Aura
stava letteralmente falciando l’enorme distesa di neve che
aveva coperto il sentiero che collegava la foresta al villaggio. Era
una coltre completamente bianca, in salita e se soltanto si fosse
girata un attimo, avrebbe notato il meraviglioso panorama che si poteva
intravedere in quel giorno troppo limpido per essere invernale. Stava
per arrivare nei pressi della casa di Hiccup quando qualcuno la
affiancò.
“Hey, Aura! Bellissima, hai voglia di fare un giretto con me?
Posso farti vedere…” partì a ruota
libera Moccicoso, senza notare che lei neanche calcolava le sue avances.
La ragazza girò gli occhi al cielo e cercò di
evitare di sospirare scocciata. Non era in vena per quelle cose. Aveva
altro a cui pensare, come ad esempio trovare un momento per parlare
tranquillamente con Stoick.
“Non te la prendere, Moccio, ma… Ce l’ho
già un fidanzato.” rispose con tono piatto.
“Cosa?”
“Ah, davvero?” chiese ironicamente una voce
femminile alle sue spalle. “E dov’è
adesso? Lo hai lasciato a casa in Normandia per caso? O magari
è un principe del grande continente?”
Era Testabruta, la gemella di Testaditufo, una vichinga sfrontata dai
capelli biondo cenere e dai grandi occhi chiari. Era giusto dietro
Moccicoso, seguita da suo fratello e da quel grassottello di
Gambedipesce.
“Per tua informazione, è un piacente
pirata.” ribatté la ragazza con tono altrettanto
sprezzante.
“Fa’ attenzione che non ti tradisca
allora!” le rise in faccia quella, scatenando anche la risata
del gemello, ma Aura non vi badò molto.
Continuava a camminare verso la foresta, dove poco più
avanti la aspettava Luminosa. Mentre Gambedipesce parlottava su
chissà che cosa, lei pensava a come togliersi gli amichetti
di Hic dai piedi e poter andare a volare, perché necessitava
estremamente di sfogarsi in libertà.
E niente trasmetteva quella sensazione meglio del cielo.
“Non c’è questo rischio.”
disse poi con una vocina divertita e snob. “Da quando mi
conosce, le altre donzelle le butta in pasto agli squali o
meglio… ai draghi marini.”
Pochi attimi dopo, si voltò a controllare la reazione dei
ragazzi. La fissavano con la bocca aperta, chi stupito, chi spaventato
e chi dubbioso. Allora lei fece un sorrisetto soddisfatto e raggiunto
il suo drago lo intimò ad alzarsi con un paio di pacche sul
dorso.
“Nel caso passi da queste parti ve lo presenterò.
Andiamo, Luminosa.” ordinò poi, salendole in
groppa e volò via verso le montagne.
Stavano
volteggiando in aria, creando buchi e forme qui e là per le
nuvole leggere, sorvolando le ombre che si stagliavano sulla morbida
celestiale distesa e passando oltre i sottili raggi solari.
L’aria era fredda a quell’altezza e soprattutto, a
quella velocità.
Fortuna che non era inverno inoltrato. Il grande gelo era
principalmente passato, presto sarebbe arrivata la primavera e poi
l’estate con il consueto scioglimento delle nevi, ma
avrebbero aspettato ancora molto prima del suo arrivo. Il mare era
calmo e ad ovest il tempo rifletteva la meravigliosa giornata.
Erano partiti all’alba, vedendo le meravigliose sfumature
provocate dallo scintillio dei sprazzi di sole qui e là fra
le nuvole e avevano volato a lungo, ormai quasi sei ore, senza mai
fermarsi. Erano troppo impegnati a farsi scherzi a vicenda, a giocare a
nascondino fra le nuvole, a scendere abbastanza da poter toccare il
mare con le dita sporgendosi dai propri draghi.
Ma ormai la stanchezza e la fame cominciavano a farsi sentire, oltre ai
dolori di Astrid, che era sprovvista di sella. Non si era lamentata per
tutta la durata del volo forse perché era troppo orgogliosa
per ammetterlo - o forse perché voleva arrivare fino a
destinazione per la curiosità -, ma Hiccup lo intuiva dalle
smorfie che faceva ad ogni virata o altro faticoso movimento. Ammise
con se stesso di non averci pensato e cercò di rimediare
controllando se di sotto c’era un qualche posto dove fermarsi.
