Introduzione:
So perfettamente quanto tempo
è passato: poco più di un anno. Sono una merda, lo so.
Non cercherò di
giustificarmi, posso solo dire che ora sono qui.
Ieri
ero seduta al computer e tutt’un tratto Alex
ha bussato al mio folle cervellino. E oggi ho finito il capitolo. Un
capitolo
che è stato complicato anche solo pensare, in questo lungo anno, perché
si
tratta del momento in cui Elise, dice ad Alex di amarlo.
Come
qualcuno avrà notato, ho cambiato nickname,
ma sono sempre io: JessikinaCullen.
Detto
questo... vi lascio al capitolo, che si
basa sul 29 di Travolgimi. Buona lettura.
Sempre se qualcuno leggerà xD
~
La paura è bastarda.La paura non ti fa credere a niente.
Nemmeno alla persona che ami e che ti ama.
<< Fammi capire bene... domani conoscerai i
parenti di Elise? >> Mi chiede Gigi, mentre cerca di non ruttarmi
in
faccia. Trattengo un sorriso e annuisco semplicemente.
<<
In realtà ci conosciamo già. Domani
diremo, o meglio, faremo capire che stiamo insieme. >>
Ci
troviamo a casa di Sandra, abbiamo passato qui
le ultime serate, poiché continua ad avere casa libera, ma domani
mattina io ed
Elise dobbiamo svegliarci presto per andare al Battesimo della piccola
Alessia.
<<
Non sei agitato? >> Mi chiede dopo
qualche attimo, Gigi, dopo essersi scolato il bicchiere che aveva in
mano.
<< Io se fossi in te lo sarei... voglio dire... quelle non sono
persone
normali! >> Scoppio a ridere e mi passo una mano tra i capelli,
sedendomi
sulla ringhiera del balcone di Sandra.
<<
No, in realtà... sono più agitato per
come potrebbe reagire Elise, a qualsiasi cosa. Secondo me lei, fino ad
ora, li
ha sempre visti come i cattivi della situazione senza analizzare i
perché di
determinati comportamenti. >>
<<
Vuoi veramente parlarmi in modo così
complicato mentre sono ubriaco? >> Scoppio a ridere e mi tocca
dargli
ragione.
<<
Ok, te la faccio semplice. >> Dico
sporgendomi verso di lui. << Elise ha passato un brutto periodo,
e
nessuno nega che sia stata anche colpa delle sue cugine, ma lei è
uscita da un
buco nero, di conseguenza non si è mai chiesta i perché di determinati
comportamenti... e ora ha paura ma cerca di affrontare tutto. Magari
queste
cugine non sono così terribili come crede. >>
<<
O almeno non lo saranno di fronte a chi
non conoscono. >> Dice puntandomi un dito contro. Annuisco
dandogli
ragione. << È per questo che sei tranquillo? È una cosa
importante quella
che accadrà domani... eppure sembra che dobbiate andare a fare una
scampagnata.
>>
<<
Devo essere forte per lei. Non può
reggere le mie paranoie e le sue. >>
<<
E tu invece? Ce la fai a tenere quelle
di entrambi? >> So che Gigi mi vuole bene, è il mio migliore
amico, ma
quando c’entra così perfettamente il punto... diamine! Vorrei
picchiarlo.
<<
Devo farcela. >> Dico sviando il
suo sguardo e puntandolo su Elise che ride spensierata con Sandra.
Scendo
dall’auto prendendo aria, battibeccare con
Elise per ogni cagata mi ha tranquillizzato un attimo ma ora che ci
troviamo di
fronte alla Chiesa dove si svolgerà il battesimo della piccola
Alessia... beh
sono un fascio di nervi; Elise ha un piccolo broncio a incorniciarle le
labbra,
ma la trovo adorabile. Devo solo tenere a mente che lo sto facendo per
lei, e
soprattutto che possiamo farcela. Di certo i suoi parenti non possono
mangiarci... vero?
<<
Quello non è Leo? >> Le chiedo
affiancandola, segnando il compagno di sua cugina Mary che parlano non
tanto
distanti da noi. Lei annuisce e mi guarda con gli occhi spiritati.
<<
Ho il cuore che batte a mille. >>
Ammette per poi fare un paio di grossi respiri. Le accarezzo le spalle
e le
sorrido cercando di calmarla.
