Mh... dove eravamo rimasti?
[...]
E
aveva fatto l'amore con lui...
Sorrideva,
sorrideva come una stupida, intrecciando le dita alle lenzuola.
Notò distrattamente una macchia rossa sulle lenzuola
arancioni, difficilmente distinguibili a causa della fantasia
rossastra; arrossì, sperando per un secondo che Peter non se
ne fosse accorto.
Che
stupida!, vergognarsi di una cosa del genere quando lei si era donata a
lui, quando l'aveva vista come nessuno l'aveva vista mai, quando
l'aveva avuta, davvero.
Si
lasciò cadere di nuovo tra i cuscini, chiudendo gli occhi e
respirando a fondo. Quel profumo di casa, quell
freschezza e quel calore che si contrastavano tra pelle e tessuto.
Tutto
così strano, così nuovo...
"Charl?"
scattò a sedere quando udì la voce del suo...
migliore amico sulla porta; si coprì pudicamente il corpo
col lenzuolo e sentì le guance andare a fuoco.
"Sì?
Sono sveglia. Potevi svegliarmi anche un pò prima" si stava
mordendo le labbra, le stava praticamente tormentando.
"Dormivi
così profondamente che non ho voluto disturbarti" si
avvicinò e si sedette sul letto, sorridendo imbarazzato.
Com'era
possibile che ora l'aria fosse piena di imbarazzo e tensione, quando
poche ore prima erano stati chiusi fuori dalla porta?
"Grazie
allora..."
"Ti
senti bene?" lei sorrise intenerita.
"Sì,
sto bene, mai stata meglio" lui abbassò lo sguardo alle sue
parole e chiuse gli occhi, serio. Prese un respiro profondo e
riaprì gli occhi, ora diventati neri; deglutì un
paio di volte e poi la guardò.
"Charlotte...
dobbiamo parlare."
And every time I try to be
myself
It comes out wrong like
a cry for help
It’s just not
fair
Brings more trouble
than it all is worth
I gasp for air
It feels so good, but
you know it hurts
*
Immediatamente
quella sensazione di pace e di extasi scivolò
via dal suo corpo, sostituiti immediatamente da brividi di terrore e di
pentimento.
Che
avevano fatto? Come avevano potuto cedere così facilmente?
Come avevano potuto rendere così intima e quasi abituale una
cosa che non si sarebbero mai immaginati? Tante volte aveva immaginato
una cosa del genere tra lei e Peter, ma ogni volta rideva a crepapelle
dall'assurdità della situazione.
E
invece adesso era qui, nuda sul suo letto, un leggero senso di
vertigini e l'odore di una passione incontrollata che era stata
consumata solo poche ore prima. E poi c'era Peter, in imbarazzo ai
piedi del letto, mentre evitava il suo sguardo e si mordeva le labbra;
indossava un pantaloncino, probabilmente preso tra i suoi vestiti che
conservava a casa della ragazza, e una canottiera bianca. Alcuni flesh
della notte precedente passarono davanti agli occhi di Charlotte e si
sentì immediatamente arrossire dall'imbarazzo.
"Sei
arrossita, c'è qualcosa che non va? Ti senti male?"
sentì il peso del corpo di Peter sul materasso e una sua
mano poggiata sulla sua spalla a scuoterla, come se fosse svenuta e
cercasse di farla risvegliare. Un sorriso nacque spontaneo sulla labbra
della ragazza.
"Pensavo mi odiassi, e invece ti preoccupi ancora per me"
girò la testa e si trovò occhi negl'occhi con
quelli di Peter.
Si sentirono entrambi più leggeri, come se avessero sfidato
la forza di gravità per tutti questi minuti e adesso avevano
lasciato che i due poli si riunissero come era giusto che fosse. Un
filo trasparente legava le loro iridi, e tante leggere parole
fluttuavano avanti e indietro appese a quel sottilissimo filo. Stavano
parlando, ma nel più totale e intimo silenzio.
"Non potrei mai odiarti, Charl"
"Nemmeno dopo stanotte?" stavolta il sorriso nacque sulle labbra di
Peter, che chiuse per un solo attimo le palpebre; ma immediatamente i
suoi occhi scattarono a ricreare quel contatto di prima.
