Ciao!!!
Scusate il ritardo nell’aggiornamento, ma ero e sono un po’
in blocco con questa storia… cioè non ho ben chiare le
idee su cosa far succedere. Questo capitolo non è il massimo, ma abbiate fede,
ne verranno di migliori.
Per Vitto: Mi piace Ryan? Tu dici?
Ma come l’hai capito???????? Pensavo di nasconderlo
così bene…però ammettilo: in realtà tu sei follemente
innamorata di Matteo Branciamore!
Ok, sclero
finito e vi lascio alla lettura! Buona Pasqua a tutti!!
Temperance
10 – In which Troy
gets nervous
La meta dell’escursione di quel giorno era un rifugio
situato a circa due ore e mezza di cammino dal sito dove ritrovavano le tende.
Onde evitare incidenti simili a quello verificatosi nella
precedente uscita, Kelsi si era armata di respiratore
e buona volontà, decisa più che mai a restare al passo con il resto del gruppo.
Taylor e Sharpay,
comunque, schierate come due gendarmi accanto a lei
non si allontanavano un secondo, continuando a discutere sul litigio tra la
mora e Chad.
Non che la pianista prestasse molta
attenzione a ciò che le altre due dicevano… era troppo impegnata a respirare
regolarmente per esprimere la propria opinione, così si limitava ad annuire
ogni tanto.
Sharpay, in ogni caso, stava
facendo un ottimo lavoro nel far sentire Taylor in colpa.
Ad un tratto, Kelsi si sentì
afferrare per un polso e si voltò, ricevendo un caloroso bacio sulla guancia da
Ryan.
“Come va l’asma’” Le domandò lui, raddrizzandole il cappello
sul capo.
Resistendo alla tentazione di gettargli le braccia al collo
e dimostrargli il proprio ottimo stato di salute con un bacio come si deve, la ragazza si sottrasse alla stretta e si girò di
nuovo verso le sue amiche.
“Lasciami in pace, Evans.”
In un secondo, Kelsi fu di nuovo
tra Tylor e Sharpay e il
povero Ryan si ritrovò, solo e immobile in mezzo al
sentiero, mentre tutti gli altri passavano oltre.
“Un po’ insistente tuo fratello, eh, Pay?”
“Non chiamarmi Pay.” Sibilò la
bionda, in risposta alla domanda che Taylor le aveva posto non appena Kelsi
le aveva raggiunte.
“Ok, Shar.”
Ironizzò l’altra. “Ciò non toglie che dovresti dire a Ryan
che Kelsi non è interessata a lui.”
“Ryan sa badare a se stesso, non
ha bisogno di babysitter.”
“Sharpay ha ragione.” Si intromise la pianista, che già si sentiva terribilmente
in colpa. “Ryan capirà quello che pro… che NON provo
per lui. Se ne farà una ragione.”
***
Troy, che si era fermato per
bisogni di prima necessità, tornò ad unirsi al resto del grupp0o con un
terribile presentimento, dovuto al fatto che suo padre non si trovava più in
fondo alla fila a parlare con la Brighton dove lo
aveva lasciato.
E Gabriella a quella fila era in
testa.
Superò di corsa tutti gli altri
ragazzi, sperando inutilmente di non aver visto il coach
in mezzo agli altri solo per distrazione e non perché, effettivamente, non ci
fosse.
E invece eccolo lì, a braccetto con la sua ragazza,
chiacchierando animatamente, mentre lei rideva in modo decisamente
troppo divertito per i suoi gusti.
Non buono.
Assolutamente non buono.
“…e le lesse una poesia d’amore
davanti a tutta la classe, ma sai qual è la cosa più divertente?”
Gabriella scosse la testa, interessata.
“Era un componimento di Gregory O’Hara!”
“Quello delle poesie erotiche?” Domandò la morettina,
strabuzzando gli occhi.
°No, la storia di O’Hara no!°
“Sì!” Ribadì il coach
Bolton tra le risate. “L’insegnante mandò a chiamare
la preside e… oh, ciao, Troy!” Salutò l’uomo, quando
notò la presenza del figlio.
