Flyin’ high - Il volo del Canadair

di Yellow Canadair
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Ragazze di campagna


-Moda! Che ci fai qui?- 

Era piena notte al villaggio Lanomì, una notte estiva con un cielo blu di velluto illuminato da una luna così piena da far impallidire le stelle, che riuscivano a luccicare tremolanti solamente dalla parte opposta dell’argenteo astro. Tutte le luci erano spente, i fattori e le loro mogli dormivano beati o cercavano di farlo, sfiniti dall’afa del periodo. Solo due luci erano ancora accese, in quella torrida notte: il pianoterra della fattoria sul fiume poco fuori dal villaggio, e la camera da letto della casupola sulla strada per raggiungerla. Una bambina a quell’ora tarda era schizzata fuori dall’edificio in legno e pietra sul fiume, e confidando nei raggi della luna che la guidavano per il sentiero aveva raggiunto l’altra casa e aveva bussato con foga alla porta. Saltellava sui piedini nudi tutta eccitata aspettando che le venisse aperto.

Moda, questo il nome della bambina, era la proprietaria della fattoria e viveva da sola con tre fratelli più piccoli; aveva perduto i suoi genitori, ma non nel senso che erano morti: li aveva proprio persi, persi di vista, non sapeva dove fossero. Avevano semplicemente lasciato lì la propria progenie.

Ad aprire alla bambina venne una ragazza sulla ventina, con i capelli scarmigliati e le pieghe del cuscino stampate in faccia: una insomma che, afa o meno, stava dormendo alla grande. Era Lilian Rea Yaeger, che abitava vicino al fiume e dava una mano ai quattro ragazzini. Moda la chiamava quando c’era necessità, e anche se era stanca, Rea cercò subito di togliersi la nebbia dal cervello per aiutare la piccola Moda.

-Che vuoi, a quest’ora? Non ti senti bene?- biascicò inginocchiandosi. Anche lei era scalza, vestita con un piccolo pantaloncino azzurro e una magliettina altrettanto azzurra.

-C’è un ragazzo, c’è un ragazzo, c’è un ragazzo!!!- Moda aveva detto quelle parole in crescendo, e l’ultima frase era quasi urlata.

-Un ragazzo? Ma dove?-

-Vieni, vieni, vieni!- la prese per un dito e la trascinò lungo il sentiero.

-Aspetta!- protestò Rea. -Fammi chiudere casa.- Per precauzione Lilian prese anche delle armi con sé; in quel mondo violento e selvaggio, dove circolavano spesso individui senza legge e senza Dio, era più che naturale che si girasse armati, a maggior ragione se si viveva in case isolate. La morale comune condannava omicidi e violenze, ma allo stesso tempo li giustificava qualora fossero commessi a scopo di difesa. L'unica legge che vigeva e che tutti riconoscevano era quella del più forte.

Chi era piccolo e indifeso come Moda dunque faceva affidamenti su qualcuno più forte, o, nel caso di Rea, che sapesse impugnare un fucile. Le due si incamminarono verso la fattoria.

Sul greto del fiume c’era una figura informe riversa a terra alla luce della luna. Era un uomo trascinato lì dalla corrente del fiume.

Moda si avvicinò trotterellando e allungando le mani verso spalle del naufrago, forse per tentare di girarlo.

-Moda, no!- la fermò all’istante Rea, acchiappandola al volo per non farle toccare niente. -Fermati, non sappiamo se è morto o se possiamo fidarci. Rimani qui.-

Poteva essere un naufrago quanto un cadavere orrendamente sfigurato di un povero diavolo assassinato, quindi meglio non far toccare nulla ad una bambina piccola, anche se probabilmente ci aveva girato già intorno abbastanza.

Rea si avvicinò guardinga, dapprima senza toccarlo. Era un ragazzo, piuttosto giovane, forse anche più di lei, ma era alto e piazzato.

-Ci sei, Moda?- richiamò la bambina.

-Sì!- rispose lei.

