Per Sherlock è arrivato il momento di fare qualcosa. La noia lo assale
e in quei momenti anche il caso più banale può essere preso in
considerazione. Soprattutto se lo porta a lavorare nuovamente con il
suo migliore amico.
Mentre i personaggi principali ovviamente non mi appartengono, i
personaggi secondari e il caso affrontato in questo capitolo sono
completamente miei, quindi me ne prendo tutte le eventuali colpe.
Buona lettura.
2
Questa mattina, John è
venuto a trovarmi. Stavo bevendo una tazza di tè mentre leggevo il
giornale alla ricerca di un caso, uno qualsiasi, che potesse
distogliermi dalla noia mortale in cui stavo sprofondando.
“Finalmente i
giornalisti si sono stancati di appostarsi qui sotto.” ha esordito
entrando nella stanza.
Ho abbassato il
giornale e l'ho guardato stupito.
“Hai tagliato i
baffi.”
“Sì.” ha
confermato sedendosi sulla sua poltrona. “Qualcuno mi ha
fatto notare che erano ridicoli. E anche Mary trova che stia meglio
senza.”
Ho nascosto una risata
alzando il giornale davanti al mio viso.
“Come vanno i
preparativi per il matrimonio?”
“Bene, bene. A questo
proposito...”
“No.”
“Scusa?”
“Non ti farò da
testimone.”
“Non mi pare di
avertelo chiesto.”
Ho abbassato il
giornale guardandolo perplesso. Ridacchiava. Mi stava
prendendo in giro?
“E allora chi sarebbe
il tuo testimone?”
“Mia sorella.”
“Cosa? Tua sorella?
D'accordo che è lesbica, ma non può essere lei il tuo testimone di
nozze!”
“E allora chi
suggeriresti? Ovviamente tu ti autoescluderai visto che mi hai
appena detto che non vuoi farlo.”
“Mike Stamford.”
“Non ci sarà al
matrimonio. Sua madre è molto malata e sta seguendo delle cure
sperimentali in Svizzera. Non può lasciare il suo capezzale neanche
per un giorno.”
“Lestrade.”
“Gliel'ho già
chiesto, ma dato che ha appena divorziato non se la sente.”
Ho sospirato. Tutto ciò
stava diventando ridicolo.
“Tu vuoi che io mi
offra volontario, vero?” ho chiesto rendendomi conto che era
l'unica spiegazione possibile.
“Non capisco.”
“Non vuoi chiedermi
di essere il tuo testimone, vuoi che io mi offra. Vuoi che ti
implori.”
“Non so di cosa stai
parlando.”
“Come se potessi
mentirmi!” ho urlato alzandomi e lanciando il giornale per aria.
“Beh, questi giochetti non funzionano con me, John. Vuoi tua
sorella come testimone? Fai pure! Tra l'altro non capisco perché ne
parliamo, io non sono neanche invitato alle nozze.” ho concluso
avvicinandomi alla finestra e dandogli le spalle.
“Sì che lo sei. Non
hai un invito solo perché sino alla scorsa settimana eri morto, ma è
ovvio che sei invitato. Sei il mio migliore amico. Qualunque cosa
significhi oggi.”
Mi sono voltato e l'ho
osservato.
“Se è così, cosa
volevi dirmi poco fa?”
“Esattamente questo.
Volevo invitarti di persona alle mie nozze. Sarei onorato se tu ci
fossi. Non avevo intenzione di chiederti di essere il mio testimone
perché sapevo bene che avresti rifiutato. Non sono stupido.”
“Capisco.” ho detto
abbassando lo sguardo. “Faccio fatica con queste cose.”
“Lo so.” ha
concluso alzandosi dalla poltrona. “Ora è meglio che vada. Devo
aprire lo studio tra dieci minuti. Quindi ci sarai, vero?”
“Non mancherei per
niente al mondo.” ho replicato con un sorriso complice che John ha
ricambiato.
Dopodiché ho afferrato
il violino e ho iniziato a suonare la marcia nuziale. John è
scoppiato a ridere e se n'è andato.
È tornato qualche ora
dopo. Stavo suonando il violino nel vano tentativo di sopportare la
noia che mi stava inghiottendo. Ho sentito i suoi passi veloci sulle
scale. Sembrava impaziente.