Ciò di cui, evidentemente, non si accorse fu il temporale in
miniatura, completo di fulmini e saette, che si agitava
nel blu dei suoi occhi. “Stavo giusto raccontando a Gabi
di quella volta quando facevi le elementari e…”
“Lo so cosa le stavi raccontando e te lo potevi risparmiare.” Disse il ragazzo, tagliente.
“Dai, Troy, non fare così.” Si intromise Gabriella, cercando di sedare la burrasca.
“Faccio così eccome, invece! Papà, non hai nessun diritto di
mettermi in imbarazzo davanti alla mia ragazza!”
“Ma Troy…”
“Ma un corno! Cerca un modo per
sembrare simpatico che non coinvolga me, dannazione! O
forse non ne sei capace?”
“Troy!” “No, Gabi,
lascia stare.” Bolton trattenne la ragazza per un
braccio. “Vado… vado a vedere se Miss Brighton ha
bisogno di me.”
Non appena il padre fu sparito in fondo alla fila, Troy tentò di prendere la mano di Gabriella
ma lei si scostò, stizzita.
“Ehi, piccola, che c’è?” Chiese, sorpreso.
“Sei veramente un bambino, Troy!
Tuo padre voleva solo farmi ridere. Vado dalle ragazze, chiamami
quando sarai cresciuto.
***
“Ragazze, vado in bagno.” Annunciò Kelsi,
alzandosi dal prato di fronte al rifugio sul quale lei, Taylor
e un’arrabbiatissima Gabriella avevano appena finito
di pranzare.
“Torna presto.” Risposero in coro le due ragazze, per poi
tornare a prendere il sole.
Kelsi entrò nell’edificio di legno
alla ricerca di Ryan.
Doveva assolutamente scusarsi con lui e spiegargli il suo
comportamento: non voleva rovinare tutto.
Ad un tratto, un paio di mani l’afferrarono
alle spalle, trascinandola nella cucina, in quel momento deserta.
“Si può sapere che ti è preso?” Sussurrò la voce di Ryan, mentre il suo fiato le solleticava l’orecchio.
“Scusami, scusami, scusami, scusami Ry,
volevo dirti tutto prima di partire ma non ne h0o
avuto il tempo.” Rispose Kelsi, rigirandosi nel suo
abbraccio.
“Tutto cosa?”
“Non voglio che gli altri sappiano di noi finché non saremo
tornati ad Albuquerque.”
Ryan si allontanò da lei, lo
sguardo confuso.
“E perché no, scusa?”
“Perché…” Dov’erano tutti i buoni motivi che, quella
mattina, l’avevano spinta a prendere una decisione del
genere?
Rovinosamente affogati nell’azzurro dei suoi occhi, ecco
dove!
“Perché non vuoi che Jason ci veda, giusto?”
“Cosa? No!”
“Oh, sì, invece.” Replicò Ryan,
muovendo un paio di passi verso la porta. “Lui ti piace ancora e a me non va di
essere un ripiego o un tappabuchi. Mi dispiace, Kel,
trovati qualcun altro.”
Detto ciò, il giovane uscì dalla cucina.
“RYAN! RYAN, ASPETTA!” Chiamò Kelsi a gran voce, fregandosene dei propri propositi,
raggiungendolo e afferrandolo per un poso ai piedi delle scale.
“Che cosa vuoi?” Domandò lui,
brusco, senza guardarla.
Lo aveva ferito.
Preso in giro, usato e poi ferito dritto al cuore.
Come poteva aver pensato che lei si fosse
davvero dimenticata di Jason?
“Non mi piace Jason, Ry.” Sussurrò Kelsi,
accarezzandogli una guancia. “Io voglio stare con te, lo voglio
davvero, però tutti pensano che noi due ci odiamo. I miei amici non sopportano
te e tua sorella mi detesta.
Non credi che non farebbero altro che renderci le cose più
difficili, se lo sapessero?”
“Lo farebbero anche in città.”
