Sherlock si annoia, quindi accetta di seguire un caso anche se lo
ritiene banale.
Questo capitolo forse non è particolarmente ricco di eventi, ma lo
considero un capitolo di "assestamento", in quanto Sherlock deve
adattarsi lentamente a come le cose sono cambiate nella sua vita.
Anche qui i personaggi non mi appartengono, e nemmeno il caso che
affronta Sherlock, in quanto ispirato al
racconto “L'avventura dei faggi rossi” presente all'interno della
raccolta “Le avventure di Sherlock Holmes” di Sir Arthur Conan
Doyle, di cui ho cambiato solo i nomi dei personaggi perché non li
ricordavo.
3
Negli ultimi giorni ho
rasentato la follia. Non avevo nulla da fare. Il mio cervello super
eccitato non riusciva a darsi pace. Avevo bisogno di un caso! Anche
se piccolo e insignificante, ne avevo disperatamente bisogno. Non
potevo più lasciarmi divorare dalla noia.
Noia.
Noia.
Noia!
Poi, stamattina,
qualcuno ha suonato il campanello. Ero così rassegnato dalla mia
situazione che non avevo neanche indossato gli abiti, ma andavo in
giro con indosso solo il pigiama.
Ho pregato Mrs. Hudson
di fare entrare chi era la porta, chiaramente un cliente dal modo di
suonare, e nel frattempo sono andato a ricompormi.
Quando sono tornato
nella stanza, vestito di tutto punto, ho potuto vedere chi era il mio
cliente.
Si
trattava di una donna.
Trent'anni. Non
sposata. Vestita con classe ma non lussuosamente. Niente gioielli né
altro che potesse indicare provenisse da una famiglia ricca, ma
qualcosa nel suo portamento faceva pensare che fosse stata educata
per essere molto più di quello che era. Una semplice bambinaia.
“In cosa posso
aiutarla?” ho detto entrando nella stanza a sedendomi di fronte a
lei.
“Oh, lei deve essere
Mr. Holmes!”
“Ovviamente. E lei è...?”
“Anne Church. Spero
di non disturbarla, ma ho bisogno di un consulto.”
“Chi le ha fatto il
mio nome, Miss Church?”
“Io ho letto di lei
sui giornali. E ho letto il blog del suo amico, il Dr. Watson.”
“Allora, in cosa
posso aiutare una bambinaia?”
Lei si è irrigidita e
mi ha guardato sorpresa, poi ha sorriso.
“Immagino di non
dovermi stupire, lei è all'altezza della sua fama.”
Ho annuito e le ho
fatto cenno di proseguire.
“Sì, sono una
bambinaia e lavoro presso Mr. e Mrs. Jackman occupandomi di loro
figlio. Jack ha cinque anni ed è un bambino molto dotato. Lavoro per
loro da sei mesi, ma nell'ultimo periodo sono successe cose strane.”
Lei ha esitato,
guardandosi intorno e poi ha continuato abbassando la voce.
“Due settimane fa,
sono stata svegliata in piena notte da un urlo di donna. Mi sono
alzata e sono corsa di sotto a vedere cosa succedeva. Ho visto Mr.
Jackman che chiudeva frettolosamente la porta dello scantinato.
Quando gli ho chiesto che cosa fosse quell'urlo, ha detto che sua
moglie aveva avuto un incubo. Non ha spiegato però perché avesse
chiuso la porta vedendomi arrivare. E poi, Mrs. Jackman dorme al
piano di sopra, quindi, se avesse avuto un incubo, come poteva suo
marito capirlo dal piano terra? Lo trovai strano, ma non ci feci caso
più di tanto. Da allora, però, la notte continuo a sentire il
pianto di una donna e quella porta è stata chiusa a chiave e nessuno
può entrarci tranne Mr. Jackman. Quando ho chiesto come mai lo
scantinato non fosse accessibile, Mr. Jackman mi ha lanciato uno
sguardo terribile che mi ha fatto accapponare la pelle. Per un attimo
ho creduto che mi avrebbe ucciso. Poi, forse capendo il mio terrore,
ha sorriso in maniera ambigua e mi ha detto che lo scantinato è
pericolante ed è stato chiuso per la sicurezza di tutti. Ovviamente
non gli ho creduto. La scorsa notte, quando ormai tutti dormivano,
sono scesa al piano terra, mi sono avvicinata alla porta e ho sentito
delle voci al suo interno, di un uomo e di una donna. Sembravano
essere nel pieno di una discussione animata e, infine, la donna ha
urlato, apparentemente di dolore, e mi si è gelato il sangue nelle
vene. Un minuto dopo ho visto Mr. Jackman uscire dallo scantinato e
chiudere la porta a chiave. Stava per risalire le scale e poi si è
fermato. Mi ha visto. Mi ero nascosta dietro la porta della
cucina, ma mi ha visto. Presa dal panico ho detto che ero andata a
bere un po' di latte. Lui mi ha fatto un sorriso che sembrava una
minaccia e poi è salito di sopra augurandomi buonanotte. Inutile
dire che non ho dormito affatto e stamattina all'alba sono scappata
via. Quell'uomo mi terrorizza.”
