Narnia's
Spirits
Scie
di decisioni.
La
lotta tra Narniani
e Telmarini continuava, imperterrita, all'interno delle mura del
castello.
Grida disperate e di guerra si innalzavano nel cielo nero
riempiendo l'aria ed animandola, il sangue macchiava la terra formando
chiazze scure e dall'odore ferroso, e le armature e le spade cozzavano
tra loro producendo un rumore continuo.
Peter fissava attonito il corpo
riverso a terra del Narniano che le guardie di Miraz avevano colpito e
che quest'ultimo aveva fatto cadere dal parapetto del balcone al quale
era affacciato con una spinta.
Era completamente fermo in mezzo alla
battaglia e con occhi strabuzzati osservava quello che era stato un suo
soldato fino a pochi minuti prima. Alzò poi lo sguardo verso
la lotta che si stava svolgendo intorno a lui, cercando di ragionare.
Si liberò abbastanza velocemente di una guardia che aveva
tentato di colpirlo, e mentre mille pensieri vorticavano nella sua
testa s'impose la calma per studiare la situazione.
Mancava
così poco...
Vide Susan combattere accanto a Lia, i dardi
che tagliavano l'aria e la figura della giovane che si muoveva tra le
guardie colpendone il più possibile.
Erano stati
così vicini...
Glenstorm si occupava di due
soldati e li teneva a bada con la sua spada a due mani, mentre un fauno
si caricava sulle spalle Trumpkin, incosciente per la caduta. Si
rifiutava di pensare che il nano a cui avevano salvato la vita potesse
essere morto. Lucy, soprattutto, non glielo avrebbe mai perdonato. E,
in una parte inconscia di sé, nemmeno lui se lo sarebbe mai
perdonato.
“Non dovete andare.”
Si portò una mano
alla fronte, confuso, e strizzò gli occhi. Perché
proprio in quel momento gli veniva in mente Dhemetrya?
Scosse la testa
per togliersi i ricordi da davanti agli occhi.
Dannazione.
Facendo
vagare lo sguardo non incontrò Caspian, ma nonostante il
principe non gli andasse a genio sperò comunque che stesse
bene, perché quel signorino non poteva permettersi di
morire, in alcun modo e per nessuna ragione. Altrimenti tutto
ciò che stavano facendo non avrebbe avuto più un
senso completo.
I pensieri del Re, poi, corsero come un cavallo senza
controllo ad Edmund ed Evelyn, che aveva perso di vista dopo che il
minore dei fratelli lo aveva salvato da una freccia Telmarina.
Sperò con tutto il cuore, mentre una morsa di apprensione
gli stringeva lo stomaco, che stessero bene.
Un rumore sordo, di ferro
che sbatte contro qualcosa di duro, lo riscosse attirando la sua
attenzione su ciò che stava accadendo.
Gli occhi di Peter
vagarono inquieti per il cortile fino a che non incontrarono il peso
che teneva sollevata la grata a terra, mentre questa si abbassava
inesorabilmente.
Avrebbe chiuso ogni loro via di fuga.
Stavano per fare
la fine dei topi in trappola. Sarebbero stati spacciati, tutti loro;
lui, i suoi fratelli, i soldati... e
non poteva permetterlo.
Doveva agire
da Re e fare ciò che gli sembrava più convenevole
in quel momento per quello che rimaneva il suo popolo, relegando il
pensiero di Miraz, che aveva avuto quasi in pugno pochi istanti prima,
lontano dalla sua testa.
-Ritirata! Subito!- Urlò infine,
più forte che poteva, convincendosi che non c'era
più niente da fare per il momento ed il tempo scarseggiava.
Iniziò ad avanzare verso il centro del cortile per essere
più visibile dai suoi uomini, guardando gli arcieri sopra di
lui che ancora impugnavano le balestre ed attendevano un ordine.
Toccò le spalle di alcuni fauni e minotauri intimandogli di
uscire e indicando l'entrata, cercando di fare più veloce
che poteva, per poter salvare più vita che riusciva.
