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Autore: Symphonia    10/09/2013    2 recensioni
Era un pacifico giorno come gli altri e Hiccup decide di andare a volare assieme a Sdentato. Tutto come al solito.
Tranne per due fattori un pò... strani.
Un particolare messaggero si dirige a casa sua e l'altro... Beh... Una strana corrente disturba il volo dei nostri due eroi e loro hanno tutta l'intenzione di seguire la sua scia, fino a scoprire che quello era niente di meno che...?
- Uhm... Era un'ideuzza che mi passava per la testa da un pò e volevo trascriverla, così, per divertimento. Non è una sottospecie di sequel mentale o roba simile (a quello ci penserà ben la DreamWorks!), ma volevo proprio togliermi lo sfizio... -
[STORIA INCOMPLETA]
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hiccup Horrendous Haddock III, Nuovo personaggio, Sdentato
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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            Aura stava letteralmente falciando l’enorme distesa di neve che aveva coperto il sentiero che collegava la foresta al villaggio. Era una coltre completamente bianca, in salita e se soltanto si fosse girata un attimo, avrebbe notato il meraviglioso panorama che si poteva intravedere in quel giorno troppo limpido per essere invernale. Stava per arrivare nei pressi della casa di Hiccup quando qualcuno la affiancò.
“Hey, Aura! Bellissima, hai voglia di fare un giretto con me? Posso farti vedere…” partì a ruota libera Moccicoso, senza notare che lei neanche calcolava le sue avances.
La ragazza girò gli occhi al cielo e cercò di evitare di sospirare scocciata. Non era in vena per quelle cose. Aveva altro a cui pensare, come ad esempio trovare un momento per parlare tranquillamente con Stoick.
“Non te la prendere, Moccio, ma… Ce l’ho già un fidanzato.” rispose con tono piatto.
“Cosa?”
“Ah, davvero?” chiese ironicamente una voce femminile alle sue spalle. “E dov’è adesso? Lo hai lasciato a casa in Normandia per caso? O magari è un principe del grande continente?”
Era Testabruta, la gemella di Testaditufo, una vichinga sfrontata dai capelli biondo cenere e dai grandi occhi chiari. Era giusto dietro Moccicoso, seguita da suo fratello e da quel grassottello di Gambedipesce.  
“Per tua informazione, è un piacente pirata.” ribatté la ragazza con tono altrettanto sprezzante.
“Fa’ attenzione che non ti tradisca allora!” le rise in faccia quella, scatenando anche la risata del gemello, ma Aura non vi badò molto.
Continuava a camminare verso la foresta, dove poco più avanti la aspettava Luminosa. Mentre Gambedipesce parlottava su chissà che cosa, lei pensava a come togliersi gli amichetti di Hic dai piedi e poter andare a volare, perché necessitava estremamente di sfogarsi in libertà.
E niente trasmetteva quella sensazione meglio del cielo.
“Non c’è questo rischio.” disse poi con una vocina divertita e snob. “Da quando mi conosce, le altre donzelle le butta in pasto agli squali o meglio… ai draghi marini.”
Pochi attimi dopo, si voltò a controllare la reazione dei ragazzi. La fissavano con la bocca aperta, chi stupito, chi spaventato e chi dubbioso. Allora lei fece un sorrisetto soddisfatto e raggiunto il suo drago lo intimò ad alzarsi con un paio di pacche sul dorso.
“Nel caso passi da queste parti ve lo presenterò. Andiamo, Luminosa.” ordinò poi, salendole in groppa e volò via verso le montagne.

