IRIDESCENTE
LIBRO
I
Sul
confine
Capitolo
01 – Approccio inusuale
Il refettorio del Tempio Jedi era una
sala molto ampia.
Il
pavimento era rivestito di piastrelle grigie venate
d’azzurro, e il soffitto era sostenuto da alcuni pilastri
cinerini. Da
una parte della mensa, erano allineate alcune lunghe tavolate,
mentre dall’altra si trovavano dei tavolini più
piccoli.
In
un angolo della sala, Qui-Gon Jinn sedeva ad uno di questi. Era
un uomo dal fisico alto ed energico, con lunghi capelli castani ed
una corta barba. Nonostante la posizione appartata, non era riuscito a
passare del tutto inosservato.
Era
mezzodì: nel salone erano presenti molti Iniziati, ed
alcuni di loro gli lanciavano occhiate sfuggenti, quasi intimidite.
L’uomo
non si meravigliò affatto di quel fare
timoroso. Taren Kun – un suo amico di vecchia data che
lavorava coi più piccoli – gli aveva detto che,
tra gli Iniziati, lui era diventato famoso come il Maestro che non
vuole un altro Padawan.
Qui-Gon
non se ne faceva un cruccio. In fin dei conti, era una fama che
corrispondeva alla realtà: erano ormai tre anni che lavorava
da solo, fermandosi al Tempio soltanto quando era strettamente
necessario, e riusciva a portare a termine i suoi incarichi senza
problemi di sorta.
Era
rientrato dall’ultima missione proprio quella mattina, un
po’ stanco e con una gamba malandata.
Aveva
fatto rapporto al Consiglio, aveva fissato un appuntamento con
Von Le – uno dei Guaritori più efficienti del
Tempio – ed era sceso in refettorio.
Distese
la gamba dolorante sotto il tavolino e si guardò
attorno, spinto dall’abitudine di controllare ciò
che lo circondava… Così facendo,
incrociò lo sguardo di uno degli Iniziati.
Era
un bambino umano, che ad occhio e croce poteva avere sui sei, sette anni. Era
piuttosto minuto, con una zazzera disordinata di capelli di un
castano chiaro, rossiccio, e due occhi limpidi.
A
differenza degli altri Iniziati, non sembrava intimidito dallo
sguardo penetrante del Maestro Jedi, ma lo ricambiava con aperta
curiosità.
Qui-Gon
assottigliò appena gli occhi. Aveva già
notato quel bambino quand’era entrato, pur non avendoci fatto
particolarmente caso.
Il
piccolo, infatti, era seduto ad uno dei tavoli più
lunghi, ma invece di essere in compagnia di un gruppo di coetanei era
completamente solo.
Eppure,
a giudicare da come ricambiava senza alcun timore lo sguardo di
Qui-Gon, non doveva essere particolarmente timido.
Prima
che l’uomo potesse decidere di rompere quel contatto
visivo, il bambino aggrottò la fronte e girò la
testa verso l’ingresso del refettorio.
Dal
proprio posto, Qui-Gon seguì automaticamente il suo
sguardo, e vide entrare una giovane umanoide.
Il
volto senza naso, la bocca priva di labbra, la pelle verde
pallido… L’uomo riconobbe la Duros che stava
apprendendo le arti curative sotto la guida di Von Le.
Quando
la giovane si fermò per guardarsi attorno,
l’Iniziato dai capelli rossicci fissò
insistentemente da tutt’altra parte, una mano
sull’avambraccio sinistro.
Qui-Gon
inarcò appena un sopracciglio, mentre la Duros si
diresse verso di lui.
L’uomo
notò che, non appena
l’apprendista Guaritrice lo ebbe sorpassato,
l’Iniziato iniziò a tenerla d’occhio con
aria guardinga… Poi la giovane si fermò di fronte
al tavolo del Maestro Jedi, e Qui-Gon spostò la propria
attenzione su di lei.
«Maestro
Jinn?» chiese la Duros, con un accento
cadenzato che rendeva il suo Basic quasi musicale. «Il
Guaritore Von Le ha chiesto se è possibile anticipare la
visita di oggi pomeriggio».
