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Autore: irene862    01/09/2013    2 recensioni
INTERROTTA - IN FASE DI REVISIONE
Sookie (Sara) è adottata, ancora in fasce, dai vampiri Godric ed Eric. Questa è la storia dei suoi poteri, della sua crescita (da bambina neonata a giovane ragazza 27enne) e dell'evolversi del rapporto tra i tre con la creazione di legami molto profondi.
Dal 3° Capitolo:
"Le fate, come ben saprai sono creature leggendarie ormai diffuse in tutto il mondo ma ho trovato figure mitologiche affini nei racconti medievali dell’Europa dell’est. Vi sono moltissimi miti sull’ origine di queste creature. Alcuni racconti parlano di un piccolo popolo, di fate che hanno avuto contatti con la razza umana altri racconti si riferiscono a loro chiamandoli fairies, per loro il contatto con gli umani è proibito. La durata di vita di queste creature è incredibilmente lunga, sono dotate di doti particolari legate alla creatività o doti intellettive superiori. La loro indole è buona, certo questo non per tutti gli esemplari. Caratterialmente sono vanitose ed un poco egocentriche e fortemente permalose.”
“Ma questa è Sara!” esclamò Eric colpito “Lei è vanitosa, permalosa e adora che il mondo le giri intorno! Lei è buona e allegra!”
“E incredibilmente sveglia e intelligente” gli fece eco Godric con un sorriso sereno
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric Northman, Godric, Sookie Stackhouse
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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9° Capitolo

Ferire e sanare

 

Sentire la sua risata argentina nelle orecchie e non desiderare altro.

Volerla sempre accanto a me, al mio fianco. Compagna fedele, instancabile … eterna.

Eternamente bella. Eternamente giovane. Eternamente viva, allegra, gioiosa. Eternamente mia.

Saperla legato a me, alle mie cure, alla mia voce, al mio tocco.

Volerla per me e me soltanto. Una gioia infinita … un desiderio irrealizzabile.

 

Eravamo sdraiati a letto, entrambi sulla schiena, attendendo di prender sonno dopo aver passato ore ed ore entrando ed uscendo da un negozio ad un altro, al centro commerciale.

Della violenta crisi emotiva di Sara non ne avevamo parlato. Nessuno dei due.

Da parte mia avevo tentato di placare la mia divorante curiosità senza pressarla o farle domande al fine di scoprire che diavolo le fosse preso. La mia natura così come il mio carattere scalpitavano per sapere quale fosse la causa; Ero in pensiero per lei, per i suoi nervi, per la sua mente eppure avevo capito da tempo che, con Sara, dovevo rispettare i suoi tempi senza forzarle la mano.

Dopo un episodio del genere, la morte di una persona amata, era normale aver bisogno di tempo e cure e pazienza? Forse per gli umani si e lei nonostante lo fosse solo in parte ne aveva pienamente bisogno.

Al risveglio aveva solo preso un leggero tranquillante, confessandomi di farne uso da un paio di anni per tentar di placare il malessere mentale causato dai suoi poteri. Senza aggiungere altro aveva fatto colazione, mentre io avevo buttato giù due bottiglie di True Blood, si era vestita e preparata.

Subito dopo eravamo fuori in macchina, diretti in centro a fare spese. Avevo dato solo una veloce occhiata alla sua lista ma sembrava non finire mai. Nonostante questo, a parte qualche battutina qua e là, non avevo fatto rimostranze.

 

“Credo proprio di aver preso tutto quello che mi occorreva” la sua voce era tornata ad avere quella sfumatura leggera e allegra che mi piaceva da matti

Annuì voltando appena il capo e guardandola di traverso dissi

“Lo credo bene. Abbiamo speso una fortuna tra vestiti, accessori, scarpe ed oggetti vari. Se fossi stato umano a quest’ora sarei esausto. Prosciughi tutte le energie tu … altro che vampiro!” esclamai facendola ridere

“Non è colpa mia!” si difese lei “Ho lasciato tutto … quando sono scappata” aggiunse per poi smettere lentamente di sorridere e tornando seria

Merda!

