Non
so se alzare il rating per questo capitolo, occhio.
Tormento,
Sunset.
Un
gemito che fende l'aria, un sospiro lamentoso e l'arcuarsi di una
schiena liscia e coperta da un'impercettibile patina di sudore
lucido.
Uno
sfregare del bacino sull'altro, una spinta lenta e profonda, un
ringhio rauco che scappa da un paio di labbra schiuse, arricciate a
scoprire i denti nel contrarre l'espressione dal piacere.
Una
risata sommessa si accalca subito dietro ad un verso basso.
La
presa del più grande sui fianchi del vampiro sempre
più stretta,
quasi dolorosa e rovente.
<
Perchè ti fermi? >
un
altro ringhio frustrato da parte del castano, stavolta, coperto quasi
totalmente dalla risata del moro che prosegue cristallina, ma velata
di furbizia.
<
Perchè mi piace vedere la tua faccia e godermela senza
saltellare
sui tuoi lombi come una scolaretta in calore.. >
nonostante
le parole che soffia in tono ironico riprende i movimenti con una
cadenza sensuale, facendo in modo di soddisfare entrambi, toccando i
propri punti di piacere e contraendosi attorno all'erezione pulsante
che sprofonda nel suo corpo ogni volta che desidera, attratta
magneticamente dalla morsa quasi bollente delle sue viscere.
<
mi ami, Savastian? >
gli
graffia il petto, sottolinea così con estrema chiarezza con
quanta
cattiveria pone la domanda, quanto ardentemente e passionalmente
desideri una risposta, trascinando le unghie dentro la pelle verso il
basso, verso gli addominali tesi del rumeno.
<
mi ami alla follia? >
proferisce
con tono di chi sembra aver bisogno di acqua nel deserto, di luce in
un inverno polare, di aria dentro una scatola di metallo. Si porta
una mano alla bocca e si lecca la parte inferiore delle dita, ora
macchiate di sangue. Fa scorrere il muscolo tiepido contro i
polpastrelli per assaporare la linfa ferrosa proveniente proprio dal
corpo dell'uomo sotto di sé, quello che ha appena sfregiato.
Un
tremito, un affondo brusco, un ribaltarsi di posizioni.
Un
bacio sulle labbra ansimanti, un morso sulla mandibola.
<
Sì, ti amo da impazzire. >
Si
sente ancora l'eco della voce calda del vampiro più grande
che a
quel punto accelera i movimenti del bacino, lanciandosi anima e corpo
nella brace ardente del suo amante.
Si concentra sul punto che
sente far letteralmente tremare di goduria il ragazzo sotto di
sé,
vi insiste sopra, schiacciandosi col peso del suo stesso essere sul
suo.
Si
china a succhiargli le labbra strappando via il sapore di sangue che
ancora vi indugia sopra, scostandosi poi per guardarle diventare
rosse. Più fa scorrere le proprie iridi sul suo viso, sulla
tensione
dei muscoli del moro che si tende ed arcua ad ogni spinta,
più
ascolta i suoi respiri affannosi, i propri mischiarsi ad essi, e
più
vorrebbe distruggere quella bellezza insopportabile.
Vorrebbe
dilaniare le sue membra, vederlo implorare e supplicare, ma sa che
non otterrebbe mai e poi mai tale risultato, perciò si
accontenta di
intensificare al limite del sopportabile la forza con cui penetra le
sue carni, tenta di annullarsi in lui, nel vampiro moro, nel suo
Llewellyn, dargli tutto e morire stremato.
Liberarsi
dalla prigionia di quell'amore eterno senza scampo.
<
Tu mi ami, Catelus? >
Chiede
con serietà, in parte pentendosi di aver posto la domanda,
in quanto
sa perfettamente che non riceverà risposta alcuna, ma
purtroppo di
quando in quando gli salta in mente di ritentare quella dolce pazzia,
sperando spesso e volentieri invano.
Una
risatina infatti si leva stridula in risposta, chiara e dolorosa,
interrotta a metà da un gemito più alto degli
altri, da macchie
biacastre che finiscono con l'imbrattare il ventre contratto del
più
giovane.
Ecco
dove va a parare il suo amore.
In
un ammasso di cellule frenetiche senza futuro, sprecate sullo sterno
bisognoso d'aria di un morettino impertinente.
Ecco
cosa riceve in cambio, solo una stretta sulle spalle, un morso per
ripicca.
Così
è, la sua dannazione.
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