Niente. Il più assoluto blu del nulla.
Hic sospirò e guardò nuovamente Astrid che
ricambiò con un sorriso un po’ forzato. Non appena
lei tornò alla sua visuale, la sua faccia fece
un’altra smorfia di dolore.
“Stai bene?” si sentì di chiedere il
vichingo.
“Sì… E’ tutto a posto,
davvero.” mentì lei con tono basso.
“Forse dovremmo fermarci… Sai per fare una sosta e
riposare tutti quanti un po’…”
“In effetti, non sarebbe una cattiva
idea…” ammise finalmente la ragazza.
Continuarono a controllare i dintorni e notarono che le nuvole
stranamente diventavano sempre più fitte e dense.
Nell’aria Sdentato e Tempestosa percepivano il tipico odore
della pioggia e della neve, quell’odore che stuzzicava il
loro olfatto, tanto spinoso e pesante era. Abbassandosi di quota, i
quattro non trovarono altro che scogli e onde. Tuttavia alla loro
sinistra vedevano che le acque stavano costruendo una vera e propria
fragorosa armonia.
Era una mareggiata.
Quel forte rumore di qualcosa d’infranto e gli schizzi
spaventarono i draghi che si allontanarono, ma Hic e Astrid pensarono
bene di seguire la scia del mare mosso alzandosi di quota. Sapevano che
le mareggiate avvenivano principalmente verso le coste. Incitarono la
Furia Buia e l’Uncinato Mortale a sforzarsi con un paio di
pacche e attraversarono un altro cumulo di nubi grigiastre. Hiccup
perse di vista Astrid per un lasso di tempo che gli parve
interminabile, tra i turbinii dei venti e la nebbia.
“Astrid! Astrid!! Dove sei finita?” urlava
sconsolato.
Non aveva ricevuto risposta, mentre Sdentato cercava di mantenere la
posizione nonostante la corrente contraria. Si avvicinavano alla
tempesta sempre di più e questo alla Furia Buia non piacque.
Hic si abbassò sulla sella, continuando a cercare la sua
amica più in sotto, finché non vide qualcosa di
scuro passargli accanto. Fece virare Sdentato in un altro ammasso di
nuvole e quando ne uscì, trovò la ragazza bionda
che cercava qualcosa in modo disorientato. Poi i suoi occhi blu lo
videro e parve più serena.
“Terra in vista!!” fu la prima cosa che gli
urlò, indicando un punto impreciso molto più
sotto di loro.
“Terra in vista!!” urlava un tipo smilzo dalla
coffa della nave.
La vedetta aveva giusto. Oltre quei curvi giganti scuri e il fradicio
inferno che portavano con loro, c’era il verde delle foreste,
il nero e il grigio delle rocce, il bianco della neve. Ma prima di
quello c’era per l’appunto un inferno
d’acqua da passare.
Gli uomini più forzuti issarono le vele, altri corsero a
prendere le loro posizioni, chi alla ricerca di altre funi, chi alla
stiva per controllare che niente si fosse rotto o perso, chi urlava
istruzioni di ogni genere, chi ancora pregava la propria
divinità. E c’era anche chi stava al timone, colui
che governava il vascello e chi lo aiutava in quella difficile impresa.
Scappare dalla burrasca. Niente di più.
“Reggetevi forte!!” urlò qualcuno a prua.
Neanche un istante dopo, li travolse un’onda, che
lasciò l’evidente segno della sua potenza.
C’era acqua ovunque e una parte di
quell’accozzaglia di gente era tramortita. Ora quelli che
pregavano imprecavano, quelli che controllavano la stiva ne uscirono
velocemente, alcuni nel panico più totale. C’era
chi aveva mollato la presa alle canape e si fecero aiutare da altri per
riprenderle, c’era chi nel tenerle aveva quasi perso un
braccio.
“Non c’è la faremo mai!! Torniamo
indietro!!” strillava il navigatore, un uomo dai lunghi baffi
argentei e di una certa stazza, al timoniere.
Lui si tolse i capelli corvini grondanti di gocce salate dal suo viso
pallido, scoprendo i profondi occhi marroni, testardi e determinati.