        Stavano volteggiando in aria, creando buchi e forme qui e là per le nuvole leggere, sorvolando le ombre che si stagliavano sulla morbida celestiale distesa e passando oltre i sottili raggi solari. L’aria era fredda a quell’altezza e soprattutto, a quella velocità.
Fortuna che non era inverno inoltrato. Il grande gelo era principalmente passato, presto sarebbe arrivata la primavera e poi l’estate con il consueto scioglimento delle nevi, ma avrebbero aspettato ancora molto prima del suo arrivo. Il mare era calmo e ad ovest il tempo rifletteva la meravigliosa giornata.
Erano partiti all’alba, vedendo le meravigliose sfumature provocate dallo scintillio dei sprazzi di sole qui e là fra le nuvole e avevano volato a lungo, ormai quasi sei ore, senza mai fermarsi. Erano troppo impegnati a farsi scherzi a vicenda, a giocare a nascondino fra le nuvole, a scendere abbastanza da poter toccare il mare con le dita sporgendosi dai propri draghi.
Ma ormai la stanchezza e la fame cominciavano a farsi sentire, oltre ai dolori di Astrid, che era sprovvista di sella. Non si era lamentata per tutta la durata del volo forse perché era troppo orgogliosa per ammetterlo - o forse perché voleva arrivare fino a destinazione per la curiosità -, ma Hiccup lo intuiva dalle smorfie che faceva ad ogni virata o altro faticoso movimento. Ammise con se stesso di non averci pensato e cercò di rimediare controllando se di sotto c’era un qualche posto dove fermarsi.
Niente. Il più assoluto blu del nulla.
Hic sospirò e guardò nuovamente Astrid che ricambiò con un sorriso un po’ forzato. Non appena lei tornò alla sua visuale, la sua faccia fece un’altra smorfia di dolore.
“Stai bene?” si sentì di chiedere il vichingo.
“Sì… E’ tutto a posto, davvero.” mentì lei con tono basso.
“Forse dovremmo fermarci… Sai per fare una sosta e riposare tutti quanti un po’…”
“In effetti, non sarebbe una cattiva idea…” ammise finalmente la ragazza.
Continuarono a controllare i dintorni e notarono che le nuvole stranamente diventavano sempre più fitte e dense. Nell’aria Sdentato e Tempestosa percepivano il tipico odore della pioggia e della neve, quell’odore che stuzzicava il loro olfatto, tanto spinoso e pesante era. Abbassandosi di quota, i quattro non trovarono altro che scogli e onde. Tuttavia alla loro sinistra vedevano che le acque stavano costruendo una vera e propria fragorosa armonia.
Era una mareggiata.
Quel forte rumore di qualcosa d’infranto e gli schizzi spaventarono i draghi che si allontanarono, ma Hic e Astrid pensarono bene di seguire la scia del mare mosso alzandosi di quota. Sapevano che le mareggiate avvenivano principalmente verso le coste. Incitarono la Furia Buia e l’Uncinato Mortale a sforzarsi con un paio di pacche e attraversarono un altro cumulo di nubi grigiastre. Hiccup perse di vista Astrid per un lasso di tempo che gli parve interminabile, tra i turbinii dei venti e la nebbia.
“Astrid! Astrid!! Dove sei finita?” urlava sconsolato.
Non aveva ricevuto risposta, mentre Sdentato cercava di mantenere la posizione nonostante la corrente contraria. Si avvicinavano alla tempesta sempre di più e questo alla Furia Buia non piacque. Hic si abbassò sulla sella, continuando a cercare la sua amica più in sotto, finché non vide qualcosa di scuro passargli accanto. Fece virare Sdentato in un altro ammasso di nuvole e quando ne uscì, trovò la ragazza bionda che cercava qualcosa in modo disorientato. Poi i suoi occhi blu lo videro e parve più serena.
“Terra in vista!!” fu la prima cosa che gli urlò, indicando un punto impreciso molto più sotto di loro.