Qui-Gon
non ebbe bisogno di riflettere: l’unica cosa che
aveva in programma era andare a chiedere un nuovo incarico al
Consiglio. E prima la sua gamba veniva visitata e guarita, prima lui
avrebbe potuto lasciare il Tempio, tornando sul campo.
«Quando
devo passare?»
«Appena
avrete finito di mangiare, se non è un
problema».
Qui-Gon
le rivolse un breve cenno del capo. «Nessun
problema».
La
giovane gli indirizzò un inchino, quindi si
voltò per andarsene.
Quando
passò accanto all’Iniziato, il bambino
distolse lo sguardo, e la sua mano tornò a sfiorare il suo
avambraccio sinistro.
Qui-Gon
tentò di non dar peso alla cosa. Non erano affari
suoi.
A
quel punto, però, si sentiva pressoché certo
che il bambino si fosse fatto male e volesse evitare una visita nelle
Sale dei Guaritori.
Lo
sguardo dell’uomo indugiò sui Maestri che
sorvegliavano gli Iniziati, e lui contemplò l’idea
di informare uno di loro.
Alla
fine, però, sollevò tra le mani il proprio
vassoio, si alzò in piedi e si diresse verso il bambino
seduto in disparte.
Nel
frattempo, l’Iniziato aveva ripreso a mangiare
– o, per meglio dire, a giocherellare col proprio cibo.
Quando alzò la testa e si trovò di fronte un
Maestro Jedi, i suoi occhi chiari si spalancarono, e la forchetta gli
sfuggì di mano, atterrando sul piatto con un tintinnio.
Qui-Gon
accennò col mento alla sedia davanti alla sua.
«Posso sedermi?»
Il
bambino sbatté le palpebre, poi si affrettò a
rispondere: «Sì, Maestro».
Sembrava
sconcertato, e l’uomo non poteva biasimarlo. Non
capitava di frequente, che un Maestro Jedi decidesse di sedersi al
tavolo di un Iniziato.
Allontanando
quelle considerazioni, Qui-Gon appoggiò il
proprio vassoio e prese posto con un movimento fluido.
A
quel punto, il bambino non dedicò più la minima
attenzione al proprio pranzo. Guardava il Maestro Jedi e, pur non
riuscendo a nascondere né la propria fascinazione
né la propria curiosità, tentava disperatamente
di non sembrare troppo sfacciato, col risultato di
un’espressione impagabile.
«Sono
il Maestro Jedi Qui-Gon Jinn»
esordì l’uomo.
L’Iniziato
annuì automaticamente. «Lo
so».
A
quella risposta, Qui-Gon inarcò appena un sopracciglio.
«Davvero?»
Il
bambino fece nuovamente cenno di sì. «Sei un
Maestro della forma Ataru e…» Si interruppe, come
temendo di aver detto troppo.
«E…?»
indagò l’uomo.
Immaginava
a quale domanda sarebbero arrivati: come mai lui rifiutava
di prendere un nuovo Padawan?
Era
inevitabile che si cadesse su quell’argomento. Il suo
interlocutore sembrava avere l’età giusta per
iniziare a chiedersi quando avrebbe avuto un mentore tutto per
sé.
«E
cambierai una vita, penso» rispose invece il
bambino, titubante.
Interdetto,
Qui-Gon si domandò se quella fosse una maniera
alquanto originale, da parte dell’Iniziato, di chiedergli di
prenderlo come apprendista. «In che modo?»
La
domanda, però, non ottenne la reazione che si era
aspettato.
L’Iniziato,
infatti, aggrottò la fronte con aria
insicura e rispose: «Non… non lo so».
Gli gettò un’occhiata furtiva, come per accertarsi
di avere la sua attenzione. «È come…
come se ci fossero due porte, adesso. E solo tu puoi decidere quale
aprire».
Accigliandosi
di fronte alla piega inaspettata presa dalla
conversazione, Qui-Gon non poté fare a meno di pensare che
quel bambino doveva aver ricevuto troppe lezioni dal Maestro Yoda. Chi
altri parlava per metafore ed enigmi?
Dal
canto suo, Qui-Gon aveva sempre preferito la concretezza agli
indovinelli. «Non è ciò che accade
sempre, forse?» osservò, cercando di condurre il
discorso su un piano più ragionevole. «Ci vengono
poste davanti delle scelte… e noi possiamo optare per
l’una o per l’altra».
