La mia vita in manicomio

di Alfred il sanguinario
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Oggi mi ha intervistato uno psicologo brutto e grassottello. Almeno ha detto di essere uno psicologo. Ma io non gli ho risposto. Sinceramente non me ne fotte né di lui, né di cosa vuole fare papà. Tra le altre cose mi ha chiesto delle fotografie. Ma io starò sempre in silenzio. Credevano tutti che avessi sonno, perché stanotte non ho dormito, ma io sto bene. FUCK YOU!!!!
Lo stesso signore brutto e col nasone mi ha attaccato dei fili elettrici alle mani. Penso che domani vogliano interrogarmi meglio.
MIRROR ; MIRROR ; MIRROR ; MIRROR ; MIRROR ; MIRROR ; MIRROR ;
Sono sempre scalza, quindi sto su questa sedia. A volte mi alzo, ignorando il dolore sotto le palme dei piedi e vado dal letto. Adesso hanno messo un orologio, e qualche volta gli do un’occhiata. Quando sono sul letto mi siedo, ma non mi sdraio neppure. Ora credo che sia sera, guardo l’orologio. Sì sono le undici e un quarto. Ma non ho intenzione di dormire. Ci sono abituata. A casa papà mi aveva infilato nella stalla coi cavalli, quando la mamma aveva già paura di me. I cavalli nitrivano cercavano di scamparmi, ed io non potevo dormire. Allora guardavo quella piccola insignificante scatoletta animata: tutto ciò che mi rimaneva, tranne quando, a volte, di sera, la mamma veniva su, salendo la SCALA SCALA SCALA SCALA e stava un po’ con me. Ma ultimamente non lo faceva più. 




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