"Dopo stanotte, ti
voglio più di ieri"
Le brillarono gli occhi, sentì il suo cuore mancare un
battito e poi fare le capriole. Che le succedeva? Si trattava solo di
Peter, del suo vecchio migliore amico, del ragazzo con cui aeva passato
gli ultimi anni tra film, scherzi, parolacce, pianti, abbracci, pizze,
autobus, sottopassaggi, telefonate, litigi e riappacificazioni.
Era sempre... lui. Eppure questa mattina non si trattava solo del
migliore amico con cui aveva praticamente fatto tutto in questi ultimi
anni, ma si trattava del ragazzo con cui aveva fatto l'amore, del
ragazzo con cui aveva passato la notte più bella della sua
vita, del ragazzo con cui aveva avuto la sua prima e straordinaria
prima volta.
"Sei... Dovresti essere tu ad odiarmi e... Mi dispiace, Charlotte, mi
dispiace essere stato così irresponsabile, immaturo,
affrettato. Mi dispiace averti fatto affrontare tutto questo
all'improvviso, averti strappato qualcosa che forse avresti voluto
condividere col ragazzo che avresti amato, averti mancato di rispetto.
E, se potessi tornare indietro, io..."
"Ti prego", lo interruppe, "ti prego non dire che non lo avresti fatto
o mi fai male, Pet, mi fai male"
"Ma io pensavo che"
"Tu pensi male. Io ti ho chiesto questo, sono stata io e, nonostante
avessi bevuto, ero lucida, ricordo ogni singola parola nonostante il
mal di testa, ricordo ogni singolo bacio, ogni tuo singolo tocco.
Ricordo tutto e non poteva essere più perfetto di come
è stato. E sono felice sia stato con te, perchè
so che tu mi vuoi bene, che non mi lascerai mai, che, nonostante forse
questo porterà imbarazzo tra noi, tu farai in modo che
questo si annulli. E non credere che io mi aspetta una qualche pretesa
da te, adesso. Se è questo che ti turba.."
Peter si inginocchio sul letto e le prese il viso tra le mani
avvicinandolo più che poteva al suo. Sentiva il suo dolce
alito contro le sue labbra, l'acquolina gli invadeva la bocca e dovette
inspirare profondamente per calmarsi.
"Io-non-so-cosa-mi-stai-facendo" scandì chiaramente le
parole, dettato da una voglia di controllo contro quell'ardore che lo
stava per riconquistare.
La presa di Charlotte sul lenzuolo che copriva il suo seno nudo li
allentò per poi scomparire completamente. Le sue mani
presero posto tra i capelli neri di Peter come a volerlo avvicinare
maggiormente a sè, cosa ormai impossibile. Il lenzuolo cadde
sulle sue gambe piegate ma nessuno sembrò farci caso, nessun
tipo di imbarazzo, nessun pudore, nessuno sguardo.
"Forse quel che mi stai facendo tu" sussurrò e
incollò le sue labbra a quelle di Peter.
Smaniose le mani cercavano, le labbra mordevano, i sensi si
incendiavano. Le pulsazioni del loro corpo aumentarono e entrambi
temettero di poter morire dalle incredibile sensazioni che provavano.
Con le gambe si liberarono del lenzuolo e gli occhi di Peter si
infiammarono alla vista del corpo nudo della ragazza. Si
staccò per un attimo dalle sue labbra e fece scorrere le
dita lungo la sua gola, tra i seni, sull'addome, fino ad arrivare al
centro di piacere e dar vita a quei gemiti che, quella notte aveva
capito, gli piacevano tanto. Le dita di Charlotte afferrarono il
lenzuolo sotto di sè, i piedi si distesero e le gambe si
piegarono come sotto tortura, ma quella non era una tortura, era un
viaggio lungo un piacere immenso; non riusciva a parlare, sentiva la
bocca asciutta dai fiati che entravano e uscivano, gli occhi serrati, i
sensi a mille.
E Peter godeva a quella vista, affascinato da ogni minuzioso
particolare, affacinato dall'urlo inaspettato di Charlotte nel momento
del massimo piacere. Provvide a serrarle le labbra con le sue e lei
accettò questa costrinzione con
passivo piacere.