L’Iniziato
si mosse sulla sedia, e l’uomo
percepì una strana frustrazione. «Sì,
ma… non sempre la sensazione è così
definita».
Qui-Gon
lo scrutò, e decise di non insistere.
«Suppongo».
Ci
fu un istante di silenzio.
«Qual
è il tuo nome?» chiese quindi
Qui-Gon, ricordando a se stesso perché era lì.
Il
bambino trasalì lievemente, e la sua vergogna per aver
dimenticato di presentarsi si propagò ad ondate attraverso
la Forza.
«Obi-Wan
Kenobi» si affrettò a
rispondere, con voce un po’ flebile.
«Obi-Wan
Kenobi» ripeté Qui-Gon, piano.
Per qualche ragione, quel nome gli sembrava familiare, ma era una
sensazione così vaga che decise di lasciar perdere.
«Ti sei fatto male al braccio, Obi-Wan?»
Il
bambino si portò istintivamente una mano
all’avambraccio destro. «Non è
niente» rispose, sulla difensiva.
Qui-Gon
tese una mano verso di lui. «Fa’ vedere e
lascia che sia io a giudicare» disse, in un tono che non
ammetteva repliche.
Per
quanto riluttante, allora, Obi-Wan si alzò una manica
della tunica chiara, arrotolandola all’altezza del gomito.
Dopo
un istante, Qui-Gon prese l’avambraccio del bambino tra
le mani – la pelle era calda e liscia, di una morbidezza
infantile – e lo girò appena, in maniera da poter
esaminare al meglio il danno. Era
una bruciatura, della lunghezza del suo indice, e tutto sommato
sembrava abbastanza superficiale.
Non
appena Qui-Gon gli lasciò il braccio, Obi-Wan si rimise
a posto la manica, per poi guardare di sottecchi il Maestro Jedi, in
attesa del verdetto.
«Hai
ragione» disse alla fine l’uomo,
«non sembra grave. Ma dovresti comunque farla vedere da un
Guaritore».
Il
bambino si morse il labbro inferiore e Qui-Gon gli
indirizzò un’occhiata penetrante. «Non
vuoi farla vedere da un Guaritore, Iniziato Kenobi?»
Obi-Wan
esitò. «Io… non
posso» rispose poi. «Non adesso. Oggi pomeriggio ho
lezione col Maestro Yoda. Non voglio perdermela».
Detto
ciò, abbassò gli occhi.
Qui-Gon
ripensò all’affermazione del bambino sulle
due porte e si disse che, probabilmente, trascorrere del tempo lontano
dal Gran Maestro non gli avrebbe fatto male.
L’Iniziato,
dal canto suo, continuava a fissare il proprio
piatto.
Qui-Gon
lo osservò discretamente, riflettendo sul da farsi.
Dopotutto, il bambino gli era parso sincero, e la bruciatura sembrava
trascurabile… Era davvero il caso di avvertire un altro
Maestro?
«Molto
bene».
Gli
occhi grigio-azzurri di Obi-Wan si alzarono immediatamente su di
lui.
«Va’
pure alla lezione del Maestro Yoda, ma poi
fatti vedere da un Guaritore. Intesi, Iniziato Kenobi?»
Il
bambino si raddrizzò, chiaramente sollevato.
«Intensi, Maestro Jinn» disse, obbediente.
L’uomo
gli rivolse un cenno del capo, quindi si
alzò in piedi.
Non
si guardò indietro, mentre cedeva il proprio vassoio ad
uno dei droidi che facevano avanti e indietro per la sala,
né si voltò prima di uscire dalla mensa.
Ciononostante,
avvertì gli occhi del bambino su di
sé per tutto il tempo.
Qui-Gon
non poteva dire che l’Ala dei Guaritori fosse una
delle sue zone preferite del Tempio.
Per
un Jedi come lui, così legato alla Forza Vivente,
l’ambiente bianco e asettico di quei corridoi era alquanto
desolante.
Se
non altro, le stanze dove veniva ricoverato chi ne aveva bisogno
erano più accoglienti.
Qui-Gon
sostò alla piccola reception situata appena dopo la
porta. Dietro il bancone, si trovava un Guaritore incaricato di
rispondere alle comunicazioni d’emergenza e di indirizzare
chi arrivava nella giusta direzione.
