Senza paura più del tempo e di qualcuno che
ci possa separare
Senza
paura più del tempo
e di qualcuno che ci possa separare
POV
DAMON, dieci giorni
dopo la discussione con Klaus, dodici
giorni dopo quella con Talia
Damn, I want my baby back
It’s so cold without her
Cold without her
She’s gone
Now I’m alone, no one to hold on
Cause she was the only one
And I know I was dead wrong
But if you
If you
See her soon
Ask her will she forgive me
(So Cold- Chris Brown)
Non
sapevo più che fare. Che pensare. Di me, di lei. Di
noi.
Se
n’era andata e io sentivo tanto freddo. Cosa
impossibile, mi dicevo, dato che ero un vampiro. Eppure quella
sensazione
c’era, e rimaneva come un’ombra sui miei pensieri,
indirizzandoli solo ed
esclusivamente verso lei.
Ero
solo, senza qualcuno a cui aggrapparmi, perché lei
non c’era. Avevo permesso che si
allontanasse da me.
Tuttavia,
c’era il mio orgoglio ad dirmi, ad urlarmi,
di lasciar perdere. In fondo, era lei che aveva preso quella decisione,
giusto?
Giusto.
E
infine c’era il mio cuore che praticamente era sempre
con lei.
Alla
fine della fiera, non sapevo che fare. Andare o
non andare? Quale dilemma.
Mi
alzai di scatto dalla mia postazione sotto l’albero
dietro casa Salvatore-Petrova. Non ce la facevo più a stare
a rimuginare sugli
eventi passati, dovevo fare qualcosa.
Manco
a dirlo, appena arrivai di fronte alla casa,
dalla porta uscì Klaus. E si che non l’avevo
sentito entrare, pur essendo
rimasto lì vicino tutto il tempo.
-Damon-
mi salutò. –Cos’hai deciso?-
Scossi
la testa, segno che non ero ancora venuto a capo
di nulla.
-Metti
da parte l’orgoglio, hai sbagliato in buona
fede. Dovrai farglielo capire- mi consigliò.
Assurdo,
mi stavo facendo aiutare dall’Ibrido Originale
che era il migliore amico della ragazza a cui dovevo chiedere scusa.
-E
se non mi perdonasse? E se andasse tutto storto? E
se…-
-Woah,
calma, ragazzone!- mi bloccò Klaus. –Metti da
parte ogni come, dove e se. Dovrai farti vedere pentito di averla
trattata come
una poco di buono, perché, ti assicuro, che lei si
è sentita così-
Umiliarmi?
Mai! Avrebbe fatto troppo male e avrebbe
portato solo altro dolore.
-Capisco
che sia difficile, ma devi farlo. Non per me,
non per Ann, non per Cassie, Kol o altri. Ma solo per te stesso, Damon.
Forse
non ti sei visto, ma in questi giorni sei deperito, sei spento, non
sembri
neanche più tu. Elena mi ha detto che non ti nutri da almeno
una settimana-
Feci
una smorfia al nome della ragazza. –Che è successo
tra te e la doppelganger?- chiese.
Chiusi
gli occhi e con la mente ritornai a quella sera
di due giorni fa.
Ero
seduto davanti
al fuoco, in uno di quei rari momenti in cui non passavo la sera nei
dintorni
della casa delle Salvatore, con un bicchiere doppio di Bourbon in mano.
In casa
mia non c’era nessuno, neppure il mio fratellino,
probabilmente era a caccia
nel bosco.
-Damon?-
Una
delicata voce femminile mi arrivò alle orecchie. Nessuno mi
aveva rivolto la
parola da quando lei se n’era andata. Avevo sperimentato la
solitudine più solitaria della mia vita.
Fino
a quella sera.
Non
girai nemmeno
la testa, il profumo era inconfondibile. Un tempo avrei sorriso e
l’avrei
invitata a bere qualcosa con me, per farla cadere ai miei piedi. Adesso
non
potevo fare a meno di rifuggere i sentimenti che mi legavano a lei.
Elena, che
il diavolo se la porti via.
