9° Capitolo
Ferire e sanare
Sentire la sua risata argentina nelle orecchie e
non desiderare altro.
Volerla sempre accanto a me, al mio fianco.
Compagna fedele, instancabile … eterna.
Eternamente bella. Eternamente giovane.
Eternamente viva, allegra, gioiosa. Eternamente mia.
Saperla legato a me, alle mie cure, alla mia
voce, al mio tocco.
Volerla per me e me soltanto. Una gioia infinita
… un desiderio irrealizzabile.
Eravamo sdraiati a letto,
entrambi sulla schiena, attendendo di prender sonno dopo aver passato ore ed
ore entrando ed uscendo da un negozio ad un altro, al centro commerciale.
Della violenta crisi emotiva di
Sara non ne avevamo parlato. Nessuno dei due.
Da parte mia avevo tentato di
placare la mia divorante curiosità senza pressarla o farle domande al fine di
scoprire che diavolo le fosse preso. La mia natura così come il mio carattere
scalpitavano per sapere quale fosse la causa; Ero in pensiero per lei, per i
suoi nervi, per la sua mente eppure avevo capito da tempo che, con Sara, dovevo
rispettare i suoi tempi senza forzarle la mano.
Dopo un episodio del genere, la
morte di una persona amata, era normale aver bisogno di tempo e cure e
pazienza? Forse per gli umani si e lei nonostante lo fosse solo in parte ne
aveva pienamente bisogno.
Al risveglio aveva solo preso un
leggero tranquillante, confessandomi di farne uso da un paio di anni per tentar
di placare il malessere mentale causato dai suoi poteri. Senza aggiungere altro
aveva fatto colazione, mentre io avevo buttato giù due bottiglie di True Blood,
si era vestita e preparata.
Subito dopo eravamo fuori in
macchina, diretti in centro a fare spese. Avevo dato solo una veloce occhiata
alla sua lista ma sembrava non finire mai. Nonostante questo, a parte qualche
battutina qua e là, non avevo fatto rimostranze.
“Credo proprio di aver preso
tutto quello che mi occorreva” la sua voce era tornata ad avere quella
sfumatura leggera e allegra che mi piaceva da matti
Annuì voltando appena il capo e
guardandola di traverso dissi
“Lo credo bene. Abbiamo speso una
fortuna tra vestiti, accessori, scarpe ed oggetti vari. Se fossi stato umano a
quest’ora sarei esausto. Prosciughi tutte le energie tu … altro che vampiro!”
esclamai facendola ridere
“Non è colpa mia!” si difese lei
“Ho lasciato tutto … quando sono scappata” aggiunse per poi smettere lentamente
di sorridere e tornando seria
Merda!
“Non pensavo davvero che i
giovani avessero tutte queste necessità. E poi tutti quei dolci … la commessa è
rimasta scioccata!” esclamai per cambiare discorso “Hai svaligiato l’intera pasticceria!”
Scoppiò di nuovo a ridere
allungandosi a darmi una spinta sulla spalla
“Sono golosa, non è colpa mia! Mi
piacciono da impazzire!” rispose ancora sorridente “Soprattutto i pasticcini alla frutta! Sono
così buoni. Mhmh”
Questa volta fu io a ridere.
Quelle parole mi riportarono alla mente ricordi della sua infanzia. Della sua
passione, mai sopita, per le fragole!
“Quando eri piccola era tutto
diverso“ commentai quasi con nostalgia “I
dolci non li vedevi neppure! Andavi matta per quelle dannate fragole e a volte
non c’era verso di farti mangiare altro. Ancora ricordo il primo giorno in cui
le assaggiasti”
“Sara?”
esclamò Godric entrando in casa dalla porta principale “Sara? Dove sei?” chiamò ancora
Eri
tra le mie braccia perciò ti posai a terra per permetterti di salutarlo. Ti
fiondasti verso di lui per poi abbracciare con forza le sue gambe.
E
Godric scoppiò a ridere … era così strano vederlo ridere o anche solamente
sorridere … prima che arrivassi tu lo faceva così raramente. Con te e grazie a
te, invece, accadeva più spesso, quasi gli venisse naturale in tua presenza.
Era così sereno.
Ti
sollevò tra le braccia, avvicinandosi a me che vi osservavo dai piedi delle
scale. Notai che aveva un sacchetto di plastica attaccato al braccio. Era
piuttosto pieno ed inspirando dal naso intuì di cosa si trattasse.