«Salve,
Maestro Jinn. Il Guaritore Von Le vi aspetta nella
seconda stanza a destra».
Senza
batter ciglio, l’uomo si diresse dove indicato.
Von
Le lo accolse con la silenziosa cortesia di un inchino. Era un
Vultan: somigliava ad un Umano, ma la sua pelle era olivastra, e la sua
testa era sormontata da alcune creste cartilaginee.
Abituato
all’indole pratica del Guaritore, Qui-Gon non si
meravigliò quando l’altro, senza perdere tempo in
chiacchiere, lo fece sedere su un lettino.
Il
Maestro Jedi gli mostrò la propria ferita, ed il Vultan
la pulì e vi applicò un po’ di bacta.
«Dovrebbe
bastare» disse poi, «ma vorrei
che tu rimanessi qui per qualche momento. Occorre un bendaggio
provvisorio per tenere il bacta al suo posto».
Qui-Gon
annuì, e l’altro gli scoccò
un’occhiata.
«Niente
proteste?» commentò, mentre
iniziava ad armeggiare con la fasciatura. «È un
sollievo. Suppongo di essermi fin troppo abituato a trattare con gli
Iniziati».
Quell’osservazione
fece venire in mente a Qui-Gon una certa
bruciatura…
«Iniziati?»
domandò. «Conosci
Obi-Wan Kenobi, per caso?»
Von
Le inarcò un sopracciglio. «Se lo
conosco?» Per un istante, parve riportare alla mente
qualcosa. «Umano. Sette anni standard. Nato sul pianeta
Stewjon. Capita qui molte volte».
Qui-Gon
lo guardò. «Veramente?»
Il
Guaritore annuì senza fare una piega. «Vedo
più spesso lui della mia apprendista» rispose.
«Ma mentre lei apprezza essere qui, all’Iniziato
Kenobi non piace per niente».
A
quelle parole, Qui-Gon si accigliò appena. Iniziava a
domandarsi se aveva fatto bene, a non dire nulla della
bruciatura…
Se
al bambino non piacevano le Sale dei Guaritori… era
possibile che avesse mentito sulla gravità della ferita?
Forse
la bruciatura gli faceva male.
«Come
mai capita qui tanto spesso?» si
trovò a domandare Qui-Gon.
Von
Le aveva un’espressione indifferente.
«Intraprendenza, immagino… Così come
stanno le cose, spero solo che con l’età impari ad
essere più prudente».
Qui-Gon
annuì senza dir nulla.
Forse,
quella sera, avrebbe fatto meglio a contattare il Guaritore per
chiedere se Obi-Wan Kenobi si era presentato da lui.
Von
Le gli diede un’ultima controllata alla gamba.
«Credo che così possa bastare»
dichiarò. «Sei libero di andare. Nel caso dovesse
darti ancora fastidio, fammelo sapere».
«Certamente»
rispose l’uomo, scendendo
dal lettino.
Dopo
essersi congedato dal Vultan, uscì a passo spedito
dall’Ala dei Guaritori.
Sentiva
di aver bisogno di meditare.
Note agghiacciantemente lunghe:
Questa storia si attiene al G-Canon. In altre parole, è
basata essenzialmente sulle informazioni date dai film…
Anche se per lo più ignora l’EU, da esso ho preso
alcuni spunti. Ad esempio, Qui-Gon non vuole un nuovo apprendista come
nella serie Jedi Apprentice di Dave Wolverton e Jude Watson (anche se,
come si vedrà, il motivo è un po’
diverso).
Per il pianeta natale di Obi-Wan Kenobi, si ringrazia George Lucas che
– in un’intervista con Jon Stewart – ha
dichiarato: “He comes from the planet Stewjon” (:D).
Sempre lo zio George, nel commento audio de “La minaccia
fantasma”, afferma che i bambini vengono addestrati da Yoda
sino ai sette/otto anni, per poi divenire Padawan di un Jedi.
Per finire, spero di non aver fatto idiozie con la caratterizzazione
dei personaggi, e ringrazio Sylvia Naberrie per
l’incoraggiamento.
Se tutto va bene, il nuovo capitolo dovrebbe arrivare
martedì prossimo, il 17
settembre.
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