-Che
vuoi?- chiesi,
brusco. La sentii fermarsi a pochi passi da me. Lentamente si sedette
sul
divano, accanto a me, e mi mise una mano sul braccio. Istintivamente mi
alzai,
per allontanarmi il più possibile da lei.
-Che
vuoi?-
ripetei, stavolta più arrabbiato. Elena sussultò.
Forse non si aspettava una
risposta del genere. Dovetti reprimere un sorriso cattivo, volevo che
si
ferisse, almeno avrebbe smesso di provarci, di provare a farmi cambiare
idea
su…
-Volevo
solo… solo
farti stare meglio- pigolò.
-Allora
fai questo.
Sparisci. Dalla. Mia. Vita. Spero di essere stato sufficientemente
chiaro-
ringhiai. Per tutta risposta lei si alzò e mi raggiunse
accanto alle scale.
-Lo
vedo, sai? Vedo
come ti struggi per una che non ti guarda nemmeno. Siamo tornati
indietro,
Damon? In questa storia sei solo tu la vittima. Non lasciare che ti
distrugga
come aveva fatto sua sorella- mi disse, ma io registrai solo la seconda
frase.
La spinsi all’indietro ed Elena volò oltre un
tavolino di vetro, per atterrare
indenne sul pavimento.
-NON
OSARE!-
tuonai. –Non osare parlare male di lei in questo modo! Sai
che ci siamo
avvicinati molto? Ci siamo baciati, Elena!-
-Anche
noi
l’abbiamo fatto- replicò lei.
-Ma
non ho sentito
nulla di quello che ho avvertito con lei, Gilbert! Pensavo di amarti,
ma era
solo una stupida ossessione per via di Katherine. Non contare
più su di me se
qualcuno vuole te o il tuo sangue. La nostra amicizia finisce qui. Il
mio amore
per te finisce qui- dissi, quasi sfinito.
Mi
sedetti di peso
sul divano e mi presi la testa tra le mani. Come avrei fatto adesso?
L’unica
era andare da lei e sperare in un suo perdono.
-Beh,
la mia
attrazione per te no, invece- ribattè. Eh? Avevo sentito
bene? Dopo un anno e
mezzo ammetteva di essere attratta da me ed era perché era
gelosa? No, così non
andava.
-Non
me ne frega-
risposi. Non la vidi ma la sentii. Aveva preso il mio viso tra le mani
e mi
stava baciando, premendo le labbra morbide contro le mie.
Ero
talmente
stupito che non reagii.
-Niente.
Adesso vado. Buona serata, Klaus-
POV
TALIA, dodici
giorni dopo la discussione con Damon
Ti
trovo dentro
Ogni
ricordo
E
come un pugno che fa male
Male
di brutto
Inerme
incasso
E
mi convinco un’altra volta
Che
non è finito tutto
(Dimmelo-Modà)
Bastarda!
Come si permetteva quella sgualdrina? E lui?
Perché non aveva reagito? Avrei scommesso tutto quello che
avevo che era perché
era ancora innamorato di lei. Maledetto! Che il diavolo ti prenda e ti
porti
via con sé!
Ed
io c’ero cascata, come una pera cotta. Già, cotta
a
puntino, stracotta di lui. Ero riuscita a dissimularlo, ma mi ero
innamorata di
lui. E faceva male sapere che alla fine lui non mi aveva mai amata, ma
preferiva ancora… Elena.
Stanotte
ho fatto quel sogno e avevo tutti i
presupposti per considerarla una visione stregonesca.
Ricordavo ancora le lacrime che mi scendevano
sul viso. E aveva fatto malissimo, come non avevo mai sentito in vita
mia,
sapere di non essere ricambiata.
Adesso
dovevo concentrarmi sul pranzo. Si, dovevo
tagliare la mozzarella.
Avrei
fatto la pizza, di solito riusciva a rallegrarmi
il fatto che avrei mangiato un piatto tipico della mia terra
d’origine,
l’Italia. E volevo farlo io, non prenderlo in qualche
pizzeria d’asporto,
perché in ogni piatto ci sono i sentimenti della persona che
l’ha fatto.