Da
un po’ di tempo avevamo dei problemi a farti mangiare. Molto spesso facevi i
capricci, rifiutavi sdegnosamente alimenti che fino a poche settimane prima
mangiavi tranquillamente. Così, quella sera, Godric aveva deciso di cambiare
programma. Non saremmo usciti per cena ma avremmo provveduto a comprare
qualcosa per poi mangiarlo a casa.
Notai
che il sorriso sul suo volto era rimasto immutato mentre tu continuavi a
ciarlare di cose reali o assurde. Al contrario di me, Godric, sembrava
veramente attento a tutto quello che dicevi. E a volte sembrava pendere dalle
tue labbra, qualunque sciocchezza vi uscisse fuori.
Avevi
uno strano potere in te, qualcosa di cui forse non eri nemmeno cosciente.
Portavi allegria ad ogni essere con cui venivi in contatto; lo avevi fatto
persino con noi, creature oscure della notte che vivevano lontanissime da ogni
forma di serenità ed armonia.
Presi
il sacchetto dalle sue mani per poi tirarne fuori il contenuto: del pane, dei
biscotti secchi, del prosciutto a cubetti, succo di frutta, una confezione di
formaggio a fette, olive e cetriolini sottaceto, del latte, cioccolato, una
confezione proveniente dalla rosticceria del centro, della carne secca e due confezioni
di fragole rosso sangue.
Aprì
le confezioni e sistemai tutto sul tavolo, preparandomi mentalmente a quella
che sarebbe stata la lunga ed insidiosa strada per farti cenare. Godric, nel
frattempo, ti aveva sistemato nel tuo seggiolone, fornendoti di una manciata di
tovagliolini di carta, bicchiere e posate di plastica.
Sporcarti viso, braccia,
collo e gambe ti piaceva così tanto!
Ti
buttasti per prima cosa sul prosciutto a cubetti, mangiandolo rigorosamente con
le mani e finendolo in pochi minuti. Poi un poco di succo e un pezzo di pane.
Seconda tappa furono le olive e i cetriolini che, dopo averli assaggiati,
allontanasti con faccia disgustata e provocando in noi una sana ed inattesa
risata.
Godric
ti propose, avvicinandola al tuo dolce e sporco musino, una crocchetta di
patate proveniente dalla confezione della rosticceria. Inizialmente la
guardasti con diffidenza, te la sfregasti un poco sotto il naso, forse con
l’intento di annusarla e percepirne l’odore, per poi ficcarla graziosamente in
bocca. Masticasti allegra e dopo aver inghiottito ne cercasti altre.
Non
provasti nient’altro finchè, sempre Godric, ti sistemò sotto al naso una
piccola fragola matura. Scoppiammo a ridere quando prendendola in mano come
prima cosa provasti a toglierle i minuscoli semini verdi. Poi sconfitta, dopo
averla praticamente ridotta ad un cumulo informe di sostanza e succo rosso, le
mie parole di spiegazione sulla natura e il colore della fragola, l’addentasti
a metà sporcandoti sul mento e ai lati della bocca con il succo del frutto.
Affondasti i tuoi dentini nella seconda metà del frutto per poi scoppiare a
ridere allegra e iniziare a ciarlare sulle mirabolanti bontà e delizie che il
frutto ti aveva evocato.
Le
finisti in pochissimi secondi e fu da quel giorno, in quel preciso momento, che
nacque la tua smisurata passione per le fragole.
“Davvero?” domandò lei alla fine
del mio racconto
“Davvero mia bellissima bambina”
esclamai pizzicandoti affettuosamente una guancia
Tu ti sollevasti un poco, ti
accostasti di più al mio corpo e con una mano a sostenere il capo, mi guardasti
per molto tempo
“Non sono più una bambina”
Sorrisi sollevando un
sopracciglio “Ti sembra che questo
dettaglio mi sia sfuggito?”
“Forse si” un solo sussurro prima
di vederti abbassare il capo
“Ti assicuro di no, Sara”
replicai lasciandoti un bacio sulla fronte
“Raccontami ancora della mia
infanzia” mi pregò lei, con un sorriso dolce
“Non hai intenzione di dormire,
vero?” domandai fintamente scocciato e ricevendo un forte diniego da parte sua
“Ebbene … tu forse non ricordi ma
i primi giorni dopo il tuo arrivo furono davvero inenarrabili”
“Perché?” domandasti curiosa
“Quella donna, l’ebrea, ti portò
a casa nostra improvvisamente, una notte. Faceva molto freddo, era inverno e tu
eri con lei. Non mi accorsi subito della tua presenza e forse nemmeno Godric.
