Erano
le quattro di pomeriggio e ancora non avevo aperto libro. Dovevo
studiare pagine su pagine per il giorno successivo, ma la mia mente non
riusciva a concentrarsi. Era passato qualche giorno da quando Marica
aveva trovato me ed Alessandro impegnati a cercare di baciarci; mi ero
sentita così in imbarazzo quando ci aveva interrotti, ma col
senno di poi avevo capito di esserle veramente grata. La odiavo ancora,
certo, ma quello che mi aveva raccontato l'aveva resa più normale
ai miei occhi e il fatto che avesse impedito alla mia esistenza di
incasinarsi più di così non era da sottovalutare.
Ed era
proprio per quel motivo che, dopo aver cominciato ad accennare un
saluto verso Marica, avevo anche cominciato ad evitare Alessandro.
Non sapevo perché lo stessi facendo, forse una vera ragione
non
c'era, ma ero più che sicura che se l'avessi evitato anche i
problemi sarebbero spariti. Ero idiota, sì. Ero un'idiota
impaurita a cui piaceva creare problemi e poi scappare. Prima o poi
avrei dovuto affrontarlo, era impossibile che Alessandro non volesse
chiarimenti sul mio comportamento, già il fatto che mi
avesse
lasciata sola per qualche giorno era molto strano.
Sbuffai e mi alzai dal letto per costringermi a studiare almeno un po'.
Presi il libro di storia e controllai le pagine che dovevo studiare,
erano almeno trenta. Cominciai a leggere sottolineando con il lapis i
fatti che ritenevo più importanti per cercare di
memorizzarli.
Ero alla sesta pagina quando mia madre entrò nella mia
stanza
senza bussare. Menomale avevo un libro davanti.
-Mamma, dovresti bussare.- le dissi.
-Sì, certo tesoro, la prossima volta cercherò di
ricordarlo.- mi rispose ironica.
-Che c'è mamma?- le chiesi continuando a fissare il libro
per mostrarmi interessata ai compiti.
-Come sta Alessandro?- mi domandò con tono vago mentre si
sedeva sul mio letto.
Naturalmente non potei fare a meno di arrossire e far cadere il lapis
sentendo il suo nome. La discrezione in persona, ecco cos'ero.
-Bene, perché me lo chiedi?- risposi con finto tono
disinteressato.
-L'ho incontrato poco fa in centro, stava andando a comprare una
ricarica per il cellulare e mi è sembrato che mi stesse
evitando. L'ho chiamato per salutarlo e sentire come stava, gli ho
detto che era tanto che non ti veniva a trovare e lo sai cosa mi ha
risposto?- Tono vago troppo accentuato. Scossi la testa
perché
non riuscivo a parlare. Avevo paura di quello che stavo per sentire.
-Mi ha detto: "Lo chieda a sua
figlia.
A quanto pare sono diventato trasparente." Cosa sta succedendo
Caterina?- Adesso il finto tono vago era scomparso, aveva lasciato il
posto all'investigatore che viveva dentro il corpo di mia madre.
-Niente.- le risposi secca.
-Non raccontarmi bugie, Cate. Sono tua mamma, lo so quando menti.-
Avevo sempre odiato il fatto che mia madre fosse così legata
ad
Alessandro, potevo capire che gli fosse grata per essermi sempre stato
accanto da quando ci eravamo conosciuti, ma non sopportavo il fatto che
lo difendesse senza neppure sapere quello che stava succedendo tra noi.
Ero io sua figlia, non lui!
-Se sei mia madre perché prendi le sue parti?- le chiesi
acida.
-Non sto prendendo le parti di nessuno, vorrei solo sapere cosa
è successo. Non avevo mai sentito Alessandro parlare
così. Avete litigato?- mi domandò.
-No.-
-Avete discusso, allora? Ogni tanto è normale avere degli
scontri, opinioni contrastanti.-
-No, non abbiamo discusso.-
-Allora cosa è successo? Ti ha tratt..-
Non la feci neppure finire, le parole vennero fuori da sole. -Ci siamo
baciati, va bene?- Forse avevo urlato.
Guardai mia madre. -Ah.- fu tutto quello che mi disse.
-Già, proprio "ah", è la risposta giusta mamma.-
-No, tesoro, non volevo offenderti, sono solo..sorpresa, ecco.-
-Non dirlo a me.- le dissi accenando una risatina nervosa.