Lo
sguardo di Peter si focalizzò su Susan, vicino al pozzo del
palazzo, e poi su Glenstorm che, mentre impugnava la sua spada e
abbatteva i soldati che gli si paravano di fronte deciso a salvare la
vita a se stesso ed i compagni che lo seguivano, correva verso l'uscita
seguito da alcuni Narniani.
-Portatela via!- Urlò, indicando
la sorella con la spada.
-Subito! Fuori!-
Il centauro le porse la mano
libera e una volta che la Pevensie gli fu in groppa si diresse verso
l'uscita.
-Caspian!- Susan si voltò verso il fratello,
gridando a squarciagola per farsi sentire al di sopra del rumore delle
armi che si scontravano.
-Lo trovo io!- la rassicurò,
temendo forse che per cercare il Principe la sorella si rifiutasse di
andare al sicuro fuori dalle mura del castello. Non se lo sarebbe
perdonato, non si sarebbe permesso altri errori.
-Ritirata! Fuori!-
Molti non potevano scappare nemmeno volendo, impegnati a trattenere le
guardie di Telmar in un combattimento o troppo feriti per muoversi.
Peter, rimasto nel cortile, continuava a sbracciarsi tra i vari
Narniani per far si che almeno la maggior parte e coloro che potevano
riuscissero a scappare da quel luogo che presto sarebbe diventata una
tomba.
-Andate, uscite presto!-
La loro.
***
Edmund
era confinato sulla torretta, il volto sudato e con i capelli
appiccicati in fronte ed il petto ansante per la corsa nel tentativo di
seminare i suoi inseguitori.
Ci era arrivato correndo tra scalini di
pietra e corridoi stretti, e aveva avuto tanto l'impressione di
perdersi in una miriade di percorsi che lo allontanavano dal luogo
principale in cui sarebbe dovuto essere.
Si affacciò di
nuovo per vedere di sotto ed ebbe conferma, per l'ennesima volta, che
se si fosse buttato non avrebbe avuto un atterraggio che avrebbe
definito morbido. Nel migliore dei casi sarebbe solamente morto
spappolato al suolo – quale suolo, che sotto era tutto buio?,
il ché non sarebbe stata una bella fine. Proprio per niente.
Rabbrividì al pensiero mentre il sangue gli si gelava nelle
vene, e scrollò le spalle, cercando di scacciare i brutti
pensieri.
Aveva ben chiara la sua situazione disastrosa, e non era il
momento di pensare ironicamente sulla fine che avrebbe potuto fare.
Chissà poi dov'era Evelyn, non avrebbe dovuto ne voluto
lasciarla sola in mezzo a soldati di Telmar, ma il pensiero che Peter
potesse essere ferito aveva prevalso e senza pensarci era corso in
soccorso del fratello.
Sperò che la sorella minore fosse
riuscita a raggiungere gli altri nel cortile principale senza problemi,
giacche in quel momento i sensi di colpa lo divoravano se solo le fosse
successo qualcosa – senza contare che sulla torretta si era
praticamente proclamato la sua balia ufficiale.
Prima che potesse
dilagare in altri pensieri o studiare un modo per fuggire da li un
rumore secco alla porta lo riportò alla realtà.
Si girò di scatto, sgranando gli occhi e trattenendo il
respiro mentre il cuore gli martellava quasi in gola, agitato. Questo
lo fece tornare alla sua situazione: si trovava in una torretta
chissà dove, nessuno sapeva che era lì e la porta
non avrebbe retto ancora per molto.
Inoltre, la sua mente era occupata
da tutt'altri pensieri che lo rendevano decisamente poco lucido, e la
stanchezza iniziava a farsi sentire pressante insieme al panico. Non
sapeva se sarebbe riuscito ad affrontare entrambe le guardie senza
subire danni.
Un'altra
spinta e la torcia venne scaraventata in un angolo della torre,
cozzando contro il muretto e spegnendosi.
Edmund
indietreggiò più che poté guardando
dietro di sé, finendo sul bordo, mentre osservava i due
soldati di
Telmar avanzare, spade sguainate e sorriso di vittoria sul volto.
Rivolse un sorriso sghembo alle guardie che si guardarono, non capendo,
poi si buttò nel vuoto nero dietro di lui.