“Non pensavo davvero che i giovani avessero tutte queste necessità. E poi tutti quei dolci … la commessa è rimasta scioccata!” esclamai per cambiare discorso  “Hai svaligiato l’intera pasticceria!”

Scoppiò di nuovo a ridere allungandosi a darmi una spinta sulla spalla 

“Sono golosa, non è colpa mia! Mi piacciono da impazzire!” rispose ancora sorridente  “Soprattutto i pasticcini alla frutta! Sono così buoni. Mhmh”

Questa volta fu io a ridere. Quelle parole mi riportarono alla mente ricordi della sua infanzia. Della sua passione, mai sopita, per le fragole!

“Quando eri piccola era tutto diverso“ commentai quasi con nostalgia  “I dolci non li vedevi neppure! Andavi matta per quelle dannate fragole e a volte non c’era verso di farti mangiare altro. Ancora ricordo il primo giorno in cui le assaggiasti”

 

“Sara?” esclamò Godric entrando in casa dalla porta principale  “Sara? Dove sei?” chiamò ancora

Eri tra le mie braccia perciò ti posai a terra per permetterti di salutarlo. Ti fiondasti verso di lui per poi abbracciare con forza le sue gambe.

E Godric scoppiò a ridere … era così strano vederlo ridere o anche solamente sorridere … prima che arrivassi tu lo faceva così raramente. Con te e grazie a te, invece, accadeva più spesso, quasi gli venisse naturale in tua presenza.

Era così sereno.

Ti sollevò tra le braccia, avvicinandosi a me che vi osservavo dai piedi delle scale. Notai che aveva un sacchetto di plastica attaccato al braccio. Era piuttosto pieno ed inspirando dal naso intuì di cosa si trattasse.

Da un po’ di tempo avevamo dei problemi a farti mangiare. Molto spesso facevi i capricci, rifiutavi sdegnosamente alimenti che fino a poche settimane prima mangiavi tranquillamente. Così, quella sera, Godric aveva deciso di cambiare programma. Non saremmo usciti per cena ma avremmo provveduto a comprare qualcosa per poi mangiarlo a casa.

Notai che il sorriso sul suo volto era rimasto immutato mentre tu continuavi a ciarlare di cose reali o assurde. Al contrario di me, Godric, sembrava veramente attento a tutto quello che dicevi. E a volte sembrava pendere dalle tue labbra, qualunque sciocchezza vi uscisse fuori.

Avevi uno strano potere in te, qualcosa di cui forse non eri nemmeno cosciente. Portavi allegria ad ogni essere con cui venivi in contatto; lo avevi fatto persino con noi, creature oscure della notte che vivevano lontanissime da ogni forma di serenità ed armonia.

Presi il sacchetto dalle sue mani per poi tirarne fuori il contenuto: del pane, dei biscotti secchi, del prosciutto a cubetti, succo di frutta, una confezione di formaggio a fette, olive e cetriolini sottaceto, del latte, cioccolato, una confezione proveniente dalla rosticceria del centro, della carne secca e due confezioni di fragole rosso sangue.

Aprì le confezioni e sistemai tutto sul tavolo, preparandomi mentalmente a quella che sarebbe stata la lunga ed insidiosa strada per farti cenare. Godric, nel frattempo, ti aveva sistemato nel tuo seggiolone, fornendoti di una manciata di tovagliolini di carta, bicchiere e posate di plastica.

Sporcarti viso, braccia, collo e gambe ti piaceva così tanto!

Ti buttasti per prima cosa sul prosciutto a cubetti, mangiandolo rigorosamente con le mani e finendolo in pochi minuti. Poi un poco di succo e un pezzo di pane. Seconda tappa furono le olive e i cetriolini che, dopo averli assaggiati, allontanasti con faccia disgustata e provocando in noi una sana ed inattesa risata.