-Quando è successo?-
-La sera del compleanno di Emanuele. E sarebbe successo anche
il
giorno successivo e qualche mattina fa, ma gli dei sono intervenuti.-
le dissi.
-Gli dei?-
mi chiese perplessa.
-Sì, quello stronzo
di Zeus e prole.-
-Certo.- mi disse lanciandomi un'occhiata divertita. -E
perché Zeus sarebbe uno stronzo?-
-Quale essere maschilista ed incestuoso con una famiglia invidiata
anche dai protagonisti di Beautiful non dovrebbe essere definito tale?-
Avevo appena finito di cenare insieme a mia madre e mi ero
già
seduta alla mia scrivania per continuare a studiare, quando il
campanello suonò. Qualche secondo dopo mi sentii chiamare.
-Cate, scendi, è per te.- mi urlò mia madre. Chi
cavolo era a quell'ora?
Quando arrivai di fronte alla porta mi bloccai. Ovviamente. La mia vita
romanzata seguiva sempre le orme dei grandi classici se non si parlava
di happy ending.
-Cosa ci fai qui?- gli chiesi.
-Dobbiamo parlare.- mi rispose secco.
-E non potevi aspettare domattina, Alessandro?-
-No, non potevo, Caterina.- rispose marcando il mio nome come avevo
fatto io con il suo.
-Vi lascio soli.- ci disse mia madre.
-Non importa, andiamo a fare un giro.- disse Alessandro prima che
potessi rispondere.
-Va bene, state attenti.- disse lei prima di tornare in salotto.
-Chi ti ha detto che voglia venire a fare un giro con te?- gli chiesi
arrabbiata.
-Me lo devi, sono giorni che mi eviti.- In effetti...
-Devo studiare.- dissi decisa. Sollevò un sopracciglio. -Va
bene, ma devo tornare presto.- acconsentii.
Mi infilai le scarpe, presi una felpa e lo seguii verso la sua auto. Un
brivido mi salì lungo la schiena al ricordo dell'ultima
volta
che eravamo chiusi in quell'abitacolo insieme e deglutii rumorosamente,
ma sperai che non se ne accorgesse.
-Allora, di cosa volevi parlarmi?- gli chiesi cercando di sembrare
tranquilla.
-Ma non so..sono giorni che mi eviti, se per caso ci troviamo nello
stesso posto te ne vai, non mi guardi mai negli occhi, secondo te di
cosa voglio parlare? Del tempo?-
Aveva tutte le ragioni del mondo, la mia domanda era stata stupida, il
mio comportamento era stato stupido. Insomma ero una scema a giro per
il mondo.
-Hai ragione.- dissi flebilmente.
-Puoi spiegarmi il perché di questo tuo comportamento?- mi
chiese con un po' più di calma.
Lo fissai alcuni secondi prima di parlare. -Pensavo che se ti avessi
evitato sarei stata lontana dai casini per un po'.- ammisi.
-L'hai presa seriamente la storia della "genesi dei tuoi casini", eh?-
domandò accennando un sorriso.
Arrossii. -No, cioè non è poi così
sbagliata. In fin dei conti le ultime volte in cui siamo rimasti soli
ci siamo..insomma non siamo più riusciti a parlare e basta,
quindi ho pensato che se mi fossi allontanata non ci saremmo
più trovati in quella situazione.- dissi sinceramente.
-In effetti è così. Dunque vuoi continuare ad
evitarmi per sempre?- chiese.
-No, però finché non ti passerà questa
attrazione
cercherò di stare più distante. Per il bene di
entrambi.-
-E se non mi passasse?- Sembrava davvero preoccupato, ma non ero sicura
che fosse sincero.
-Ti passerà. Guarda la tua cotta per Lilian com'è
passata velocemente, qualche settimana fa ti sarebbe sembrato
impossibile.- gli dissi.
Non mi rispose subito, per un momento pensai che volesse dirmi che in
realtà a lui Lilian piaceva davvero e che io ero solo una
meteora, il giocattolo del momento. In effetti lo ero, ma speravo che
Lilian, almeno, fosse scomparsa dai suoi pensieri.
-Si, ma solo perché ho capito che non mi importava poi
così tanto di lei. Non quanto te almeno.-
A quelle parole morii. La testa mi girava vorticosamente, il cuore
batteva così forte che lo sentivo rimbombare negli orecchi,
le mani era sudatissime. Lo aveva detto davvero, non me l'ero sognato.
