Il computer fa bip
e si blocca. Katherine spinge tre volte il dito sul tasto enter
e la schermata diventa nera, mentre la ventola smette di girare. La
lucina lampeggia segnalando la batteria scarica e un 'oh'
imbarazzato si forma nella sua mente. Infila il laptop nella custodia
nuova di zecca, lascia tre dollari sul tavolo dello Starbucks
di Baltimora ed esce in strada. L'estate sta arrivando, la
temperatura è ancora piacevole ma la donna sente caldo nei
suoi abitini da mezza stagione. Si ferma davanti al cinema e
controlla la programmazione pomeridiana. Niente più papponi
sentimentali, solo commedie allegre. Soddisfatta, entra in libreria.
Ha una buona scorta di libri sul comodino. Aveva appena finito di
leggere 'The Help' quando è balenata l'assurda idea di
scrivere la sua storia sotto forma di racconto. Una fiaba horror dal
finale aperto. Poteva funzionare, perché no?
Si era consumata gli
occhi fino a tarda notte, scrollando la mano dolorante e massaggiando
le spalle curve più e più volte, prima di acquistare il
notebook per velocizzare la faccenda. Se leggere era un modo elegante
per isolarsi dal pubblico – e dalla vita - scrivere la
risucchiava in un mondo parallelo. Ogni riga era un esorcismo
indiretto, l'aiutava a distanziarsi dal passato, da Klaus, da Elijah
e le consentiva di vedere le cose in maniera oggettiva. Sì,
era stata affrettata nello sbarazzarsi di Elijah, al supermercato.
Sì, il suo abbandono era stato come una ferita ma poco
profonda e non mortale, non mortale. No, non avrebbe mai più
permesso a Klaus di avvicinarsi a lei. Era guarita
dall'innamoramento, era cambiata. Solo la notte ci pensava un po' -
solo un poco - abbandonandosi al gorgo del sonno con la
certezza che non l'avrebbe più rivisto. Solo la virgola di
delusione per la promessa mantenuta il giorno dopo, rovinava parte
del buonumore.
Ora Katherine cammina
osservando la fila ordinata di macchine che fiancheggia l'uscita di
una scuola materna. Si ferma a pochi passi dal vespaio di bimbi che
corre, urla e ride incontro ai genitori. Katherine pensa che ora può
averne quanti ne vuole. Stringe la cinghia dura della borsa col
portatile e calcola i mesi che sono passati dall'acquisizione della
cura. Ne conta sette. Il suo corpo ha ripreso a funzionare? Stupita
da quel pensiero estraneo al personaggio che interpreta, volta per la
propria abitazione, guardandosi le spalle per abitudine. A Baltimora
non succede mai niente.
Katherine raccoglie la
posta – pubblicità e bollette – e fa il
giro del giardino. Non usa mai l'entrata principale. Non lo fa più
da...
Il SUV nero è
parcheggiato nel vialetto attiguo e un bimbo di circa due anni sta
giocando a strappare l'erba del prato, raccogliendo piccole
margherite bianche che la falciatrice doveva recidere il giorno
precedente.
Non capisce cosa la
spaventi di più. Se il mostro nero e lucido o l'essere
minuscolo di fronte a lei. Il bimbo solleva lo sguardo e due occhioni
azzurri spaziano sul suo viso. Katherine ingoia, sentendo le
ginocchia traballare. Il bambino le mostra un fiorellino, si alza
sulle gambine grassocce, ondeggia e puntella le mani a terra. Corre
verso di lei. Katherine non sa come comportarsi. Esitante, posa la
valigetta col pc in terra e si inginocchia.
Quando arriva a
toccarla, la donna trasale e perde leggermente l'equilibrio. Il bimbo
punta un piedino calzato dalla scarpetta sulla coscia piegata e cerca
di arrampicarsi. Katherine lo afferra prima che crolli indietro. Lo
tiene discosto da se e lo scruta ferocemente.
Sorride. Agita le
braccia. Afferra una ciocca di capelli di Katherine e la porta alle
bocca farfugliando. La donna lo sbircia, imbarazzata dal calore che
si sta espandendo dal cuore.
“Aaa...”
Non può essere
suo figlio, è troppo grande! Dovrebbe avere pochi mesi
e questo ne dimostra due o tre. Eppure, Katherine è certa che
avesse quell'aspetto lì, alla sua età. Intontita, fruga
in tasca cercando le chiavi e si accorge solo in quel momento
dell'odore meraviglioso che proviene dalla cucina. Un sommesso
fischiettio si somma al battito opprimente del suo cuore. Tipico di
Klaus infilarsi in casa tua dopo mesi di silenzio e senza neanche una
telefonata di avvertimento!