Godric ti propose, avvicinandola al tuo dolce e sporco musino, una crocchetta di patate proveniente dalla confezione della rosticceria. Inizialmente la guardasti con diffidenza, te la sfregasti un poco sotto il naso, forse con l’intento di annusarla e percepirne l’odore, per poi ficcarla graziosamente in bocca. Masticasti allegra e dopo aver inghiottito ne cercasti altre.

Non provasti nient’altro finchè, sempre Godric, ti sistemò sotto al naso una piccola fragola matura. Scoppiammo a ridere quando prendendola in mano come prima cosa provasti a toglierle i minuscoli semini verdi. Poi sconfitta, dopo averla praticamente ridotta ad un cumulo informe di sostanza e succo rosso, le mie parole di spiegazione sulla natura e il colore della fragola, l’addentasti a metà sporcandoti sul mento e ai lati della bocca con il succo del frutto. Affondasti i tuoi dentini nella seconda metà del frutto per poi scoppiare a ridere allegra e iniziare a ciarlare sulle mirabolanti bontà e delizie che il frutto ti aveva evocato.

Le finisti in pochissimi secondi e fu da quel giorno, in quel preciso momento, che nacque la tua smisurata passione per le fragole.

 

“Davvero?” domandò lei alla fine del mio racconto

“Davvero mia bellissima bambina” esclamai pizzicandoti affettuosamente una guancia

Tu ti sollevasti un poco, ti accostasti di più al mio corpo e con una mano a sostenere il capo, mi guardasti per molto tempo

“Non sono più una bambina”

Sorrisi sollevando un sopracciglio  “Ti sembra che questo dettaglio mi sia sfuggito?”

“Forse si” un solo sussurro prima di vederti abbassare il capo

“Ti assicuro di no, Sara” replicai lasciandoti un bacio sulla fronte 

“Raccontami ancora della mia infanzia” mi pregò lei, con un sorriso dolce

“Non hai intenzione di dormire, vero?” domandai fintamente scocciato e ricevendo un forte diniego da parte sua

“Ebbene … tu forse non ricordi ma i primi giorni dopo il tuo arrivo furono davvero inenarrabili”

“Perché?” domandasti curiosa

“Quella donna, l’ebrea, ti portò a casa nostra improvvisamente, una notte. Faceva molto freddo, era inverno e tu eri con lei. Non mi accorsi subito della tua presenza e forse nemmeno Godric. Quella donna aveva qualcosa … un’aurea molto forte. Forse dei poteri particolari.”

“Davvero?”

“Mhm … comunque fui io ad aprirle e non mi fece una buona impressione. Così la scacciai”

“Eric!” esclamò lei arrabbiata “Perché l’hai fatto?”

“Perché non mi piaceva, ecco perché” risposi infastidito  “Pretendeva di parlare con Godric … e aveva pure una certa arroganza nella voce che … mi ha mandato su tutte le furie”

“E poi?”

“Godric l’ha lasciata entrare ed io sono uscito a mangiare. Ero mortalmente infastidito e quella sera … bevvi a sazietà. Rabbiosamente”

La vidi sgranare gli occhi e sollevarsi a sedere di scatto  “Hai ucciso qualcuno?”

Sbuffai e tentai di non risponderle. Ma poi sentì le sue mani sul volto, voleva voltarmi il viso verso di lei

“Si” risposi veloce, voltandomi a fissarla negli occhi, quasi fosse una sfida

“Perché l’hai fatto?” domandò lei colpita  “Sei un assassino” aggiunse in un sussurro

E la rabbia scattò in me. Mi sollevai a sedere anche io e la presi per le braccia stringendole con forza fino a procurarle un lamento di dolore

“Ne ho uccisi tanti “ le sibilai sul viso  “Sono un vampiro ed è la mia natura. Ne ho uccisi molti e ne ucciderò tanti altri” continuai