***
-Come hai fatto a
sapere che ero lì?- Domandò Edmund, dopo essersi
ripreso e rendendosi conto che non aveva mancato la schiena del
grifone.
Era salvo.
-Ho studiato i vostri movimenti dall'alto, Sire,
non me ne sono mai andato. Questo su ordine di Re Peter-.
Ed sorrise
leggermente, aggrappandosi maggiormente alle piume della creatura e
scuotendo la testa per togliersi i capelli dagli occhi e lasciando che
l'aria i tirasse indietro del tutto. Certo, Peter... avrebbe dovuto
immaginarlo.
-Ora cosa facciamo, Maestà?- Domandò
Bayord, dopo aver girato dietro la torretta ed uscendo dalla vista dei
due soldati, librandosi in cielo silenziosamente.
-Andiamo al cortile
principale-.
***
La
sagoma di Evelyn
era accovacciata sul freddo pavimento di marmo, immobile e lo sguardo
era rivolto verso il basso. Il sangue che usciva dalla spalla ferita
continuava a gocciolare, sporcando così il pavimento sul
quale era seduta.
Faceva freddo.
O almeno, per lei era così;
da qualche minuto aveva iniziato a darle fastidio la brezza notturna
che entrava dalle finestre aperte. Avrebbe tanto voluto un fuoco acceso
e scoppiettante davanti agli occhi e una coperta intorno alle spalle
– e, possibilmente, che entrambe fossero prive di ferite.
Inspirò profondamente mentre con un pezzo di fazzoletto
cercava inutilmente di fermare il sangue, che invece non voleva proprio
saperne di smettere di macchiare il suo abito, colando in rivoli lungo
la stoffa e all'interno della stessa, rigando la pelle.
Senza contare
che, da sola, non riusciva a tamponare bene dietro.
Sperava di non
morire dissanguata, ma se avesse continuato così c'era il
rischio – e Lucy sarebbe stata troppo lontana da raggiungere,
e non c'era la certezza che si sarebbe ricongiunta con gli altri.
Si
sentiva debole e stravolta, con un potente groppo in gola a bloccarle
ogni parola. Non sapeva come mai non avesse ancora pianto, ma era
sicura che prima o poi avrebbe superato il limite sopportabile e
sarebbe scoppiata.
Per il momento sembrava al sicuro perché
i tre gruppi di soldati che si stavano per congiungere nel punto in cui
si trovava lei erano stati richiamati all'ordine da due generali
perché si richiedeva la loro presenza per uccidere gli
invasori che ancora combattevano nel cortile principale.
Se non aveva
sbagliato a sentire i pezzi di discorsi, i Narniani stavano perdendo e
battendo in ritirata.
E gli altri? Come stavano gli altri? Peter,
Edmund, Susan, Caspian, Lia…
Fermò i suoi
pensieri: la lista di nomi delle persone a cui teneva era troppo lunga
perché potesse essere elencata in un momento simile.
Fortunatamente almeno Lucy era al sicuro alla casa di Aslan,
così come la bizzarra Dhemetrya. Forse iniziava a capire
cosa la ragazza avesse voluto dire loro.
Si maledì,
sentendosi in colpa.
Perché non ho
provato a convincere
maggiormente Peter? Tutto questo non sarebbe successo.
Cercò
di alzarsi aiutandosi con il bracci sano, ma si bloccò di
colpo sentendo di nuovo dei passi che tornavano alla carica verso la
sua direzione. Non avrebbe saputo dire se erano gli stessi uomini di
prima, però l'istinto le gridava solo di scappare il prima
possibile da li.
Era troppo vulnerabile.
Bene Eve: inspira,
espira,
inspira, espira… Pensa, pensa, pensa, dannazione! Sei o non
sei la Scaltra?
Mentre imprecava tra sé contro la sua stessa persona
appoggiò la testa indietro in modo un po' troppo forte, e
ciò provocò un rumore sordo che, però,
non sembrava aver raggiunto le orecchie dei Telmarini impegnati
nell'assegnarsi i compiti – tra cui anche il trovare
l'intrusa.