Le dita ancora tremolanti di Charlotte raggiunsero l'orlo della
maglietta bianca del ragazzo e la sollevarono sotto lo sguardo
maliziosi e incantato di lui.
"Tocca a te, adesso" sembrava una minaccia, ma era una promessa,
siggillata da un bacio fatto di intrecci di lingue e morsi leggeri.
Sobbalzarono entrambi quando sentirono la porta d'ingresso sbattere e
una voce che urlava il nome di Charlotte.
"Charlotte, tesoro?"
"Cazzo!" urlarono insieme, separandosi e alzandosi dal letto. Si
guardarono in faccia e, nella tragedia della situazione, scoppiarono a
ridere. Avevano entrambi i capelli arruffati, le guance rosse e le
labbra gonfie.
"Se tua madre mi becca qui mi ammazza!"
"Ne dubito, ti farebbe un applauso. Ma lo direbbe a mio padre e..."
Charlotte scoppiò a ridere quando Peter
impallidì. Si immaginava già castrato, dolorante,
morto di fame, rinchiuso in una qualche cella al freddo.
"Andiamo in bagno, sh!" lo spinse verso la porta e solo in quel momento
si rese conto di essere nuda e si guardò intorno alla
ricerca di qualcosa, ma i passi erano sempre più vicini.
"Ti ho già vista nuda, vieni qui!" Peter le
afferrò un braccio e la portò in bagno, chiuse la
porta e allungò il braccio verso la doccia per aprire
l'acqua.
"Charlotte, dove sei?" era entrata in camera e i due ragazzi si
guardarono in faccia, sconvolti e pieni di paura.
"Rispondi!"
"Ma..."
"Charlotte, sei sotto la doccia?" bussò alla porta e fece
per aprire ma, fortunatamente, nella foga del momento, si erano
ricordati di chiuderla a chiave.
"Mamma? Sei tu?"
"Sì, tra quanto esci?" guardò Peter terrorizzata
e silenziosamente chiese aiuto. Con entrambe le mani aperte le
indicò un dieci.
"Tra dieci minuti, sono appena entrata in doccia"
"Ah, va bene. Allora passo da Geltrude a salutarla"
"Va bene, a dopo" sentirono la porta chiudersi e, automaticamente, un
sospiro uscire dalle loro labbra.
"Sia fatta santa la tua vicina" Charlotte non sembrò far
caso al commento ironico di Peter e si poggiò alle
piastrelle fredde del bagno, chiundendo gli occhi e respirando
profondamente in preda ad una crisi di panico. Si dimenticò
completamente di essere nuda, cosa che però non
sfuggì a Peter.
"Mh, devo rimediare alla tua crisi di panico" Charlotte si
accigliò ma non ebbe nemmeno il tempo di dire mezza parola
che Peter l'aveva baciata e buttata sotto alla doccia.
"TI AMMAZZO!"
"Non vedo l'ora" e la raggiunse sotto alla doccia, chiudendosi la porta
della cambina alle spalle.
Dopo che Peter era uscito dalla porta del retro, salutandola con un
bacio a fior di labbra, Charlotte era corsa in camera a mettersi un
paio di pantaloncini e una canotta bucherellata, aveva raccolto in
fretta le lenzuola e le aveva buttate nel cesto dei panni sporchi e, a
caso, aveva buttato sul letto le lenzuola arancioni pulite. Aveva
ancora i capelli bagnati quando sua madre era tornata e aveva iniziato
a raccontare delle non-avventure di Geltrude e delle sue, lavorative e
amorose.
Charlotte commentava con anonimi 'mh' e sorrisini, ma la sua testa era
rimasta nella doccia ad assorbire tutte le sensazioni che Peter le
aveva fatto provare in quei dieci minuti. Beh, in realtà non
doveva fingere di sorridere, visto che aveva un sorriso a trentadue
denti stampato in faccia come una cretina, ma...
Ma non lo sapeva nemmeno lei, la sua vita era cambiata in
così poche ore che si sentiva come su una nuvola, come se
stesse sognando e quella non era la realtà. Diverse volte si
era data un pizzicotto er controllare che non stesse sognando e ogni
volta la risposta era sempre la stessa: realtà.