Improvvisamente
una goccia cadde nel piatto. Rimasi
stupita, non mi ero accorta di aver iniziato a piangere.
Mollai
il coltello tra la mozzarella tagliata e mi
girai, finendo per terra, la schiena appoggiata al legno della cucina.
Non
riuscii a trattenermi. Piansi tutte le lacrime che
avevo trattenuto per dodici giorni, per tutta la vita. Piansi tutto il
mio
amore. Piansi per la mia vita, sempre in bilico tra ragione e
sentimenti.
Piansi per il mio stupido destino, che speravo inutilmente di cambiare.
Piansi
per me stessa, così forte e fragile al tempo
stesso da ammettere di amare, ma non di dirlo al mondo.
POV
DAMON, il
giorno dopo l’ultima discussione con Klaus, tredici giorni
dopo quella con
Talia
Non
cancellarmi
Piuttosto
dammi
Almeno
un’ora per parlarti
E
per sfogarmi
Non
serve a niente
Me
l’hai già detto
Ma
abbi il coraggio di guardarmi
Dritto
dentro agli occhi
(Dimmelo-Modà)
Sperai
di essere forte abbastanza da poter fare questa
cosa.
Suonai
il campanello di casa Mikaelson.
Ovviamente
non mi aprì Klaus.
-Oh,
chi abbiamo qui? Che sei venuto a fare qua?- Rebekah,
dolce come il limone.
Abbassai
lo sguardo. –Devo parlare con tuo fratello-
-Quale
dei tre che mi rimangono?-
-Klaus-
dissi, e lei smise di sorridere con
strafottenza.
-Entra-
mi concesse, facendomi da guida in quella casa
enorme.
-Ecco,
è qui- mi indirizzò verso l’ultima
porta del
corridoio. Bussai e attesi un –Avanti- che arrivò
presto.
-Damon,
quale sorpresa vederti qui, nella mia umile
dimora- tentò di scherzare. Ma io non ero in vena.
-Klaus,
sono pronto- tagliai corto.
-Sai
che questa è la resa dei conti, vero? O ti perdona
o non lo farà mai. Io ti porterò là,
proverò a parlarle in tuo favore, ma non
so se l’esito sarà positivo. Non sperare, potresti
avere delle brutte sorprese-
-La
speranza è tutto ciò che mi resta- dissi,
ostentando una sicurezza che non avevo.
-No,
hai anche l’amore che provi per lei. Voi due siete
simili, puoi capire cosa sta provando. È la stessa cosa di
quando vedevi Elena
baciare tuo fratello. Fai leva sui suoi sentimenti ed emozioni, ma in
modo
positivo- mi disse. Era strano farmi consigliare da un sanguinario come
Klaus,
ma la conosceva meglio di se stessa. Valeva la pena provare.
-Ma
sappi che, se sbagli, lei per te non ci sarà più,
intesi? Commetti un errore – uno solo, bada bene –
e sei morto. Io ti avevo
avvertito- aggiunse.
-Si,
intesi- mormorai.
-Su,
vampiro pappamolle, preparati. Andiamo a
riprenderci Talia- esclamò, con una vitalità che
non mi apparteneva.
A
Miami non era arrivata la notizia che eravamo ormai a
novembre. Gli alberi erano verdissimi e il sole splendeva in cielo,
riscaldando
tutto e tutti. Almeno, così capivo dalle persone, umane, che passeggiavano lungo le vie,
perché sudavano tantissimo.
-Ma
c’è sempre questo caldo qui?- chiesi al mio
compagno d’avventura.
Klaus
mi sorrise. –Hai presente la California? Qui è lo
stesso, undici mesi di caldo infernale. Ancora un mese e mezzo e si
potranno
vedere le nuvole invernali. E poi a lei piace-
Mi
bloccai improvvisamente. D’un tratto non mi sentivo
più tanto forte, come se non dovessi andare da lei. Come se
qualcosa, qualcuno, non volesse che
ci
riappacificassimo.