La Pevensie si portò la mano sana dietro la nuca
e si morse la lingua per non urlare sul momento. Strizzò gli
occhi e quando si fu calmata sussurrò un mugolio di dolore.
Si
girò minacciosa, maledendo la situazione in generale, la sua
mente in panico e le lacrime che premevano per uscire, e soprattutto si
chiese perché il legno che costituiva la grande porta a cui
era appoggiata dovesse essere duro come il marmo.
Dannazione, aveva
fatto male sbatterci contro!
…Porta di legno?
Evelyn
sgranò gli occhi e saltò in piedi, ingoiando
lacrime di dolore per la fitta che si diramò tra il braccio
e la schiena. Iniziava a fare davvero, davvero troppo male.
Mentre allungava
il braccio in direzione della porta, chiedendosi come potesse non
averla collegata come possibile via di fuga, si diede della stupida.
Con la mano stava per afferrare la maniglia ed aprire, il movimento che
avrebbe potuto salvarla però si fermo a mezz'aria mentre dei
dubbi le si insinuarono come serpenti nella sua mente: era sicuro
entrare in una stanza che neanche conosceva? E se dentro c'era qualcuno
ad attenderla per ucciderla? Magari quella era la stanza dello stesso
Miraz che al seguito aveva un altro gruppo di soldati.
La Pevensie
corrugò la fronte, indecisa sul da farsi, poi si sporse
leggermente e appoggiò un orecchio sul legno freddo della
porta per cercare di provare a sentire qualcosa proveniente
dall'interno.
Sembra non ci sia nessuno.
Allontanò il volto,
continuando a studiare il legno.
Però potrebbe
essere una
trappola.
Picchiettò nervosamente un piede, vagliando le
possibili soluzioni, prendendo per se del tempo che in
realtà non aveva. Avrebbe dovuto decidere più in
fretta.
Si girò di scatto alla sua destra, attirata dalle
voci di uomini distinguibili nonostante i rumori della battaglia e il
vario caos che regnava all'interno e soprattutto fuori dalle mura del
castello.
-Io dico che è andata a destra- fece una voce
maschile in tono sicuro.
Evelyn tese le orecchie e si
bloccò, improvvisamente attenta. Di chi parlavano?
-Io invece sono sicuro di averla vista andare a sinistra-
Sbottò una seconda in tono scocciato.
La Pevensie
corrugò la fronte, sentendo le loro armature tintinnare.
Forse di lei?
-No, guardate che vi sbagliate entrambi: la ragazza ha
preso la via dritta- Rispose invece un terzo in tono solenne.
Eve
abbassò la testa scuotendola lentamente, per poi grattarsi
la nuca, leggermente in imbarazzo. Si, parlavano di lei.
Nel frattempo
però si chiese anche se quei Telmarini fossero
così stupidi da non capire che per trovarla bastava che si
dividessero e ognuno prendesse una direzione. Però era
meglio così, decisamente meglio così.
La sua
attenzione venne rivolta nuovamente alla porta davanti a lei. Cosa
fare? Osare o non osare?
-Ognuno vada in una direzione-.
La voce di un
Telmarino e il rumore di passi che prontamente si avvicinavano, diede
l'impulso alla Pevensie di aprire la porta ed entrare nella stanza, il
cuore che le martellava nelle orecchie come un tamburo e una preghiera
silenziosa espressa in nome di Aslan nel petto.
***
Sto
arrivando.
Chiese
alla giumenta di aumentare l'andatura, mentre cercava di tenere a bada
un groppo in gola che le stava salendo e che non poteva permettersi.
Doveva rimanere lucida, doveva arrivare e capire cosa avrebbe potuto
fare.
Aveva capito ormai da tempo che le cose non stavano andando bene,
al castello, altrimenti qualche grifone sarebbe già tornato
indietro ad annunciare a gran voce la vittoria di Narnia e la
deposizione di Miraz.
E allora sarebbero state lacrime di gioia e grida
di libertà ad innalzarsi tra i Narniani alla casa di Aslan.
E non il silenzio teso che regnava da prima che se ne andasse di
nascosto.
Tenete duro, sto arrivando.