Lo girò sulla schiena e guardò se fosse ferito, sentì se c’era battito, e c’era, poi rovistò nelle tasche: poca roba, niente che lo identificasse. Carino. Gli mise due dita sotto il naso per controllare se respirasse, tutto regolare.

-Moda, vai nella stalla e portami qui il ciuco.-

-Lo portiamo a casa?- chiese la piccola.

-Non possiamo lasciarlo qui.- spiegò la ragazza. -È tutto bagnato, lo sento anche un po’ caldo.

Immaginate un po’ la fatica, per una ragazza e una bambina, di caricare un ragazzone di quasi un metro e novanta, tutto spalle e muscoli, su un ciuchino che fino ad allora aveva visto solo la propria stalla e poco altro!

Vista l’impossibilità di portarlo al piano di sopra, composero un letto con la paglia, ci stesero su un lenzuolo pulito, e accomodarono l’ospite nella stalla. Per quella notte, Rea avrebbe dormito lì con i bambini: figuriamoci se li faceva stare da soli, indifesi, con uno sconosciuto!

Lilian Rea rimase nella stalla con Moda, a controllare il nuovo arrivato.

-Dici che sta bene?- chiedeva la bambina.

-Credo di sì.- suppose Rea dopo avergli tastato il polso e ascoltato il respiro regolare. -Sembra stia solo dormendo.-

Gli avevano tolto gli abiti bagnati e i pesanti scarponi, e gli avevano asciugato i capelli mori con un piccolo phon. Anche se faceva caldo, gli avevano messo addosso un lenzuolo leggero, visto che la stalla non era ben riparata come la casa, e la notte c’era una flebile brezza. Moda, pietosa e preoccupata, si era inginocchiata e aveva afferrato una mano al naufrago.

-Ehi, ehi, Moda.- l’aveva ammonita la ragazza grande. -Lo so che l’hai trovato tu, ma potrebbe essere una persona cattiva, lo sai? Hai visto il tatuaggio che ha, potrebbe essere un pirata malvagio.- e aveva staccato la piccola mano da quella del ragazzo.

-Aspettiamo almeno che si svegli.- le concesse.

-Tu però gli hai accarezzato i capelli tutto il tempo!- ribattè la bambina. Rea divenne di fiamma.

-Glieli ho asciugati!- si giustificò. -Ci ho messo le dita dentro per districarli, altrimenti come glieli asciugavo?-

-Seee seee.- rispose beffarda Moda.

Lilian, che era ancora in pigiama, chiese per favore a Moda se avesse qualche abito per lei, visto che non voleva lasciare la casa. La piccola la condusse nella camera patronale, ormai vuota, e aprì l’armadio che era stato della madre, e disse alla ragazza di scegliere quello che voleva tra i vestiti lasciati lì.

Rea indossò una gonna lunghissima e ariosa di cotone bianco, che faceva la ruota girando, e una maglietta che le lasciava scoperte le spalle. Acconciò i lunghi capelli mossi con un foulard che aveva trovato in un cassetto, le cui code furono lasciate penzoloni lungo la schiena.

-Ma come ti sei conciata?- chiese la bambina quando la vide scendere le scale. -Sembri una zingara!

-A me piace.- ribattè Rea fulminandola. Faceva caldo, ed era la mise più adatta che fosse riuscita a metter su. L’educazione, ecco cosa mancava a quei quattro scalmanati, oltre ai genitori!

All’ora di pranzo, quando il sole picchiava più forte e tutti i bambini erano sotto la quercia appena fuori la stalla ad aspettare che fosse pronto da mangiare, il ragazzo si svegliò, probabilmente attirato dall’odore che veniva dalla cucina che le porte della stalla, spalancate per far passare meglio l’aria, convogliavano.