<<
Andrà tutto bene. E poi... per qualsiasi
cosa sono qui, ok? >> Apre bocca per dire qualcosa ma infine
sorride
annuendo.
Cosa
volevi dirmi, Elise? Perché riesco a leggere
i tuoi occhi, ma tu non fiati? Perché non riesci ancora a dirmi che mi
ami?
<<
Quindi... non sei solo un amico.
>> Afferro la palla da basket che Leo mi ha lanciato e l’osservo
mentre
sorride divertito. Ama il pettegolezzo, questo l’ho capito ma non mi
aspettavo
che avrebbe preso lui... come dire... la palla al balzo aprendo il
discorso.
Ci
troviamo fuori dall’oratorio, dove si terrà la
festa. Abbiamo abbandonato la Messa poco dopo che la bambina è stata
battezzata. Mary ed Elise sono dentro a disporre il cibo sui tavoli e
ad
attaccare gli ultimi palloncini, mentre noi... beh cazzeggiamo dopo
aver finito
di attaccare l’impianto stereo e il computer.
<<
Ehm... no. Sono il suo ragazzo. Ma penso
che oramai sia palese. >> Ridacchia annuendo. Gli lancio la palla
e lui
cerca di fare canestro, non riuscendoci.
<<
È da tanto che... >> Mi chiede
seriamente una volta che riprende la palla.
Scrollo
le spalle. << In realtà sono solo
tre mesi. >> Leo si perde un attimo tra i pensieri e infine
ridacchia.
<<
Quindi ogni volta che non era a casa o
doveva uscire... era con te. >> Sorrido.
<<
Quasi. Non ha solo me nella sua vita. Ha
degli amici, delle amiche... ha una vita sociale. Certo, da quando sta
con me,
forse, è aumentata ma l’ha sempre avuta. >> Non so perché stia
difendendo
così tanto ferocemente Elise... non dovremmo giustificarci con nessuno,
ancor
di più con Leo che alla fine non fa nemmeno proprio parte della
famiglia ma...
magari capendo il tutto, metterà a tacere lui stesso Mary e le altre.
Chi lo
sa.
<<
Sei un bravo ragazzo, ed Elise aveva
bisogno di qualcuno che le desse uno scossone. >> Mi lascia una
pacca
sulla spalla superandomi. Mi volto, continuando a guardarlo, e prima
che entri
dentro la sala, si gira nuovamente. << Benvenuto in famiglia,
Alex.
>>
La
festa sta proseguendo bene, Elise dopo un po’
è riuscita ad abbandonare il mio braccio e a lasciarsi andare,
parlando,
scherzando e cantando con le sue cugine... quindi a un certo punto sono
andato
fuori e mi sono ritrovato attorniato da altri suoi cugini e un suo
zio... ma
sinceramente? Mi sono trovato bene. Suo zio è un grande, fa anche lui
il
meccanico e mi ha preso in simpatia, la stessa cosa il fratello di
Mary, che
oltre ad essere un burlone non ha fatto altro che osservarmi per capire
se
fossi o meno un surrogato di fidanzato in affitto. Quando me lo ha
chiesto
direttamente sono scoppiato a ridere e Angelo, un amico di famiglia,
scherzosamente ha fatto intendere all’amico che Elise di certo non ha
bisogno
di pagare nessuno per uscire o trovarsi un fidanzato. Mi sono divertito
e lo ha
capito anche Elise una volta che è riuscita a scappare dalle grinfie
degli
altri parenti. Mi è parsa piuttosto contenta della cosa, ma ora... beh
la trovo
un po’ stranita. Non capisco perché.
<<
Che è successo? >> Le chiedo una
volta che ci siamo un po’ allontanati dalla folla, incrociando le
braccia al
petto.
<<
Beh... ho parlato di te con alcuni
parenti... ho riso, scherzato, ho sorretto i capelli di Giulia mentre
vomitava,
volevo dare un cazzotto a Renata per non avermi nemmeno ringraziato
e... beh mi
sono abbuffata, insieme a Leo, delle patatine mentre predavamo in giro
chi
cantava. E questo solo perché mi sarei annoiata a parlare di motori.
>>
<<
E avresti fatto altrettanto se io non ci
fossi stato? >> Le chiedo incuriosito.
<<
No. Probabilmente non sarei venuta, e
se invece lo avessi fatto, sarei stata tutto il tempo fuori, magari
evitando
tutti. >> Le accarezzo una guancia sorridendo.