Non riusciva ancora a spiegarsi come tutto ciò era potuto
accadere, come cavolo avevano fatto per arrivare a questo punto quando,
solo ventiquattro ore prima, nemmeno si rivolgevano la parola. Era
bastata solo quella scintilla a scatenare l'ira di Peter, la sua ira,
la loro passione incontrollata e il loro.... amore?
Come era possibile che, ogni volta che l'aveva sfiorata, Charlotte
aveva iniziato ad ansimare e il suo cuore a cantare?
Quelle erano le sensazioni che le protagoniste dei suoi amati libri
provavano quando il ragazzo la loro sempre amato le sfioravano, le
baciavano, le guardavano. Ma non riguardava gli amici, ma ragazzi
amati. Sembrava che tutti i pezzi del puzzle si stessero riunendo,
tutto sembrava avere una spiegazione. La strana gelosia che provava
ogni volta che sapeva che Peter era andato a letto con una ragazza, il
litigio avvenuto a causa dei commenti poco casti delle sue 'compagne'
riguardo il suo migliore amico, le sue risposte allusive, la voglia di
sentirlo ogni minuto, il loro legame unico e forte, le parole dolci, il
loro stare sempre insieme, le risate alle sue battute sempre
più squallide, il loro capirsi con un solo sguardo.
Eppure... non aveva mai letto cose del genere, aveva sempre e solo
letto di ragazze innamorate, consapevoli di
esserlo, il ragazzo che non la guardava minimamente, e poi i primi
approcci grazie a casualità e vissero felici e contenti.
Ma lei lo sentiva, lo sentiva scorrere nelle vene; e non era dovuto
solo alla notte passata insieme, al piacere provato nella doccia o ai
bacio sul letto e alle parole di questa mattina. No, quella era
solamente stata la scintilla, la goccia che aveva fatto traboccare il
vaso con tutte le consapevolezze e le verità, quel vaso che
aveva prodotto un rumore così forte da farla sobbalzare e
aprire gli occhi di butto. Come se avesse dormito per tutto questo
tempo e, adesso, questo rumore l'aveva svegliata e tutti i suoi sensi
erano allarmati, svegli, pronti e recepire tutto quello che durante la
veglia aveva perso.
E non sapeva se avere paura di questa consapevolezza o di esserne
felice. Non sapeva quali reazioni avrebbe scatenato, ma ormai gli occhi
erano aperti e non poteva evitare l'enorme scritta che le sembrava
ampeggiare davanti agl'occhi e accecarla.
Charlotte era innamorata, era follemente innamorata del suo migliore
amico.
Peter camminava per la strada con passo lento e rilassato mentre si
dirigeva a casa.
Per fortuna la madre di Charlotte non lo aveva visto, ed era potuto
scappare in una corsa ridicola lungo il quartiere, per poi prendere
fiato e iniziare a camminare con passo regolare. Stava ripensando a
quel che era successo in quelle dodici ore e ancora non ci credeva. Non
era sicuramente stata la sua prima volta ma, in un certo senso, gli
sembrava di essersi riscattato da quella prima penosa volta in cui
l'aveva fatto con una ragazza di cui non ricordava nemmeno il nome.
Era stato speciale, diverso, unico, e di certo indimenticabile. Non era
stata una sola unione di corpi, ma anche di cuori, di mente, di anima.
Un'unione totale che lo aveva sconvolto e scosso dal suo stato di
pachezza e inerzia, che aveva ridato qualche battito mancato al suo
cuore e qualche respiro in più ai suoi polmoni.
Cosa sarebbe successo adesso? Quanto sarebbe cambiato il loro rapporto?
Questa era la cosa di cui avrebbe voluto parlare con Charlotte prima
che quelle strane sensazioni mai provate prima di quella notte lo
avvolgessero e la passione e la devozione prendessero il controllo.
Come si sarebbero comportati d'ora in avanti? Un sorriso malizioso
spuntò sulle sue labbra mentre ripensava all'ultima doccia
che aveva fatto. Si sarebbero saltati addosso ogni volta che ne
avrebbero avuto l'occasione? A lui non sarebbe dispiaciuto, e
probabilmente nemmeno a lei. Ma dovevano parlare, doveva chiarirsi e
capire cosa fare.