Nella notte Moda non aveva dormito, era rimasta al capezzale del ragazzo tutta ansiosa che si svegliasse, e i suoi fratelli la prendevano in giro. Rea supervisionava tutto, assonnata. Aveva svegliato gli altri bambini, preparato la colazione, assistito il naufrago che nella notte si era agitato di continuo, forse per il caldo, e aveva finito con il rovesciare per terra le coperte. Ora stava beato a pancia in giù, mezzo nudo e con la testa sprofondata nel cuscino, con le braccia e le gambe che si allungavano oltre il bordo del letto improvvisato. Al mattino, dopo la colazione, Moda si era addormentata vicino a lui, e Rea l’aveva presa in braccio e portata nel suo lettino.

Le campane della chiesa stavano suonando mezzogiorno quando il ragazzo cominciò a mugolare nel cuscino.

-Si sveglia, si sveglia!- sussurrò eccitata Moda.

-Rimani dietro di me, Moda!- le ordinò Rea.

-No, l’ho trovato io, ci voglio parlare io!

-Potrebbe essere un assassino!-

-Ma non vedi che ha la faccia buona!?- rispose la bambina. Persino i tre fratellini sotto la quercia osservavano curiosi la scena.

Nemmeno a Rea sembrava un delinquente, ma non poteva certo correre rischi, con quattro bambini. E il fatto che un ragazzo fosse carino non escludeva che potesse essere un rapinatore o un assassino.

Finalmente le pesanti saracinesche che celavano le iridi del ragazzo si sollevarono, e due occhi neri e lucidi come l’ossidiana scrutarono pigri la vecchia stalla.

Il ragazzo sbadigliò, abbracciò il cuscino e con gli occhi piccoli dal sonno si issò a sedere sul letto. Così seduto, sembrava molto più grosso di quanto non sembrasse nella notte: aveva certe spalle che avrebbe potuto prendere in braccio Rea, Moda e i tre fratellini senza problemi; la ragazza distolse a fatica lo sguardo dagli addominali scolpiti del ragazzo.

-Ciao… come ti senti?- gli chiese senza avvicinarsi al letto. Il naufrago si guardò intorno, spaesato. Poi notò davanti a sé Rea che tratteneva Moda, sorrise.

-Ciao!- le salutò cordiale. Moda, da che scalpitava per avvicinarsi, si nascose timidissima  dietro la gonna di Lilian.

-Tutto a posto? Ti abbiamo trovato sul greto del fiume stanotte.- spiegò Rea.

-Io l’ho trovato.- puntualizzò una vocina dietro la gonna bianca. Il naufrago sorrise ancora, allungando il collo per capire da dove provenisse quella voce.

-Ti ha trovato Moda.- si corresse Rea. -Eri fradicio, sembrava... che avessi bisogno di aiuto.-

-Accidenti, devo essermi addormentato!- sorrise l’ospite passandosi una mano fra i capelli mossi e scuri. 

Il naufrago si alzò in piedi: era altissimo, Lilian non gli arrivava nemmeno alle spalle. Continuava a scrollarsi con una mano i capelli, e fece un mezzo giro su se stesso per ambientarsi, poi e si rivolse alle due ragazze sorridente. Moda spaventata si accucciò dietro le gambe di Rea, che invece rimase in piedi, fiera e dritta, ad osservare i movimenti del ragazzo; lui s’inchinò lievemente le fece il baciamano. -Grazie per avermi aiutato allora.- Moda fece capolino da dietro la gonna, e il ragazzo fece il baciamano anche a lei. Rea era molto impressionata dall’atteggiamento gentile e galante, la faceva andare un po’ su di giri, ma rimase con i piedi per terra.

-Come ti chiami?- gli chiese.

-Te l’avevo detto che era buono!- l’interruppe la bambina, ritornando dietro la gonna.

Il ragazzo scoppiò a ridere. -Io non sono buono!- esclamò. -Io sono un pirata!-

-Sono un buon pirata, ecco.- si spiegò, sedendosi di nuovo sul letto.

-Io sono Lilian Rea Yaeger. Tu chi sei?- si presentò la ragazza avvicinandosi, lasciando Moda dietro di sé.