-Eh
no, andiamo, sono quasi le sette di sera. Damon?- A
malapena lo sentii. Ero troppo concentrato sulle mie sensazioni.
-Tutto
ok?- Alzai lo sguardo e me lo trovai davanti.
Annuii, solo per continuare a camminare per le vie assolate di Miami.
-Ehi,
ma quanto manca?- domandai, raggiungendolo
qualche passo più avanti.
-Poco,
siamo quasi arrivati- mi rispose, e svoltammo
verso la spiaggia. Ancora poche centinaia di metri e… la
strada si aprì,
facendo vedere una splendida casa a tre piani appollaiata ai margini
della rena
chiara, tutta in legno dipinto di un abbacinante bianco.
-Wow…-
riuscii a dire.
-Già,
l’ha fatta fare Elijah. È il regalo di compleanno
per Cassandra-
-Vado
a parlarle, tu rimani accanto alla soglia- mi
disse.
Lo
osservai entrare nella villa e svoltare a destra
come se la conoscesse da sempre, e probabilmente era così.
Ancora una volta mi
maledii per non sapere nulla della sua
vita.
Mi
tolsi la giacca di pelle nera, tanto per far
sembrare agli umani che lo ero anch’io e che come tale avevo
caldo. Rimasi
avvolto nella t-shirt bianca, una delle poche che avevo, e nei jeans
grigio
scuro.
D’un
tratto udii uno scalpiccio, come di qualcuno che
stava scendendo velocemente le scale, seguito dalla voce di Klaus e
dalla sua. Comparirono nella grande
vetrata
dell’ingresso.
Mi
raddrizzai, ansioso di scoprire quello che si
dicevano.
-No,
no, no. Ho già detto no? No, hai capito? Non lo
farò entrare. Ha dimostrato di non aver fiducia in me e per
questo non si merita
nulla da me, neppure di essere ascoltato- stava dicendo lei.
-Lo
capisco, te lo giuro. Ma lui è li fuori e sta
aspettando te, per parlarti. Dagli un’altra
possibilità- le rispondeva lui.
-Perché
la butti di nuovo nel cesso? No, Nik, mi sono
stancata di essere io quella che ci rimette sempre. Per una volta che
siano gli
altri a soffrire- Fredda come il ghiaccio.
-E
questa scelta ti ha fatto sentire meglio? Ma
guardati, sei pallidissima, magra come non ti ho mai visto e hai le
occhiaie
sotto agli occhi. Hai pianto, vero?-
-E
a te che te ne importa?- le aveva risposto.
-Me
ne importa, perché, se non sbaglio, sono il tuo
migliore amico-
-E
mi hai tradito anche tu portandolo qui!- e mi vidi
indicato.
-Cos’avrei
dovuto fare? Vederlo deperire ogni giorno di
più? Non si nutre da una settimana, Tals, forse anche di
più. E gira sempre
intorno a casa tua a Mystic Falls. Non dirmi che non ti vuole bene-
ribattè
l’Ibrido.
Silenzio.
Da parte di entrambi.
-No…-
sussurrò lui, andando all’indietro. Lei
abbassò
lo sguardo, colpevole di qualcosa che non capivo.
-Non
gli vuoi bene, vero? Non solo- fece una pausa. –Tu
lo ami-
Sgranai
gli occhi. Mi amava? Davvero? Io… io non
pensavo… mi amava…
Barcollai,
incredulo. Per una volta che non ero la
seconda scelta, che Santo Stefan non veniva indicato come il migliore
tra me e
lui, che avevo fatto? Avevo allontanato l’unica donna che mi
vedeva migliore
così com’ero e non cercava di tirare fuori il
buono che, secondo gli altri, era
nel mio cuore.
Quanto
avevo sbagliato! La rabbia aveva accecato la mia
già poca capacità di giudizio e ci eravamo
divisi. Odiavo ammetterlo, ma Klaus
aveva ragione. Alzai il viso, ansioso di sentire la sua
risposta.
-Si,
ma…- si inumidì le labbra con un gesto
decisamente
sensuale, -lui non mi ama-
-Oh,
Talia. Quanto sbagli! È un uomo distrutto, guarda-
e le prese il viso, girandolo dalla mia parte.
