Hayley POV
Elijah bussa alla porta
della stanza d'albergo mentre sto analizzando la situazione
davanti allo specchio. Mi sento ingombrante, affaticata e un po'
depressa. Ho perso il momento, niente più sortite, d'ora in
poi. “Hai portato la borsa?”
Il vampiro solleva la
sacca e la posa ai piedi del letto. Fa una panoramica della camera e
torna a posare lo sguardo su di me, inchiodando gli occhi sulla
pancia, sorpreso.
“Sophie dice che
sta crescendo al ritmo dei lupi.”
“Spero che la tua
salute non ne risenta.”
A conti fatti, una
gravidanza veloce è quanto di meglio possa sperare. Le streghe
non permetteranno che muoia e Klaus, checché ne dica, sta
cominciando a sviluppare interesse per il bambino. La notizia scivola
via dalle labbra prima che possa fermarla. “Li ho visti
baciarsi nel supermercato.”
Elijah batte le
palpebre. Per un attimo, non ha idea di chi stia parlando. I muscoli
del viso si rilassano ed assume un'espressione quasi infantile.
All'improvviso sogghigna, sarcastico. Sembra disgusto misto a molta
irritazione. Mi sta accapponando la pelle, avrei fatto bene a
starmene zitta. Se si ammazzano fra di loro, chi mi tiene al riparo
dalle streghe?
Katherine POV
Un altro uomo. Che
presunzione!
“Ancora vino?”
“Sì, per
piacere.”
Sorrido all'analista
che, fermo alle mie spalle, versa il vino rosso nel calice vuoto. Ha
una tecnica eccellente, i suoi piatti sono capolavori per gli occhi e
quando assaggi il cibo... mio dio, è come se il paradiso ti
scivolasse giù per la gola! La musica di sottofondo è
un po' leziosa, ma ora che sono stordita dalla gradazione alcolica, i
pensieri fluiscono facilmente verso l'esterno e anche la mia voce si
è abbassata, facendosi più morbida e seducente. E' come
se avessi preso una droga, ma non bevuto niente che non abbia bevuto
anche lui, a parte quel piccolo drink di benvenuto che ha preparato
mentre completava le guarnizioni dei piatti. Ho visto tante cose
nella mia vita, ma lezioni di cucina non ne ho mai prese.
Il circo è
servito a distrarre la mia attenzione da Klaus per più di due
ore. Ma con che faccia tosta... ehi... batto le palpebre e le
sento un po' appiccicose, mentre la testa si fa troppo leggera e sono
costretta a lasciare il vino. Poso le mani attorno al piatto e
sospiro, chiudendo gli occhi. Immagino l'analista fermo di fronte a
me, a domandarsi perché la sua ospite tenga un comportamento
così discutibile. Scollo le labbra e sussurro che gradirei
prendere un po' d'aria. Sento la sedia spostarsi all'indietro (si è
mosso e non ha fatto un solo rumore) e quando mi alzo, gira tutta la
stanza. Mi aggrappo al suo braccio e inspiro tre volte. Apro e chiudo
gli occhi cercando di mettere a fuoco la cravatta, la camicia bianca
e il fermacravatte d'oro a mezza altezza. Il sangue di Klaus dovrebbe
annullare un eventuale avvelenamento, perché non sta
funzionando? Ne ho bevuto troppo poco? Perché il mio analista
dovrebbe avvelenarmi? Sono paranoica. Il dottore mi pone una domanda
che non capisco pienamente, ma una parte del cervello ha la risposta
pronta e non esita a rovesciargli addosso il passato condito nei
minimi dettagli. Non ci crederà mai, mi risveglierò in
una camera imbottita con la camicia di forza e Klaus ed Elijah
faranno a turno per tormentarmi. Katerina è sparita, nascosta
così a fondo dentro Katherine che sarà impossibile
ripescarla o convincerla a tornare a galla. Non mi sono mai sentita
così sola. Smetto di ridere appena l'eco del mio nome
svanisce. Devo reagire.
