Sembra di
vivere in un sogno. O, per meglio dire, in un incubo.
Ormai sono
passate quasi venti ore da che Grace è in mani nemiche, e
non abbiamo dormito neanche per un minuto da allora. Vedo il rimorso
nei nostri occhi, vedo i ricordi nelle labbra tese, il rimpianto nelle
occhiaie, la voglia di salvarla nei nostri gesti quasi ossessivi:
togliersi una ciocca di capelli da davanti gli occhi, strofinare i
palmi delle mani contro i pantaloni, mordersi le labbra e martoriarle.
Eravamo
rimasti fermi, a terra, incapaci di alzarci e combattere, incapaci di
fare qualsiasi cosa tranne che vedere Grace trascinata via a forza
sotto i nostri occhi, il suo sguardo che supplicava di salvarla. Non lo
sanno, questo, i ribelli che ci giudicano; non sanno delle fitte al
cuore quando la trascinavano via e della sensazione di vuoto che ancora
proviamo nel non vederla più accanto a noi. Ci hanno
accolti, è vero, ma saputo cosa è successo... non
credono più in noi, non credono più nella causa,
e non posso biasimarli. Abbiamo lasciato che ci portassero via una dei
nostri, cosa può impedire alla BLi di portare via anche
loro, di torturarli e ucciderli? Hanno paura, è vero, lo
capisco, la ho anche io, ma i loro sguardi duri ci stanno uccidendo
più di quanto non siamo già morti dentro.
-Sono inutile,
ragazzi- mormora Party Poison, con le mani che gli coprono il viso. Un
singhiozzo gli rompe la voce e spero con tutto me stesso che non stia
per mettersi a piangere, non lui almeno... un altro singhiozzo, un po'
più forte, seguito da altri che cerca di nascondere.
Perfetto, è crollato anche lui, ora siamo davvero nella
merda.
Mentre il
fratello cerca di consolarlo, o quanto meno di farlo ragionare, di
fargli capire che non è colpa sua – non ci
riuscirà, è praticamente impossibile togliere
qualcosa di mente a Poison, anche se è sbagliato –
mi alzo ed esco. Non posso continuare a stare lì, dove mi
sento inutile, nel pieno dell'oblio, non riesco a guardare persone che
mi stanno a cuore che piangono e non poter fare niente per loro. Nel
caso che PP abbia bisogno di me sa dove trovarmi, quel posto in fondo
l'abbiamo scoperto insieme, anche se è diventato il
mio
posto felice – aka il posto in cui potevo pensare
liberamente, e fuggire da qualsiasi altro problema che non riguardasse
solo e solamente me – e spero che almeno per questa volta sia
lui a venire da me.
Mi avvicino al
baratro, mi siedo a cavalcioni di una roccia e lascio che le mie gambe
penzolino giù nel vuoto. Strano, neanche da bambino avevo
paura nelle altezze, nonostante scivolare da lì significhi
morire spiaccicato a degli spuntoni di pietra abbastanza appuntiti. Non
sono mai caduto, tanto. Gravità,
non significa niente per me.
Il tramonto mi
tinge di rosso, arancione e rosa, e io sorrido.
-Non sono
riusciti a togliere il colore al tramonto, eh, Frankie?- la sua voce
è una carezza per me, e non in senso figurato, ma
letteralmente. Anche se è leggermente più acuta
del normale, anche se si spezza sull'ultima sillaba del mio nomignolo,
anche se si capisce benissimo che ha appena finito di piangere
copiosamente, mi guarisce un po' dalle ferite. Quanto basta
perché quelle smettano di sanguinare, e le cicatrici
smettano di pizzicare insistentemente sulla mia pelle.
Non so neanche
il suo vero nome, ma riesce a salvarmi di nuovo. Sia da me stesso che
da il resto del mondo. Anche se a questo punto credo che sia il dolore
che mi provoco da solo la cosa peggiore; perché è
ogni volta diverso e non conosco modo di anestetizzarmi. Vorrei dirgli
che, con lui, tutto sembra colorato.
Mi giro e lo
guardo, come a voler assorbire la sua immagine. Come a volermelo
imprimere nella mente, per paura di dimenticarlo. Cosa che, per inciso,
credo impossibile. Da solo, senza vestiti sgargianti e strani, sta
lì nella sua semplicità, cosa che lo fa sembrare
ancora più fragile e piccolo di quanto già non
sia. Le gambe gli tremano appena; stringe i pugni, forse per darsi
forza, forse per bloccarle, ma non funziona né l'una
né l'altra cosa. Il mio sguardo risale piano verso il suo
viso: gli occhi verdi scintillano all'inverosimile, quasi come se
fossero finti, circondati da un alone di mascara e matita sbavata,
così nero da far male; il naso leggermente arricciato, come
sempre quando piange; i capelli lunghi fino al collo, rossi come le
ciliegie mature, in cui si intravede appena la ricrescita nera come la
pece. Il suo sorriso triste sembra brillare, forse perché
è uno dei pochi sorrisi veri che faccia. Secondo lui
sorridere veramente equivale a scoprirsi, scoprirsi troppo davanti a
un'altra persona, perciò trovo meravigliose quelle labbra
bianchissime incurvate appena all'insù.
