VUOI SPOSARMI
VUOI SPOSARMI
Il cellulare non voleva saperne di resistere neanche per quei
due secondi necessari ad Elisa per chiamare Christian e dire al ragazzo che
avrebbe fatto tardi. Non poteva pensarci, aveva già dieci minuti di ritardo, e
ce ne sarebbero voluti altrettanti per arrivare. Continuava a sentire la voce
autoritaria e ironica di lui chiederle di non ritardare come al suo solito. Non
sopportava che Christian si raccomandasse qualcosa, o desse per scontato che lei
avrebbe combinato una delle sue, perché ecco che effettivamente Elisa sbagliava
qualcosa e dava a lui l’opportunità di continuare a prenderla in giro.
Arrivata nel luogo da lui indicato, Elisa scese dalla macchina
e cominciò a correre per recuperare qualche istante, ma dopo pochi passi fu
costretta a tornare indietro a cambiarsi le scarpe, in quanto aveva indossato
delle scarpe da ginnastica per guidare, che poco s’intonavano con l’abito da
sera che portava. Inginocchiata sulla poltrona, cercava furiosamente le
splendide scarpe nere che s’intonavano perfettamente alla borsetta nuova e al
suo elegante vestito, sforzandosi di ricordarsi dove le aveva mai potute mettere e scacciando la sua
immagine che esce in fretta di casa con nulla in mano al di fuori della piccola
borsetta e le chiavi della macchina.
"Non posso presentarmi così" pensò tra sé e sé ormai arresasi
all’idea di aver dimenticato le scarpe a casa.
"E di tornare a casa non se ne parla, non prima di essere
riuscita ad avvisare Christian almeno", continuava a pensare cercando di non
scoppiare in lacrime al pensiero di quanto poteva essere sciocca e sbadata.
Si diresse scoraggiata verso la porta del locale in cui il
ragazzo l’aspettava, aveva deciso di avvicinarsi e di chiedere a qualche
cameriere di andare a cercare Christian e di farlo uscire, ma una volta davanti
al locale, appena chiese del fidanzato, un uomo sulla quarantina l’avvicinò con
aria molto cortese e la invitò ad entrare.
- No aspetti, volevo chiederle di chiamare Christian, il signor
XX - cercò di spiegare, mentre si guardava intorno controllando che nessuno le
fissasse i piedi.
- Lei è la signorina xx? - le chiese l’uomo che sembrava non
ascoltarla.
- Sì, sono io e ora mi può chiamare il signor XX per favore? -
rispose sorpresa Elisa, stupendosi di essere così attesa, e spaventandosi al
pensiero che la notizia che sarebbe dovuta andare via avrebbe deluso molto il
ragazzo che l’attendeva con ansia, insieme a personaggi molto importanti per
lui.
- Ho ricevuto ordini precisi di farla entrare appena fosse
arrivata - le disse l’uomo trascinandola con cortesia, ma con aria minacciosa
sempre più all’interno del locale.
- Ma lei non capisce, aspetti non posso entrare, io ho… -
cercava di spiegargli Elisa, quando si accorse che due giovani cameriere la
fissavano da testa ai piedi ridendo.
- …mi porti dal signor XX, per favore - concluse Elisa non
volendo dare la soddisfazione alle due cameriere che ridevano di lei e delle sue
scarpe, e cercando di assumere l’aria di chi non ha niente che non vada.
La stanza in cui l’uomo la condusse era completamente deserta e
buia, Elisa si voltò per dire all’uomo che c’era una errore, ma di lui non c’era
più traccia. Sola nella stanza buia la ragazza rimase per un attimo immobile
cercando di capire cosa stesse accadendo, trattenne il fiato per un attimo,
ricordando lo strano comportamento del fidanzato negli ultimi giorni e le strane
risatine della madre che s’interrompevano non appena lei entrava nella
stanza.
All’improvviso la sala buia s’illuminò di una luce fiocca, e
mentre dal pavimento usciva del fumo dall’odore di talco, dal tetto scendevano
palloncini di tutti i colori, e davanti a lei, nonostante il fumo intenso, Elisa
scorse la figura di Christian. Alto, fisico atletico, sembrava quasi un Dio
greco, o comunque qualche figura mitologica di cui la giovane non ricordava mai
il nome.
Mentre il fumo si dilatava e i palloncini finivano di cadere,
una musica nota alla giovane cominciò a suonare ed invadere ogni angolo della
stanza in cui si trovava; presa tra le braccia di Christian si lasciò trascinare
in un ballo che percorreva la stanza ricoperta da palloncini colorati e
striscioni con la scritta "VUOI SPOSARMI?".
Con le lacrime che le rigavano il viso dopo alcuni lenti
volteggi Elisa si fermò con le gambe tremanti e mentre guardava emozionata negli
occhi il giovane che aveva davanti, con un filo di voce chiese:
- Perché? -
Christian la guardò con i suoi occhi neri penetranti e con la
sua solita aria ironica e sfacciata, e rispose guardandola con un sorriso
beffardo ma dolce:
- Perché neanche cercandola in ogni angolo del globo potrei
trovare una ragazza tanto imbranata da presentarsi ad una delle richieste di
matrimonio più romantiche degli ultimi tempi, vestita con una grazioso abito da
sera ma indossando delle ridicole scarpe da ginnastica logore. –
La ragazza, che si era dimenticata delle scarpe che portava ai
piedi, si portò la mano alla bocca e rimase imbambolata a guardarsi i piedi.
- Perché ti amo sciocca! - le disse togliendole le mani dalla
bocca con una mano, sollevandole il viso con l’altra e tirando fuori dalla tasca
una piccola scatolina nera.
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