Quella donna aveva qualcosa … un’aurea molto forte. Forse dei poteri
particolari.”
“Davvero?”
“Mhm … comunque fui io ad aprirle
e non mi fece una buona impressione. Così la scacciai”
“Eric!” esclamò lei arrabbiata
“Perché l’hai fatto?”
“Perché non mi piaceva, ecco
perché” risposi infastidito “Pretendeva
di parlare con Godric … e aveva pure una certa arroganza nella voce che … mi ha
mandato su tutte le furie”
“E poi?”
“Godric l’ha lasciata entrare ed
io sono uscito a mangiare. Ero mortalmente infastidito e quella sera … bevvi a
sazietà. Rabbiosamente”
La vidi sgranare gli occhi e
sollevarsi a sedere di scatto “Hai
ucciso qualcuno?”
Sbuffai e tentai di non
risponderle. Ma poi sentì le sue mani sul volto, voleva voltarmi il viso verso
di lei
“Si” risposi veloce, voltandomi a
fissarla negli occhi, quasi fosse una sfida
“Perché l’hai fatto?” domandò lei
colpita “Sei un assassino” aggiunse in
un sussurro
E la rabbia scattò in me. Mi
sollevai a sedere anche io e la presi per le braccia stringendole con forza
fino a procurarle un lamento di dolore
“Ne ho uccisi tanti “ le sibilai
sul viso “Sono un vampiro ed è la mia
natura. Ne ho uccisi molti e ne ucciderò tanti altri” continuai
Lei aveva voltato il viso
allontanandolo dal mio. Poi sentendo quelle mie ultime parole, con uno scatto
rabbioso allontanò da lei le mie mani
“Bugiardo!” replicò con vemenza
“Sei un bugiardo! Sei un vampiro ma questo non ti impedisce di sopravvivere
senza ammazzare nessuno! Puoi nutrirti senza dover per forza uccidere o
torturare persone innocenti!” poi guardandomi con una profonda occhiata di disgusto
proseguì “La verità è che ti piace
ammazzare la gente. Ti piace uccidere e torturare e fare del male. Sei un
sadico! E’ questa la tua natura. Essere un vampiro centra fino ad un certo
punto. E’ la tua natura di sadico che ti fa agire così … nient’altro!”
Scese dal letto e si allontanò
ancora un poco, dandomi le spalle
“Ti piace brutalizzare le persone
… gli umani come me … e far loro del male” poi quasi sottovoce aggiunse “Magari
prima o poi farai male anche a me”
Scattai da lei, veloce e rapido.
Le arrivai vicino, di fronte e la costrinsi a guardarmi
“Mai!” sibilai ad un passo dalle
sue labbra “Io non ti farò mai del male.
Mai. Non a te. Come puoi pensarlo?”
L’abbracciai stretta aspirando a
pieni polmoni il suo delicato profumo di miele e sole
“Quando me ne farai non te ne
accorgerai neppure. Ne sono certa”
“Non è vero” replicai baciandole
la fronte “Non lo farò. Te lo giuro, Sara”
Finalmente sentì il suo corpo
rilassarsi, tra le mie braccia, e rispondere al mio abbraccio. Mi allacciò le
mani attorno ai fianchi e posò la testa sul mio petto
Ecco, proprio lì. Lì dove volevo
rimanesse per sempre. Dove avrebbe riposato sicura, protetta e amata sino alla
fine dei suoi giorni. L’avrei tenuta con me, vicina al mio cuore, per tutta la
durata della mia esistenza.
“Ti va se torniamo a letto?”
domandai quasi esitando
Attesi per molto tempo prima di
sentire il suo annuire. Quando lo fece, la presi in braccio regalandole un
sorriso sincero. L’adagiai al centro del materasso e mi misi subito al suo
fianco, cingendole la vita con un braccio.
“Quando tornai a casa, Godric ti
teneva fra le braccia e quell’ebrea era semisdraiata sul nostro divano. Stava
morendo.”
“Non l’ho mai conosciuta. O
almeno non me lo ricordo ma mi dispiace comunque” sussurrò stringendosi a me e
avvicinando il viso al mio sino a sentire le sue labbra sulla mia mascella
“Cos’è che ci distingue?” mi
domandò forzando un poco la mia presa “Perché a me dispiace per lei, nonostante
non l’abbia mai conosciuta, e a te no?”
“Tu l’hai conosciuta … solo non
lo ricordi” replicai un poco infastidito
Perchè
tornava su quel discorso? Perché non capiva che mi irritava parlare di
determinate cose?