“Ha fatto bene a
fuggire. Ha detto a qualcuno che veniva qui?”
“No, ma Mrs. Jackman
ha letto con me gli articoli che parlavano del fatto che lei era
ancora vivo e potrebbe ipotizzare che io mi sia rivolta a uno
specialista come lei.”
Ho annuito e mi sono
alzato in piedi, facendo qualche passo avanti e indietro. Caso
piuttosto banale, ma sempre meglio di niente.
“Miss Church, resti
qui sino a che non le darò il permesso di andarsene. Non ha dormito
stanotte. Di sopra c'è una stanza vuota nella quale può sistemarsi
e riposare. Nel frattempo io mi occuperò del suo caso.”
“Grazie, Mr. Holmes,
grazie.”
“Non è nulla. Lei
però prometta di non lasciare questa casa, qualunque cosa accada.”
“Lo prometto.”
Sembrava convinta.
Le ho chiesto
l'indirizzo di Mr. Jackman e, dopo aver avvisato Mrs. Hudson che Miss
Church si sarebbe trattenuta, sono uscito di casa. Dal taxi ho
scambiato degli sms con Lestrade e ho scritto a John invitandolo a
raggiungermi. Dieci minuti dopo mi trovavo di fronte alla casa di Mr.
Jackman.
Era una vecchia casa,
di uno sbiadito color verde bottiglia, con un giardino quasi
completamente abbandonato sul retro. Se non fosse stato per le luci e
le tende alle finestre, si sarebbe potuto pensare che fosse
disabitata.
Mentre facevo le mie
deduzioni, un uomo robusto di mezza età ne è uscito. Camminava
veloce e con aria stizzita. Doveva essere Mr. Jackman e doveva essere
seccato per la scomparsa di Miss Church. In pochi minuti aveva
raggiunto la metropolitana ed era scomparso. Poco dopo è arrivato
Lestrade con alcuni agenti in borghese. Nessuna traccia di John.
“Non pensavo saresti
venuto, commissario.”
“Quando si tratta di
te, preferisco esserci. Sei sicuro di quello che mi hai scritto?”
“Sì, come mi hai
confermato tu stesso, Mr. Jackman ha una figlia di un precedente
matrimonio. Lui ha potuto gestire l'eredità della figlia sino alla
maggiore età, ma prima che diventasse maggiorenne ha pagato un
medico per farle diagnosticare una forma di schizofrenia e chiuderla
in un istituto, in modo che lui potesse continuare a gestire la sua
eredità come suo tutore. Due settimane fa, sua figlia è stata
dimessa da un altro medico. Allora lui l'ha portata a casa e da
allora la tiene segregata nello scantinato contro la sua volontà.”
“Sei sicuro? La
falsificazione di una diagnosi simile e il rapimento sono accuse
gravi, sei sicuro che sia colpevole?”
“Sì, ma mi rendo conto
che hai bisogno di prove. Hai portato ciò che ti ho chiesto?”
“Certo.” ha
confermato consegnandomi un sacchetto.
Ho tirato fuori una
tuta da operaio del gas. Ho tolto il cappotto e l'ho indossata sopra
i miei vestiti. Ho completato il tutto con un berretto.
“Abbi cura del mio
cappotto. Torno in dieci minuti.”
Sono andato
direttamente al portone e ho suonato. Mi ha aperto la padrona di casa
personalmente.
“Buongiorno signora.
Sembra ci sia una fuga di gas, posso entrare a verificare?”
“Certo, prego.”
“Stia fuori casa, per
sicurezza.” l'ho invitata.
Lei era un po'
perplessa, ma poi ha preso per mano suo figlio ed è andata in
giardino.