***
Si
ritrovò
in una stanza avvolta nel buio, dove la luce non filtrava nonostante le
tende nella stanza non fossero tirate, questo perché la
notte era senza luna.
Aguzzò la vista mentre si chiedeva
dove si trovasse: nella penombra distinse un letto a baldacchino, uno
strano letto a baldacchino, tutto disfatto e con le piume dei cuscini
sparse sopra e intorno alla struttura. Nel materasso, inoltre, erano
infilzate parecchie frecce.
Qualcuno in quella stanza aveva avuto un
attentato alla propria vita.
La Pevensie strabuzzò gli
occhi, sorpresa.
Possibile che fosse la camera di Caspian?
Cercò di ragionare su cosa potesse fare come prossima mossa,
avvicinandosi di qualche passo al letto e studiando la camera. Strano
che nessuno si fosse premurato di sistemarla per nascondere la
verità.
Si spaventò quando sentì un
fruscio dietro di lei, e il fiato le si mozzò in gola,
mentre deglutiva rumorosamente. Un secondo fruscio ed Evelyn si fece
coraggio estraendo Asterius con il braccio sano e girandosi di scatto
verso la direzione del rumore.
Lo sapevo che questa era
una pessima
idea!
Pensò lagnante, impugnando l'elsa della spada
più fermamente che poteva. Cercava di scorgere qualcosa
attraverso il buio che regnava sovrano, ed i suoi occhi distinsero un
trespolo. Evelyn fece per avvicinarsi, quando sentì di nuovo
un fruscio seguito da dei
...campanellini?
Quando fu abbastanza vicina
al trespolo si fece coraggio e parlò per prima, la spada
sempre puntata davanti a sé.
-Avanti esci fuori, chiunque tu
sia- sussurrò, cercando di mantenere un tono calmo e sicuro.
In risposta le arrivò alle orecchie il tintinnio leggero di
pochi attimi prima.
Cos'è, uno scherzo?
Si
accigliò, avvicinandosi maggiormente e strizzando gli occhi.
Stavolta nella penombra riuscì a distinguere una sagoma
appollaiata e vide due occhi oro che la osservavano nel buio,
brillando.
-Oh ma sei solo un pennuto!- Si lasciò scappare,
mentre sospirava di sollievo rinfoderando Asterius. -Mi hai fatto
spaventare, sai?- Il falchetto pigolò in risposta, mentre
osservava la Pevensie che allungava un braccio per accarezzarlo. Quando
fece per beccare quella si ritrasse, affilando lo sguardo.
Uffa.
-Ti
porterei volentieri con me, però sono sicura che qui starai
meglio-
E che non verresti se
non facendo un baccano allucinante.
Cosa
di cui in quel momento non aveva assolutamente bisogno. Senza contare
che non era abituato alla vita lontano dalla corte, ed inoltre c'era
sicuramente qualcuno che si occupava di lui. Dopotutto Caspian era via
da parecchi giorni.
Il suo sguardo venne catturato da un armadio e
istintivamente, forse in ricordo dell'armadio a casa del professor
Kirkle che li aveva condotti a Narnia, Eve ci si fiondò
dentro chiudendosi alle spalle la piccola anta che cigolò
leggermente.
Sentì distintamente i rumori dei passi e
l'armatura del Telmarino che frusciava tra sé producendo un
rumore metallico che si avvicinava e chiedeva distintamente agli altri
due gruppi di vedetta se avessero visto l'intrusa.
Senza pensarci la
ragazza si fece spazio in mezzo a tutti quei vestiti arretrando e
toccando con la schiena il fondo dell'armadio, inciampò
però in qualcosa e cadde all'indietro con il solo risultato
che la freccia penetrò maggiormente nella sua spalla e
guadagnandosi un bernoccolo.
Ebbe un senso di vertigini e nausea,
mentre aprendo lentamente gli occhi vedeva tutto vorticare. Quando
tutto fu passato si mise seduta, e il dolore arrivò forte e
deciso come se fosse stata ustionata sul momento.
Faceva male,
dannazione, tremendamente male!
Le veniva da piangere. Si sentiva quasi
vuota, senza voglia più di scappare. Solo di riposare un
po', chiudere gli occhi e cercare di estraniarsi da quel momento.