Lei
si liberò con uno strattone. –Adesso sei tu quello
in errore, Nik! Ho avuto una visione stanotte, era così reale… io…
lui… Elena l’ha baciato, e lui non si è
spostato. E fa
male, Nik! Fa maledettamente male, perché lo amo con tutta
me stessa e so, ne
sono certa, lui non mi ama allo stesso modo!-
Oh,
mia piccola Talia!
-Perché
non glielo chiedi tu stessa?- e mi fece segno
di avvicinarmi. Riuscii a muovere le gambe ma era come se non fossi
lì. Mi
amava… mi amava… due parole che mi avevano invaso
la mente, proiettandomi in
cielo e in terra, nel fuoco e nel ghiaccio, pieno di speranza e timore.
Raggiunsi
il porticato in poche falcate, certo che non
mi avrebbe mai perdonato.
Aprì
la vetrata con un gesto leggero, tremante, e capii
che si stava sforzando di non piangere. Non l’avevo mai vista
così fragile.
-Vi
lascio soli- disse Klaus, sparendo al piano di
sopra.
Calò
di nuovo il silenzio.
-Davvero
mi ami?- chiesi e seppi subito di aver fatto
la domanda sbagliata. Il suo sguardo era ferito a morte e pieno di
dolore, il
dolore che io avevo causato.
-Ti
prego, dimmi se c’è qualcosa che posso fare per
farti star meglio- insistetti, e lei scosse la testa.
-Non
posso chiederti di farlo, perché altrimenti ci
separeremmo ancora- mi spiegò.
-Cosa?
Dimmelo-
-Lascia
stare Elena, concentrati su di me, per favore.
Sono stanca di sentirmi rifiutata- Allora io capii perché si
sentiva così.
-Elena…
è stata lei a baciarmi, io non lo volevo- mi
giustificai.
-Ma
non hai fatto nulla per rimediare, non l’hai
allontanata. Non ha fatto niente-
-È
vero! Non ho fatto nulla, perciò non ho nemmeno
risposto al bacio!-
-Ma
non ti sei scansato, è questa la tua colpa-
insistette lei.
-Capisco-
conclusi. –Posso entrare?- chiesi. Lei si
spostò e io misi piede in quella casa.
-Posso
sembrarti banale, ma è bellissima-
-Grazie,
ma non è a me che dovresti dirlo ma a…-
-Cassandra-
finii per lei. Annuì, leggermente sorpresa
che lo sapessi. Poi sospirò. –Nik- disse, parlando
a se stessa.
Sorrisi
leggermente. Avevo fatto bene a fidarmi di
Klaus, alla fine non era stato completamente tempo perso.
Attraversammo
l’ingresso e il salotto, andando davanti
ad un’altra vetrata, che stavolta dava sulla spiaggia. Nel
senso che, appena la
si apriva, si poteva correre sulla sabbia e tuffarsi in acqua.
Istintivamente
le presi la mano e la strinsi nella mia.
La sentivo calda a contatto con la mia pelle, e morbida, e profumata.
Il
paesaggio ci dava uno dei più romantici e scontati momenti
da passare in
coppia, il tramonto sulla spiaggia. Però era bellissimo
vedere come il sole
piano piano scendeva lungo l’orizzonte e il cielo si tingeva
di sfumature
sempre più scure, fino al viola e al blu mirtillo. Il mare
si faceva sentire infrangendosi
sulla costa, e rendeva tutto più… magico. Altra
banalità, ma era vero.
Talia
abbassò lo sguardo sulle nostre mani intrecciate
e poi lo posò su di me, che la stavo osservando
già da un po’.
-Io…-
sussurrò e fece un passo indietro. Mi prese il
panico. No, non poteva andarsene un’altra volta! Non adesso
che ci eravamo
ritrovati!
Feci
per prenderle il braccio e attirarla a me, ma lei
mi sfuggì e, dopo una breve occhiata, scappò di
sopra. Rimasi pietrificato, ma
avevo capito l’antifona. Ci voleva solo del tempo per
ritornare a fidarsi.
