Libri > Le Cronache di Narnia
Segui la storia  |       
Autore: Dhialya    31/08/2013    2 recensioni
Il legame profondo tra una ragazza divenuta Regina e una guerriera dallo sguardo dolce e le frecce dalle piume bianche.
Un passato di cui pochissimi sono a conoscenza, risalente a prima dell'arrivo di Jadis e dei cento anni d'inverno.
Il compito di una lupa dagli occhi di ghiaccio ed un destriero dal manto nero come la notte.
Cosa si cela realmente dietro la Grande Magia e il cui potere è conosciuto solo dal grande Aslan?
C'erano regole che erano state rotte, accordi strappati e segreti che non potevano più essere taciuti, legami che andavano ripristinati e compiti da svolgere. E tutto ciò sarebbe venuto a galla, presto. E non osava - o non voleva - immaginare le conseguenze che tutto ciò avrebbe comportato.
Sulle persone coinvolte e sull'equilibrio di Narnia stessa.

Sullo sfondo della guerra contro Telmar un segreto, tenuto nascosto per più di milletrecento anni, sta per essere rivelato.
[Revisione totale programmata alla sua conclusione.]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian, Edmund Pevensie, Famiglia Pevensie
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Spirits Within - The Just and the Sly special moments.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Narnia's Spirits
Scie di decisioni.







La lotta tra Narniani e Telmarini continuava, imperterrita, all'interno delle mura del castello.

Grida disperate e di guerra si innalzavano nel cielo nero riempiendo l'aria ed animandola, il sangue macchiava la terra formando chiazze scure e dall'odore ferroso, e le armature e le spade cozzavano tra loro producendo un rumore continuo.

Peter fissava attonito il corpo riverso a terra del Narniano che le guardie di Miraz avevano colpito e che quest'ultimo aveva fatto cadere dal parapetto del balcone al quale era affacciato con una spinta.

Era completamente fermo in mezzo alla battaglia e con occhi strabuzzati osservava quello che era stato un suo soldato fino a pochi minuti prima. Alzò poi lo sguardo verso la lotta che si stava svolgendo intorno a lui, cercando di ragionare.

Si liberò abbastanza velocemente di una guardia che aveva tentato di colpirlo, e mentre mille pensieri vorticavano nella sua testa s'impose la calma per studiare la situazione.

Mancava così poco...


Vide Susan combattere accanto a Lia, i dardi che tagliavano l'aria e la figura della giovane che si muoveva tra le guardie colpendone il più possibile.

Erano stati così vicini...


Glenstorm si occupava di due soldati e li teneva a bada con la sua spada a due mani, mentre un fauno si caricava sulle spalle Trumpkin, incosciente per la caduta. Si rifiutava di pensare che il nano a cui avevano salvato la vita potesse essere morto. Lucy, soprattutto, non glielo avrebbe mai perdonato. E, in una parte inconscia di sé, nemmeno lui se lo sarebbe mai perdonato.

“Non dovete andare.”


Si portò una mano alla fronte, confuso, e strizzò gli occhi. Perché proprio in quel momento gli veniva in mente Dhemetrya?

Scosse la testa per togliersi i ricordi da davanti agli occhi.

Dannazione.

Facendo vagare lo sguardo non incontrò Caspian, ma nonostante il principe non gli andasse a genio sperò comunque che stesse bene, perché quel signorino non poteva permettersi di morire, in alcun modo e per nessuna ragione. Altrimenti tutto ciò che stavano facendo non avrebbe avuto più un senso completo.

I pensieri del Re, poi, corsero come un cavallo senza controllo ad Edmund ed Evelyn, che aveva perso di vista dopo che il minore dei fratelli lo aveva salvato da una freccia Telmarina. Sperò con tutto il cuore, mentre una morsa di apprensione gli stringeva lo stomaco, che stessero bene.

Un rumore sordo, di ferro che sbatte contro qualcosa di duro, lo riscosse attirando la sua attenzione su ciò che stava accadendo.

Gli occhi di Peter vagarono inquieti per il cortile fino a che non incontrarono il peso che teneva sollevata la grata a terra, mentre questa si abbassava inesorabilmente.

Avrebbe chiuso ogni loro via di fuga.

