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Autore: marthiachan    04/08/2013    3 recensioni
"La mia vecchia vita non esiste più, devo costruirmene una nuova.
Dovrò ricostruirla da capo.
Le mie abitudini e i miei legami precedenti sono stati distrutti.
Detesto doverlo fare. Vorrei solo tornare ad avere quello che avevo tre anni fa. Perché, anche se non l’ho mai ammesso, in un modo assurdo e inspiegabile per tutti ma assolutamente logico per me, ero felice.
Voglio riavere quello che ho perso.
Voglio essere di nuovo felice."
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson , Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sherlock's Diary'
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Per Sherlock è arrivato il momento di fare qualcosa. La noia lo assale e in quei momenti anche il caso più banale può essere preso in considerazione. Soprattutto se lo porta a lavorare nuovamente con il suo migliore amico.

Mentre i personaggi principali ovviamente non mi appartengono, i personaggi secondari e il caso affrontato in questo capitolo sono completamente miei, quindi me ne prendo tutte le eventuali colpe.

Buona lettura.



2


Questa mattina, John è venuto a trovarmi. Stavo bevendo una tazza di tè mentre leggevo il giornale alla ricerca di un caso, uno qualsiasi, che potesse distogliermi dalla noia mortale in cui stavo sprofondando.
“Finalmente i giornalisti si sono stancati di appostarsi qui sotto.” ha esordito entrando nella stanza.
Ho abbassato il giornale e l'ho guardato stupito.
“Hai tagliato i baffi.”
“Sì.” ha confermato sedendosi sulla sua poltrona. “Qualcuno mi ha fatto notare che erano ridicoli. E anche Mary trova che stia meglio senza.”
Ho nascosto una risata alzando il giornale davanti al mio viso.
“Come vanno i preparativi per il matrimonio?”
“Bene, bene. A questo proposito...”
“No.”
“Scusa?”
“Non ti farò da testimone.”
“Non mi pare di avertelo chiesto.”
Ho abbassato il giornale guardandolo perplesso. Ridacchiava. Mi stava prendendo in giro?
“E allora chi sarebbe il tuo testimone?”
“Mia sorella.”
“Cosa? Tua sorella? D'accordo che è lesbica, ma non può essere lei il tuo testimone di nozze!”
“E allora chi suggeriresti? Ovviamente tu ti autoescluderai visto che mi hai appena detto che non vuoi farlo.”
“Mike Stamford.”
“Non ci sarà al matrimonio. Sua madre è molto malata e sta seguendo delle cure sperimentali in Svizzera. Non può lasciare il suo capezzale neanche per un giorno.”
“Lestrade.”
“Gliel'ho già chiesto, ma dato che ha appena divorziato non se la sente.”
Ho sospirato. Tutto ciò stava diventando ridicolo.
“Tu vuoi che io mi offra volontario, vero?” ho chiesto rendendomi conto che era l'unica spiegazione possibile.
“Non capisco.”
“Non vuoi chiedermi di essere il tuo testimone, vuoi che io mi offra. Vuoi che ti implori.”
“Non so di cosa stai parlando.”
“Come se potessi mentirmi!” ho urlato alzandomi e lanciando il giornale per aria. “Beh, questi giochetti non funzionano con me, John. Vuoi tua sorella come testimone? Fai pure! Tra l'altro non capisco perché ne parliamo, io non sono neanche invitato alle nozze.” ho concluso avvicinandomi alla finestra e dandogli le spalle.
“Sì che lo sei. Non hai un invito solo perché sino alla scorsa settimana eri morto, ma è ovvio che sei invitato. Sei il mio migliore amico. Qualunque cosa significhi oggi.”
Mi sono voltato e l'ho osservato.
“Se è così, cosa volevi dirmi poco fa?”
“Esattamente questo. Volevo invitarti di persona alle mie nozze. Sarei onorato se tu ci fossi. Non avevo intenzione di chiederti di essere il mio testimone perché sapevo bene che avresti rifiutato. Non sono stupido.”
“Capisco.” ho detto abbassando lo sguardo. “Faccio fatica con queste cose.”