POV
TALIA, un’ora
dopo
Vorrei
toccarti
E
respirarti
Vicino
ai punti più sensibili
E
sentirti
Gridare
forte
Non
per dolore
Ma
dal piacere e dalla voglia
Di
fare l’amore
Di
farlo bene
Senza
paura più del tempo
E
di
qualcuno che ci possa separare
(Dimmelo-Modà)
Avevo
bisogno di rilassarmi, perciò ero andata in terrazza, dove
c’era una piscina
completa di tutto, minibar incluso. E da almeno tre quarti
d’ora ero
felicemente sposata con l’idromassaggio. Mi stavo
addormentando.
Ma
non potevo lasciarmi andare, dopotutto ero nuda in una piscina, con un
individuo di sesso maschile che girava libero ed indisturbato per la
casa. Nik
neanche lo contavo, sapevo che non sarebbe venuto a rompere mentre mi
rilassavo
sotto le stelle.
-Fai
sempre il bagno in questo modo?- chiese una voce. Sussultai e
istintivamente mi
coprii il seno con un braccio.
Poi
mi girai verso la fonte che mi aveva disturbata e vidi Damon.
-Ho
fatto il giro della casa e questo era l’ultimo posto da
visitare. Allora, mi
vuoi rispondere?- Io ero ancora scioccata. E se mi aveva visto? Oddio,
che
figura.
-Questo
non è un museo!- sibilai mezzo secondo dopo. Lui
accennò ad una risata.
-Non
mi hai ancora risposto- disse.
-Solo
quando sono sola-
Si
avvicinò fino ad arrivare al bordo opposto a quello dove mi
trovavo io e si
chinò, sfiorando l’acqua con le punta delle dita.
Era… sexy. Deglutii.
-Però
adesso non lo sei- sussurrò. Sbagliavo… o la sua
voce era diventata più roca?
Il mio basso ventre ebbe una stilettata a quel pensiero.
Distolsi
lo sguardo per posarlo sul mio costume bianco e azzurro accanto a lui.
-Se
me lo passi…- sussurrai, sperando che capisse di non giocare
con me. Ovviamente
il messaggio non arrivò al suo cervello di maschio in preda
agli ormoni qual
era.
-E
se non lo facessi?- mi sfidò. E io raccolgo sempre le sfide.
Mi
staccai dalla zona idromassaggio per raggiungere il centro della
piscina,
dirigendomi poi verso la piccola scaletta dove troneggiava un
accappatoio blu.
Quando uscii dall’acqua calda, lo sentii alzarsi e
contemporaneamente girarsi
per darmi le spalle, in segno di rispetto.
Sorrisi.
Nik l’aveva istruito bene, anche se a volte faceva di testa
sua.
Appena
il tessuto mi avvolse, Damon si girò di nuovo verso di me e
mi squadrò da capo
a piedi.
-Che
c’è?- chiesi e lui scrollò le spalle,
avvicinandosi. Io non indietreggiai,
presa da un’insolita sensazione che pian piano si stava
facendo strada in me.
Alzò
un braccio e mi sfiorò la guancia con le dita bagnate di
cloro. Rabbrividii e
chiusi gli occhi, concentrandomi su ciò che stavo sentendo
in quel momento.
Il
tocco si spostò sul collo ed io sospirai, stringendomi
nell’accappatoio.
Deglutii
e presi un bel respiro, lasciandolo scivolare ai miei piedi. Lo sentii
trattenere il respiro e lo vidi fissarmi.
-Talia…-
disse, probabilmente per fermarmi. Ma ora era troppo tardi per tornare
indietro. Feci un passo in avanti e lo afferrai per il collo,
avvicinandolo a
me.
Lo
baciai e fu come farlo per la prima volta. Da un semplice sfioramento
di labbra
eravamo subito passati a qualcosa di più passionale, con
entrambi che premevamo
per essere più vicini l’uno all’altra.