-Portuguese D. Ace, capitano della II flotta di Barbabianca.- rispose lui sollevando il mento quasi in tono di sfida. Rea l’aveva sospettato, gli avvisi di taglia circolavano come i pettegolezzi, giù al villaggio. Ma furono interrotti dall’arrivo di un piccolo branco che svolazzò incuriosito verso il pirata:

-Davvero sei nella flotta di Barbabianca?-

-Sei un pirata vero?

-Quanti Marines hai ucciso?- i tre fratelli erano sciamati sul letto e avevano cominciato a coprire l’ospite di domande, tutti eccitati. Incoraggiata dai fratellini, anche Moda aveva vinto la timidezza e si era avvicinata.

-Ehi, voi, scendete di lì!- li sgridava Rea, ma non aveva molto ascendente sugli abitanti della fattoria: un fratello aveva fatto girare il capitano e stava ammirando l’enorme tatuaggio baffuto che aveva sulle spalle percorrendolo con le manine sporche di terra, un altro era riuscito ad arrampicarglisi in testa.

-Ma la volete smettere!?- li strigliava Rea riprendendo il diavoletto dalla testa del pirata, che rideva a crepapelle. Visto che non aveva molto effetto, si rivolse direttamente al ragazzo. -Capitano.- disse adattandosi alla nuova rivelazione del pirata. -Vuole mangiare con noi?-

-Solo se mi dai del tu.- sorrise lui. -E se mi chiami Ace.- disse alzandosi dal letto e lasciando a terra tutti i bambini.

Dopo pranzo tutti i fratellini uscirono fuori a giocare per le campagne, e Rea, felice di esserseli tolti per un po’ di torno, rimase a pulire la cucina.

-Come mai da queste parti?- chiese al pirata pulendo i fornelli. -Il mare è abbastanza lontano da qui.

-Ho lasciato la mia ciurma- spiegò -Per andare a caccia di uno dei miei sottoposti, ha assassinato un altro capitano della flotta.-

Rimase pensoso a sorseggiare il caffè che Lilian gli aveva offerto. -Era sotto la mia responsabilità, e ora se l’è filata.- concluse amaro.

Anche Rea si sedette al tavolo a bere il caffè.

-Dev’essere dura con quattro figli!- osservò Ace sorridendo e spostando il discorso dalla sua storia; a Rea finì il caffè di traverso, e lui le assestò una pacca sulle spalle che per poco non le fece sputare tutto il pranzo.

-Non sono miei!- boccheggiò ridendo. -Grazie.- disse prendendo il biccher d’acqua che Ace le porgeva. -Io sono la vicina di casa.- spiegò. -Non vedi che sono troppo grandi per essere miei?- rideva ancora.

-Io non me ne intendo mica!- si difese lui. -E i genitori?

-Sono scomparsi.- disse Rea ricomponendosi.

-Mi dispiace, scusa…-

-No, non sono morti, almeno non dovrebbero. Sono scomparsi, non abbiamo loro notizie.

-Vi siete rivolti alla Marina?

Rea lo guardò divertita inarcando un sopracciglio: un pirata ricercato che le dice di rivolgersi alla Marina?

-Certo, ma non hanno fatto niente. Sono troppo impegnati con i pirati, per trovare i genitori di quattro pesti.- disse, tra il serio e il faceto.

Moda trotterellò dentro casa in silenzio, si mise in testa il grosso cappello da cow-boy arancione del pirata che stava posato su una sedia e s’incamminò disinvolta verso la sua cameretta.

-Fermati tu!- la inseguì il pirata, giocando. Rea lo lasciò fare, ridendo mentre Ace sollevava la bambina e la lanciava in aria riacchiappandola al volo. Aveva ragione però, quei bambini dovevano ritrovare i loro genitori… ma lei, Rea, che ci poteva fare?

-Adesso devo andare.- annunciò, tornando verso la ragazza reggendo Moda, con la testa sparita nel suo cappello, su una spalla.

-Di già?- chiese la sua vocina, emergendo dal cappello e afferrando con le manine i capelli mori di lui, senza tirare.