Una
voce interiore, però, la faceva andare avanti seppur ad
inerzia. Si rifiutava di lasciarsi andare li, in quattro mura desolate
e sporche: se avesse dovuto morire, lo avrebbe fatto vedendo l'oceano e
il tramonto dalle rovine di Cair Paravel.
Si guardò intorno,
tirandosi in piedi e studiando il posto in cui si era ritrovata,
totalmente priva di pensieri logici.
Era un cunicolo neanche tanto
grande e assomigliava molto a quello dei castori con la differenza che
era a grandezza uomo e di pietra, con qualche torna fuoco per
illuminarlo lungo il percorso. La via, però, si trovava
immersa nella penombra, poiché le torce non erano
più state alimentate o la sua esistenza era andata
dimenticata.
Eve si domandò se fosse tramite quel passaggio
che Cornelius era riuscito a far scappare Caspian.
Sentì provenire da fuori la voce di un soldato di Telmar che
indicava agli altri che era sicuro che lei si trovasse in quella
stanza, perché sul pavimento vicino alla porta si trovava
del sangue e le tracce non andavano in altre direzioni.
Sbirciò dall'anta, invece di seguire l'istinto e scappare
subito, e vide la grande porta di legno aprirsi con un grande tonfo
mentre all'interno si facevano spazio tre Telmarini. O forse quattro,
ma il buio era troppo per distinguere bene le figure.
La cosa che agli
occhi di Eve arrivò distinta, però, fu il
luccichio delle spade impugnate dai soldati.
Arretrò
facendo il meno rumore possibile e si ritrovò all'inizio del
cunicolo: raccolse tutta la calma che le rimaneva prima di scoppiare in
un esaurimento nervoso, imponendosi di ragionare con freddezza ed
analizzare la situazione.
Era in un castello che non conosceva, ferita
e stanca – era completamente diverso dallo stare sveglia
tutta la notte quando era a casa da scuola.
Non sapeva come stavano gli
altri, ne dove fossero, ne dove fosse lei e come potesse uscire da li o
avvertir loro della sua posizione. Senza contare che, per quanto
potesse saperlo, quel passaggio poteva portarla completamente fuori
strada rispetto a dove voleva andare.
All'interno della stanza i
soldati di Telmar rovistavano tra le ceste, sbattevano le ante degli
armadi o buttavano in giro mobiletti per trovarla.
Si convinse a
muovere il primo passo in modo del tutto inconscio, seguito a ruota da
altri che si facevano più veloci per quanto poteva, quando
ormai si rese conto che quella era la sua unica via d'uscita.
Dunque,
salve lettori :)
Allora: Capitolo abbastanza concentrato su Eve e,
come per l'altro che annunciava la prima parte di battaglia, certi
pezzi li ho resi un po' più veloci, essendo conosciuti,
quindi maggiormente l'attenzione è catalizzata su quelli che
non ci sono nel film (ma che ho cercato di amalgamare, specialmente nel
prossimo spero si noti la cosa).
Per quanto riguarda gli eventi, sono
pressoché uguali alla versione precedente –
essendo comunque la versione della trama sempre quella iniziale
– circa. ^^' Dhem esclusa.
Unica cosa, sono stata
“costretta” a dividere nuovamente per un pezzo
nuovo che sarà presente nel prossimo capitolo, altrimenti ne
venivano fuori due, ma troppo lunghi davvero e un po' confusi.
Grazie per la
lettura ed il supporto, ringrazio per seguiti, preferiti e ricordate.
Una stretta forte,
Dhi.
***
Per chi seguisse
altre mie storie:
Essence è arrivata al capitolo
diciottesimo, riguardante il Lampione.
Elements and Seasons
è giunta, dopo più di due anni, a conclusione,
con il capitolo riguardante Edmund.
Dhialya (Originali/Generale)
è giunta anch'essa a conclusione con il capitolo settimo
riguardante il tema dell'Amicizia.
Nella sezione Originali/Nonsense ho
pubblicato due flash, Urlo
Ingabbiato e C'era
una volta la vita.
Grazie
ancora.
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