HE IS DANGEROUS
Forse
erano
in pochi a crederlo, ma Ian sapeva esattamente cosa stava facendo
quando si era
parato davanti al proprio compagno, fronteggiando Mickey senza paura.
“Ian, stai
indietro,” gli aveva suggerito qualcuno, ma ormai era troppo
tardi. Era già in
piedi tra Ryan, rannicchiato contro il muro ansimante ed apparentemente
terrorizzato e Mickey. I loro occhi finalmente si incontravano di
nuovo, dopo
quasi tre mesi.
Ed Ian non
aveva davvero paura a starsene lì fermo, ad aspettare che il
pugno di Mickey si
abbattesse contro la sua faccia. Non c’era
nulla che Mickey potesse fare per ferirlo più di quanto non
fosse.
Nella sala
di ritrovo era calato il silenzio, interrotto soltanto dai gemiti di
Ryan che,
facendo leva sulle proprie braccia, stava tentando di rimettersi in
piedi ed
allontanarsi finché ancora poteva.
Il braccio
di Mickey era ancora fermo a mezz’aria, pronto a colpire,
eppure lui stava
esitando.
Una parte di
Ian sperava ancora di non sentire arrivare il colpo, ma
d’altro canto sapeva
troppo bene quanto per Mickey fosse importante farsi rispettare in
riformatorio
e sapeva che non picchiare Ian sarebbe stato un segno di debolezza che
non
poteva essere mostrato. Pregò soltanto di riuscire a capire
dove Mickey avrebbe
colpito, in modo da non farsi cogliere di sorpresa come
l’ultima volta.
Per tutta
risposta il moro sbuffò, bisbigliando qualcosa di vagamente
simile ad un, “Sei
un fottuto idiota,” ma Ian non riuscì a registrare
le sue parole, stordito dal
colpo allo stomaco che gli aveva mozzato il respiro.
Boccheggiò
in
cerca d’aria, mentre la sagoma di Mickey si allontanava lungo
il corridoio.
Il primo ad
avvicinarsi a lui fu Ethan, mentre la folla cominciava pian piano a
dileguarsi
e tutti tornavano al proprio far niente. Con una mano sulla spalla,
Ethan
attirò l’attenzione di Ian, “So che sei
nuovo qui, ma devi capire che gli eroi
non hanno vita lunga. E mettersi contro Mickey Milkovich non
è il modo migliore
per sopravvivere,” gli spiegò.
Ian sputò a
terra, liberandosi della saliva dal sapore metallico che gli era
rimasta in
bocca, sorridendo a quelle parole. Sapeva eccome cosa volesse dire
mettersi
contro Mickey Milkovich, quello che non sapeva come stessero realmente
le cose
era proprio Ethan. Il rosso fece schioccare la lingua tra le labbra,
prendendo
a camminare senza alcuna destinazione lungo il corridoio.
Nella sua
mente continuavano a ripetersi le stesse scene, anche dopo tre mesi.
Mickey, il
matrimonio, il bacio sul tetto. E poi il loro ultimo incontro, quando
Mickey,
pur di negare l’evidenza, lo aveva massacrato, lasciandolo da
solo a terra,
semi svenuto e col cuore a pezzi. Decisamente non c’era nulla
di peggio che
Mickey potesse fare rispetto a quel che aveva già fatto.
Non battè
un
ciglio quando si accorse di avere l’oggetto dei suoi pensieri
proprio di
fronte; nonostante il suo cuore avesse accelerato
all’improvviso, il volto di
Ian era rimasto indifferente, mentre gli passava accanto fingendo che
non
esistesse.
“Gallagher.”
Ian
continuò
a camminare per la sua strada, ignorando la tensione che si stava
lentamente
impossessando di tutto il suo corpo.
Mickey gli
afferrò un braccio, costringendolo a fermarsi e fare
attenzione alle sue parole.
“Non metterti più in mezzo, hai capito?”
gli disse, tentando di assumere un
tono minaccioso.
Ian si
lasciò sfuggire un sorriso amaro.
“Altrimenti?” domandò con tono di sfida,
rifiutandosi di abbassare la sguardo. Lui non aveva paura di Mickey
Milkovich.
“Altrimenti
non ci andrò così leggero con te. E mi
dispiacerebbe rovinare il tuo bel
faccino.”
Ian sentiva
la rabbia ribollire dentro di sé e per un momento
considerò l’idea di piantarlo
lì ed andarsene. “Però non ti sei fatto
questi problemi l’ultima volta,” rispose
invece.