<<
Sono contento di essere qui. >> E
sono sincero. Non potrei mai mentire su una cosa simile. Nel mio folle
cervellino, il fatto che lei mi abbia chiesto di presentarmi con lei, è
come se
mi avesse detto “ti amo”. Suvvia, non s’invita a un Battesimo un
ragazzo di cui
alla fine non te ne frega niente, no?
Elise
mi abbraccia appoggiando il viso sul mio
petto.
<<
Anch’io sono contenta che tu sia qui.
>> Le poso un bacio tra i capelli e approfondisco il bacio una
volta che
Elise alza il viso per far sfiorare le nostre labbra.
Sorridendo,
dopo un paio di minuti, Elise si
allontana con un sorriso furbo e afferra la palla da basket abbandonata
affianco al canestro.
<<
Che intenzioni hai? >> Ridacchia
alla mia domanda e corre sui tacchi per poi lanciare la palla nel
canestro.
Sbagliando, tra l’altro.
<<
Ci ho tentato. >> Mormora
facendomi ridacchiare.
<<
Non dirmi che non ci sai giocare?!
>>
<<
Non sfottermi! E comunque... dipende.
>> Rido ancora di più per poi andare a prendere la palla.
<<
Dipende? O ci sai giocare, o no.
>> Detto questo, mi metto in linea con il canestro, alzo le
braccia e mi
volto verso Elise, tirando subito dopo la palla e facendo canestro.
Elise
sbuffa scuotendo la testa e io rido
avvicinandola a me afferrandola per i fianchi.
<<
Ti piace vincere facile, eh? >> Mi
provoca, per poi allontanarsi e afferrare la palla. Si concentra, lo
giuro, ma
alla fine, quando lancia la palla, non riesce comunque a fare canestro.
<<
Vincere facile, eh? Beh finché si tratta
di queste cose, posso anche dirti di sì. Ma se si tratta di te, di
sentimenti... no. Se mi piacesse vincere facile non avrei mai corso il
rischio
di avvicinarmi a te e rimanerci secco. >> Non so perché io sia
stato così
sincero, e mi pongo il problema solo quando la vedo irrigidirsi ma
pochi
istanti dopo si volta sorridendomi strafottente.
<<
E ti sei prefissato qualcosa? >> Mi
avvicino confuso.
<<
Che cosa intendi? Se sapevo che c’era il
rischio di rimetterci, invece che di vincere? >> Annuisce
lentamente ma
senza più sorridere. È seria al momento.
<<
D’altronde ho detto tante volte che
sono un caso perso. >> Perché di nuovo questo discorso? Non
voglio
affrontare queste cazzate. Per quanto sia una ragazza complicata, di
certo non
è un caso perso.
<<
Quindi... Renata non ti ha nemmeno
ringraziato di aver aiutato sua figlia a vomitare? E poi perché ha
vomitato?
>> Sbatte le palpebre frastornata.
<<
Puoi smetterla di dire la parola
“vomito”? >> Mi chiede divertita, tornando ad appoggiarsi a me.
<<
Comunque Giulia aveva bevuto l’acqua ghiacciata, poi ha corso,
sudato... e...
beh ha fatto l’Esorcista. E per Renata non c’è mai fine al peggio...
però ho
capito una cosa. >> Alza il volto per guardarmi meglio. <<
Non
m’interessa. Se ha intenzione di tenermi il muso per chissà quale
motivo, se
vuole trattarmi male, parlarmi dietro, fare l’indifferente quando le fa
comodo... non m’interessa. Ho capito che non serve stare male per
persone che
non riescono a stare male per se stesse, e che quindi preferiscono
puntare il
dito verso gli altri. Ho smesso di preoccuparmi per quel tipo di
persone, che
pensino quello che vogliano. >> Vorrei ridere, lo giuro... avete
presente
quando entrate in una stanza e accendete la luce? E di conseguenza
tutte le
cose all’interno della camera si vedono perfettamente? Ecco, è come se
fosse
successo questo ad Elise. O meglio, come direbbe lei, ha finalmente
fatto un
enorme passo avanti. E io sono così orgoglioso di lei. Le afferro il
viso tra
le mani e le poso un bacio sulle labbra. Elise mi si avvinghia contro e
di
certo non mi tiro indietro, continuo a stringerla a me e imperterrito
la bacio.