"Ehi, bel fusto" si girò verso quella voce incredibilmente
fastidiosa e riconobbe in quella figura sottile la ragazza che tanto
odiava Charlotte, la sua compagna di classe.
"Mh, ciao Samanta" la evitò e camminò davanti.
Voleva evitarla come la peste, soprattutto dopo l'ultima discussione
avuta con Charlotte per colpa sua.
Eppure lei non si arrese e gli si buttò davanti, sorridendo.
"Dove sei stato? Sbaglio o sei uscito dal quartiere della cara Lot?"
"Che vuoi, Samanta? Stiamo sempre insieme, lo sanno tutti."
"Anche di notte? E io che pensavo che la tua amichetta fosse una
stupida verginella dietro cui ti nascondevi per accalappiare ragazze da
portarti a letto."
"Non ti rivolgere così a Charlotte, non permetterti."
"Se no che fai, mi picchi? Non sarebbe da gentiluomo."
Una rabbia improvvisa lo colse e, con un solo passo, fu a pochi
millimetri dalla ragazza. La sovrastava con la sua altezza e la sua
corporatura, ma lo sguardo era pungente. Le afferrò le
spalle sottili e la guardò fisso negl'occhi.
"Non ti toccherei mai, nè per farti del male nè
per farti del bene. Provo repulsione per te e potrei rovinarti se solo
dicessi in giro le cose che fai. Quindi, non mi sfidare, Samanta, non
farlo e non toccare Charlotte o te ne pentirai."
Erano così vicini che Samanta poteva sentire l'alito di
quelle parole di fuoco sul viso. Strinse gli occhi e poi sorrise.
"Stai attento a quel che dici e a quel che fai. Ci si vede"
girò le spalle e andò via. Peter rimanse qualche
minuto a guardarla camminare, incredulo. Ma poi decise di non farsi
rovinare la splendida giornata da una tipa come quella, non ne valeva
la pena.
Riprese a camminare e tornò a casa, ansioso di rivedere
Charlotte al più presto.
Ma nel frattempo, mentre Charlotte era spaparanzata sul letto a
pensare, il suo telefono suonò. Quando prese il cellulare
tra le mani si accigliò quando lesse MMS sul display. Erano
anni che non riceveva mms, ormai nessuno li utilizzava più.
Nonostante ciò, decise di aprirlo e quando lesse 'numero
sconosciuto' capì immediatamente il motivo per cui non
avevano usato una mail o un messaggio whatsapp.
Ma lo scopo di quel messaggio non era il mittente, ma il contenuto.
"Che amico generoso e
soddisfacente che hai"
Allegato
a questo messaggio c'era una foto.
Una foto che paralizzò Charlotte e che le fece cadere il
cellulare dalle mani, infrangendo ogni ricordo di quella splendida
nottata.
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Salve a tutte, come state?
Chiedere scusa sarebbe inutile, sono imperdonabile, ma ci provo
comunque.
Mi dispiace per questo enorme ritardo, soprattutto nei confronti delle
persone che si erano appassionate a leggere di peter e di Charlotte.
Anche io sono dispiaciuto di ciò ma credetemi, non ho potuto
fare altrimenti, ho avuto tutt'altro nella testa.
Impegnata tra scuola, festa di diciotto anni, amicizie, famiglia,
scuola guida, salute e chi più ne ha più ne metta.
Mi dispiace. Questo capitolo è sceso da cielo, non so come
sia potuto succedere. Ho utilizzato tutta la poca-ispirazione che avevo
e adesso sono così svuotata che non so nemmeno che scrivere
nelle note lol.
Bho, spero vi sia piaciuto, anche se sonos icura al 10000000000% che
solo due o tre persone leggeranno l'aggiornamento e, ahimè,
non credo arriverà nessuna recensione. Me lo merito, ne sono
consapevole. Ma vi devo questo capitolo e anche altri che, spero,
arriveranno. Vi devo un finale per questi due o per questi tre o
quattro. Ve lo devo e ve lo darò.
Grazie a chi mi ha seguito in questi (quasi) tre anni e a chi
continuerà a farlo.
Un bacione enorme,
la vostra, sempre,
Mary xx
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