Il moccioso agita le
braccia e le tira un po' i capelli. Katherine stringe gli occhi come
muto avvertimento di non farlo più, ma rimedia solo un
sorriso, un'altra esclamazione felice e uno sguardo sottile e
birichino. Katherine sospira e lo carica su un fianco. Il bimbo la
guarda con gli occhioni spalancati, poi la testina scava una nicchia
contro il suo collo. O l'ha scambiato per la madre, o è
l'esserino più affettuoso e dolce che abbia mai incontrato...
oppure ha un padre terribile che lo lascia giocare tutto solo e
non si cura di lui, pensa aprendo la porta con un calcio. Deve
sopravvivere, povero cucciolo!
Un enorme mazzo di rose
bianche troneggia sul tavolo del salotto. Katherine le osserva con la
fronte aggrottata, si sbarazza del pc e sospira di nuovo. Vuole
qualcosa da lei. Il messaggio le arriva quando è ormai ferma
sulla porta della cucina. No, non ha comprato il burro perché
ingrassa e lei deve stare attenta alla linea, ora. Nessuno gli ha
chiesto di cucinare, che si arrangi con quelle quattro verdure che
campeggiano nel suo frigorifero! Il malumore cresce. “A cosa
dobbiamo l'inattesa visita?”
Il vampiro si volta con
un movimento repentino. Per un lunghissimo momento, Katherine si
sente pervadere dal vecchio panico ma lo manda giù e cambia
gamba d'appoggio. “L'ho trovato che giocava in giardino privo
della supervisione di un adulto. E' tuo o devo chiamare i servizi
sociali?”
“Ehi, sei
già qui!”
Katherine lo fissa
inorridita mentre Klaus pulisce le mani su uno straccetto, le sorride
e al contempo si avvicina con un'espressione dolce che non gli ha mai
visto indosso. Il peso scompare dall'anca, un bacio si stampa sulla
sua guancia insieme ad una carezza sui capelli e Katherine spalanca
gli occhi, ammutolita.
“Aaaa...”
“Ahhh”
ribatte accarezzando col pollice il visetto del bimbo. “Prima o
poi scopriremo cosa vuol dire?”
Il moccioso scuote la
testa e gli si aggrappa al collo. Il vampiro lo bacia sulla fronte e
sussurra qualcosa sottovoce, prima di rivolgersi a Katherine che è
rimasta impietrita a guardarli.
“Come stai,
matta? Te l'hanno fatto, l'elettroshock?”
“Ho smesso la
terapia...” sussurra umettando le labbra. Ha difficoltà
a parlare. “Come va la vita matrimoniale?”
Klaus irrigidisce i
muscoli della faccia e Mikeal abbandona il suo collo per stravaccarsi
sulla spalla e sbavargli sulla maglietta.
E' adorabile, pensa
attratta dagli occhioni spalancati. Katherine lo fissa per un attimo
di troppo, poi distoglie lo sguardo.
“Andata senza
pensarci due volte.”
“Si è già
trasformato?”
“E' presto.”
E' come il canto della
sirena, non può fare a meno di guardarlo: i pugnetti chiusi,
le gambine grassocce e la magliettina chiara che indossa che
contrasta violentemente con la t-shirt nera di Klaus...
Il bimbo stringe gli
occhi, nascondendo il faccino contro la spalla del padre. Un umore
indefinibile la pervade tutta. “E come...”
“Mikeal.”
L'ha chiamato Mikeal
come il padre che odiava?!
“Hai fame, mh?”
Un po', sì.
“Non parlavo con
te.”
Oh, scusa.
“Sarà un
casino farlo mangiare” borbotta occhieggiando Katherine che sta
scrutando il vuoto. “Tu che sei una donna...”
“Arrangiati”
soffia sedendo alla tavola ingombra di ciotole e piattini. Sono la
caricatura grottesca del rapporto genitoriale.
“Mh? Che c'è?
Che vuoi dirmi?”
Sentilo, tutto
affettuoso! Katherine li sbircia, le labbra leggermente socchiuse. E'
ipnotizzante vederlo comportarsi così. E' una di quelle cose
che non pensi accadranno mai, nella vita...
“Ha una cotta per
te. E' una cosa di famiglia, allora...”
L'ha buttata lì
per vedere l'effetto, ma Katherine è raggelata e non riesce a
rispondere a tono. Una voce le urla di fuggire a gambe levate senza
voltarsi indietro. E' insopportabile il suo sguardo addosso e il
pugnetto che agita nella sua direzione. Ma che vuole da lei?!
“Prendilo, sennò
qui facciamo notte..”
“Non sono brava
con i bambini...”
“Loro sanno cosa
fare, tu prendilo e basta.”
Katherine si avvicina
lentamente, tenendo d'occhio il piccoletto che non riesce a stare
fermo. Continua a sorridere e a vocalizzare. “Declino ogni
responsabilità in caso di caduta!” esclama afferrandolo
sotto le ascelle e sistemandolo contro di se. “E tu fa il
bravo, non mi piacciono i bambini!”