Era lo sguardo di chi non voleva arrendersi.
“Mai!! Raggiungeremo quella terra e arriveremo a
destinazione! Tutta a dritta!!” gridò il
giovane uomo al suo equipaggio.
Questo riprese a comportarsi come prima, gridando di tutto e di
più, maledicendo a destra e a manca, aiutandosi come un
organo compatto, come fratelli. Finché un’altra
onda non li travolse di nuovo là, davanti a lui, sul ponte.
Sballottati, alcuni persero pericolosamente l’equilibrio e
c’era chi si era aggrappato di fortuna al parapetto.
Purtroppo c’era anche chi non aveva avuto altrettanta fortuna
e scaltrezza.
“Brunh!!” esclamò il moro, non appena
vide uno dei suoi tra i flutti bluastri.
Si gettò a capofitto sul ponte ordinando quello che gli
altri uomini dovevano fare e rassicurando quelli che erano andati nel
panico più totale e avevano perso le loro postazioni. Urlava
a squarciagola, ma non era per quello che nessuno lo ignorava.
Il suo compagno più vecchio prese il timone e lo
seguì con lo sguardo di chi quella situazione
l’aveva già vissuta. Era in ansia, ma il suo
sguardo stoico non lasciava trasparire il nulla, se non il suo senso
del dovere. Strinse la presa, ma non si decise a virare, a portargli
via da lì. Rimase a fissare il giovane immolato nel suo
compito.
“Ritornate ai vostri posti!! Tirate quelle cime!! Voi tre,
con quelle funi, venite qui!!” continuò a ordinare
l’intrepido moro.
Poi si voltò verso il timone. I suoi occhi marroni fissarono
quelli che erano il lago blu argenteo più vecchio della sua
nave. E gli sorrise ritrovando una fiducia che sembrava aver perso.
“Sostituiscimi!!” fu il suo ultimo ordine.
Ora la faccia dell’uomo vecchio strappò il velo
imperturbabile che l’avvolgeva e divenne cupa, ma allo stesso
tempo, nel profondo lui si aspettava un simile comando.
Abbassò lo sguardo rassegnato.
E poi tutto fu storia, la storia che già lui conosceva.
Ripartiva nel momento in cui apriva bocca per fiatare.
“Non puoi…” mormorò soltanto,
invece di urlarlo ai quattro venti come chiunque altro avrebbe fatto,
capendo le sue intenzioni.
E tra lo stupore di tutti gli altri, si buttò in mare.
Erano atterrati bruscamente, sbattuti dalle forti correnti
d’aria, nonostante i draghi fossero dei duri nel farsi
trascinare da esse. Non ebbero il tempo di tirare un sospiro di
sollievo, che dovettero correre a trovare un rifugio dai venti di
quella tempesta di metà inverno. Sembrava quasi il
finimondo, tra tutte quelle onde e i tamburi del cielo che si udivano
suonare all’orizzonte.
Erano scesi verso la spiaggia, spruzzata lievemente dal nevischio
portato presto via dalle maree, verso le rocce, lontano dal mare, come
avevano sempre fatto anche sulla loro isola. Nel tragitto
però, notarono che così come la marea portava via
dalla spiaggia, ad essa anche donava. C’era un corpo
rivestito di alghe e stracci bagnati, inerme sulla fredda sabbia.
“Hiccup!!” strillò Astrid.
“C’è una persona
laggiù!”
“Aiutiamola!” disse Hiccup non appena anche lui la
vide.
Si chinò su di essa e la voltò a pancia in su. Il
volto era provato, insabbiato, ma il cuore batteva. La respirazione
invece era peggiore e non accennava a riprendere i sensi e i due
vichinghi non potevano rimanere lì in eterno.
Così Hic lo caricò di peso su Sdentato, grazie
anche all’aiuto di Astrid, e ritornarono alla ricerca di un
rifugio che Tempestosa si occupò di trovare. Un ammasso di
roccia tra le scogliere, profondo abbastanza da potersi riparare da
quei burrascosi venti. I tre corsero verso di esso a perdifiato,
neanche li inseguisse un cataclisma, anche se poco ci mancava.