Con
difficoltà gli feci scivolare la giacca giù dalle
spalle e lui la fece cadere a
terra, a far compagnia all’accappatoio. La maglia era chiara,
forse una delle
poche che aveva, e presto sparì anche quella, lanciata
chissà dove.
Gli
baciai le clavicole e lo sterno, mente lui mi carezzava i fianchi e la
schiena,
provocandomi brividi che non sapevo nascondere. Le mie mani corsero
alla
cintura dei jeans grigio scuro, slacciandola con difficoltà.
La sfilai dai
passanti e la strinsi tra le mani, sorridendo.
Mi
staccai da lui e, fissandolo negli occhi confusi, mi tuffai in acqua.
Riemersi
in un secondo e mi tolsi i capelli dal viso, scoprendo che mi stava
fissando
con uno sguardo strano, eccitato.
Tremai
tutta sotto quell’intensità e quasi lasciai cadere
la cintura che tenevo ancora
tra le mani. Rimanendo a galla, la sollevai.
-La
rivuoi? Vieni a prenderla!- gridai, girandomi per tuffarmi
un’altra volta. Meno
di un secondo dopo avvertii uno spostamento d’acqua e seppi
che Damon sarebbe
venuto a riprendersela.
Nuotai
più velocemente che potevo, ma il vampiro riuscì
ad afferrarmi una caviglia e
mi tirò indietro. Poco dopo mi ritrovai imprigionata tra le
sue braccia a
contatto diretto contro il suo corpo nudo. Meno male non avevo bisogno
di
respirare, altrimenti sarei morta a furia di trattenere il fiato.
Riemergemmo
insieme e ancora intrecciati. Le sue mani sui miei fianchi e le mie
sulle sue
spalle, i corpi a contatto, il desiderio alle stelle. Il bacio fu
inevitabile,
così come i nostri bacini a contatto. Rabbrividii,
perché il punto di non
ritorno stava arrivando e io iniziavo a dubitare di lui, della sua
voglia di
me.
Avvolsi
le gambe attorno ai suoi fianchi e mi strusciai contro la sua erezione,
confutando
i miei dubbi.
Quando
prese in bocca un mio capezzolo e lo succhiò piano, mi
sentii morire. Mi
accasciai su di lui che dedicava la sua tortura anche
all’altro seno, ormai
entrambi inturgiditi.
Damon
si tirò leggermente indietro e mi guardò negli
occhi, in cerca della mia
approvazione. Gli sfiorai le labbra con le mie e lui si mise in
posizione.
Fu
un attimo. Prima era fuori e poi era dentro di me. L’unica
cosa che cambiò fu
il dolore. Atroce e lacerante, mi fece lanciare un grido che non
riuscii a trattenere.
-Io…
scusa… non volevo…- lo sentii dire, ma non
m’importava. Gli misi un dito sulle
labbra e sorrisi.
-Non
importa, capita la prima volta- gli sussurrai e si rilassò.
Diede una piccola
spinta e avvertii un’altra scarica di dolore acuto, che
esternai conficcandogli
le unghie nelle spalle.
-Dimmi
tu quando sei pronta- mormorò, chiudendo gli occhi. Capivo
come si sentiva.
Aveva fatto in modo che provassi dolore e non se lo perdonava.
Deglutii
e serrai ancora di più le gambe attorno al suo bacino,
avvicinandolo. Lo
interpretò come un assenso e si tirò leggermente
indietro per sprofondare
ancora in me. Stavolta la scarica fu di piacere. Intenso e sconvolgente.
Le
spinte erano lente e ben calibrate. Non arrivavano fino in fondo, dove
sapeva
farmi male. Poi picchiai la schiena contro qualcosa di duro e mi
accorsi che
era il bordo della piscina contro il quale Damon mi aveva da poco
spinta.
Ora,
racchiusa tra le piastrelle azzurre e il vampiro, sentivo tutte le
conseguenze
che l’amplesso stava apportando al mio corpo. Ero
ipersensibile ovunque, tanto
che avvertivo persino l’acqua lambirmi l’ombelico.
La mia mente, però, era
altrove, era concentrata sulle sensazioni che stavo provando per la
prima
volta.