Stavano per fare la fine dei topi in trappola. Sarebbero stati spacciati, tutti loro; lui, i suoi fratelli, i soldati... e non poteva permetterlo.

Doveva agire da Re e fare ciò che gli sembrava più convenevole in quel momento per quello che rimaneva il suo popolo, relegando il pensiero di Miraz, che aveva avuto quasi in pugno pochi istanti prima, lontano dalla sua testa.

-Ritirata! Subito!- Urlò infine, più forte che poteva, convincendosi che non c'era più niente da fare per il momento ed il tempo scarseggiava.

Iniziò ad avanzare verso il centro del cortile per essere più visibile dai suoi uomini, guardando gli arcieri sopra di lui che ancora impugnavano le balestre ed attendevano un ordine. Toccò le spalle di alcuni fauni e minotauri intimandogli di uscire e indicando l'entrata, cercando di fare più veloce che poteva, per poter salvare più vita che riusciva.

Lo sguardo di Peter si focalizzò su Susan, vicino al pozzo del palazzo, e poi su Glenstorm che, mentre impugnava la sua spada e abbatteva i soldati che gli si paravano di fronte deciso a salvare la vita a se stesso ed i compagni che lo seguivano, correva verso l'uscita seguito da alcuni Narniani.

-Portatela via!- Urlò, indicando la sorella con la spada.

-Subito! Fuori!-

Il centauro le porse la mano libera e una volta che la Pevensie gli fu in groppa si diresse verso l'uscita.

-Caspian!- Susan si voltò verso il fratello, gridando a squarciagola per farsi sentire al di sopra del rumore delle armi che si scontravano.

-Lo trovo io!- la rassicurò, temendo forse che per cercare il Principe la sorella si rifiutasse di andare al sicuro fuori dalle mura del castello. Non se lo sarebbe perdonato, non si sarebbe permesso altri errori.

-Ritirata! Fuori!-

Molti non potevano scappare nemmeno volendo, impegnati a trattenere le guardie di Telmar in un combattimento o troppo feriti per muoversi.

Peter, rimasto nel cortile, continuava a sbracciarsi tra i vari Narniani per far si che almeno la maggior parte e coloro che potevano riuscissero a scappare da quel luogo che presto sarebbe diventata una tomba.

-Andate, uscite presto!-

La loro.


***


Edmund era confinato sulla torretta, il volto sudato e con i capelli appiccicati in fronte ed il petto ansante per la corsa nel tentativo di seminare i suoi inseguitori.

Ci era arrivato correndo tra scalini di pietra e corridoi stretti, e aveva avuto tanto l'impressione di perdersi in una miriade di percorsi che lo allontanavano dal luogo principale in cui sarebbe dovuto essere.

Si affacciò di nuovo per vedere di sotto ed ebbe conferma, per l'ennesima volta, che se si fosse buttato non avrebbe avuto un atterraggio che avrebbe definito morbido. Nel migliore dei casi sarebbe solamente morto spappolato al suolo – quale suolo, che sotto era tutto buio?, il ché non sarebbe stata una bella fine. Proprio per niente.

Rabbrividì al pensiero mentre il sangue gli si gelava nelle vene, e scrollò le spalle, cercando di scacciare i brutti pensieri.

Aveva ben chiara la sua situazione disastrosa, e non era il momento di pensare ironicamente sulla fine che avrebbe potuto fare.

Chissà poi dov'era Evelyn, non avrebbe dovuto ne voluto lasciarla sola in mezzo a soldati di Telmar, ma il pensiero che Peter potesse essere ferito aveva prevalso e senza pensarci era corso in soccorso del fratello.

Sperò che la sorella minore fosse riuscita a raggiungere gli altri nel cortile principale senza problemi, giacche in quel momento i sensi di colpa lo divoravano se solo le fosse successo qualcosa – senza contare che sulla torretta si era praticamente proclamato la sua balia ufficiale.

Prima che potesse dilagare in altri pensieri o studiare un modo per fuggire da li un rumore secco alla porta lo riportò alla realtà. Si girò di scatto, sgranando gli occhi e trattenendo il respiro mentre il cuore gli martellava quasi in gola, agitato. Questo lo fece tornare alla sua situazione: si trovava in una torretta chissà dove, nessuno sapeva che era lì e la porta non avrebbe retto ancora per molto.