-O-oh!- fu tutto ciò che riuscii a balbettare, ma la sua
occhiata strana mi fece riprendere. -Visto? Quindi è solo
questione di tempo, ti passerà e così torneremo
ad essere amici.- conclusi con un sorriso tirato.
-Ma ti senti quando parli Caterina? Che cavolate stai dicendo? Ti ho
appena detto che mi sono accorto di tenere tanto a te, che non so se
riuscirò a farcela e tu mi dici che prima o poi mi
passerà. Invece no, non smetterò di pensare a te,
perché ti voglio!- disse quasi urlando.
Nonostante il mio cervello tentasse di liberarsi per darsi alla fuga,
riuscii a rispondere in maniera coerente. -Quello che vuoi è
il mio corpo.-
-Può darsi, ma non posso saperlo. Non riesco a capirlo e
sicuramente non è allontanandoti che risolveresti il
problema.- concluse deciso.
-Quindi, secondo te, l'unica soluzione è provarci?- domandai
sentendomi soffocare.
-Esatto.- E lì esplosi.
-Esatto un cazzo, Alessandro! Ora te lo chiedo io, cosa diavolo hai
nella testa? Mi stai chiedendo di provare a essere qualcosa
più che amici solo per vedere se quella che provi per me
è pura attrazione fisica o se, forse, potrebbe esserci
qualcosa di più! Te ne rendi conto? Non solo sai che tengo a
te come a nessun altro, ma sai benissimo che sono innamorata di te
dall'inizio dei tempi, eppure hai il coraggio di chiedermi queste cose.
Sei tutto matto!-
Ero quasi orgogliosa di me, gli avevo detto tutto quello che pensavo e
non mi ero fatta sottomettere, fin quando mi accorsi di un piccolo e
fin troppo rilevante dettaglio: avevo appena ammesso di essermi
innamorata di lui! Certo, sapeva di piacermi, ma sicuramente non pensava che
fossi a quel livello. Quando me ne accorsi, però, era troppo
tardi. Lo guardai e vidi i suoi occhi spalancati per lo stupore.
-Cate..tu sei..-
Non lo lasciai terminare. -Lascia stare Alessandro, ho fatto l'ennesima
cazzata. L'avevo detto che non dovevo scendere, perché non
mi ascolto mai?-
Scesi velocemente dall'auto imprecando, brontolando e insultandomi come
facevo quando ero arrabbiata. Troppo presa dal mio sproloquio non mi
accorsi che anche lui era sceso e mi aveva seguita. Mi
afferrò per le spalle e mi voltò. Non ebbi il
tempo di realizzare perché le sue labbra erano
già sulle mie. La mia mente pregò il mio corpo di
spingerlo via, di ribellarsi, ma quella volta non lo fece. Anzi, le mie
mani si aggrapparono forte alla sua maglietta e lo avvicinarono mentre
mi alzavo sulle punte per raggiungerlo meglio. Posò le sue
mani sui miei fianchi mentre la sua lingua si faceva spazio nella mia
bocca per trovare la mia. Era un bacio vorace, agitato, frenetico. Non
c'era niente di romantico, dolce o vagamente pacato nel modo in cui mi
trascinò verso la sua auto per farmici appoggiare mentre
faceva vagare le sue mani sulla mia pancia sotto la maglietta. Non so
per quanto tempo restammo appigliati l'uno all'altra intenti a baciarci
con frenesia. Fu lui a staccarsi per primo: appoggiò la sua
fronte contro la mia e sussurrò qualcosa, ma non capii
subito.
-Cosa?- gli chiesi ancora con il respiro corto.
-Ho detto "proviamoci". Ti prego.- mi disse guardandomi dritta negli
occhi.
Non c'erano presupposti a favore di una possibile relazione tra di noi,
non c'erano presagi positivi, anzi sembrava che tutto dovesse andare
irrimediabilmente male, ma in quel momento non potei fare altro che
fregarmene.
Pregai che andasse tutto bene, almeno per quella volta, e feci l'unica
cosa che volevo
fare.
Annuii.
Note dell'autrice:
Salve a tutti! :)
Inizio col dire che scrivere questo capitolo mi è risultato
un po' difficile perché alcuni ricordi facevano male e non
sono pienamente soddisfatta di quello che è venuto fuori, ma
spero che apprezzerete o che almeno mi farete sapere cosa ne pensate.
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la storia tra le
seguite/preferite/ricordate e, ovviamente, coloro che hanno recensito.
Mi rendete sempre così felice e vi ringrazio per essere
sempre presenti. <3
Alla prossima!
Un bacione,
Jane