“Oh … ma … a pensarci, a me
capita anche con altre persone e anche a loro … cioè anche alle altre persone
capita” si fece un momento perplessa per poi domandarmi “Hai capito quel che voglio dire? Non so se
sono stata molto chiara…”
Sbuffai seccato “Non lo sei
stata, Sara. Difatti non ho capito”
Menzogna.
Bugia. Nonostante il suo garbuglio con le parole avevo capito dove volesse
arrivare.
Ero
io a non voler sentire, a non voler capire.
“Ok. Volevo dire che a me capita
di provare sensazioni di dispiacere o pena o sofferenza per determinate persone
o in determinate situazioni nonostante non li conosca o li abbia mai
incontrati. So che queste sensazioni le provano anche tutti gli altri, le
persone normali. Inizialmente pensavo che questa cosa del sentire fosse solo
una conseguenza del mio potere ma adesso so che non è così. Quindi mi chiedo
perché a me succede e a te no?”
“Non saprei Sara. Non siamo tutti
uguali!” ero arrabbiato, non più seccato né infastidito, e volevo lo sapesse
“Non voglio offenderti o farti
arrabbiare. Voglio solo capire” cercò di blandirmi lei
Fu inutile. Scoppiai
rabbiosamente
“Non ho tutte le risposte, Sara.
Mi mancherà qualcosa, non so che dirti! Sono un mostro senza sentimenti né
emozioni che beve sangue e uccide la gente! Ho sempre vissuto così anche prima
della trasformazione. Uccidevo da umano e uccido adesso. Sarò senza cuore e
senz’anima! Non so che dirti. Non ho tutte le risposte che vorresti. Non ho
risposte riguardo a questo! Sei contenta, adesso?”
Avevo quasi il fiatone. Gli avevo
vomitato quelle parole in faccia e con rabbia. Volevo che capisse come mi
sentivo, che provasse a comprendere un poco chi e cosa ero stato in vita. Ma
soprattutto chi e cosa ero adesso.
Lei rimase in silenzio a
guardarmi per molto tempo. Abbassò il capo per poi rialzarlo lentamente. Mi
guardava con occhi strani, particolari. Non riuscì a leggervi dentro come
invece sapevo fare solitamente e la cosa mi spaventò un poco.
Allungò esitante e paurosa una
mano verso di me sussurrando
“Scusami. Non volevo ferirti o
farti stare male. Scusami. Non mi sono resa conto … sono un’egoista … perdonami”
Lessi sul suo viso l’intenzione
di avvicinarsi a me, non solo fisicamente. Vi lessi il dispiacere, le sue
scuse, la paura e l’angoscia dell’avermi ferito. Vi lessi la voglia di
stringersi a me e di essere stretta.
Accolsi tutto quello ed annuì
impercettibilmente.
Lei si sciolse in un sorriso
esitante e mi si fiondò tra le braccia. Mi abbracciò stretto continuando a
scusarsi e iniziando a piangere.
“Mi dispiace. Non volevo farti
soffrire o farti ricordare cose brutte. Perdonami per favore. Non me ne sono
accorta … sono stata stupida a non pensarci … sono egoista e sciocca”
Sorrisi tra i suoi capelli a
quelle parole. La strinsi anche io e le lasciai un dolce bacio sul collo.
“Non voglio più parlarne”
sussurrai non appena ci staccammo un poco
“Non ne parleremo più” fece lei
annuendo
“Non voglio più parlarne … ma
voglio che tu sappia che non so perché sono così … so solo che non ti farei mai
del male. Non a te. Mai”
In
assoluto. Non le avrei mai fatto del male. L’amavo troppo per poterlo o volerlo
fare. Non si fa del male ad una persona che si ama.
Mi si fiondò ancora tra le braccia “Lo so. Stai tranquillo. Non pensiamoci più.
Ti voglio molto bene e non voglio più ferirti. Scusami”
Si allontanò un poco per
guardarmi in viso. Sorrise e lentamente si chinò a sfiorarmi le labbra con le
sue. Premette piano accostandosi ancora e stupendomi completamente. Mi aveva
baciato. Ed era stato il bacio più dolce e delicato ed ingenuo e puro che
avessi mai ricevuto.
“Ti va di continuare il discorso
di prima … di quando ero piccola?” domandò in un timido ed impacciato sussurro
Annuì ancora stordito e scioccato
da quel suo gesto. Mi lasciai cadere nuovamente sul materasso e tirai giù anche
lei. Me l’accostai vicino, abbracciandola interamente. Le mie mani di nuovo fra
i suoi capelli e sul suo corpo. Le sue strette al petto, vicinissima a me.