Sento il battito del mio cuore nelle orecchie.
<<
Ti amo Alex. >> Le nostre labbra
continuano a sfiorarsi ma quando la mia mente, finalmente, recepisce
quello che
mi ha detto, non posso non irrigidirmi. Elise si allontana e mi
sorride,
raschiando subito dopo la gola.
Mi
sento un pezzo di ghiaccio.
Perché
me lo ha detto ora? Perché in questo
frangente?
C’era
bisogno di Renata per farle ammettere
quello che provava per me? Come posso crederle?
<<
Ti amo e mi sembra quasi impossibile che io ci abbia messo un’eternità
per
crederci. Non lo dico solo perché siamo qui e per farti stare buono...
lo dico
perché lo penso e perché il mio cuore... lo urla ogni volta che ti vedo
e che
mi sei accanto. >> Si sta giustificando. E non riesco più a
guardarla
negli occhi.
Lei
non mi ama. Non davvero perlomeno. Lo crede
adesso, ma non è così. Mi sta esattamente dicendo quello che vorrei
sentirmi
dire, tutto qui.
Non
sento più il battito del mio cuore, non sento
più niente. Mi rendo a malapena conto di aver abbandonato ogni contatto
fisico
con lei, solo quando mi riacciuffa le mani, stringendomele.
Mi
sento una statua di sale.
<<
So di... di averti preso in
contropiede. So anche che magari non ci speravi nemmeno più... ma sono
sincera.
>> I nostri occhi non si allontanano ma non riesco ad aprire
bocca. Vedo
nitidamente il terrore possedere i suoi occhi, ma non riesco a dire
nulla.
Vorrei semplicemente andarmene.
<<
Allora ragazzi, tutti interi? >> Gigio ci affianca, e cerco di
riprendere
conoscenza. Gli sorrido ma nota anche lui che c’è qualcosa che non va,
soprattutto quando vede Elise con gli occhi lucidi e più pallida di
quanto lo
sia già solitamente. Proprio come me.
<<
Ehi! >> Sobbalzo quando sento
l’urlo di mia madre, mi blocco in mezzo al corridoio e la guardo ad
occhi
sgranati. << Ma ti pare il caso di chiudere così la porta?
>> Mi
chiede con uno sguardo severo poiché ho letteralmente sbattuto la
porta.
Sospiro e non rispondendole mi vado a chiudere in camera.
So
perfettamente che vorrebbe farmi mille
domande, ma grazie al cielo capisce che non è il caso e se ne torna in
cucina.
Mi
spoglio rimanendo in boxer e mi rigiro tra le
mani il mio cellulare.
Elise
ha detto di amarmi.
...
dovrei dirlo a Gigi. No, meglio di no. Non
voglio sentirlo felice per me. Non quando Elise in realtà non pensa
quello che
ha detto.
Non
può pensarlo veramente.
Non
può aver veramente creduto che avrei
accettato una dichiarazione dopo avermi detto che del parere degli
altri non
gliene frega niente e che vuole solo vivere la sua vita. È come se...
lo avesse
detto per ribellione. Per fare un altro stupido passo avanti.
Peccato
non abbia preso in considerazione i miei
sentimenti.
<<
Nipote, io ti voglio bene ma tu... beh
sembra che oggi tu stia vivendo su un altro Pianeta! È successo
qualcosa? Hai
una scusa abbastanza credibile? >> Sbuffo e alzo lo sguardo dal
monitor
del pc.
<<
Ho per caso fatto qualche danno? Ho
consegnato qualcosa in ritardo? Non ho ritirato la merce giusta? Ho
sbagliato a
scrivere qualche scontrino? >> Sono tranquillo. Non gli ho urlato
contro
ma lo sguardo di zio Mario... beh penso di averlo lasciato senza parole.
<<
Ehm... no, non hai sbagliato nulla –
appunto -, ma non hai scambiato due parole con nessuno qua dentro, me
incluso.
A parte ora, ovviamente. >> Si stoppa un secondo e infine
incrocia le
braccia al petto. Se pensa d’incutermi, non ci riesce. << Non ti
ho visto
nemmeno un attimo col telefono in mano. >>
<<
L’ho dimenticato a casa. >>
Mugugna e io non lo guardo negli occhi. È ovvio che io non me lo sia
dimenticato. L’ho lasciato di proposito e sono certo che lo abbia
capito anche
lui.