“Bentornato John.”
ho detto senza smettere di suonare.
“Potrei avere un caso
per te.” ha esclamato con aria entusiasta.
Ho interrotto subito.
Mi sono seduto abbracciando il mio violino e, usando l'archetto, ho
fatto cenno al mio amico di sedersi di fronte a me.
“Dimmi.”
“Un mio paziente.
Qualcuno si è introdotto in casa sua e ha rubato degli oggetti.”
“Di valore?”
“No, è questa la
cosa strana. Hanno rubato cose banali, come un ombrello, una sciarpa
e un cappello, un pettine per capelli e alcune fotografie.”
Ho poggiato il violino
e unendo le mani davanti al volto mi sono proteso verso di lui.
“Chi ritraevano le
foto?”
“Lui quando era più
giovane.”
“Da solo?”
“Sì.”
“Ne sei sicuro?”
“Sì.”
“Voglio parlare con
lui.”
John ha sorriso
compiaciuto.
“Lo immaginavo. Sarà
qui tra poco.”
Ho annuito e mi sono
alzato nuovamente, ricominciando a suonare il violino.
John si è alzato e mi
ha raggiunto poco dopo, posizionandosi di fronte a me, impedendomi di
concentrarmi. Ho dovuto smettere.
“Cosa c'è, John?”
“Oggi ho parlato con
Molly.”
“Ah, sì?” ho
domandato vago.
“Sì. Mi ha detto che
non approvi il suo fidanzato. Che c'è stata quasi una rissa.”
“Non è esatto. Quel
William mi ha colpito.”
“E tu non vedevi
l'ora di rispondere riempendolo di botte.”
“Volevo solo
difendermi, John. Non vedo cosa ci sia di strano.”
“Ma hai cambiato idea
quando Molly ti ha implorato. E mi ha anche detto che le hai detto
cose bellissime, come il fatto che lei è la tua unica vera amica.”
“Qual è il punto?”
“Il punto è
Molly. Avevo capito che la consideravi solo una dipendenza
affettiva. E invece tu tieni molto a lei. Più di quanto tu
stesso pensi. E che lo ammetti o no, sei geloso del suo fidanzato.”
“Non sono geloso.
Lui è un uomo violento e pericoloso. Ho solo cercato di metterla in
guardia. È un'ottima patologa, sarebbe un peccato perderla.”
“Certo, sarebbe un
peccato, come se perdessi il tuo cellulare o il tuo violino.”
“Ti ha raccontato la
conversazione parola per parola?”
“Più o meno. Era
molto colpita.”
“Forse ho esagerato,
ma volevo farle capire che la mia era una preoccupazione sincera. Non
volevo intendere nient'altro.”
“Certo. Come no. Sai,
Sherlock, sarebbe tutto molto più semplice per te se ogni tanto
ammettessi di avere torto. Di esserti sbagliato.”
“Non vedo perché
dovrei, visto che non mi capita quasi mai.”
John ha alzato le
sopracciglia con fare malizioso. Stava per dire qualcosa quando ha
suonato il campanello.
Il paziente di John,
Mr. Thompson, è un uomo di mezza età che lavora come dirigente per
una compagnia internazionale che produce bibite gassate.
Ci tiene a sembrare
più giovane di quello che è. Cerca di nascondere i suoi
capelli bianchi e va regolarmente a correre per evitare di prendere
peso. È divorziato e non ha figli. È un uomo dall'aspetto comune.
Non troppo alto, capelli castani e occhi verdi. Fisico né magro né
grasso. Né barba né baffi. Niente di particolare. Niente che salti
all'occhio. Un uomo come tanti e che può passare inosservato
ovunque.
John lo fa accomodare
sulla poltrona e l'uomo inizia a raccontarmi la sua storia.
“È iniziato tutto
una settimana fa. Per prima cosa è sparita una delle foto in sala.
Ritraeva me il giorno della mia laurea. Poi una foto del mio
matrimonio. L'unica che avevo in effetti. Ritraeva solo me, ecco
perché la mia ex moglie non l'ha portata via. Poi sono spariti
ombrello, cappello e sciarpa. E infine il mio pettine e un'altra
foto. Mi ritraeva alla partenza di una maratona l'anno scorso.”
