava farfugliando in quel momento? Era impazzito?

-Adesso ti riporto a casa, è giusto che vi salutiate prima che lo portino via-

Il ragazzo si scostò da Piton come se le mani che gli tenevano le spalle lo avessero improvvisamente scottato.

-Portarlo via?- chiese.

Piton sta volta non rispose, non si finse né serio né determinato, si limitò a sospirare profondamente.

-Cha sta dicendo?- urlò Draco. –Va bene, è stato catturato, ma poi è scappato, giusto? Lui lo ha aiutato o lo aiuterà, no?-

All’ennesimo silenzio di Piton, Draco sentì che un Malfoy può piangere. Non lo fece, rimase di ghiaccio, ma avrebbe tanto voluto mettersi ad urlare per la disperazione.

Non era possibile, un grande mago come suo padre non poteva venire portato via. Perché non era riuscito a salvarsi? Come?

Piton lo prese da un braccio e si smaterializzò senza avvertirlo e, come sempre, per uno che non è abituato, la smaterializzazione può dare qualche fastidio.

Quando arrivarono a Malfoy Manor, Draco era soffocato dalla nausea, ma non per essersi smaterializzato.

Uomini del ministero entravano e uscivano da dentro casa sua senza alcun riguardo, portavano via mobili pesanti, prendevano appunti con pergamene e confabulavano fra di loro. La porta era lasciata aperta e, più si avvicinava, più sentiva la voce di sua madre che chiedeva spiegazioni e intimava a quegli uomini di fare piano con i suoi mobili pregiati.

Si fermò ad un passo dalla porta di casa e vide Piton entrare e correre da sua madre, mentre lui rimase lì, fermo immobile e nel più totale silenzio.

Draco vide Arthur Weasley dirigere con fare altezzoso alcuni uomini e la rabbia lo accecò, mai in vita sua si era sentito umiliato come in quel momento. Sentiva che aveva bisogno di aria pur trovandosi all’aperto, pensò che se non correva a vomitare entro due secondi sarebbe svenuto ma, all’improvviso, qualcuno lo afferrò e lo trascinò dietro un angolo della casa, bloccandolo con le spalle al muro.

-Draco, figliolo, voglio che ti prendi cura di tua madre. Non so per quanto mi terranno lì ma so che posso contare su di te.-

Draco rimase in silenzio, senza trasmettere alcuna emozione, si limitò a guardare il padre, accorgendosi di non averlo mai visto tanto agitato come in quel momento.

-Signor Malfoy!- Chiamò qualcuno, ma venne ignorato.

-Mi devi promettere una cosa, anzi, voglio che me lo giuri!-

Dal tono di voce usato, Draco capì di non aver altra scelta. Il padre lo strattonò e continuò sibilandogli ad un palmo dal viso:

-Voglio che rimani lontano da Lui, non ti avvicinare, non farti ammaliare. Stagli alla larga. Giurami che mi obbedirai, giuramelo!-

-Signor Malfoy!- Urlarono ancora.

Draco impallidì, temette quasi che suo padre potesse aggredirlo da un momento all’altro se lo contraddiva, era furente.

-Te lo giuro-

Lucius parve calmarsi, sospirò pesantemente e in un secondo strinse forte il figlio, tenendolo immobile in quell’abbraccio per qualche secondo, dopo di che si staccò sbrigativamente.

-Signor Malfoy!-

-Arrivo!- ringhiò Lucius e, ricomponendo la propria espressione, si avviò verso gli uomini che lo chiamavano.

Draco vide suo padre comportarsi con eleganza e autorevolezze anche mentre si consegnava ai suoi carcerieri.

-Non è necessario…- provò a dire Lucius a l’uomo che lo stava ammanettando con la bacchetta, ma fu inutile.

Narcissa uscì, scortata da Piton, e Draco si rifiutò di guardarla negli occhi, restò per secondi interminabili a guardare la schiena di suo padre mentre glielo portavano via.

Pochi mesi dopo Draco visse la peggiore delle sue estati, venne marchiato in pubblico, maledicendosi per non essere riuscito a mantenere la promessa che aveva fatto al padre. Era stato felice per qualche giorno di quel marchio, ma tramite la paura della madre poteva provare ad immaginare quello che comportava essere diventato un Mangiamorte.

Ma si sbagliava, l’orrore di dover portare per un anno intero il peso di una missione suicida non avrebbe mai e puoi mai potuto immaginarlo, senza prima viverlo sulla sua pelle.

E lui l’aveva vissuto, consapevole che il suo fallimento avrebbe portato alla morta la madre.

Quante altre cose brutte dovevano capitargli? Era una punizione? Aveva avuto troppo da ragazzino e adesso la provvidenza veniva a chiedergli il conto?

Tutti i dispetti che aveva fatto subire, le volte che si era creduto superiore agli altri solo per il suo sangue e per i suoi soldi adesso chiedevano di essere pagate.