Lei aveva voltato il viso allontanandolo dal mio. Poi sentendo quelle mie ultime parole, con uno scatto rabbioso allontanò da lei le mie mani

“Bugiardo!” replicò con vemenza “Sei un bugiardo! Sei un vampiro ma questo non ti impedisce di sopravvivere senza ammazzare nessuno! Puoi nutrirti senza dover per forza uccidere o torturare persone innocenti!” poi guardandomi con una profonda occhiata di disgusto proseguì  “La verità è che ti piace ammazzare la gente. Ti piace uccidere e torturare e fare del male. Sei un sadico! E’ questa la tua natura. Essere un vampiro centra fino ad un certo punto. E’ la tua natura di sadico che ti fa agire così … nient’altro!”

Scese dal letto e si allontanò ancora un poco, dandomi le spalle

“Ti piace brutalizzare le persone … gli umani come me … e far loro del male” poi quasi sottovoce aggiunse “Magari prima o poi farai male anche a me”

Scattai da lei, veloce e rapido. Le arrivai vicino, di fronte e la costrinsi a guardarmi

“Mai!” sibilai ad un passo dalle sue labbra  “Io non ti farò mai del male. Mai. Non a te. Come puoi pensarlo?”

L’abbracciai stretta aspirando a pieni polmoni il suo delicato profumo di miele e sole

“Quando me ne farai non te ne accorgerai neppure. Ne sono certa”

“Non è vero” replicai baciandole la fronte  “Non lo farò. Te lo giuro, Sara”

Finalmente sentì il suo corpo rilassarsi, tra le mie braccia, e rispondere al mio abbraccio. Mi allacciò le mani attorno ai fianchi e posò la testa sul mio petto

Ecco, proprio lì. Lì dove volevo rimanesse per sempre. Dove avrebbe riposato sicura, protetta e amata sino alla fine dei suoi giorni. L’avrei tenuta con me, vicina al mio cuore, per tutta la durata della mia esistenza.

“Ti va se torniamo a letto?” domandai quasi esitando

Attesi per molto tempo prima di sentire il suo annuire. Quando lo fece, la presi in braccio regalandole un sorriso sincero. L’adagiai al centro del materasso e mi misi subito al suo fianco, cingendole la vita con un braccio.

“Quando tornai a casa, Godric ti teneva fra le braccia e quell’ebrea era semisdraiata sul nostro divano. Stava morendo.”

“Non l’ho mai conosciuta. O almeno non me lo ricordo ma mi dispiace comunque” sussurrò stringendosi a me e avvicinando il viso al mio sino a sentire le sue labbra sulla mia mascella

“Cos’è che ci distingue?” mi domandò forzando un poco la mia presa “Perché a me dispiace per lei, nonostante non l’abbia mai conosciuta, e a te no?”

“Tu l’hai conosciuta … solo non lo ricordi” replicai un poco infastidito

Perchè tornava su quel discorso? Perché non capiva che mi irritava parlare di determinate cose?

“Oh … ma … a pensarci, a me capita anche con altre persone e anche a loro … cioè anche alle altre persone capita” si fece un momento perplessa per poi domandarmi  “Hai capito quel che voglio dire? Non so se sono stata molto chiara…”

Sbuffai seccato “Non lo sei stata, Sara. Difatti non ho capito”

Menzogna. Bugia. Nonostante il suo garbuglio con le parole avevo capito dove volesse arrivare.

Ero io a non voler sentire, a non voler capire.

“Ok. Volevo dire che a me capita di provare sensazioni di dispiacere o pena o sofferenza per determinate persone o in determinate situazioni nonostante non li conosca o li abbia mai incontrati. So che queste sensazioni le provano anche tutti gli altri, le persone normali. Inizialmente pensavo che questa cosa del sentire fosse solo una conseguenza del mio potere ma adesso so che non è così. Quindi mi chiedo perché a me succede e a te no?”