Klaus POV
Ho la testa sgombra e
poca voglia di disfarmi dei cadaveri. Ho letto da qualche parte che
c'è un serial killer in questa città, per cui un morto
in più o in meno, non fa differenza. Sento le forze e il
malumore tornare a pieno ritmo. Vago senza meta, ritrovandomi furioso
e solo nella stanza d'albergo di Hayley. Se n'è andata con
Elijah. Meccanicamente, struscio la mano sulla guancia e sul mento.
Continuo a pensare a Katherine, alla botta allo stomaco che ho
provato quando è salita sul taxi. Sono scappato da New Orleans
per non affrontare la realtà e mi trovo in un'altra che mi
piace ancora meno. E' la storia della mia vita. Nessuno vuole restare
troppo a lungo accanto al grosso lupo cattivo. Che senso ha,
rimandare?
Katherine POV
Reagire significava
provare a morderlo? Senza denti?! Sono aggrappata alle sue
spalle con la bocca incollata al collo. L'ho fatto per secoli e
automaticamente cerco di affondare i canini che non ho nella
carne tenera.
Devo morire per tornare
come vampira. Devo bere sangue umano per completare la
trasformazione. Ho saltato i passaggi.
Addento un lembo di
pelle e lo lascio andare, senza fare male. Cerco di scivolare via, ma
l'analista mi trattiene. Il contatto visivo dura un istante, non
riesco a concentrarmi. Mi sostiene la testa che ciondola leggermente.
“Cosa c'era nel cibo...”
“Nulla.”
“Nel drink...”
“Un oppiaceo.
Alcune popolazioni native lo utilizzano nelle cerimonie per giungere
a contatto con il proprio Io sopito.”
Chiudo gli occhi, il
suono della sua voce mi rilassa. Ondeggio, la stretta si fa più
forte.
“Katherine, ha
provato a mordermi?”
Ci sarei riuscita se
avessi avuto i denti. Passo la lingua sui canini. Mi mancano. Mi
facevano sentire al sicuro. Se fossi stata una vampira, avrei
assaporato una cena ben più prelibata di quel che mi ha
servito. Udirei il cuore del suo battito impazzito nascosto sotto la
camicia. Invece, sono costretta a posarvi la mano sopra per capire se
è spaventato o meno. Se è eccitato o meno. Non sento
niente. Tiro via il fermacravatte e lo ammiro, incantata dalla luce
che vi scivola sopra. Una volta avrebbero potuto conficcarmelo in un
occhio e questo sarebbe guarito dopo pochi secondi. Lo lascio cadere
a terra. Il suono non riecheggia più nelle orecchie come
prima. Una volta sarebbe stato brillante e ricco di sfumature. Ora
odo solo il 'ding' sul pavimento di marmo. Voglio tornare a casa.
“L'effetto non
durerà molto. Non ha ancora mangiato il dolce.”
“Non lo
voglio...” bisbiglio e finisco di nuovo seduta al tavolo,
mentre un riflesso dorato mi ferisce le pupille. Il fermacravatte è
tornato al suo posto. Non riesco a concentrami su nient'altro. Si
muove attorno a me, sento lo spostamento d'aria e il suo profumo. Lo
sento nel naso e sul labbro superiore. Non so perché, ma mi
eccita. “Posso dimostrarle di essere un vampiro.”
“E come vorrebbe
fare, Katherine?”
Afferro il coltello
dalla punta arrotondata. Non va bene per la dimostrazione. Cerco di
ricordare dove sia la cucina. Il dottore mi indirizza e quando sono
di fronte ad un ceppo di coltelli, ne prendo uno, il più
sottile di tutti. Incido il braccio, la scarica arriva al cervello e
mi ritrovo a soffiare per il dolore. Una striscia rossa spilla dalla
lunga ferita e si ferma. Sento l'acqua scorrere e un panno umido
viene premuto sulla ferita che mi sono procurata. La pelle ora è
liscia, intatta. La mano del dottore sorregge il mio polso ma non è
più delicata come prima. Trema. Alzo il mento e mi beo della
sua espressione basita. Poi afferro il coltello, rapida e lo affondo
nel cuore attraverso la scollatura profonda dell'abito da seta. Fa
male. Mi blocco, trattenendo il respiro. L'analista mi fissa,
incredulo. Ora perderò i sensi e quando mi risveglierò,
completerò la trasformazione. Era quello che volevo. Era
quello...