Inoltre, la sua mente era occupata da tutt'altri pensieri che lo rendevano decisamente poco lucido, e la stanchezza iniziava a farsi sentire pressante insieme al panico. Non sapeva se sarebbe riuscito ad affrontare entrambe le guardie senza subire danni.

Un'altra spinta e la torcia venne scaraventata in un angolo della torre, cozzando contro il muretto e spegnendosi.

Edmund indietreggiò più che poté guardando dietro di sé, finendo sul bordo, mentre osservava i due soldati di Telmar avanzare, spade sguainate e sorriso di vittoria sul volto.

Rivolse un sorriso sghembo alle guardie che si guardarono, non capendo, poi si buttò nel vuoto nero dietro di lui.


***


-Come hai fatto a sapere che ero lì?- Domandò Edmund, dopo essersi ripreso e rendendosi conto che non aveva mancato la schiena del grifone.

Era salvo.

-Ho studiato i vostri movimenti dall'alto, Sire, non me ne sono mai andato. Questo su ordine di Re Peter-.

Ed sorrise leggermente, aggrappandosi maggiormente alle piume della creatura e scuotendo la testa per togliersi i capelli dagli occhi e lasciando che l'aria i tirasse indietro del tutto. Certo, Peter... avrebbe dovuto immaginarlo.

-Ora cosa facciamo, Maestà?- Domandò Bayord, dopo aver girato dietro la torretta ed uscendo dalla vista dei due soldati, librandosi in cielo silenziosamente.

-Andiamo al cortile principale-.


***


La sagoma di Evelyn era accovacciata sul freddo pavimento di marmo, immobile e lo sguardo era rivolto verso il basso. Il sangue che usciva dalla spalla ferita continuava a gocciolare, sporcando così il pavimento sul quale era seduta.

Faceva freddo.

O almeno, per lei era così; da qualche minuto aveva iniziato a darle fastidio la brezza notturna che entrava dalle finestre aperte. Avrebbe tanto voluto un fuoco acceso e scoppiettante davanti agli occhi e una coperta intorno alle spalle – e, possibilmente, che entrambe fossero prive di ferite.

Inspirò profondamente mentre con un pezzo di fazzoletto cercava inutilmente di fermare il sangue, che invece non voleva proprio saperne di smettere di macchiare il suo abito, colando in rivoli lungo la stoffa e all'interno della stessa, rigando la pelle.

Senza contare che, da sola, non riusciva a tamponare bene dietro.

Sperava di non morire dissanguata, ma se avesse continuato così c'era il rischio – e Lucy sarebbe stata troppo lontana da raggiungere, e non c'era la certezza che si sarebbe ricongiunta con gli altri.

Si sentiva debole e stravolta, con un potente groppo in gola a bloccarle ogni parola. Non sapeva come mai non avesse ancora pianto, ma era sicura che prima o poi avrebbe superato il limite sopportabile e sarebbe scoppiata.

Per il momento sembrava al sicuro perché i tre gruppi di soldati che si stavano per congiungere nel punto in cui si trovava lei erano stati richiamati all'ordine da due generali perché si richiedeva la loro presenza per uccidere gli invasori che ancora combattevano nel cortile principale.

Se non aveva sbagliato a sentire i pezzi di discorsi, i Narniani stavano perdendo e battendo in ritirata.

E gli altri? Come stavano gli altri? Peter, Edmund, Susan, Caspian, Lia…

Fermò i suoi pensieri: la lista di nomi delle persone a cui teneva era troppo lunga perché potesse essere elencata in un momento simile. Fortunatamente almeno Lucy era al sicuro alla casa di Aslan, così come la bizzarra Dhemetrya. Forse iniziava a capire cosa la ragazza avesse voluto dire loro.

Si maledì, sentendosi in colpa.

Perché non ho provato a convincere maggiormente Peter? Tutto questo non sarebbe successo.

Cercò di alzarsi aiutandosi con il bracci sano, ma si bloccò di colpo sentendo di nuovo dei passi che tornavano alla carica verso la sua direzione. Non avrebbe saputo dire se erano gli stessi uomini di prima, però l'istinto le gridava solo di scappare il prima possibile da li.