        “Terra in vista!!” urlava un tipo smilzo dalla coffa della nave.
La vedetta aveva giusto. Oltre quei curvi giganti scuri e il fradicio inferno che portavano con loro, c’era il verde delle foreste, il nero e il grigio delle rocce, il bianco della neve. Ma prima di quello c’era per l’appunto un inferno d’acqua da passare.
Gli uomini più forzuti issarono le vele, altri corsero a prendere le loro posizioni, chi alla ricerca di altre funi, chi alla stiva per controllare che niente si fosse rotto o perso, chi urlava istruzioni di ogni genere, chi ancora pregava la propria divinità. E c’era anche chi stava al timone, colui che governava il vascello e chi lo aiutava in quella difficile impresa.
Scappare dalla burrasca. Niente di più.
“Reggetevi forte!!” urlò qualcuno a prua.
Neanche un istante dopo, li travolse un’onda, che lasciò l’evidente segno della sua potenza. C’era acqua ovunque e una parte di quell’accozzaglia di gente era tramortita. Ora quelli che pregavano imprecavano, quelli che controllavano la stiva ne uscirono velocemente, alcuni nel panico più totale. C’era chi aveva mollato la presa alle canape e si fecero aiutare da altri per riprenderle, c’era chi nel tenerle aveva quasi perso un braccio.
“Non c’è la faremo mai!! Torniamo indietro!!” strillava il navigatore, un uomo dai lunghi baffi argentei e di una certa stazza, al timoniere.
Lui si tolse i capelli corvini grondanti di gocce salate dal suo viso pallido, scoprendo i profondi occhi marroni, testardi e determinati. Era lo sguardo di chi non voleva arrendersi.
“Mai!! Raggiungeremo quella terra e arriveremo a destinazione!  Tutta a dritta!!” gridò il giovane uomo al suo equipaggio.
Questo riprese a comportarsi come prima, gridando di tutto e di più, maledicendo a destra e a manca, aiutandosi come un organo compatto, come fratelli. Finché un’altra onda non li travolse di nuovo là, davanti a lui, sul ponte. Sballottati, alcuni persero pericolosamente l’equilibrio e c’era chi si era aggrappato di fortuna al parapetto. Purtroppo c’era anche chi non aveva avuto altrettanta fortuna e scaltrezza.
“Brunh!!” esclamò il moro, non appena vide uno dei suoi tra i flutti bluastri.
Si gettò a capofitto sul ponte ordinando quello che gli altri uomini dovevano fare e rassicurando quelli che erano andati nel panico più totale e avevano perso le loro postazioni. Urlava a squarciagola, ma non era per quello che nessuno lo ignorava.
Il suo compagno più vecchio prese il timone e lo seguì con lo sguardo di chi quella situazione l’aveva già vissuta. Era in ansia, ma il suo sguardo stoico non lasciava trasparire il nulla, se non il suo senso del dovere. Strinse la presa, ma non si decise a virare, a portargli via da lì. Rimase a fissare il giovane immolato nel suo compito.
“Ritornate ai vostri posti!! Tirate quelle cime!! Voi tre, con quelle funi, venite qui!!” continuò a ordinare l’intrepido moro.
Poi si voltò verso il timone. I suoi occhi marroni fissarono quelli che erano il lago blu argenteo più vecchio della sua nave. E gli sorrise ritrovando una fiducia che sembrava aver perso.
“Sostituiscimi!!” fu il suo ultimo ordine.
Ora la faccia dell’uomo vecchio strappò il velo imperturbabile che l’avvolgeva e divenne cupa, ma allo stesso tempo, nel profondo lui si aspettava un simile comando. Abbassò lo sguardo rassegnato.
E poi tutto fu storia, la storia che già lui conosceva. Ripartiva nel momento in cui apriva bocca per fiatare.
“Non puoi…” mormorò soltanto, invece di urlarlo ai quattro venti come chiunque altro avrebbe fatto, capendo le sue intenzioni.
E tra lo stupore di tutti gli altri, si buttò in mare.