Damon
si appoggiò a me, incastrando il viso nel mio collo e
inspirando forte.
Rabbrividii e socchiusi le labbra, presto divenute l’oggetto
dei desideri del
vampiro. Il bacio era diverso, c’era qualcosa in
più. Istintivamente presi il suo labbro inferiore
in bocca e
succhiai forte, facendogli scappare un gemito che mi fece sorridere.
Si
staccò da me, con tutto il corpo, e gemetti in protesta. Gli
occhi azzurri
erano spalancati e respirava a fatica, l’erezione ben
visibile. La cintura
galleggiava tra noi, come a dividerci.
-Non
farlo mai più- disse senza fiato.
-Altrimenti?-
lo sfidai. Lui si avvicinò e mi prese il viso tra le mani.
-Altrimenti
non potrei rispondere delle mie azioni e non vorrei farti male-
sussurrò, la
voce resa roca dal desiderio.
-È
una paranoia inutile- replicai, baciandolo subito dopo. Lui si
rilassò,
afferrandomi per i fianchi ed entrando in me per la seconda volta. Il
mio basso
ventre era già eccitato per le attenzioni che gli erano
state rivolte giusto
mezzo minuto prima, perciò, appena lo sentii farsi spazio in
me, abbandonai la
testa all’indietro e gli andai incontro col bacino. Entrambi
gememmo ed io
ansimai.
Ora
le spinte erano più profonde e scoordinate, ma non sentivo
più dolore, anzi,
avvertivo un piacere immenso. Quando riuscivo, gli andavo incontro col
mio
bacino per approfondire il contatto tra i nostri corpi e amplificare le
nostre
sensazioni.
Mi
sentivo bagnata e terribilmente eccitata, e il membro di Damon non
faceva che
accrescere tutto questo, moltiplicandolo per mille.
In
un impeto più forte degli altri le nostre mani si cercarono
e si intrecciarono,
mentre i nostri respiri si mescolavano da tanto i nostri visi erano
vicini,
incatenando i nostri sguardi.
Gettai
la testa all’indietro e raggiunsi l’apice di quel
piacere che mi invadeva lo stomaco,
lasciandolo libero di scuotermi nel profondo.
Damon,
vedendo che avevo raggiunto la vetta, diede un’ultima spinta
e mi raggiunse in
Paradiso.
Un
lampo e poi un tuono scossero il mondo. Anche il fulmine era libero.
Spazietto
dell’autrice:
il
Dalia finalmente insieme! Evvai, avevo in mente questa scena da sempre,
ma la
piscina super completa di tutto l’ho presa da un episodio di
Law and Order.
Unità speciale, così come lei che si toglie
l’accappatoio in quel modo.
“Sexy!”, ho detto, e l’ho inserito.
Detto
questo, sono felice di averlo scritto, perché mi sono
liberata da una scena
alquanto spinosa. Insomma, in totale sono 17 pagine – 18 con
le note – e adesso
posso dirmi soddisfatta. Spero che sia venuta bene e che riscaldi le
giornate
che diventano sempre più fredde (io di sera ho freddo, voi
no?).
Damon
indeciso e Klaus che lo consiglia, un’accoppiata strana ma ha
funzionato. La
casa è quella dei miei desideri, a tre piani, color avorio e
con la piscina in
terrazza, ovvero all’ultimo piano, quello scoperto. Klaus non
si vede per tutta
l’ultima scena, quella HOT, perché si è
rinchiuso nella sua stanza per non
sentire loro due che si danno alla pazza gioia. Inutilmente, ovvio.
Nel
prossimo vedremo come la prenderanno coloro che sono rimasti a Mystic
Falls.
Per
ultima cosa dico che da domani con ci sarò, dato che parto
per l’Inghilterra.
Tornerò tra due settimane, tranquillizzatevi, e se
aggiornerete sarò lì a
leggere, siatene certi.
Ringrazio
safycullen97, che ha recensito lo scorso capitolo, rinnovando il suo
sostegno
anche dopo la mia lunga assenza.
Al
prossimo capitolo.
Fire
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