“Lo so.” ha concluso alzandosi dalla poltrona. “Ora è meglio che vada. Devo aprire lo studio tra dieci minuti. Quindi ci sarai, vero?”
“Non mancherei per niente al mondo.” ho replicato con un sorriso complice che John ha ricambiato.
Dopodiché ho afferrato il violino e ho iniziato a suonare la marcia nuziale. John è scoppiato a ridere e se n'è andato.

È tornato qualche ora dopo. Stavo suonando il violino nel vano tentativo di sopportare la noia che mi stava inghiottendo. Ho sentito i suoi passi veloci sulle scale. Sembrava impaziente.
“Bentornato John.” ho detto senza smettere di suonare.
“Potrei avere un caso per te.” ha esclamato con aria entusiasta.
Ho interrotto subito. Mi sono seduto abbracciando il mio violino e, usando l'archetto, ho fatto cenno al mio amico di sedersi di fronte a me.
“Dimmi.”
“Un mio paziente. Qualcuno si è introdotto in casa sua e ha rubato degli oggetti.”
“Di valore?”
“No, è questa la cosa strana. Hanno rubato cose banali, come un ombrello, una sciarpa e un cappello, un pettine per capelli e alcune fotografie.”
Ho poggiato il violino e unendo le mani davanti al volto mi sono proteso verso di lui.
“Chi ritraevano le foto?”
“Lui quando era più giovane.”
“Da solo?”
“Sì.”
“Ne sei sicuro?”
“Sì.”
“Voglio parlare con lui.”
John ha sorriso compiaciuto.
“Lo immaginavo. Sarà qui tra poco.”
Ho annuito e mi sono alzato nuovamente, ricominciando a suonare il violino.
John si è alzato e mi ha raggiunto poco dopo, posizionandosi di fronte a me, impedendomi di concentrarmi. Ho dovuto smettere.
“Cosa c'è, John?”
“Oggi ho parlato con Molly.”
“Ah, sì?” ho domandato vago.
“Sì. Mi ha detto che non approvi il suo fidanzato. Che c'è stata quasi una rissa.”
“Non è esatto. Quel William mi ha colpito.”
“E tu non vedevi l'ora di rispondere riempendolo di botte.”
“Volevo solo difendermi, John. Non vedo cosa ci sia di strano.”
“Ma hai cambiato idea quando Molly ti ha implorato. E mi ha anche detto che le hai detto cose bellissime, come il fatto che lei è la tua unica vera amica.”
“Qual è il punto?”
Il punto è Molly. Avevo capito che la consideravi solo una dipendenza affettiva. E invece tu tieni molto a lei. Più di quanto tu stesso pensi. E che lo ammetti o no, sei geloso del suo fidanzato.”
“Non sono geloso. Lui è un uomo violento e pericoloso. Ho solo cercato di metterla in guardia. È un'ottima patologa, sarebbe un peccato perderla.”
“Certo, sarebbe un peccato, come se perdessi il tuo cellulare o il tuo violino.”
“Ti ha raccontato la conversazione parola per parola?”
“Più o meno. Era molto colpita.”
“Forse ho esagerato, ma volevo farle capire che la mia era una preoccupazione sincera. Non volevo intendere nient'altro.”
“Certo. Come no. Sai, Sherlock, sarebbe tutto molto più semplice per te se ogni tanto ammettessi di avere torto. Di esserti sbagliato.”
“Non vedo perché dovrei, visto che non mi capita quasi mai.”
John ha alzato le sopracciglia con fare malizioso. Stava per dire qualcosa quando ha suonato il campanello.
Il paziente di John, Mr. Thompson, è un uomo di mezza età che lavora come dirigente per una compagnia internazionale che produce bibite gassate.
Ci tiene a sembrare più giovane di quello che è. Cerca di nascondere i suoi capelli bianchi e va regolarmente a correre per evitare di prendere peso. È divorziato e non ha figli. È un uomo dall'aspetto comune. Non troppo alto, capelli castani e occhi verdi. Fisico né magro né grasso. Né barba né baffi. Niente di particolare. Niente che salti all'occhio. Un uomo come tanti e che può passare inosservato ovunque.