Era troppo vulnerabile.

Bene Eve: inspira, espira, inspira, espira… Pensa, pensa, pensa, dannazione! Sei o non sei la Scaltra?

Mentre imprecava tra sé contro la sua stessa persona appoggiò la testa indietro in modo un po' troppo forte, e ciò provocò un rumore sordo che, però, non sembrava aver raggiunto le orecchie dei Telmarini impegnati nell'assegnarsi i compiti – tra cui anche il trovare l'intrusa.

La Pevensie si portò la mano sana dietro la nuca e si morse la lingua per non urlare sul momento. Strizzò gli occhi e quando si fu calmata sussurrò un mugolio di dolore.

Si girò minacciosa, maledendo la situazione in generale, la sua mente in panico e le lacrime che premevano per uscire, e soprattutto si chiese perché il legno che costituiva la grande porta a cui era appoggiata dovesse essere duro come il marmo.

Dannazione, aveva fatto male sbatterci contro!

…Porta di legno?


Evelyn sgranò gli occhi e saltò in piedi, ingoiando lacrime di dolore per la fitta che si diramò tra il braccio e la schiena. Iniziava a fare davvero, davvero troppo male.

Mentre allungava il braccio in direzione della porta, chiedendosi come potesse non averla collegata come possibile via di fuga, si diede della stupida.

Con la mano stava per afferrare la maniglia ed aprire, il movimento che avrebbe potuto salvarla però si fermo a mezz'aria mentre dei dubbi le si insinuarono come serpenti nella sua mente: era sicuro entrare in una stanza che neanche conosceva? E se dentro c'era qualcuno ad attenderla per ucciderla? Magari quella era la stanza dello stesso Miraz che al seguito aveva un altro gruppo di soldati.

La Pevensie corrugò la fronte, indecisa sul da farsi, poi si sporse leggermente e appoggiò un orecchio sul legno freddo della porta per cercare di provare a sentire qualcosa proveniente dall'interno.

Sembra non ci sia nessuno.


Allontanò il volto, continuando a studiare il legno.

Però potrebbe essere una trappola.

Picchiettò nervosamente un piede, vagliando le possibili soluzioni, prendendo per se del tempo che in realtà non aveva. Avrebbe dovuto decidere più in fretta.

Si girò di scatto alla sua destra, attirata dalle voci di uomini distinguibili nonostante i rumori della battaglia e il vario caos che regnava all'interno e soprattutto fuori dalle mura del castello.

-Io dico che è andata a destra- fece una voce maschile in tono sicuro.

Evelyn tese le orecchie e si bloccò, improvvisamente attenta. Di chi parlavano?

-Io invece sono sicuro di averla vista andare a sinistra- Sbottò una seconda in tono scocciato.

La Pevensie corrugò la fronte, sentendo le loro armature tintinnare. Forse di lei?

-No, guardate che vi sbagliate entrambi: la ragazza ha preso la via dritta- Rispose invece un terzo in tono solenne.

Eve abbassò la testa scuotendola lentamente, per poi grattarsi la nuca, leggermente in imbarazzo. Si, parlavano di lei.

Nel frattempo però si chiese anche se quei Telmarini fossero così stupidi da non capire che per trovarla bastava che si dividessero e ognuno prendesse una direzione. Però era meglio così, decisamente meglio così.

La sua attenzione venne rivolta nuovamente alla porta davanti a lei. Cosa fare? Osare o non osare?

-Ognuno vada in una direzione-.

La voce di un Telmarino e il rumore di passi che prontamente si avvicinavano, diede l'impulso alla Pevensie di aprire la porta ed entrare nella stanza, il cuore che le martellava nelle orecchie come un tamburo e una preghiera silenziosa espressa in nome di Aslan nel petto.


***


Sto arrivando.

Chiese alla giumenta di aumentare l'andatura, mentre cercava di tenere a bada un groppo in gola che le stava salendo e che non poteva permettersi.

Doveva rimanere lucida, doveva arrivare e capire cosa avrebbe potuto fare.

Aveva capito ormai da tempo che le cose non stavano andando bene, al castello, altrimenti qualche grifone sarebbe già tornato indietro ad annunciare a gran voce la vittoria di Narnia e la deposizione di Miraz.