         Erano atterrati bruscamente, sbattuti dalle forti correnti d’aria, nonostante i draghi fossero dei duri nel farsi trascinare da esse. Non ebbero il tempo di tirare un sospiro di sollievo, che dovettero correre a trovare un rifugio dai venti di quella tempesta di metà inverno. Sembrava quasi il finimondo, tra tutte quelle onde e i tamburi del cielo che si udivano suonare all’orizzonte.
Erano scesi verso la spiaggia, spruzzata lievemente dal nevischio portato presto via dalle maree, verso le rocce, lontano dal mare, come avevano sempre fatto anche sulla loro isola. Nel tragitto però, notarono che così come la marea portava via dalla spiaggia, ad essa anche donava. C’era un corpo rivestito di alghe e stracci bagnati, inerme sulla fredda sabbia.
“Hiccup!!” strillò Astrid. “C’è una persona laggiù!”
“Aiutiamola!” disse Hiccup non appena anche lui la vide.
Si chinò su di essa e la voltò a pancia in su. Il volto era provato, insabbiato, ma il cuore batteva. La respirazione invece era peggiore e non accennava a riprendere i sensi e i due vichinghi non potevano rimanere lì in eterno. Così Hic lo caricò di peso su Sdentato, grazie anche all’aiuto di Astrid, e ritornarono alla ricerca di un rifugio che Tempestosa si occupò di trovare. Un ammasso di roccia tra le scogliere, profondo abbastanza da potersi riparare da quei burrascosi venti. I tre corsero verso di esso a perdifiato, neanche li inseguisse un cataclisma, anche se poco ci mancava.
Era una tempesta piuttosto violenta, una di quelle che si presentava alla fine dell’inverno per gli abitanti del sud. Un regalo per non dimenticare il grande e vecchio gelo, dicevano alcuni.
Ma questo loro non potevano saperlo. Per loro l’inverno era ben lontano dalla sua fine.
“Qui dovremmo essere al sicuro. Grazie, Tempestosa.” disse Astrid, accarezzando dolcemente il drago.
L’Uncinato gracchiò un verso allegro e si strusciò contro la mano della sua padrona. Dopo aver sentito una specie di tonfo, l’attenzione di entrambe si posò sulla Furia Buia che trasportava lo sconosciuto.
“Vacci piano, Hiccup!”lo rimproverò avvicinandosi.
“Che vuoi che ti dica, è un po’ pesante…” si scusò lui, inginocchiandosi vicino al corpo inerme.
“Respira ancora?”
“Non proprio. Deve..” disse spingendo le mani con forza sul torace “Aver …” continuò spingendo un altro colpo “bevuto!” terminò con una spinta maggiore.
Alla terza spinta, il ragazzo sputò una considerevole quantità d’acqua, tossì e mosse le palpebre, mugolando qualcosa che Hic non comprese. Era semicosciente, grondante di acqua, sabbia e alghe dappertutto, ma almeno adesso respirava regolarmente. Astrid tirò fuori dalla sua borsa una bisaccia piena d’acqua, si avvicinò al ragazzo, gli alzò la testa coperta dai ricci corvini appiccicati sulla faccia e lo fece bere.
“Dev’essere un pescatore finito in acqua, tu che dici?” domandò a Hic, senza staccargli lo sguardo di dosso.
“Non ne ho idea.” rispose lui incrociando le gambe “Anche se non mi sembra un pescatore…” constatò poi dal suo abbigliamento.
Portava un pesante gilet di cuoio nero a colletto alto, una camicia blu notte ripresa ai polsi e semi aperta sul torace, i lunghi pantaloni nero pece coprivano le gambe fino alle ginocchia, dove sparivano negli stivaloni di camoscio marrone. Non era proprio quello che lui considerava un abbigliamento da pescatore.
Astrid invece gli badò poco.
Si preoccupò che lo sconosciuto riuscisse a stare bene, nonostante le sue condizioni. Tirò fuori dalla sacca una coperta e gliela mise con cura sotto la testa e gli levò lo sporco della sabbia dalla sua pallida pelle. Notò che aveva una piccola cicatrice che gli segnava lo zigomo sinistro, le ciglia lunghe e nere come piume e le sopracciglia che sembravano ali di gabbiano.
Hic la guardava mentre lo accudiva assorta nei suoi pensieri. Sbuffò rumorosamente e appoggiò il mento sulla mano, guardando Sdentato.
“Forse non è stata una grande idea partire…” brontolò al drago.
Questo fece un verso quasi dispiaciuto e adagiò il suo gran muso nero sulle sue gambe, mentre il padrone lo accarezzava disinteressato, pensieroso.
Ora anche Hiccup conosceva la gelosia in prima persona.


    

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    Ebbene sì, sono (finalmente?) tornata!! Lo so, il capitolo non è un granché lungo e mi dispiace, ma volevo lasciarlo così, anche perché non sapevo quando avrei aggiornato... Ah, e scusatemi per lo schifo di titolo ispirato a "Sogno di mezza estate", ma non sapevo cosa metterci...
Prendetelo come un preludio a qualcosa di fantast... ehm... no... beh, insomma, vorrei che fosse fantastico, ma non so se verrà fuori così bene...
Eh, eh, eh... Ammetto di aver fatto quell'incontro "un po' forzato", perché volevo a tutti i costi far ingelosire Hiccup... Eh, lo so, a volte sono proprio cattiva! La domanda che vi pongo però, è la seguente: non ci sono avversari degni di nota nel film e mi è toccato crearne uno di punto in bianco o.... no? Trarrete sicuramente le vostre conlusioni. ^-^

Sperando che questo capitoletto vi sia piaciuto, vi lascio recensire in pace.

Bye,
    bye^^





   
 
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