-Draco non so cosa fare, mi dispiace ma…- provò a dire Lucius, con voce rauca.

-Deve esserci un modo!- rispose il figlio, sollevando la testa dal corpo della sua amata morente. –Usa tutta la magia nera che conosci, recita formule maledette, ma ti prego salvala.-

Lucius lo guardò e non seppe cosa rispondere. Per anni era stato un padre autorevole e per anni Draco lo aveva temuto e amato insieme ma, in quel momento, Lucius non poteva che guardare il figlio sofferente e sentirsi direttamente responsabile per quanto gli era accaduto. Se avesse pensato di più alla famiglia e di meno ai suoi ideali dannatamente sbagliati, forse il suo adorato ed unico figlio non avrebbe dovuto affrontare le cose orribili che gli erano capitate negli ultimi due anni. Era stato marchiato, trattato come carne da macello, punito per gli errori del padre e umiliato da tutti.

Nonostante tutto, il suo ragazzo era andato avanti, non aveva mai dato segni di cedimento, si era dimostrato forte e lo aveva reso orgoglioso anche in quei momenti di disperazione.

Lucius abbassò la tasta verso la ragazza e capì che era suo dovere provare almeno a fare qualcosa. Lo doveva a suo figlio.

-Spiegami cos’è successo.- ordinò Lucius.

Draco gli spiegò ogni cosa e vide suo padre riflettere. Qualche secondo dopo, Lucius scosse il capo e sospirò.

-La faccenda è delicata, Draco, non c’è rimedio all’anatema che uccide…-

-Ma lei è viva! Guardala, respira!- strillò Draco, pallido e agonizzante.

-Lo so Draco, lo so ma…-

-Lucius!-

Improvvisamente padre e figlio si voltarono verso la donna, rimasta in silenzio per tutto il tempo. Gli occhi di Narcissa ardevano di determinazione ed erano fissi in quelli del marito, la forza contenuta nel suo sguardo diceva più di mille parole.

Lucius la guardò a sua volta e si fece dannatamente serio. –Lo so cosa stai pensando, Cissy, ci ho pensato anch’io, ma sai quant’è rischioso…-

-Dobbiamo tentare!- rispose con fermezza la moglie.

Un ultimo sguardo e poi Lucius acconsentì con un cenno, facendo illuminare il volto del figlio.

Mentre Narcissa sistemava delicatamente la testa di Areal sulle sue gambe, Lucius si voltò per spiegare a Draco cosa stava per fare:

-Il sortilegio scudo ha rallentato il corso della maledizione e in questo momento l’anima di questa ragazza si trova a metà, fra il regno dei vivi e quello dei morti. Tuttavia, sta inevitabilmente correndo verso l’aldilà. Non sabbiamo quanto tempo ci rimane ma, mentre la sua anima si trova lungo questo percorso di mezzo, possiamo tentare di riportarla al suo corpo con un incantesimo di richiamo.- fece un pausa. –Sappi che si tratta della magia nera più proibita, e che le conseguenza possono essere sempre inaspettate. La nostra magia non dovrebbe mai varcare il confine con il regno dei morti, e noi siamo al limite. Sarà necessario un contributo di sangue.-

Draco non gli fece aggiungere altro, si scoprì il polso e l’offrì al padre. –Prendi tutto quello che ti serve!-

Narcissa li osservò in silenzio, scostando i capelli neri dal viso gelido di Areal.

-Mentre recito la formula è necessario che il sangue scorra in abbondanza, a simboleggiare la via a metà fra la vita e la morte. Vita che va, ciò il sangue che scorre via, vita che torna, ovvero l’anima che tentiamo di richiamare.-

-Tutto chiaro.- rispose Draco.

Il giovane agitò la bacchetta che aveva trovato a terra lungo la scuola, e si procurò uno squarcio profondo sulle vene del polso, tagliandole di netto. Il sangue iniziò a scorre copioso ma, per precauzione, Draco fece un secondo incantesimo che impediva al sangue di coagulare e alla ferita di cicatrizzare.

Quando il ragazzo ebbe finito, passò la bacchetta al padre, che iniziò a recitare la sua formula con serietà. Chiuse gli occhi, si concentrò e dalle sue labbra iniziò ad uscire un suono basso e musicale, consecutivo, mentre con la bacchetta disegnava curve ondulate verso la ragazza.

Nel frattempo Draco teneva il braccio sanguinante in bella mostra fra la bacchetta e Areal e, quando vedeva che il sangue rallentava, stringeva forte il pugno per aumentare il flusso. Passarono diversi secondi e Lucius finì la sua formula, guadagnandosi lo sguardo avvilito del figlio.