Non particolarmente
intelligente, ma protettiva con il suo bambino.
Ho trovato subito la
porta dello scantinato e, ovviamente, era chiusa. Ho cominciato a
prendere la serratura a calci e, dopo alcuni minuti, ha cominciato a
cedere. Infine, ho dato una spallata e la porta ha ceduto. La luce
era accesa e riuscivo a vedere un letto sfatto in un angolo.
“Miss
Jackman? Miss Jackman, è qui?”
Ho visto una ragazza,
magra e pallida, spuntare da dietro un pilastro. I suoi vestiti erano
semplici, ma sporchi e laceri. In un lato della stanza gli avanzi dei
miseri pasti che le portavano.
“Sono venuto a
portarla in salvo.”
“Mi riporterà in
istituto?”
“No, la porterò
ovunque lei voglia. Lei è libera.”
Inaspettatamente, la
ragazza mi è venuta incontro e mi ha abbracciato. È stata una
strana sensazione, nessuno mi aveva mai mostrato gratitudine in
questa maniera.
Mi sono staccato da lei
e l'ho presa per mano, portandola via dallo scantinato. Eravamo
appena usciti quando è rientrato Mr. Jackman. Ci ha guardato e i
suoi occhi si sono iniettati di sangue per la rabbia che provava. Sua
figlia ha gridato mentre lui correva verso di noi come una furia. È
stato tutto piuttosto rapido. Quando è arrivato a un metro da me,
l'ho accolto con un pugno facendolo cadere all'indietro. Era ancora a
terra a lamentarsi, mentre io portavo Miss Jackman fuori, tra le
braccia di una poliziotta in borghese.
Lestrade non ha esitato
ed è entrato nella casa scortato da quattro agenti. Pochi minuti
dopo ne sono usciti con Mr. Jackman ammanettato.
Soddisfatto, mi sono
tolto la divisa da finto operaio e ho rimesso il mio cappotto. Prima
di andare via, sono passato a vedere come stava la ragazza.
“Sono certo che ora
andrà tutto bene. Ci sarà un processo, dovrà solo dire la verità,
e suo padre pagherà per quello che le ha fatto.”
“Grazie,
Mr. …?”
“Holmes,
Sherlock Holmes. Deve ringraziare Miss Church, la bambinaia
del suo fratellastro, che ha capito che stava succedendo qualcosa di
grave.”
“La ringrazi da parte
mia, Mr. Holmes.”
“Certo, Miss
Jackman.”
“Mi chiami Isabel.”
Le ho sorriso e l'ho
salutata con un cenno del capo e poi mi sono allontanato.
Sono entrato nello
studio di John, nella sala d'aspetto c'erano alcune persone. Quando
si è aperta la porta per far uscire una paziente incinta, mi sono
infilato dentro prima che potesse farlo un uomo ottantenne.
“Sherlock!” mi ha
rimproverato il mio amico mentre chiudevo la porta dietro di me. “Non
puoi fare così, i miei pazienti...”
“Oh, andiamo,
quell'ottantenne non morirà nei prossimi dieci minuti.”
John ha sbuffato e poi
si è seduto alla sua scrivania.
“Deve trattarsi di
qualcosa di importante se sei capitato qui come un tornado.”
“Hai letto il mio
sms?”
“Sì, e allora?”
“Pensavo avresti
voluto essere presente.”
“No, Sherlock, te l'ho detto. Non è
più come prima. Ogni tanto posso anche accompagnarti, ma non posso
essere sempre presente. Ho degli altri impegni ora.”
“Capisco. Allora non
scriverai più nemmeno il tuo blog?”
“Pensavo odiassi il
mio blog.”
“Non lo odio, e penso
mi sia utile per trovare clienti, quindi devi continuare.”
“D'accordo, allora
appena possibile pubblicherò quello che è successo con Mr.
Thompson, va bene?”
“Ok, e se domani
verrai da me a colazione avrai modo di conoscere i dettagli del caso
di oggi.”
“D'accordo. Verrò
con Mary.”
Ho fatto una smorfia.
“Non puoi venire da solo?”
“No. E non voglio.”
“E va bene...” ho
acconsentito sbuffando mentre mi alzavo per andarmene.
“Sherlock?” mi ha
chiamato mentre avevo la mano sulla porta. “La prossima volta
prendi appuntamento.”
Ci siamo guardati per
qualche secondo e poi siamo scoppiati a ridere entrambi.
CONTINUA
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