“Non saprei Sara. Non siamo tutti uguali!” ero arrabbiato, non più seccato né infastidito, e volevo lo sapesse

“Non voglio offenderti o farti arrabbiare. Voglio solo capire” cercò di blandirmi lei

Fu inutile. Scoppiai rabbiosamente

“Non ho tutte le risposte, Sara. Mi mancherà qualcosa, non so che dirti! Sono un mostro senza sentimenti né emozioni che beve sangue e uccide la gente! Ho sempre vissuto così anche prima della trasformazione. Uccidevo da umano e uccido adesso. Sarò senza cuore e senz’anima! Non so che dirti. Non ho tutte le risposte che vorresti. Non ho risposte riguardo a questo! Sei contenta, adesso?”

Avevo quasi il fiatone. Gli avevo vomitato quelle parole in faccia e con rabbia. Volevo che capisse come mi sentivo, che provasse a comprendere un poco chi e cosa ero stato in vita. Ma soprattutto chi e cosa ero adesso.

Lei rimase in silenzio a guardarmi per molto tempo. Abbassò il capo per poi rialzarlo lentamente. Mi guardava con occhi strani, particolari. Non riuscì a leggervi dentro come invece sapevo fare solitamente e la cosa mi spaventò un poco.

Allungò esitante e paurosa una mano verso di me sussurrando

“Scusami. Non volevo ferirti o farti stare male. Scusami. Non mi sono resa conto … sono un’egoista … perdonami”

Lessi sul suo viso l’intenzione di avvicinarsi a me, non solo fisicamente. Vi lessi il dispiacere, le sue scuse, la paura e l’angoscia dell’avermi ferito. Vi lessi la voglia di stringersi a me e di essere stretta.

Accolsi tutto quello ed annuì impercettibilmente.

Lei si sciolse in un sorriso esitante e mi si fiondò tra le braccia. Mi abbracciò stretto continuando a scusarsi e iniziando a piangere.

“Mi dispiace. Non volevo farti soffrire o farti ricordare cose brutte. Perdonami per favore. Non me ne sono accorta … sono stata stupida a non pensarci … sono egoista e sciocca”

Sorrisi tra i suoi capelli a quelle parole. La strinsi anche io e le lasciai un dolce bacio sul collo.

“Non voglio più parlarne” sussurrai non appena ci staccammo un poco

“Non ne parleremo più” fece lei annuendo

“Non voglio più parlarne … ma voglio che tu sappia che non so perché sono così … so solo che non ti farei mai del male. Non a te. Mai”

In assoluto. Non le avrei mai fatto del male. L’amavo troppo per poterlo o volerlo fare. Non si fa del male ad una persona che si ama.

Mi si fiondò ancora tra le braccia  “Lo so. Stai tranquillo. Non pensiamoci più. Ti voglio molto bene e non voglio più ferirti. Scusami”

Si allontanò un poco per guardarmi in viso. Sorrise e lentamente si chinò a sfiorarmi le labbra con le sue. Premette piano accostandosi ancora e stupendomi completamente. Mi aveva baciato. Ed era stato il bacio più dolce e delicato ed ingenuo e puro che avessi mai ricevuto.

“Ti va di continuare il discorso di prima … di quando ero piccola?” domandò in un timido ed impacciato sussurro

Annuì ancora stordito e scioccato da quel suo gesto. Mi lasciai cadere nuovamente sul materasso e tirai giù anche lei. Me l’accostai vicino, abbracciandola interamente. Le mie mani di nuovo fra i suoi capelli e sul suo corpo. Le sue strette al petto, vicinissima a me.

 

“Sembrava felice” dissi dopo qualche minuto di silenzio

“Chi?” domandasti  “La donna?”