Era una tempesta piuttosto violenta, una di quelle che si presentava
alla fine dell’inverno per gli abitanti del sud. Un regalo
per non dimenticare il grande e vecchio gelo, dicevano alcuni.
Ma questo loro non potevano saperlo. Per loro l’inverno era
ben lontano dalla sua fine.
“Qui dovremmo essere al sicuro. Grazie,
Tempestosa.” disse Astrid, accarezzando dolcemente il drago.
L’Uncinato gracchiò un verso allegro e si
strusciò contro la mano della sua padrona. Dopo aver sentito
una specie di tonfo, l’attenzione di entrambe si
posò sulla Furia Buia che trasportava lo sconosciuto.
“Vacci piano, Hiccup!”lo rimproverò
avvicinandosi.
“Che vuoi che ti dica, è un po’
pesante…” si scusò lui,
inginocchiandosi vicino al corpo inerme.
“Respira ancora?”
“Non proprio. Deve..” disse spingendo le mani con
forza sul torace “Aver …”
continuò spingendo un altro colpo
“bevuto!” terminò con una spinta
maggiore.
Alla terza spinta, il ragazzo sputò una considerevole
quantità d’acqua, tossì e mosse le
palpebre, mugolando qualcosa che Hic non comprese. Era semicosciente,
grondante di acqua, sabbia e alghe dappertutto, ma almeno adesso
respirava regolarmente. Astrid tirò fuori dalla sua borsa
una bisaccia piena d’acqua, si avvicinò al
ragazzo, gli alzò la testa coperta dai ricci corvini
appiccicati sulla faccia e lo fece bere.
“Dev’essere un pescatore finito in acqua, tu che
dici?” domandò a Hic, senza staccargli lo sguardo
di dosso.
“Non ne ho idea.” rispose lui incrociando le gambe
“Anche se non mi sembra un pescatore…”
constatò poi dal suo abbigliamento.
Portava un pesante gilet di cuoio nero a colletto alto, una camicia blu
notte ripresa ai polsi e semi aperta sul torace, i lunghi pantaloni
nero pece coprivano le gambe fino alle ginocchia, dove sparivano negli
stivaloni di camoscio marrone. Non era proprio quello che lui
considerava un abbigliamento da pescatore.
Astrid invece gli badò poco.
Si preoccupò che lo sconosciuto riuscisse a stare bene,
nonostante le sue condizioni. Tirò fuori dalla sacca una
coperta e gliela mise con cura sotto la testa e gli levò lo
sporco della sabbia dalla sua pallida pelle. Notò che aveva
una piccola cicatrice che gli segnava lo zigomo sinistro, le ciglia
lunghe e nere come piume e le sopracciglia che sembravano ali di
gabbiano.
Hic la guardava mentre lo accudiva assorta nei suoi pensieri.
Sbuffò rumorosamente e appoggiò il mento sulla
mano, guardando Sdentato.
“Forse non è stata una grande idea
partire…” brontolò al drago.
Questo fece un verso quasi dispiaciuto e adagiò il suo gran
muso nero sulle sue gambe, mentre il padrone lo accarezzava
disinteressato, pensieroso.
Ora anche Hiccup conosceva la gelosia in prima persona.
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Ebbene sì,
sono (finalmente?) tornata!! Lo so, il capitolo non è un
granché lungo e mi dispiace, ma volevo lasciarlo
così, anche perché non sapevo quando avrei
aggiornato... Ah, e scusatemi per lo schifo di titolo ispirato a "Sogno di mezza estate", ma non sapevo cosa metterci...
Prendetelo come un
preludio a qualcosa di fantast... ehm... no... beh, insomma, vorrei che
fosse fantastico, ma non so se verrà fuori così
bene...
Eh, eh, eh... Ammetto di
aver fatto quell'incontro "un po' forzato", perché volevo a
tutti i costi far ingelosire Hiccup... Eh, lo so, a volte sono proprio
cattiva! La domanda che vi pongo però, è la
seguente: non ci sono avversari degni di nota nel film e mi
è toccato crearne uno di punto in bianco o.... no? Trarrete
sicuramente le vostre conlusioni. ^-^
Sperando che questo
capitoletto vi sia piaciuto, vi lascio recensire in pace.
Bye,
bye^^
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