Klaus solleva un
sopracciglio, mugola di gola e le rivolge un'occhiata di derisoria
superficialità. Mikeal batte le manine e le poggia sul suo
viso. Ora le molla uno schiaffo, pensa socchiudendo una palpebra e
preparandosi al colpo. Invece, il moccioso si riappropria della
ciocca preferita e la tira verso la bocca. Katherine storce la sua.
“Perché fa così?”
“Così
come?”
Klaus si volta, il
mestolo in mano e una ciotola colma di pasta nell'altra. Osserva il
piccolo impiastrarle i capelli di saliva e abbassa leggermente le
spalle. “Gli manca la mamma.”
Katherine sente il
calore nel cuore allargarsi. Le rughe che si sono formate sulla
fronte si spiano lentamente e la sua voce è meno decisa quando
si rivolge al vampiro. “Non hai idea di quanto lo rimpiangerà,
quella stupida...”
***
“Potrai prendermi
in giro una volta che l'avrò messo a letto.”
Non riesce a prenderlo
in giro. Le si incolla la lingua al palato quando lo vede parlare col
figlio. Il piccoletto dormirà comodo nel suo passeggino
reclinabile e appena chiude la porta della stanza di Katherine, Klaus
sospira e torna quello di sempre. “C'è dell'alcool in
questa catapecchia?”
“In salotto.”
Il vampiro si schianta
sul divano e chiude gli occhi, esausto. “Versamene uno, donna.”
Aver preparato la cena
gli da il diritto di impartire ordini?
“Per favore.”
Meglio. Katherine
obbedisce solo per capire a che livello di stress è arrivato.
Il primo bicchiere lo manda giù di colpo, il secondo impiega
più tempo a percorrere la via. “E' una visita di
cortesia o ti fermi qualche giorno?”
“Dipende da te e
dal tuo desiderio di avermi fra i piedi.”
E' curiosa di conoscere
tutti i retroscena e il rinnovato Klaus ad elevato contenuto
glicemico, ma fa spallucce, come a dire che non le interessa.
“Esci ancora con
quell'uomo?”
Allude alla cena con
l'analista? Qualcosa le dice che farebbe bene a mentire. Non
risponde, così non può accusarla di mentire.
“Pensi ancora ad
Elijah?”
A volte.
“Sei felice?”
“Ne felice, ne
infelice...” mugugna muovendo il liquore nel bicchiere che
finisce ancora pieno sul tavolino.
“Riformulo la
domanda: sei felice di vedermi?”
Katherine si schiarisce
la voce e tira indietro i capelli, ignorandolo.
Il robusto silenzio
dietro cui si cela, può essere scalfito solo da una domanda.
“Mi ami ancora?”
“No.”
Klaus non sa dire se è
una bugia o meno perché il battito del suo cuore non è
cambiato. E' costantemente elevato da quando è arrivata. “Io
ti amo ancora. Mi sei mancata per mesi.”
Katherine si abbandona
contro il cucino del divano attiguo e incrocia le braccia, fissando
lo sguardo nel vuoto. “Non posso dire la stessa cosa.”
Mesi fa, quando aveva
varcato la soglia di casa per andare incontro ad un altro uomo, il
suo orgoglio si era ribellato e aveva detto 'basta'. Aveva provato a
dimenticarla, aveva impegnato il corpo e la mente, si era concentrato
sui 'doveri' ma ogni notte il pensiero tornava su Katherine.
Katherine sola, libera, umana.
“Ricompari dopo
mesi e mi sbatti in faccia tutto quello che io non potrò mai
avere. Per quanto ancora dovrai punirmi per essere viva?”
domanda con una leggerezza nella voce che è lungi dal provare.
“Punirti?”
Klaus la guarda, sorpreso.
“Non meriti di
essere felice.”
Oh, se lo merita
eccome!
Katherine afferra la
giacchetta dall'appendiabiti e la infila, tirando indietro i capelli
che frustano sontuosi il lino amaranto. “Metti a posto la
cucina, prima di andartene.”
“Mi attribuisci
la colpa della decisione di Elijah ma io non ho mai voluto che ti
lasciasse! Non gli ho chiesto niente, ha fatto tutto da solo! Lo
conosci, per lui l'onore e la famiglia vengono prima di tutto!”
“Perché
l'hai portato in casa mia?”
Affidare il figlio alle
streghe? Impensabile! “La babysitter era in vacanza.”
“Elijah non
poteva...”
“E' partito, non
so quando tornerà.”
Ha risposto troppo in
fretta. Sta omettendo una verità. “Sta cercando Hayley,
vero?”
Klaus non risponde ma
un guizzo della mascella lo tradisce. Katherine soffia dal naso e
sorride, sarcastica. Sogghigna e apre la porta, scomparendo nella
notte.
Gli sembra di aver
udito un 'pagliacci, tutti e due!' ma non è proprio
certo...
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