E allora sarebbero state lacrime di gioia e grida di libertà ad innalzarsi tra i Narniani alla casa di Aslan. E non il silenzio teso che regnava da prima che se ne andasse di nascosto.

Tenete duro, sto arrivando.


***


Si ritrovò in una stanza avvolta nel buio, dove la luce non filtrava nonostante le tende nella stanza non fossero tirate, questo perché la notte era senza luna.

Aguzzò la vista mentre si chiedeva dove si trovasse: nella penombra distinse un letto a baldacchino, uno strano letto a baldacchino, tutto disfatto e con le piume dei cuscini sparse sopra e intorno alla struttura. Nel materasso, inoltre, erano infilzate parecchie frecce.

Qualcuno in quella stanza aveva avuto un attentato alla propria vita.

La Pevensie strabuzzò gli occhi, sorpresa.

Possibile che fosse la camera di Caspian?

Cercò di ragionare su cosa potesse fare come prossima mossa, avvicinandosi di qualche passo al letto e studiando la camera. Strano che nessuno si fosse premurato di sistemarla per nascondere la verità.

Si spaventò quando sentì un fruscio dietro di lei, e il fiato le si mozzò in gola, mentre deglutiva rumorosamente. Un secondo fruscio ed Evelyn si fece coraggio estraendo Asterius con il braccio sano e girandosi di scatto verso la direzione del rumore.

Lo sapevo che questa era una pessima idea!

Pensò lagnante, impugnando l'elsa della spada più fermamente che poteva. Cercava di scorgere qualcosa attraverso il buio che regnava sovrano, ed i suoi occhi distinsero un trespolo. Evelyn fece per avvicinarsi, quando sentì di nuovo un fruscio seguito da dei ...campanellini?

Quando fu abbastanza vicina al trespolo si fece coraggio e parlò per prima, la spada sempre puntata davanti a sé.

-Avanti esci fuori, chiunque tu sia- sussurrò, cercando di mantenere un tono calmo e sicuro. In risposta le arrivò alle orecchie il tintinnio leggero di pochi attimi prima.

Cos'è, uno scherzo?


Si accigliò, avvicinandosi maggiormente e strizzando gli occhi. Stavolta nella penombra riuscì a distinguere una sagoma appollaiata e vide due occhi oro che la osservavano nel buio, brillando.

-Oh ma sei solo un pennuto!- Si lasciò scappare, mentre sospirava di sollievo rinfoderando Asterius. -Mi hai fatto spaventare, sai?- Il falchetto pigolò in risposta, mentre osservava la Pevensie che allungava un braccio per accarezzarlo. Quando fece per beccare quella si ritrasse, affilando lo sguardo.

Uffa.

-Ti porterei volentieri con me, però sono sicura che qui starai meglio-

E che non verresti se non facendo un baccano allucinante.

Cosa di cui in quel momento non aveva assolutamente bisogno. Senza contare che non era abituato alla vita lontano dalla corte, ed inoltre c'era sicuramente qualcuno che si occupava di lui. Dopotutto Caspian era via da parecchi giorni.

Il suo sguardo venne catturato da un armadio e istintivamente, forse in ricordo dell'armadio a casa del professor Kirkle che li aveva condotti a Narnia, Eve ci si fiondò dentro chiudendosi alle spalle la piccola anta che cigolò leggermente.

Sentì distintamente i rumori dei passi e l'armatura del Telmarino che frusciava tra sé producendo un rumore metallico che si avvicinava e chiedeva distintamente agli altri due gruppi di vedetta se avessero visto l'intrusa.

Senza pensarci la ragazza si fece spazio in mezzo a tutti quei vestiti arretrando e toccando con la schiena il fondo dell'armadio, inciampò però in qualcosa e cadde all'indietro con il solo risultato che la freccia penetrò maggiormente nella sua spalla e guadagnandosi un bernoccolo.

Ebbe un senso di vertigini e nausea, mentre aprendo lentamente gli occhi vedeva tutto vorticare. Quando tutto fu passato si mise seduta, e il dolore arrivò forte e deciso come se fosse stata ustionata sul momento.