Facendo attenzione
ai dettagli sul viso di Ian, Mickey aveva notato solo in quel momento
la
piccola cicatrice sotto il suo labbro, proprio nel punto in cui il suo
calcio
lo aveva colpito. Lasciò andare la presa sul braccio del
rosso come se si fosse
scottato e per un momento, solo per un momento, avvertì
l’esigenza di abbassare
lo sguardo. Perché guardare quegli occhi così
freddi gli faceva male.
“Devi stare
lontano da quel Ryan, mi hai capito?” si decise a dirgli.
“Allora
è
per questo che lo hai picchiato, Mickey? Sei geloso?!”
Mickey
imprecò sommessamente, sfiorandosi il labbro inferiore con
un dito. “Mettiamola
così, se ti vedo ancora parlare con lui, lo
ridurrò talmente male che neppure
sua madre sarà in grado di riconoscerlo. E sai che lo
farò.”
Ian sbuffò
disinteressato. Mickey, naturalmente, si aspettava che gli ubbidisse,
come
aveva sempre fatto, da bravo e fedele soldatino. E se non avesse voluto
farlo
per lui, lo avrebbe fatto per paura che succedesse qualcosa a Ryan.
Ma quello
era il vecchio Ian, morto e sepolto tre mesi prima, nello stesso
giardino in
cui Mickey lo aveva abbandonato. Il nuovo Ian aveva imparato ad essere
egoista.
O almeno questo era quello che lo stesso Ian continuava a ripetersi,
nonostante
gli eventi di poco prima dimostrassero il contrario.
Quando Ian
aveva già voltato le spalle, camminando per la propria
strada, Mickey si decise
a parlare di nuovo. “È pericoloso, Ian. Stagli
lontano.”
…
Ma Ian
naturalmente non gli aveva dato ascolto. O almeno non volontariamente.
Si era
accorto di come Mickey, convinto di non essere visto, avesse preso a
seguirlo
praticamente ovunque, ma non se ne era preoccupato, forzandosi di
credere che
fossero soltanto dannate coincidente e che Mickey Milkovich non stesse
tentando
di rendere la sua vita ancor peggiore di quel che era.
Per di più
a
qualche giorno dall’accaduto, Ian non aveva ancora avuto modo
di parlare con
Ryan. Non se ne era preoccupato perchè il ragazzo era
piuttosto schivo e lui
aveva passato con Ethan la maggior parte del suo tempo.
Quella mattina
invece Ryan si era seduto accanto a lui a colazione, avevano scambiato
qualche
parola ed Ian si era ritrovato a seguirlo per i corridoi deserti.
“Dove stiamo
andando?” chiese quando si accorse di non conoscere quel lato
dell’edificio e
si domandò se per caso non fosse proibito passare da quelle
parti.
Per un
attimo le parole di Mickey risuonarono nella sua testa,
“È pericoloso, Ian. Stagli
lontano.” Ma lui non voleva crederci. Proprio Mickey non
poteva permettersi il
lusso di giudicare qualcun altro.
Il fatto che
Ryan non gli avesse risposto comunque lo inquietava. “Forse
è meglio se
torniamo indietro,” tentò ancora, “Ethan
mi starà cercando.”
“Ethan
sarà
impegnato,” commentò distrattamente Ryan,
voltandosi di scatto ed afferrando le
braccia di Ian, spingendolo contro un muro. “Tu sei gay,
vero?” domandò, anche
se Ian sapeva che Ryan conosceva già la risposta.
Il rosso
trasalì, provando a divincolarsi, ma Ryan
intensificò la morsa, affondando le unghia
nella sua pelle pallida. “Bene, così non
dovrò spiegarti tutto.”
Ian era
forte, forse perfino forte quanto Mickey, eppure non riusciva a
liberare le
proprie braccia. Se non fosse cresciuto nel quartiere da cui proveniva,
probabilmente sarebbe andato nel panico; invece gli bastò
inspirare
profondamente per decidere cosa fare, senza lasciare che la paura
prendesse il sopravvento.
Rilassò le braccia, come arrendendosi alla presa di Ryan e
gli assestò un
calcio al basso ventre.
Probabilmente
il rosso si aspettava che bastasse quello a metterlo KO, a giudicare
dal modo
in cui si era lasciato colpire da Mickey.
Ma evidentemente
non era stato abbastanza.
Ryan aveva
continuato a stringerlo con forza, approfittando di un attimo di
smarrimento da
parte sua per colpirlo con una testata al viso.
Ian sbatté
gli occhi per l’improvvisa ondata di dolore che dal viso si
stava espandendo a
tutto il corpo e, colto di sorpresa, non oppose resistenza quando Ryan
lo
staccò dal muro, stringendogli le spalle con un braccio e
tirandogli i capelli
con l’altro.