“Una maratona?”
“Sì, per
beneficienza. Sono arrivato ventesimo. Considerato che alla partenza
eravamo duecento, non mi posso lamentare. Sono solo un dilettante,
dopotutto.”
“Proceda.”
“In merito alle foto,
ho pensato le avesse spostate la donna delle pulizie, Mrs. Smith, ma
lei ha giurato di non averlo fatto. Pensava fossi stato io a
spostarle per qualche ragione. Per l'ombrello, la sciarpa e il
cappello, ero convinto di averli lasciati a lavoro, ma non era così.
Credo che qualcuno si sia introdotto in casa mia, ma non ho idea del
perché né tantomeno del motivo che può spingere a rubare dei
banali oggetti e delle fotografie.”
“Ha qualche altra
prova del fatto che c'è stato un estraneo in casa? Non so,
impronte?”
“No, purtroppo. Ma
forse lei potrebbe notare qualcosa che mi è sfuggito. Vuole venire a
dare un'occhiata?”
Il caso non era dei più
brillanti mi sia mai stato sottoposto, ma ero davvero, davvero,
disperato. Quindi, cercando di non apparire troppo entusiasta, ho
acconsentito, per la gioia di Mr. Thompson.
Ci siamo diretti in
taxi presso l'appartamento di Mr. Thompson. E durante il tragitto ho
potuto rivolgergli altre domande.
“Oltre a Mrs. Smith,
ha altri domestici?”
“No.”
“Altre persone
frequentano la casa? Amici? Amiche? Amanti?”
“No, cosa vuole
insinuare?”
“Lei non ha figli
legittimi, ne ha forse qualcuno illegittimo?”
“No! Ma cosa...”
“Qual è esattamente
il suo lavoro? Come dirigente, che compiti ha?”
“Non credo di poter
rivelare ciò, è riservato.”
“Lo immaginavo. Lei
si occupa dei nuovi prodotti immessi sul mercato, giusto? La
concorrenza pagherebbe bene per avere accesso a queste informazioni.
Mi sbaglio?”
“No, ha ragione. Io
mi occupo di valutare e approvare i nuovi prodotti. Ovviamente,
rivelare queste informazioni sarebbe spionaggio industriale, quindi
si tratta di notizie altamente riservate.”
“Capisco.” ho detto
concludendo il discorso mentre il taxi si fermava di fronte a un
elegante palazzina in centro.
Siamo scesi dall'auto e
all'ingresso ci attendeva una donna sulla quarantina, dai lunghi
capelli rossi legati in una treccia e dal viso pallido.
Grembiule, è la
governante, Mrs. Smith. Nessun anello. Non è sposata. Non è mai
stata sposata, ma ha un figlio. Illegittimo quindi. Occhi arrossati,
ha pianto. Guarda il suo principale con adorazione. Ne è innamorata.
“Buongiorno, Mrs.
Smith.” l'ho salutata prima ancora che ci venisse presentata. “Suo
figlio è in casa?”
Lei ha sussultato,
portandosi una mano al petto.
“Figlio?” ha
chiesto Mr. Thompson confuso.
“Sì, suo figlio. Il
ragazzo di circa vent'anni per cui Mrs. Smith ha cucinato e per il
quale passa la notte in lacrime. Si è di nuovo messo nei guai?”
“Io... Io non so di
cosa parla.” ha mentito con voce tremante. “Mr. Thompson, che
cosa vuole quest'uomo da me?”
“Non si preoccupi,
Mrs. Smith, quest'uomo sta solo indagando sui furti avvenuti in
casa... E ovviamente sta esagerando.”
ha spiegato il padrone di
casa guardandomi con astio.
Anche lui è
innamorato di lei.
Li ho temporaneamente
ignorati e mi sono diretto all'interno della casa. Nella sala ho
identificato subito il punto in cui erano presenti le foto scomparse.
Ho curiosato intorno e alla fine ho trovato ciò che cercavo.
Impronte. Dita
sporche di olio. Troppo grandi per essere quelle di Mrs. Smith.