John lo fa accomodare sulla poltrona e l'uomo inizia a raccontarmi la sua storia.
“È iniziato tutto una settimana fa. Per prima cosa è sparita una delle foto in sala. Ritraeva me il giorno della mia laurea. Poi una foto del mio matrimonio. L'unica che avevo in effetti. Ritraeva solo me, ecco perché la mia ex moglie non l'ha portata via. Poi sono spariti ombrello, cappello e sciarpa. E infine il mio pettine e un'altra foto. Mi ritraeva alla partenza di una maratona l'anno scorso.”
“Una maratona?”
“Sì, per beneficienza. Sono arrivato ventesimo. Considerato che alla partenza eravamo duecento, non mi posso lamentare. Sono solo un dilettante, dopotutto.”
“Proceda.”
“In merito alle foto, ho pensato le avesse spostate la donna delle pulizie, Mrs. Smith, ma lei ha giurato di non averlo fatto. Pensava fossi stato io a spostarle per qualche ragione. Per l'ombrello, la sciarpa e il cappello, ero convinto di averli lasciati a lavoro, ma non era così. Credo che qualcuno si sia introdotto in casa mia, ma non ho idea del perché né tantomeno del motivo che può spingere a rubare dei banali oggetti e delle fotografie.”
“Ha qualche altra prova del fatto che c'è stato un estraneo in casa? Non so, impronte?”
“No, purtroppo. Ma forse lei potrebbe notare qualcosa che mi è sfuggito. Vuole venire a dare un'occhiata?”
Il caso non era dei più brillanti mi sia mai stato sottoposto, ma ero davvero, davvero, disperato. Quindi, cercando di non apparire troppo entusiasta, ho acconsentito, per la gioia di Mr. Thompson.
Ci siamo diretti in taxi presso l'appartamento di Mr. Thompson. E durante il tragitto ho potuto rivolgergli altre domande.
“Oltre a Mrs. Smith, ha altri domestici?”
“No.”
“Altre persone frequentano la casa? Amici? Amiche? Amanti?”
“No, cosa vuole insinuare?”
“Lei non ha figli legittimi, ne ha forse qualcuno illegittimo?”
“No! Ma cosa...”
“Qual è esattamente il suo lavoro? Come dirigente, che compiti ha?”
“Non credo di poter rivelare ciò, è riservato.”
“Lo immaginavo. Lei si occupa dei nuovi prodotti immessi sul mercato, giusto? La concorrenza pagherebbe bene per avere accesso a queste informazioni. Mi sbaglio?”
“No, ha ragione. Io mi occupo di valutare e approvare i nuovi prodotti. Ovviamente, rivelare queste informazioni sarebbe spionaggio industriale, quindi si tratta di notizie altamente riservate.”
“Capisco.” ho detto concludendo il discorso mentre il taxi si fermava di fronte a un elegante palazzina in centro.
Siamo scesi dall'auto e all'ingresso ci attendeva una donna sulla quarantina, dai lunghi capelli rossi legati in una treccia e dal viso pallido.
Grembiule, è la governante, Mrs. Smith. Nessun anello. Non è sposata. Non è mai stata sposata, ma ha un figlio. Illegittimo quindi. Occhi arrossati, ha pianto. Guarda il suo principale con adorazione. Ne è innamorata.
“Buongiorno, Mrs. Smith.” l'ho salutata prima ancora che ci venisse presentata. “Suo figlio è in casa?”
Lei ha sussultato, portandosi una mano al petto.
“Figlio?” ha chiesto Mr. Thompson confuso.
“Sì, suo figlio. Il ragazzo di circa vent'anni per cui Mrs. Smith ha cucinato e per il quale passa la notte in lacrime. Si è di nuovo messo nei guai?”
“Io... Io non so di cosa parla.” ha mentito con voce tremante. “Mr. Thompson, che cosa vuole quest'uomo da me?”
“Non si preoccupi, Mrs. Smith, quest'uomo sta solo indagando sui furti avvenuti in casa... E ovviamente sta esagerando.” ha spiegato il padrone di casa guardandomi con astio.
Anche lui è innamorato di lei.