-Frank, ti
togli da lì? Dovrei parlarti- la sua voce spezza il mio
provvisorio stato di coma, richiamandomi alla meno dolce ma altrettanto
bella realtà.
-Vieni tu qui,
è bellissimo.
-Sai, Ghoul,
non siamo tutti capaci di volare come te. E con la fortuna che ho,
scivolerei e-
-Non ti
lascerei cadere- dico di scatto, e lui mi guarda ad occhi spalancati.
-Non sto scherzando...- spero che non senta l'esitazione nella mia
voce, ma quanto vorrei poterlo chiamare per nome. -... Party.
Mi alzo
sbuffando appena, fino a raggiungerlo e – quando è
diventato così alto questo cretino? – mi ci piazzo
davanti. Poi gli chiedo, con una voce così dolce che non
sembra la mia: -Cosa è successo?
-Perché
te ne sei andato così?
-Andiamo, lo
sai perché. Per darti il gusto di rincorrermi come nella
scena di un qualche film romantico strappalacrime.- lui ride, mentre il
mio cervello elabora quello che ho detto. Film romantico? Oh, ti prego,
no. Possibile che io sia...
-Ti voglio
così tanto bene che neanche ti immagini, sgorbio-
… innamorato di lui? Evidentemente sì, dato che
un abbraccio e una dichiarazione di affetto coperta malamente da un
insulto riescono a farmi avvampare in viso. Sento il mio cuore che
batte come una grancassa.
Per Dio, avevo
sempre pensato che il mio cuore fosse antiproiettile. Che non mi sarei
mai innamorato, neanche per scherzo. E ora sono cotto del mio migliore
amico.
Mi lascia
andare dopo pochi minuti che mi sembrano essere durati
un'eternità. Eravamo troppo vicini, decisamente troppo
vicini. -Sai cosa, Poison? La prossima volta ci dovresti provare, a
sederti vicino a me. A sentirti sull'orlo del baratro- Come
mi sono sentito io per una vita, e come mi sento ancora adesso.
Vi prego,
fermate la mia lingua.
Lui
stranamente annuisce, poi mi chiede: -Torniamo?- E io sussurro un
risentito “sì”, mentre penso “Potremmo
correre via da qui”.
Quella sera,
non andiamo a dormire. Sappiamo che Party sta organizzando qualcosa, ha
avuto lo sguardo perso per tutta la serata, e non è normale
questo. Perciò, quando si alza in punta di piedi e si dirige
verso la porta, sbatte contro di me che occupo l'ingresso.
-Frank?-
chiede, quasi gridando.
-Ci siamo
anche noi, fratellone- dice Kobra Kid.
Subito Ray gli
da manforte: -Cosa pensavi di fare?
-Io... io
volevo...- si morde le labbra, impaurito, indeciso, e questo
è ancora più strano. -Volevo andare a salvare
Grace.
Ci guardiamo
in faccia per un attimo, sbigottiti.
-Non ti
lasceremo andare da solo, idiota!- gli dico scompigliandogli i capelli,
e lui sospira. -Ci dai cinque minuti per prepararci?
Note
dell'autrice:
Ok, prima di tutto perdonatemi
per non aver aggiornato prima. Semplicemente mi sono successe troppe
cose e non ce l'ho fatta: prima di tutto il fatto che sto realizzando
solo adesso che i My Chem si sono sciolti, perciò non sono
riuscita nemmeno ad entrare nel fandom senza cominciare a deprimermi, e
poi ho avuto un crollo d'autostima assurdo, e ho quasi cestinato tutte
le mie FF. Però sono felice di non averlo fatto, dato che
questa Long per me ha una marea di significati.
Questo è
stato uno dei capitoli che mi è piaciuto di
più scrivere, probabilmente perché sono una
stronza masochista che va pazza per le storie malinconiche 3
E niente, solamente
grazie a percybeth_2000 per aver recensito lo scorso capitolo c:
Mi farebbe molto piacere
sapere cosa ne pensate, perciò se volete lasciate una
recensione, anche per insultarmi :)
Ethel
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