Apro gli occhi di colpo
e fisso il dolce sparso nel piattino. La guarnizione di ciliegia
rossa mi deturpa le dita. Ne ho un po' anche sulla striscia nuda, in
mezzo al seno. Mi guardo e guardo l'analista che non dice nulla e
osserva con la solita glaciale curiosità.
“E' ossessionata
dal sangue.”
Diagnosi secca e
diretta. Quanto mi verrà a costare?
Studio dott.
Lecter – Ultima seduta
Le lame di luce
zigzagano sul pavimento della sala d'aspetto. Siamo in primavera,
sono passati mesi dall'ultima visita dei fratelli Mikealson. Klaus è
sparito (niente più waffles e caffè, la mattina),
Elijah è sparito (starà cambiando pannolini al posto
del fratello) ed io sono qui con l'assegno finale per l'analista.
L'ultima seduta, penso. L'ultima. E poi?
La pianta è di
plastica. L'ho toccata l'ultima volta, circospetta, come una bambina
che fa una marachella. La consistenza gommosa mi ha deluso. Mi
aspettavo qualcosa di meglio dal dottor Lecter. La porta si apre e il
penultimo paziente della giornata - il tipo ombroso e triste che
l'analista mi aveva presentato come un amico - mi doppia, lo sguardo
basso sul pavimento e l'aria sempre più emaciata. E'
peggiorato.
“Buongiorno
Katherine. Si accomodi, accompagno Will alla porta.”
Non mi guardo più
le spalle, tornando a casa. Nessuno tende imboscate nel buio del
salotto. Non ho una vita privata, ne amici.
“Come si sente
oggi?”
Ero distratta e non mi
sono accorta che il dottore è tornato nello studio, ha chiuso
la porta e si è seduto di fronte a me. Ha tagliato i capelli.
“Malinconica” mormoro senza accampare scuse. “E' la
nostra ultima seduta.”
Il dottor Hannibal non
muove un muscolo. Batte solo le palpebre.
“Per alcune
persone, il rapporto con il proprio analista assume connotazioni
quasi romantiche... per altre, è la relazione più lunga
della loro vita.”
La relazione con Klaus
è stata la più lunga della mia vita. Letteralmente!
Accavallo le gambe e apro la borsetta, sfilando l'assegno piegato
in due. Lo lascio sulla seduta del divano. Ho risolto i problemi di
doppia personalità ma ho ancora il cuore spezzato. Non
intrattengo più lunghi monologhi interiori con Katerina. Una
mattina mi sono svegliata e lei non c'era più....ed io ero...
libera.
“Katherine, va
tutto bene?”
“Sì... sì,
certo” mento, sentendo gli occhi pungere. Non mi sento più
divisa in due. Ho solo bisogno... di accettarlo. “Grazie...”
bisbiglio prendendo un kleenex dalla scatola che mi porge.
“E' una
sensazione normale, Katherine. Capita a tutti.”
Ma si è messo in
testa che mi mancherà? Lo ignoro e mi alzo dal divanetto,
tendendogli la mano. Quando ricambia la stretta, provo un moto di
panico per l'ennesimo cambiamento a cui sono sottoposta. E' finita,
penso, infilandomi in corridoio e raggiungendo l'ascensore. Mi guardo
le spalle finché la cabina non arriva al piano. Le vecchie
abitudini sono dure a morire.
“Katherine.”
Le porte si spalancano
silenziose. Il dottore è sulla soglia dello studio e mi fissa,
glaciale.
“Le mando la
ricevuta via email”
Annuisco ma quando
pigio il bottoncino del pianoterra, la mano trema. Per un momento ho
temuto che mi invitasse di nuovo a cena.
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