Li ho temporaneamente ignorati e mi sono diretto all'interno della casa. Nella sala ho identificato subito il punto in cui erano presenti le foto scomparse. Ho curiosato intorno e alla fine ho trovato ciò che cercavo.
Impronte. Dita sporche di olio. Troppo grandi per essere quelle di Mrs. Smith. Troppo sottili per essere quelle di Mr. Thompson. Erano proprio sul mobile in cui erano esposte le foto. Di lato, come se chi ha preso le foto si sia temporaneamente appoggiato al mobile per osservarle.
“Mrs. Smith, vorremo parlare con suo figlio. Dove si trova?”
“Io non so di cosa...”
“La prego, smetta di mentire. Nessuno la ritiene responsabile dei guai che combina suo figlio, ma se continua a nasconderlo dovremo considerarla una complice. Inoltre, se davvero ama Mr. Thompson, non consentirà che suo figlio lo metta nei guai. Mi sbaglio?”
Il viso della donna ha perso colore, mentre il viso del padrone di casa è avvampato.
“Mr. Holmes, sta esagerando. Non le consento di fare queste assurde supposizioni. Mrs. Smith le ha già detto che non sa di che parla.” ha obiettato Mr. Thompson.
“Oh, sì che lo sa. Sa perfettamente di cosa parlo.” ho detto avvicinandomi a loro e fissando la donna negli occhi.
Lei è scoppiata a piangere coprendosi il viso con le mani.
“Oh, Mr. Thompson, mi dispiace così tanto...” ha ceduto infine. “George è sempre stato un ragazzo difficile, è cresciuto senza un padre, e quando mi ha chiesto di ospitarlo non ho potuto negarglielo...”
“Non capisco...” ha replicato lui guardandola con affetto.
“George ha visto le sue foto e ha creduto di essere suo figlio... Temo le abbia prese per ricattarla.”
“Dove si trova ora?”
“Non lo so... Ha detto che sarebbe diventato ricco ed è uscito. Credevo fosse venuto a cercarla in ufficio, Mr. Thompson.”
Ho sorriso brevemente. Esattamente come pensavo.
“Andiamo. Mr. Thompson, ci conduca al suo ufficio.” l'ho invitato mentre mi dirigevo già fuori dall'appartamento.
Dopo un silenzioso tragitto in taxi, siamo scesi di fronte al grande edificio che costituisce la sede dell'azienda in cui lavora Mr. Thompson.
“Buongiorno, Mr. Thompson.” ha detto la guardia all'ingresso. “È tornato?”
Mi sono fermato immediatamente e ho osservato il portiere. John e Mr. Thompson sono rimasti alle mie spalle.
Sessant'anni. Fumatore. Sovrappeso. Diabetico, ha appena mangiato un cheeseburger, pur sapendo che non dovrebbe. Sposato da più vent'anni. Tre figli. Vicino alla pensione. Nell'insieme, un onesto lavoratore. Non mente.
Tornato? Quando ha visto Mr. Thompson l'ultima volta?”
“Un'ora fa.”
“Come era vestito Mr. Thompson un'ora fa?”
“Aveva un lungo cappotto scuro, cappello, sciarpa e ombrello...”
“E non ha notato niente di strano?”
“No. È salito di corsa, mi ha a mala pena salutato, ho creduto fosse di fretta. Non mi ero accorto fosse uscito, devo essermi distratto...”
“Non si è distratto. Semplicemente non è mai uscito.”
“Cosa, ma allora...”
Ignorandolo, siamo saliti in fretta e furia all'ultimo piano dove c'era l'ufficio di Mr. Thompson. Ed eccolo lì. Il piccolo furfante che frugava tra i documenti.
Mrs. Smith non aveva né ammesso né negato che il padre di suo figlio fosse Mr. Thompson, ma era evidente che non era così. Sì, avevano una certa affinità, ma non erano parenti. Ci sono cose in genetica che sono molto semplici. Tratti fisici che si possono avere solo se ereditati direttamente da un genitore. E il colore degli occhi di George Smith non era stato ereditato da sua madre, né da Mr. Thompson. Quindi, nonostante quello che questo ragazzo credeva, Mr. Thompson non era suo padre.