-Mi dispiace…-

-Riprova!-

Lucius sospirò. –Draco…-

-RIPROVA!-

Lucius si scambiò uno sguardo con la moglie, scoprendola a fissare il viso della ragazza in lacrime, e ciò gli bastò per riprovare. Ricominciò la formula da capo e intanto il figlio impallidiva. Draco cominciava a sentirsi debole con il sangue che fuoriusciva così rapidamente, ma non avrebbe ceduto.

Quando per la seconda volta la formula arrivò quasi al termine, Draco vide ogni sua speranza svanire e gettò la fronte sul petto di Areal, abbandonandosi ad un pianto silenzioso.

Lucius non ebbe il coraggio di smettere, ripeté la formula per la terza volta senza nemmeno fare una pausa ma, più il sangue del figlio scorreva, e più gli occhi della fanciulla rimanevano serrati.

Narcissa non aveva mai visto suo figlio piangere, tranne che da bambino, e sapeva lo sforzo che gli costava farlo in quel momento, davanti al padre. Da madre iperprotettiva, aveva sempre temuto il momento in cui il figlio avrebbe trovato una fidanzata che, di sicuro, li avrebbe divisi. All’inizio di quell’anno, però, alla richiesta di Lucius, aveva subito accettato di dare la sua collana a Draco per poter proteggere la sua amata.

Quella emme dorata valeva per Narcissa più di tutti i tesori del mondo, gliela aveva donata il marito quando si erano fidanzati e non avrebbe mai voluto privarsene per niente al mondo. Eppure, quando aveva saputo che quella famosa ragazza era rimasta accanto al suo Draco sin dal primo anno, perfino dopo aver scoperto che era un Mangiamorte, non era riuscita a resistere e aveva dato la collana al figlio.

In Areal rivedeva lei da giovane, così bella, forte, eppure debole per amore. Se davvero era disposta a stare con Draco, a Narcissa andava bene, purché ne fosse all’altezza. Nessuno doveva azzardarsi a toccarla prima che lei potesse conoscerla e giudicare se era davvero degna del suo unico figlio.

Quando vide la collana dorata ricadere abbandonata sulla gola della giovane, pensò che non se l’era tolta dal collo per niente e che, tutte le fatiche fatte da suo figlio per proteggerla, non potevano finire al vento.

Doveva fare qualcosa.

Prese la bacchetta bianca di Areal lasciata cadere lì accanto e si tagliò le vene del polso, proprio come il figlio, lasciando scorrere ancora più sangue. Non poteva certo lasciare il suo Draco a dissanguarsi, e non voleva neppure attendere una fine che non doveva giungere.

Quando l’afflusso di sangue fu sufficiente e la formula portata a termine per la terza volta, successe il miracolo. Areal spalancò gli occhi in uno scatto e il suo corpo sussultò forte fino a sedersi quando prese il primo, vero, respiro da sveglia. Tossì forte per diversi secondi, senza neppure riuscire a prendere fiato, pianse per lo sforzo ed iniziò a tremare convulsamente. Annaspò in cerca d’aria, le faceva così tanto male la testa che non riusciva a smettere di piangere, la gola era in fiamme e si sentiva talmente senza forze che le dolevano anche le dita delle mani.

Draco la guardò per interminabili istanti, era come vedere un fantasma, forse lo era, e come la dama grigia avrebbe protetto la casa del Corvonero dentro Hogwarts. Aspettò che si calmasse senza muovere un muscolo, c’era già sua madre a sorreggerla, poi lei lo guardò per mezzo secondo, con gli occhi blu colmi di lacrime e le guancie infuocate per la sofferenza, e gli bastò quello per capire che lo aveva riconosciuto. Areal scivolò fra le sue braccia come una bambina che cerca il genitore dopo una brutta caduta, e Draco l’accolse stringendola contro il suo petto, con calma, con dolcezza, per paura di ferirla. Era così fragile mentre singhiozzava, che aveva paura che gli si sciogliesse fra le mani.

Lucius e Narcissa rimasero a guardare Draco che stringeva la sua amata, e questa, sempre più tremante, aggrappata a lui con la testa nascosta sulla sua spalla e rimasero in silenzio.

-D-Draco…- soffiò Areal.

Sentir pronunciare il suo nome riempì il cuore di Draco di un dolce calore.

-Sono qui.-

-Ho… s-sonno…-

Le accarezzò i capelli. -Dormi, adesso è tutto finito. Siamo al sicuro.-

Dai piani sottostanti non si sentivano più i boati della battaglia e, poco prima, avevano sentito la voce di Potter e le urla festanti degli altri. Il braccio sinistro di padre e figlio aveva bruciato forte per un solo secondo e poi, il marchio, si era dileguato senza che ci fosse bisogno di controllare con gli occhi per capire che non c’era più.

Voldemort era morto, la guerra era finita.

Erano al sicuro per davvero.

 

 

 

 

 

Continua….

   
 
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