Troppo sottili per essere quelle di Mr. Thompson. Erano proprio sul
mobile in cui erano esposte le foto. Di lato, come se chi ha preso le
foto si sia temporaneamente appoggiato al mobile per osservarle.
“Mrs. Smith, vorremo
parlare con suo figlio. Dove si trova?”
“Io non so di
cosa...”
“La prego, smetta di
mentire. Nessuno la ritiene responsabile dei guai che combina suo
figlio, ma se continua a nasconderlo dovremo considerarla una
complice. Inoltre, se davvero ama Mr. Thompson, non consentirà che
suo figlio lo metta nei guai. Mi sbaglio?”
Il viso della donna ha
perso colore, mentre il viso del padrone di casa è avvampato.
“Mr. Holmes, sta
esagerando. Non le consento di fare queste assurde supposizioni. Mrs.
Smith le ha già detto che non sa di che parla.” ha obiettato Mr.
Thompson.
“Oh, sì che lo sa.
Sa perfettamente di cosa parlo.” ho detto avvicinandomi a
loro e fissando la donna negli occhi.
Lei è scoppiata a
piangere coprendosi il viso con le mani.
“Oh, Mr. Thompson, mi
dispiace così tanto...” ha ceduto infine. “George è sempre
stato un ragazzo difficile, è cresciuto senza un padre, e quando mi
ha chiesto di ospitarlo non ho potuto negarglielo...”
“Non capisco...” ha
replicato lui guardandola con affetto.
“George ha visto le
sue foto e ha creduto di essere suo figlio... Temo le abbia prese per
ricattarla.”
“Dove si trova ora?”
“Non lo so... Ha
detto che sarebbe diventato ricco ed è uscito. Credevo fosse venuto
a cercarla in ufficio, Mr. Thompson.”
Ho sorriso brevemente.
Esattamente come pensavo.
“Andiamo. Mr.
Thompson, ci conduca al suo ufficio.” l'ho invitato mentre mi
dirigevo già fuori dall'appartamento.
Dopo un silenzioso
tragitto in taxi, siamo scesi di fronte al grande edificio che
costituisce la sede dell'azienda in cui lavora Mr. Thompson.
“Buongiorno, Mr.
Thompson.” ha detto la guardia all'ingresso. “È tornato?”
Mi sono fermato
immediatamente e ho osservato il portiere. John e Mr. Thompson sono
rimasti alle mie spalle.
Sessant'anni.
Fumatore. Sovrappeso. Diabetico, ha appena mangiato un cheeseburger,
pur sapendo che non dovrebbe. Sposato da più vent'anni. Tre figli.
Vicino alla pensione. Nell'insieme, un onesto lavoratore. Non mente.
“Tornato? Quando ha
visto Mr. Thompson l'ultima volta?”
“Un'ora fa.”
“Come era vestito Mr.
Thompson un'ora fa?”
“Aveva un lungo
cappotto scuro, cappello, sciarpa e ombrello...”
“E non ha notato
niente di strano?”
“No. È salito di
corsa, mi ha a mala pena salutato, ho creduto fosse di fretta. Non mi
ero accorto fosse uscito, devo essermi distratto...”
“Non si è distratto.
Semplicemente non è mai uscito.”
“Cosa, ma allora...”
Ignorandolo, siamo
saliti in fretta e furia all'ultimo piano dove c'era l'ufficio di Mr.
Thompson. Ed eccolo lì. Il piccolo furfante che frugava tra i
documenti.
Mrs. Smith non aveva
né ammesso né negato che il padre di suo figlio fosse Mr. Thompson,
ma era evidente che non era così. Sì, avevano una certa affinità,
ma non erano parenti. Ci sono cose in genetica che sono molto
semplici. Tratti fisici che si possono avere solo se ereditati
direttamente da un genitore. E il colore degli occhi di George Smith
non era stato ereditato da sua madre, né da Mr. Thompson. Quindi,
nonostante quello che questo ragazzo credeva, Mr. Thompson non era
suo padre.
“Hai trovato quello
che cercavi, George?” ho domandato appena fatta irruzione
nell'ufficio.