“Hai trovato quello che cercavi, George?” ho domandato appena fatta irruzione nell'ufficio.
Il ragazzo si è bloccato tenendo le mani cariche di documenti a mezz'aria. Quando ha riconosciuto Mr. Thompson si è irrigidito. E poi, con un rapido scatto, ha lanciato in aria i documenti ed è scappato. L'ho seguito immediatamente, correndo dietro di lui evitando sedie, scrivanie e pilastri disseminati in tutto l'ufficio. Sarà anche un ragazzo di vent'anni, ma io ho le gambe più lunghe. L'ho raggiunto e bloccato poco prima che imboccasse le scale.
Quando Mr. Thompson e John sono arrivati, gli tenevo i polsi dietro la schiena usando una sola mano, mentre con l'altra facevo partire una telefonata.
“Lestrade? Ciao, so che non ti occupi più tu di queste cose, ma ho qui un ladruncolo che cercava di fare dello spionaggio industriale. Puoi mandarmi qualcuno dei tuoi agenti meno irritanti?”
Mezz'ora dopo lo stavano portando via ammanettato.
“Io non capisco. Perché?”
“Voleva ricattarla credendo di essere suo figlio, ecco il perché del furto delle foto e del pettine, aveva bisogno di prove fotografiche e genetiche. In attesa del risultato del test del DNA, che ovviamente sarà negativo, ha comunque pensato di sfruttare la vostra somiglianza per introdursi nel suo ufficio e appropriarsi di documenti riservati da vendere alla concorrenza. Pensava che avrebbe potuto guadagnarci parecchio.”
“Quindi la sciarpa, il cappello e l'ombrello...”
“Servivano ad entrare nell'edificio facendosi passare per lei. Quel ragazzo non sarà un genio, ma non è nemmeno stupido.”
“E Mrs. Smith...”
“Lei è innocente, ma è una madre. Non poteva denunciare suo figlio, ma si sentiva in colpa, soprattutto perché è follemente innamorata di lei. Dal momento che lei ricambia, dovrebbe sposarla e avere dei figli prima che sia troppo tardi. Ora se non le dispiace, torno al mio placido appartamento. Addio.”
Prima di ottenere risposta avevo fermato un taxi e ci stavo salendo. Seguito qualche secondo dopo da John.
“Sono un po' arrugginito, puoi spiegarmi come hai fatto?” ha chiesto appena il taxi è partito.
“Avevo l'idea che si trattasse di un figlio segreto già prima di arrivare a casa di Mr. Thompson, ma avevo creduto che fosse davvero suo figlio illegittimo. Comunque, è bastato uno sguardo a Mrs. Smith per capire che era una madre addolorata. Oggi ha cucinato frittelle, certo non per Mr. Thompson, ma per qualcuno che lei considererà sempre un bambino. Suo figlio. Gli occhi rossi di pianto facevano capire che il suo bambino era un mascalzone, e di sicuro non era la prima volta che la faceva piangere. Le impronte oleose vicino alle foto erano di una terza persona che mangia patatine fritte, quindi un ragazzo.”
“E del travestimento?”
“Perché rubare una sciarpa, un cappello e un ombrello? Per camuffarsi con qualcosa di riconoscibile di Mr. Thompson.”
“E il test del DNA?”
“Pettine con capelli. Prove genetiche.”
“E le foto invece...”
“Le foto erano la prova della somiglianza. Qualsiasi giornale ci avrebbe creduto.”
“Tu però hai capito subito che non possono essere parenti.”
“Mrs. Smith e Mr. Thompson hanno gli occhi verdi, George ha gli occhi neri. Basta una minima preparazione in genetica per capire che il padre deve essere un altro. Mi deludi, John, sei un medico.”
“Sono un medico, ma non sono riuscito a vedere il colore degli occhi prima che scappasse via correndo come un pazzo. E in ogni caso, ero distratto da altro. Tu invece in due secondi avevi già radiografato ogni cosa. Mi ero scordato di quanto potessi essere veloce con le tue deduzioni.”
Ho sorriso brevemente e non ho replicato. Mi mancavano i complimenti sinceri di John.