“No. Godric. Lui sembrava felice” risposi accarezzandole lentamente la schiena  “Ti teneva fra le braccia e sorrideva. Era sincero e sembrava che tu gli piacessi”

Poi aggiunsi  “Ti ho odiata. Da quel momento ti ho odiata profondamente”

Sentì il suo corpo irrigidirsi e il suo respiro bloccarsi

“Chiesi spiegazioni, perché ero arrabbiato ma lui mi mandò a prendere le tue cose a casa di quell’ebrea” Risi forzatamente “Le tue cose, capisci? Eppure dovetti obbedire agli ordini e feci quello che lui mi chiese”

Il tuo corpo non accennava a dare segni di cedimento, ancora rigido ancora immobile. Proseguì quasi parlassi con me stesso invece che con te

“Partimmo il giorno seguente, tornando in Svezia. Godric ti teneva sempre in braccio, sempre. Ti guardava spesso e provvedeva a te. Mi dava così fastidio quel comportamento, anzi, mi davi fastidio tu. Ero arrabbiatissimo con te e ti odiavo! All’inizio avrei voluto che morissi per tornare ad essere solo noi due. Solo io e Godric. Solo all’inizio però … perché tutto sommato … dopo molto tempo, mi accorsi che non eri così brutta. E non piangevi quasi mai, dormivi e mangiavi.”

“Ti sei affezionato, almeno un pochino a me?”

“Oh, si. Ma non subito. Forse solo dopo cinque … no erano ormai dieci anni che stavi con noi e cominciavi a crescere un minimo. Io non me lo spiegavo questo tuo fenomeno ma Godric lo trovava estremamente affascinante. Non crescendo le tue esigenze non cambiavano, non mostravi segni distintivi o caratteristici e la nostra copertura reggeva egregiamente”

“Quando … come … cos’è successo quando .. come ho fatto a farmi voler bene?”

“Oh, è successo quasi per caso in verità. Godric da quando c’eri tu usciva meno frequentemente; anche per mangiare impiegava pochissimo tempo rispetto a prima. Forse non voleva lasciarti o forse non si fidava di me”

“Non penso fosse questo il motivo. Godric ti vuole bene. Ti ama”

“Ed io amo lui ma in quel periodo mi accorsi di un dettaglio che mi diede la forza di cambiare il mio atteggiamento, soprattutto verso di te. Lui si prendeva cura di quella bambina perché gli piaceva e non per dovere o senso di responsabilità. Ti teneva sempre in braccio perché gli piaceva, si sentiva sereno … quasi felice. Me lo raccontò lui stesso diverso tempo dopo. E quando, finalmente, cominciai a dimenticare il mio odio nei tuoi confronti e a starti più vicino occupandomi di te me ne resi conto io stesso.

Era bellissimo tenerti tra le braccia. Trasmettevi una strana sensazione di benessere e soddisfazione, personalmente mai provata prima. E’ così che mi affezionai anche io. Tra me e te non fu amore a prima vista. Fu qualcosa di più intenso, suppongo.”

“Ed ora?”

“Ora non posso immaginarmi senza vederti o sentirti” risposi onestamente

Sorrideva allegra e soddisfatta. Ti abbracciai stretta ed i tuoi occhi si socchiusero appena. Sorrisi e raccogliendo il lenzuolo dal fondo del materasso te lo tirai addosso, per coprirti

“Ora dormi. Sei stanca”

“Non ho sonno”

“Io si, invece” replicai chiudendo gli occhi e sistemandomi in modo comodo sul letto  “Perciò smetti di ciarlare” aggiunsi cingendoti alla vita, con un braccio

Ti sentì sospirare e poi posare il capo accanto alla mia spalla, vicinissimo al mio

“Mi piace dormire con te” un altro sussurro  “Mi rilassa. Sento che niente di brutto mi può succedere”

“Mhmhm” replicai annuendo e stringendoti ancora un poco

“Mi fai stare bene. Mi fai sentire sicura, protetta … amata”

Un paio di respiri ancora ed entrambi precipitammo gradualmente in un intimo limbo di incoscienza. Dormire accanto a te, averti stretta al mio corpo e sentire il tuo calore, era serenità e torpore. Una condizione così delicata e dolce da dare assuefazione.

  
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