-È stata solo una pausa.- spiegò il pirata rimettendola a terra. -Una bella pausa, ma adesso devo rimettermi in viaggio.- terminò guardando Lilian.

Lilian e Moda gli prepararono un po’ di roba da mangiare sulla via, e dopo poco lui le stava già salutando.

-Ciao Lilì, grazie di tutto.- disse sulla porta. Poi s’inginocchiò per salutare Moda, che si stringeva al gonnellone di Rea sull’orlo delle lacrime.

-Ehi, non fare così.- le bisbigliò dandole un buffetto. -Ci rivedremo presto!-

-Davvero?- chiese la bambina.

-Beh, forse non presto, ma sicuramente ci rivedremo!- le rispose il pirata, ottimista.

Quando Moda vide sparire oltre la collina il grande cappello di Ace che ballonzolava al passo del pirata, si staccò come una furia dalla gonna di Lilian che era rimasta lì fuori con lei e scappò dentro casa; la ragazza si aspettava una simile reazione da parte della piccola, e decise di lasciarle spazio. Povera Moda, che a meno di dieci anni si trovava abbandonata dai genitori a gestire una latteria, senza altro supporto che una perfetta estranea. In quelle poche ore si era ripresa con la forza quell’infanzia che le era stata strappata dalla partenza improvvisa della mamma e del babbo, aveva giocato con i fratelli e finalmente si era sentita al sicuro, protetta dai due giovani adulti che erano con lei a casa.

E adesso? adesso il pirata era partito, e con lui era andata via anche quella magica bolla di sicurezza e tranquillità. Certo, Lilian era una ragazza gentile, la aiutava spesso e volentieri come poteva, ed era anche forte, come quando portava loro la legna o quando aggiustava le imposte della casa se il vento le aveva scardinate, però quel ragazzo le aveva dato davvero l’impressione che in quella casa ci fosse una vera famiglia. Ecco cosa voleva: lei rivoleva indietro la sua famiglia.

 

Rea rimase al mulino anche quella notte, dormendo con Moda che non si dava pace per la partenza del “suo” pirata. Erano andati tutti a letto da poco, quando un rumore fece sobbalzare Lilian.

-Lilian, che c’è?- mormorò Moda.

-Zitta.- le ordinò la ragazza. Scese dal letto in punta di piedi e scese le scale per andare dabbasso: c’era qualcuno nella stalla, dalla quale si poteva entrare in casa attraverso una porticina.

Voci maschili.

“Dove sono le stanze da letto?”

“Sopra!”


Dietro le quinte della storia...

Grazie per aver letto il primo capitolo! cominciamo a svelare qualche segreto sull'elaborazione della trama... focus on: LILIAN REA YAEGER.

Il cognome "Yaeger", viene preso in prestito dai libri di Clive Cussler: Hiram Yaeger è un genio del computer che appare in molti suoi romanzi. 

Il doppio nome della protagonista è dovuto al fatto che in una prima stesura doveva avere il secondo nome puntato, come molti personaggi di One Piece in cui compare la D., poi però ho voluto chiamare la ragazza come una delle guerriere Sailor nella versione italiana (non me ne vogliano i fan della versione originale!). Il nome Lilian invece viene da "Lilì", come viene soprannominata da Ace, e compare in una vecchia canzone del Quartetto Cetra, "Musetto". Il titolo, "Flyin' High", è invece una canzone di Kid Rock. 

In questa storia inoltre ci saranno -in minima parte- alcuni oggetti legati più al nostro universo che a quello di Oda... ma non posso svelare nulla di più! Tutti i personaggi (salvo Lilian Rea Yaeger ed altri che specificherò strada facendo) appartengono ad Eiichiro Oda! Spero che la storia vi sia piaciuta e che il primo capitolo vi abbia intrigati, mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate! ^^ lasciate un commentino per favore, anche le critiche (piovono pomodori!) saranno ampiamente apprezzate!

Yellow Canadair





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