Arrivati a Baker Street, appena entrati abbiamo sentito Mrs. Hudson ridere allegra. Non era sola.
Una giacca blu era appesa all'ingresso e profumava di frutti esotici. Una donna. Mary, la fidanzata di John.
Senza attendere di appurare che avevo ovviamente ragione, mi sono diretto direttamente al piano di sopra, mentre John ha raggiunto le due donne.
Mi sono tolto la giacca e ho preso il mio violino, continuando a suonare ciò che avevo interrotto nel pomeriggio.
È stato davvero bello tornare a lavorare. Ed è stato ancora più bello farlo con John. Non era un caso particolarmente difficile o affascinante, ma è stato un inizio. Mi ha aiutato ad affrontare la noia di oggi e mi ha riportato John. Devo essere grato a quel delinquente di George Smith.
Ho sentito John salire le scale, da solo per fortuna.
“Mrs. Hudson ha preparato il tè, vuoi scendere? Vorrei che conoscessi Mary.”
“Sarò il tuo testimone di nozze, se lo vuoi.” ho detto tutto d'un fiato, continuando a suonare rivolto alla finestra.
Lui non ha replicato. Il silenzio è durato quasi un minuto, poi ho sentito che si sedeva sulla sua poltrona.
“Pensavo non volessi.”
“Ho cambiato idea.”
“Perché?”
A quel punto mi sono voltato, ho poggiato il violino e mi sono seduto di fronte a lui.
“Perché sei il mio migliore amico e per te è importante. E perché nemmeno tu vorresti tua sorella come testimone...”
“Io ed Harry andiamo molto d'accordo ultimamente.”
“Ma continui a non fidarti di lei perché temi possa ricominciare a bere.”
“E' vero, ma non è solo questo. Andiamo d'accordo, ma non è il mio migliore amico. Lei o chiunque altro poteva andare bene se non ci fossi stato tu, ma tu ci sei. E, sì, non te l'ho chiesto perchè sapevo avresti rifiutato, ma ho sperato davvero che tu ti offrissi volontario. Quindi, grazie.” ha concluso con un sorriso e gli occhi lucidi.
Ancora tutta questa emotività, riuscirò a uscire vivo da quel matrimonio?
“Bene allora. Lo farò. Mi vestirò appropriatamente e farò un discorso fasullo e sentimentale come è d'uso in queste occasioni.”
“No. Non voglio che fingi. Se farai un discorso, e chiaramente non sei obbligato a farlo, sii sincero. Non mi importa quello che si fa di solito. Voglio che tu sia te stesso.”
“Sei sicuro? Sai che posso essere...”
Un vero stronzo? Sì, lo so. Ma sei uno stronzo amico mio, quindi so che ti comporterai bene, pur essendo te stesso.”
Ci siamo fissati per qualche secondo, come sfidandoci, e poi siamo scoppiati a ridere entrambi. In quel momento, Mary ha fatto capolino dalla porta.
“Toc toc, è permesso?”
“Mary! Certo, vieni, vi presento.” ha detto entusiasta John prendendola per mano e portandola di fronte a me. “Mary, lui è Sherlock Holmes, il mio migliore amico e testimone di nozze. Sherlock, lei è Mary Morstan, la mia bellissima futura sposa.”
Magra, eccessivamente. Denti curati ossessivamente. Ha un passato di disturbi alimentari. Bulimia. Probabilmente a causa della scarsa autostima inculcatale dalla madre, ormai defunta.
Ho fatto un cenno di saluto con il capo, mordendomi la lingua per non dire quello che pensavo.
“Oh, sì, so chi è Sherlock Holmes. John mi ha parlato tanto di lei e, ovviamente, avevo letto gli articoli sui giornali. Di persona ha un aspetto migliore. Non è molto fotogenico.”
Ho aperto la bocca per replicare ma John mi ha fermato immediatamente.
“Allora, andiamo a bere questo tè!” ha annunciato trascinando Mary lontano e lanciandomi un'occhiata ammonitrice.
Ho lasciato perdere e non ho detto nulla. Solo per fare piacere a John. Ma temo che sarà difficile riuscire a comportarmi bene al loro matrimonio.

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