Non riuscì
ad opporsi neanche quando si accorse che l’altro lo stava
spingendo contro qualcosa.
Qualcosa che Ian non fece in tempo a vedere, ma di cui
percepì chiaramente la
consistenza sul retro della propria testa.
Poi improvvisamente
Ryan non lo reggeva più ed Ian si lasciò cadere a
terra con un tonfo, gli occhi
chiusi, il respiro affannato.
Il suo unico
pensiero in quel momento era che nell’unica situazione in cui
avrebbe voluto
che Mickey lo seguisse, lui non c’era. Perché
Mickey lo avrebbe aiutato, su
questo Ian non aveva dubbi.
Avvertì il
respiro caldo di Ryan sul proprio viso e se ne sentì
disgustato; le sue mani
erano volate alla stoffa della sua maglietta e cercavano di tirarla
via.
Ian avrebbe
voluto allontanarlo, ma non ne aveva la forza, il suo corpo si
rifiutava di
eseguire i comandi che il cervello provava ad inviare. Avrebbe voluto
pregare
Ryan di dargli almeno il tempo di ingoiare la saliva che si stava
accumulando
nella propria bocca e che gli faceva venire la nausea, ma non riusciva
a
parlare. Probabilmente stava piangendo, attraverso gli occhi ancora
rigidamente
serrati.
Sarebbe svenuto
da un momento all’altro e Mickey non c’era. Ryan
poteva fare quello che voleva.
Non si
accorse che le mani di Ryan non erano più si di lui fino a
quando non ne sentì
di nuove, stavolta più gentili e più incerte.
Qualcuno lo teneva fermo, dando
finalmente al suo corpo la possibilità di rilassarsi.
Ed una voce
in lontananza stava urlando. Ian l’avrebbe riconosciuta tra
mille, la voce di
Mickey.
“Io ti
uccido brutto pezzo di merda!”
Ian era
certo di sembrare un idiota in quel momento, perché cavolo,
stava sorridendo. Se
solo avesse avuto la possibilità di aprire gli occhi
…
“Mickey?”
la
persona che continuava a tener fermo Ian, impedendogli di cadere,
mentre tutto
intorno a lui girava, era Ethan. “Mickey, sta
sanguinando.”
Ben fatto, Mick! Si ritrovò a
pensare
Ian, felice che l’altro, nonostante tutto quello che era
successo tra loro,
fosse lì. Quando però rifletté sul
tono preoccupato di Ethan, capì che forse
non era Ryan a sanguinare, o almeno non era il solo.
Anche se non
poteva vederlo, sapeva che Mickey si era fermato, probabilmente ancora
seduto a
cavalcioni sulla sua vittima e poteva sentire il suo sguardo su di
sé. Avrebbe voluto
rassicurarlo e dirgli che stava bene, adesso che lui era lì,
ma non riusciva a
muovere le labbra.
“Chiama
qualcuno,” la voce di Mickey aveva qualcosa di strano, ad Ian
sembrava
terrorizzata. Mai sentito un tono del genere provenire da un Milkovich,
neppure
da Mandy nei suoi momenti peggiori.
Ethan
ubbidì
subito, alzandosi di scatto e lasciando la presa su di lui. Ian,
abbandonato a
se stesso, cominciò a tremare. Sarebbe caduto se nessuno lo
teneva.
“Ma che
cazzo!? Muoviti, Ethan!”
Altre due
mani presero il posto di quelle di Ethan, più decise,
più calde.
“Aiuto,”
Stavolta Ian era quasi certo di aver parlato per davvero, ma anche se
avesse
solo pensato quelle parole, Mickey doveva aver letto la paura sul suo
volto.
“Sono qui,
Ian. Tranquillo.”
Mentre una
mano era ancora ferma sulla spalla tremante di Ian, l’altra
premeva
disperatamente contro la sua testa, tentando di fermare
l’emorragia. Ian era
leggermente infastidito da quel tocco che faceva bruciare la pelle, ma
allo
stesso tempo la pressione contro la sua testa stava calmando le fitte.
“Va tutto
bene, Ian, non ti lascio andare,” continuava a ripetere
Mickey.
Ed Ian
sapeva che era sincero.
NdA
Okay,
ho poche cose da dire.
La
prima è che, lo avrete capito, Ian non
sta in piedi, è già a terra, solo che non se ne
è reso conto.
La
seconda è che non ha gli occhi chiusi.
E
questo ci porta alla cosa più importante:
non è una long, ma con tutta probabilità una
serie. Quindi tranquilli che non
vi lascio così, prima o poi scopriremo cosa è
successo ad Ian e cosa ne sarà
del loro rapporto.
:)
ChibyL
|