Faceva male, dannazione, tremendamente male!

Le veniva da piangere. Si sentiva quasi vuota, senza voglia più di scappare. Solo di riposare un po', chiudere gli occhi e cercare di estraniarsi da quel momento.

Una voce interiore, però, la faceva andare avanti seppur ad inerzia. Si rifiutava di lasciarsi andare li, in quattro mura desolate e sporche: se avesse dovuto morire, lo avrebbe fatto vedendo l'oceano e il tramonto dalle rovine di Cair Paravel.

Si guardò intorno, tirandosi in piedi e studiando il posto in cui si era ritrovata, totalmente priva di pensieri logici.

Era un cunicolo neanche tanto grande e assomigliava molto a quello dei castori con la differenza che era a grandezza uomo e di pietra, con qualche torna fuoco per illuminarlo lungo il percorso. La via, però, si trovava immersa nella penombra, poiché le torce non erano più state alimentate o la sua esistenza era andata dimenticata.

Eve si domandò se fosse tramite quel passaggio che Cornelius era riuscito a far scappare Caspian.

Sentì provenire da fuori la voce di un soldato di Telmar che indicava agli altri che era sicuro che lei si trovasse in quella stanza, perché sul pavimento vicino alla porta si trovava del sangue e le tracce non andavano in altre direzioni.

Sbirciò dall'anta, invece di seguire l'istinto e scappare subito, e vide la grande porta di legno aprirsi con un grande tonfo mentre all'interno si facevano spazio tre Telmarini. O forse quattro, ma il buio era troppo per distinguere bene le figure.

La cosa che agli occhi di Eve arrivò distinta, però, fu il luccichio delle spade impugnate dai soldati.

Arretrò facendo il meno rumore possibile e si ritrovò all'inizio del cunicolo: raccolse tutta la calma che le rimaneva prima di scoppiare in un esaurimento nervoso, imponendosi di ragionare con freddezza ed analizzare la situazione.

Era in un castello che non conosceva, ferita e stanca – era completamente diverso dallo stare sveglia tutta la notte quando era a casa da scuola.

Non sapeva come stavano gli altri, ne dove fossero, ne dove fosse lei e come potesse uscire da li o avvertir loro della sua posizione. Senza contare che, per quanto potesse saperlo, quel passaggio poteva portarla completamente fuori strada rispetto a dove voleva andare.

All'interno della stanza i soldati di Telmar rovistavano tra le ceste, sbattevano le ante degli armadi o buttavano in giro mobiletti per trovarla.

Si convinse a muovere il primo passo in modo del tutto inconscio, seguito a ruota da altri che si facevano più veloci per quanto poteva, quando ormai si rese conto che quella era la sua unica via d'uscita.


































































Dunque, salve lettori :)

Allora: Capitolo abbastanza concentrato su Eve e, come per l'altro che annunciava la prima parte di battaglia, certi pezzi li ho resi un po' più veloci, essendo conosciuti, quindi maggiormente l'attenzione è catalizzata su quelli che non ci sono nel film (ma che ho cercato di amalgamare, specialmente nel prossimo spero si noti la cosa).
Per quanto riguarda gli eventi, sono pressoché uguali alla versione precedente – essendo comunque la versione della trama sempre quella iniziale – circa. ^^' Dhem esclusa.
Unica cosa, sono stata “costretta” a dividere nuovamente per un pezzo nuovo che sarà presente nel prossimo capitolo, altrimenti ne venivano fuori due, ma troppo lunghi davvero e un po' confusi.
Grazie per la lettura ed il supporto, ringrazio per seguiti, preferiti e ricordate.
Una stretta forte,
Dhi.



*** Per chi seguisse altre mie storie:
Essence è arrivata al capitolo diciottesimo, riguardante il Lampione.
Elements and Seasons è giunta, dopo più di due anni, a conclusione, con il capitolo riguardante Edmund.
Dhialya (Originali/Generale) è giunta anch'essa a conclusione con il capitolo settimo riguardante il tema dell'Amicizia.
Nella sezione Originali/Nonsense ho pubblicato due flash, Urlo Ingabbiato e C'era una volta la vita.

Grazie ancora.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Le Cronache di Narnia / Vai alla pagina dell'autore: Dhialya