“Sembrava felice” dissi dopo
qualche minuto di silenzio
“Chi?” domandasti “La donna?”
“No. Godric. Lui sembrava felice”
risposi accarezzandole lentamente la schiena
“Ti teneva fra le braccia e sorrideva. Era sincero e sembrava che tu gli
piacessi”
Poi aggiunsi “Ti ho odiata. Da quel momento ti ho odiata
profondamente”
Sentì il suo corpo irrigidirsi e
il suo respiro bloccarsi
“Chiesi spiegazioni, perché ero
arrabbiato ma lui mi mandò a prendere le tue cose a casa di quell’ebrea” Risi
forzatamente “Le tue cose, capisci? Eppure dovetti obbedire agli ordini e feci
quello che lui mi chiese”
Il tuo corpo non accennava a dare
segni di cedimento, ancora rigido ancora immobile. Proseguì quasi parlassi con
me stesso invece che con te
“Partimmo il giorno seguente,
tornando in Svezia. Godric ti teneva sempre in braccio, sempre. Ti guardava
spesso e provvedeva a te. Mi dava così fastidio quel comportamento, anzi, mi
davi fastidio tu. Ero arrabbiatissimo con te e ti odiavo! All’inizio avrei
voluto che morissi per tornare ad essere solo noi due. Solo io e Godric. Solo
all’inizio però … perché tutto sommato … dopo molto tempo, mi accorsi che non
eri così brutta. E non piangevi quasi mai, dormivi e mangiavi.”
“Ti sei affezionato, almeno un
pochino a me?”
“Oh, si. Ma non subito. Forse
solo dopo cinque … no erano ormai dieci anni che stavi con noi e cominciavi a
crescere un minimo. Io non me lo spiegavo questo tuo fenomeno ma Godric lo
trovava estremamente affascinante. Non crescendo le tue esigenze non
cambiavano, non mostravi segni distintivi o caratteristici e la nostra
copertura reggeva egregiamente”
“Quando … come … cos’è successo
quando .. come ho fatto a farmi voler bene?”
“Oh, è successo quasi per caso in
verità. Godric da quando c’eri tu usciva meno frequentemente; anche per
mangiare impiegava pochissimo tempo rispetto a prima. Forse non voleva
lasciarti o forse non si fidava di me”
“Non penso fosse questo il
motivo. Godric ti vuole bene. Ti ama”
“Ed io amo lui ma in quel periodo
mi accorsi di un dettaglio che mi diede la forza di cambiare il mio
atteggiamento, soprattutto verso di te. Lui si prendeva cura di quella bambina
perché gli piaceva e non per dovere o senso di responsabilità. Ti teneva sempre
in braccio perché gli piaceva, si sentiva sereno … quasi felice. Me lo raccontò
lui stesso diverso tempo dopo. E quando, finalmente, cominciai a dimenticare il
mio odio nei tuoi confronti e a starti più vicino occupandomi di te me ne resi
conto io stesso.
Era bellissimo tenerti tra le
braccia. Trasmettevi una strana sensazione di benessere e soddisfazione,
personalmente mai provata prima. E’ così che mi affezionai anche io. Tra me e
te non fu amore a prima vista. Fu qualcosa di più intenso, suppongo.”
“Ed ora?”
“Ora non posso immaginarmi senza
vederti o sentirti” risposi onestamente
Sorrideva
allegra e soddisfatta. Ti abbracciai stretta ed i tuoi occhi si socchiusero appena.
Sorrisi e raccogliendo il lenzuolo dal fondo del materasso te lo tirai addosso,
per coprirti
“Ora dormi. Sei stanca”
“Non ho sonno”
“Io si, invece” replicai
chiudendo gli occhi e sistemandomi in modo comodo sul letto “Perciò smetti di ciarlare” aggiunsi cingendoti
alla vita, con un braccio
Ti sentì sospirare e poi posare
il capo accanto alla mia spalla, vicinissimo al mio
“Mi piace dormire con te” un
altro sussurro “Mi rilassa. Sento che
niente di brutto mi può succedere”
“Mhmhm” replicai annuendo e
stringendoti ancora un poco
“Mi fai stare bene. Mi fai
sentire sicura, protetta … amata”
Un paio di respiri ancora ed
entrambi precipitammo gradualmente in un intimo limbo di incoscienza. Dormire
accanto a te, averti stretta al mio corpo e sentire il tuo calore, era serenità
e torpore. Una condizione così delicata e dolce da dare assuefazione.
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