Il ragazzo si è
bloccato tenendo le mani cariche di documenti a mezz'aria. Quando ha
riconosciuto Mr. Thompson si è irrigidito. E poi, con un rapido
scatto, ha lanciato in aria i documenti ed è scappato. L'ho seguito
immediatamente, correndo dietro di lui evitando sedie, scrivanie e
pilastri disseminati in tutto l'ufficio. Sarà anche un ragazzo di
vent'anni, ma io ho le gambe più lunghe. L'ho raggiunto e bloccato
poco prima che imboccasse le scale.
Quando Mr. Thompson e
John sono arrivati, gli tenevo i polsi dietro la schiena usando una
sola mano, mentre con l'altra facevo partire una telefonata.
“Lestrade? Ciao, so
che non ti occupi più tu di queste cose, ma ho qui un ladruncolo che
cercava di fare dello spionaggio industriale. Puoi mandarmi qualcuno
dei tuoi agenti meno irritanti?”
Mezz'ora dopo lo
stavano portando via ammanettato.
“Io non capisco.
Perché?”
“Voleva ricattarla
credendo di essere suo figlio, ecco il perché del furto delle foto e
del pettine, aveva bisogno di prove fotografiche e genetiche. In
attesa del risultato del test del DNA, che ovviamente sarà negativo,
ha comunque pensato di sfruttare la vostra somiglianza per introdursi
nel suo ufficio e appropriarsi di documenti riservati da vendere alla
concorrenza. Pensava che avrebbe potuto guadagnarci parecchio.”
“Quindi la sciarpa,
il cappello e l'ombrello...”
“Servivano ad entrare
nell'edificio facendosi passare per lei. Quel ragazzo non sarà un
genio, ma non è nemmeno stupido.”
“E Mrs. Smith...”
“Lei è innocente, ma
è una madre. Non poteva denunciare suo figlio, ma si sentiva in
colpa, soprattutto perché è follemente innamorata di lei. Dal
momento che lei ricambia, dovrebbe sposarla e avere dei figli prima
che sia troppo tardi. Ora se non le dispiace, torno al mio placido
appartamento. Addio.”
Prima di ottenere
risposta avevo fermato un taxi e ci stavo salendo. Seguito qualche
secondo dopo da John.
“Sono un po'
arrugginito, puoi spiegarmi come hai fatto?” ha chiesto appena il
taxi è partito.
“Avevo l'idea che si
trattasse di un figlio segreto già prima di arrivare a casa di Mr.
Thompson, ma avevo creduto che fosse davvero suo figlio
illegittimo. Comunque, è bastato uno sguardo a Mrs. Smith per capire
che era una madre addolorata. Oggi ha cucinato frittelle, certo non
per Mr. Thompson, ma per qualcuno che lei considererà sempre un
bambino. Suo figlio. Gli occhi rossi di pianto facevano
capire che il suo bambino era un mascalzone, e di sicuro non
era la prima volta che la faceva piangere. Le impronte oleose vicino
alle foto erano di una terza persona che mangia patatine fritte,
quindi un ragazzo.”
“E del
travestimento?”
“Perché rubare una
sciarpa, un cappello e un ombrello? Per camuffarsi con qualcosa di
riconoscibile di Mr. Thompson.”
“E il test del DNA?”
“Pettine con capelli.
Prove genetiche.”
“E le foto invece...”
“Le foto erano la
prova della somiglianza. Qualsiasi giornale ci avrebbe creduto.”
“Tu però hai capito
subito che non possono essere parenti.”
“Mrs. Smith e Mr.
Thompson hanno gli occhi verdi, George ha gli occhi neri. Basta una
minima preparazione in genetica per capire che il padre deve essere
un altro. Mi deludi, John, sei un medico.”
“Sono un medico, ma
non sono riuscito a vedere il colore degli occhi prima che scappasse
via correndo come un pazzo. E in ogni caso, ero distratto da altro.
Tu invece in due secondi avevi già radiografato ogni cosa. Mi ero
scordato di quanto potessi essere veloce con le tue deduzioni.”
Ho sorriso brevemente e
non ho replicato. Mi mancavano i complimenti sinceri di John.
Arrivati a Baker
Street, appena entrati abbiamo sentito Mrs. Hudson ridere allegra.
Non era sola.