Rispose lui, più calmo, scostandole la mano e stringendosi nelle spalle.
“Sì, ma almeno vorrei finire la gita in pace… se non vuoi, comunque, non è un problema.”
“Sicura che non è per Jason?”
Chiese ancora Ryan, scostandole un ricciolo dal viso
dietro all’orecchio.
“Al cento per cento.” Rispose lei, prendendogli la mano.
“In questo caso, penso di poter resistere per altri quattro
giorni.”
“Sul serio?”
“Sul serio.”
Ryan si chinò per baciarla, ma lei
arretrò di scatto, vedendo Chad e Jason
entrare nella sala.
“Beh, allora… io vado.” Biascicò il biondo, prima di sparire
oltre la porta della sala ristorante.
“Ehi Kels.” Salutò Jason, avvicinandosi alla ragazza.
“Ciao Jay, ciao
Chad.”
Chad alzò una mano per poi
scusarsi e dire che sarebbe andato a rubare un
pezzetto di pane al ristorante: lui aveva provato ad avvertire Jason, ma ora il suo amico doveva cavarsela da solo e,
stavolta, un bel due di picche non glielo avrebbe tolto nessuno.
“Allora…” Cominciò il ragazzo, imbarazzato. “Bella giornata,
eh?”
“Già…”
Fino al giorno prima Kelsi avrebbe pagato per trovarsi da sola con lui. Ora,
invece…
“Senti, hai dimenticato il cappello nella nostra tenda, sai.. quando vi abbiamo rubato i vestiti…”
“Grazie, Jason, sei gentile a offrirti di riportarmelo. Puoi lasciarlo appena dentro
dalla tenda. Ora scusami, ma devo andare in bagno. Ciao ciao.”
“Volevo chiederti se passi a prenderlo stasera, così
chiacchieriamo un po’…” Mormorò il giovane a se stesso, guardando Kelsi che si allontanava. “Ma
dov’è che sbaglio con lei?”
***
Entrando nella sala ristorante, Chad trovò Ryan seduto ad uno dei
tavoli, sorseggiando tranquillamente un caffè.
“Non vai a controllare che Kelsi
non ti tradisca?” Domandò il moro, provocatorio,
avvicinandosi a lui.
“No, mi fid… ehi, come fai a
sapere di noi?”
“Vi ho visti fare lezione di lingue, ieri sera. Non avrei
dovuto?”
“Le è presa la fissa di tenere tutto segreto per un po’ e io
mi adeguo. Non ti siedi?”
Chad scosse i ricci scuri,
prendendo a camminare avanti e indietro e ignorando gli sguardi che gli altri
avventori gli lanciavano.
“Devo trovare un modo per fare pace con Taylor,
ma non so da dove accidenti cominciare.”
“Hai provato a chiederle scusa?” Suggerì Ryan,
muovendo distrattamente il cucchiaino nella tazzina ormai vuota.
“Sì, ma non è servito.”
“Erano scuse sincere?”
“Ehi, ma chi sei tu, il grillo parlante?”
“Può darsi… o forse voglio solo darti una mano.”
Chad sospirò, appoggiandosi al
tavolo.
Ecco a che punto si era ridotto: ascoltare i consigli di un Evans.
Peccato non sapesse quanto vicina
era la sua situazione a quella di Taylor…
“No, non erano sincere perché non avevo nulla di cui
scusarmi. Insomma, è stato uno scherzo innocente, non ho
fatto male a nessuno…”
“E tu prova a chiederle scusa non solo
per quello scherzo, ma per tutte le volte in cui hai fatto qualcosa che le è
dispiaciuto. Non prometterle di cambiare, perché non lo farai
mai. Sii solo te stesso, senza esagerare le tue qualità. Di sicuro le piacera molto di più delle tue scuse fini a loro stesse o
del tuo fare il figo a tutti i costi.”
“Wow, Evans, cono colpito! È così
che l’hai conquistata?”
“Kelsi? No.” Sorrise Ryan, scuotendo il capo. “Io ho usato una coppola di raso
nero.”
Continua…