<<
Tua madre ha detto che non sei uscito
ieri sera. >> Lo fulmino con lo sguardo e lui non fa una piega.
<<
Non ne avevo voglia. Ero stanco. Ho
dormito poco questo weekend. >> Oh! Nemmeno una bugia. Faccio
progressi.
<<
Tu stanco? >> Mi chiede incredulo.
<<
Già, strano, vero? A volte capita anche
a me. >> Zio Mario sospira e mi si avvicina, appoggiando una mano
sul
monitor del computer.
<<
Che cos’è successo? >> Incontro i
suoi occhi e rimango un attimo senza respirare.
Potrei
dirglielo. Dovrei dirglielo ma non ne ho
la forza.
Non
posso veramente raccontargli come mi sono
comportato di merda con Elise, una volta usciti da quel benedetto
Battesimo; mi
picchierebbe, anzi, mi massacrerebbe di botte.
<<
Diciamo che ho fatto... un passo falso.
>> Mormoro guardando assorto il monitor.
<<
Nel senso che hai tradito Elise?
>> Mi chiede seriamente, senza dare giudizi.
<<
Certo che no! >> Esclamo con un
tono fin troppo alto. << Ho... mi
sono comportato di merda. Ma non sapevo che altro fare. Ora... se
permetti,
torno a lavorare. >>
<<
No, ora, alzi il culo da quella sedia e
te ne vai da qui. >> Lo guardo meravigliato ma lui non batte
ciglio. Dice
sul serio, e la cosa mi terrorizza.
<<
In che senso? >>
<<
Hai vent’anni, Alex, e sei nel bel mezzo
di una crisi di coppia... non so cosa tu voglia fare, ma ti darò un
consiglio:
se la ami veramente, chiedile scusa. >> Se ne va, lasciandomi con
ancora
più dubbi e pensieri.
<<
Allora sei vivo! Porca puttana, mi hai
fatto spaventare! >> Gigi mi colpisce a una spalla e io alzo gli
occhi al
cielo, cercando di non rispondergli male: prendermela con lui non
servirebbe
assolutamente a nulla.
<<
Ciao anche a te, mio caro amico.
>> Dico ironicamente, facendolo entrare in casa.
<< Mi spieghi che cos’hai
fatto? >> Mi chiede
una volta che si è seduto sulla mia sedia del computer. Mi sdraio sul
letto e
non spiccico parola.
<< Intendo con Elise.
>> Fremo ma continuo a
tacere.
<< Senti... so che
probabilmente ho sbagliato ma...
>> Non lo faccio continuare perché mi sono seduto sul letto.
<< Che cos’hai fatto? >>
<< Dovrei chiederlo io a te!
Sono passato a lavoro,
non trovandoti, ho pensato che fossi con Elise, ma quando... quando
l’ho
chiamata, ho capito che c’era veramente qualcosa che non andava
perché... tu
non dimentichi il telefono a casa. Spento, tra l’altro. >> Mi
passo una
mano tra i capelli e torno a sdraiarmi, ma nello stesso tempo inizio a
raccontargli tutto: della festa, dei parenti di Elise, di quello che è
successo
con Renata, del “ti amo” di quella che in teoria è ancora la mia
ragazza, della
litigata sotto casa sua e infine di come ho deciso di spegnere il
telefono una
volta tornato a casa e di come io non lo abbia ancora acceso.
Gigi è rimasto in silenzio tutto il
tempo, mi ha
semplicemente ascoltato.
<< Sei un emerito coglione,
lo sai, vero? >>
Detto ciò, si è alza e se ne va. Lasciandomi con un macigno sullo
stomaco. Se
anche il mio migliore amico mi sta dicendo di aver sbagliato... magari
è vero.
Mi alzo e afferro il cellulare, lo
accendo e in men che non
si dica vengo sommerso di messaggi. Elise ha provato a chiamarmi almeno
una
ventina di volte. Dovrei richiamarla?
Il telefono mi vibra tra le mani e
sullo schermo appare una
foto di Elise.
Deglutendo a fatica, sommerso dal
panico, stacco la
chiamata.
Mi passo nuovamente una mano tra i
capelli e butto il
telefono sul letto.
Ha ragione Gigi: sono un emerito
coglione.
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