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Autore: Ivan_    24/09/2013    0 recensioni
Mi fa abbastanza senso ammettere che sia la storia di un vampiro perchè mi sembra di venir etichettato assieme a tutte le ragazzine che venerano quella specie di Swarovski tagliato male..
In realtà io cerco di raggiungere il mio ideale di Nosferatu, quello tormentato, cinico e spietato.
Ci provo, a voi il giudizio, potete essere cattivi
"una volta io e te eravamo amici. [...] ora non ho più nessuna fiducia in te, sappilo."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Non so se alzare il rating per questo capitolo, occhio.

Tormento, Sunset.



Un gemito che fende l'aria, un sospiro lamentoso e l'arcuarsi di una schiena liscia e coperta da un'impercettibile patina di sudore lucido.


Uno sfregare del bacino sull'altro, una spinta lenta e profonda, un ringhio rauco che scappa da un paio di labbra schiuse, arricciate a scoprire i denti nel contrarre l'espressione dal piacere.


Una risata sommessa si accalca subito dietro ad un verso basso.

La presa del più grande sui fianchi del vampiro sempre più stretta, quasi dolorosa e rovente.


< Perchè ti fermi? >


un altro ringhio frustrato da parte del castano, stavolta, coperto quasi totalmente dalla risata del moro che prosegue cristallina, ma velata di furbizia.


< Perchè mi piace vedere la tua faccia e godermela senza saltellare sui tuoi lombi come una scolaretta in calore.. >


nonostante le parole che soffia in tono ironico riprende i movimenti con una cadenza sensuale, facendo in modo di soddisfare entrambi, toccando i propri punti di piacere e contraendosi attorno all'erezione pulsante che sprofonda nel suo corpo ogni volta che desidera, attratta magneticamente dalla morsa quasi bollente delle sue viscere.


< mi ami, Savastian? >


gli graffia il petto, sottolinea così con estrema chiarezza con quanta cattiveria pone la domanda, quanto ardentemente e passionalmente desideri una risposta, trascinando le unghie dentro la pelle verso il basso, verso gli addominali tesi del rumeno.


< mi ami alla follia? >


proferisce con tono di chi sembra aver bisogno di acqua nel deserto, di luce in un inverno polare, di aria dentro una scatola di metallo. Si porta una mano alla bocca e si lecca la parte inferiore delle dita, ora macchiate di sangue. Fa scorrere il muscolo tiepido contro i polpastrelli per assaporare la linfa ferrosa proveniente proprio dal corpo dell'uomo sotto di sé, quello che ha appena sfregiato.


Un tremito, un affondo brusco, un ribaltarsi di posizioni.

Un bacio sulle labbra ansimanti, un morso sulla mandibola.


< Sì, ti amo da impazzire. >


Si sente ancora l'eco della voce calda del vampiro più grande che a quel punto accelera i movimenti del bacino, lanciandosi anima e corpo nella brace ardente del suo amante.
Si concentra sul punto che sente far letteralmente tremare di goduria il ragazzo sotto di sé, vi insiste sopra, schiacciandosi col peso del suo stesso essere sul suo.

Si china a succhiargli le labbra strappando via il sapore di sangue che ancora vi indugia sopra, scostandosi poi per guardarle diventare rosse. Più fa scorrere le proprie iridi sul suo viso, sulla tensione dei muscoli del moro che si tende ed arcua ad ogni spinta, più ascolta i suoi respiri affannosi, i propri mischiarsi ad essi, e più vorrebbe distruggere quella bellezza insopportabile.

Vorrebbe dilaniare le sue membra, vederlo implorare e supplicare, ma sa che non otterrebbe mai e poi mai tale risultato, perciò si accontenta di intensificare al limite del sopportabile la forza con cui penetra le sue carni, tenta di annullarsi in lui, nel vampiro moro, nel suo Llewellyn, dargli tutto e morire stremato.

Liberarsi dalla prigionia di quell'amore eterno senza scampo.


< Tu mi ami, Catelus? >


Chiede con serietà, in parte pentendosi di aver posto la domanda, in quanto sa perfettamente che non riceverà risposta alcuna, ma purtroppo di quando in quando gli salta in mente di ritentare quella dolce pazzia, sperando spesso e volentieri invano.

Una risatina infatti si leva stridula in risposta, chiara e dolorosa, interrotta a metà da un gemito più alto degli altri, da macchie biacastre che finiscono con l'imbrattare il ventre contratto del più giovane.

Ecco dove va a parare il suo amore.

In un ammasso di cellule frenetiche senza futuro, sprecate sullo sterno bisognoso d'aria di un morettino impertinente.

Ecco cosa riceve in cambio, solo una stretta sulle spalle, un morso per ripicca.

Così è, la sua dannazione.

  
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