Una giacca blu era
appesa all'ingresso e profumava di frutti esotici. Una donna. Mary,
la fidanzata di John.
Senza attendere di
appurare che avevo ovviamente ragione, mi sono diretto direttamente
al piano di sopra, mentre John ha raggiunto le due donne.
Mi sono tolto la giacca
e ho preso il mio violino, continuando a suonare ciò che avevo
interrotto nel pomeriggio.
È stato davvero bello
tornare a lavorare. Ed è stato
ancora più bello farlo con John. Non
era un caso particolarmente difficile o affascinante, ma è stato un
inizio. Mi ha aiutato ad affrontare la noia di oggi e mi ha
riportato John. Devo essere grato a quel delinquente di George Smith.
Ho sentito John salire
le scale, da solo per fortuna.
“Mrs. Hudson ha
preparato il tè, vuoi scendere? Vorrei che conoscessi Mary.”
“Sarò il tuo
testimone di nozze, se lo vuoi.” ho detto tutto d'un fiato,
continuando a suonare rivolto alla finestra.
Lui non ha replicato.
Il silenzio è durato quasi un minuto, poi ho sentito che si sedeva
sulla sua poltrona.
“Pensavo non
volessi.”
“Ho cambiato idea.”
“Perché?”
A quel punto mi sono
voltato, ho poggiato il violino e mi sono seduto di fronte a lui.
“Perché sei il mio
migliore amico e per te è importante. E perché nemmeno tu vorresti
tua sorella come testimone...”
“Io ed Harry andiamo
molto d'accordo ultimamente.”
“Ma continui a non
fidarti di lei perché temi possa ricominciare a bere.”
“E' vero, ma non è
solo questo. Andiamo d'accordo, ma non è il mio migliore amico. Lei
o chiunque altro poteva andare bene se non ci fossi stato tu, ma
tu ci sei. E, sì, non te l'ho chiesto perchè sapevo avresti
rifiutato, ma ho sperato davvero che tu ti offrissi volontario.
Quindi, grazie.” ha concluso con un sorriso e gli occhi lucidi.
Ancora tutta questa
emotività, riuscirò a uscire vivo da quel matrimonio?
“Bene allora. Lo
farò. Mi vestirò appropriatamente e farò un discorso fasullo e
sentimentale come è d'uso in queste occasioni.”
“No. Non
voglio che fingi. Se farai un discorso, e chiaramente non sei
obbligato a farlo, sii sincero. Non mi importa quello che si fa di
solito.
Voglio che tu sia te stesso.”
“Sei sicuro? Sai che
posso essere...”
“Un vero stronzo?
Sì, lo so. Ma sei uno stronzo amico mio, quindi so che ti
comporterai bene, pur essendo te stesso.”
Ci siamo fissati per
qualche secondo, come sfidandoci, e poi siamo scoppiati a ridere
entrambi. In quel momento, Mary ha fatto capolino dalla porta.
“Toc toc, è
permesso?”
“Mary! Certo, vieni,
vi presento.” ha detto entusiasta John prendendola per mano e
portandola di fronte a me. “Mary, lui è Sherlock Holmes, il mio
migliore amico e testimone di nozze. Sherlock, lei è Mary Morstan,
la mia bellissima futura sposa.”
Magra,
eccessivamente. Denti curati ossessivamente. Ha un passato di
disturbi alimentari. Bulimia. Probabilmente a causa della scarsa
autostima inculcatale dalla madre, ormai defunta.
Ho fatto un cenno di
saluto con il capo, mordendomi la lingua per non dire quello che
pensavo.
“Oh, sì, so chi è
Sherlock Holmes. John mi ha parlato tanto di lei e, ovviamente, avevo
letto gli articoli sui giornali. Di persona ha un aspetto migliore.
Non è molto fotogenico.”
Ho aperto la bocca per
replicare ma John mi ha fermato immediatamente.
“Allora, andiamo a
bere questo tè!” ha annunciato trascinando Mary lontano e
lanciandomi un'occhiata ammonitrice.
Ho lasciato perdere e non ho detto nulla. Solo per fare piacere a John.
Ma temo che sarà
difficile riuscire a comportarmi bene al loro matrimonio.
CONTINUA
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