Annaterra:
sto seguendo il filone degli Originals (di gran lunga superiore a
TVD, a mio avviso), d'ora in avanti la storia si svolgerà
tutta a New Orleans. Kath, a differenza di Elena, si mette nei guai
ma si salva da sola e i fratelli M sono ben lontani dai fratelli S,
per nostra fortuna! ;) Ho cambiato l'intro per dare una visione
globale della storia. Buona lettura!
Katherine POV
L'ira mi annebbia,
rendendo difficile tenere chiusa la bocca. L'adrenalina si riversa
nel sangue e mi mantiene attiva e vigile. Mi sta mostrando
agli altri come se fosse roba sua, il bastardo. Come se fossi
un fottuto trofeo di guerra! Non ho alcuna arma con me, non posso
difendermi e non posso neppure replicare il giochetto che ho fatto
con Rose a suo tempo. Ora che ho assunto la cura per l'immortalità,
non sono certa di tornare indietro e sono piena di verbena,
fattore che rende nullo qualsiasi tentativo di salvarmi
somministrandomi il sangue di vampiro. Mfp! Già! Non
c'è nessuno, in questa città, disposto a lacerarsi una
vena per me. Neppure Klaus. Neppure dopo tutte le sue belle parole e
i giuramenti di amore eterno! Solo stata così stupida da
lasciarmi imbambolare da lui e dal moccioso e ho abbassato la
guardia. Nessun problema, resisterò. Manterrò il
profilo basso e condiscendente. Farò quello che ho sempre
fatto con Klaus: ignorerò Marcel e scapperò alla prima
occasione. C'è parecchia gente nel locale, ma solo alcune sono
marchiate con un timbro nero. Sono destinati alla cena e prima
o poi, toccherà anche a me.
“Angelo, per me
il solito. Tu cosa prendi?”
“Una tisana alle
erbe.”
Non è uno
scherzo, è esattamente quello che mi andrebbe in questo
momento. Insieme ad un antidolorifico, penso massaggiando il
collo dolorante. “Uno scotch...”
Marcel sorride, infila
due dita nella tasca del giubbotto ed estrae un sacchetto di verbena.
Devono aver frugato nei bagagli – anche nelle tasche segrete,
maledizione! - per trovarla.
“Certa roba è
illegale, nel mio quartiere” mormora gettando il
sacchetto al barista che si affretta a farlo sparire dietro il
bancone.
Seguo il volo delle
erbe magiche salvavita con un moto di disappunto, il mio sguardo
finisce nelle due pozze castane di Hayley che voltano su Elijah,
immobile come una statua di pietra, ed infine su Klaus, che sta
osservando tutto con un'espressione indecifrabile.
“La lascio vivere
per riguardo alla nostra amicizia.”
Marcel mi spinge
avanti, come se fossi una bamboletta, atterro su uno sgabello vuoto
vicino Hayley, Elijah mi sposta la bottiglia davanti e si
disinteressa completamente della faccenda. Quando il vampiro si
allontana, una lama arrugginita mi pungola sotto le costole,
riattivando le gambe. Devo fuggire, fuggire, fuggire...
“Dove vai, resta
qui.”
Esco dalla trance
salvavita che mi ha guidata per cinquecento anni e lo guardo. Sta
scherzando?!
“Fa quello che ti
dico, senza fare storie e senza fare di testa tua. Muovi un altro
passo e diventerai la cena di qualcuno.”
“Sono piena di
verbena.”
“Per ventiquattro
ore” mi ricorda Elijah, voltando piano la testa e ridendo sotto
i baffi. “Fra ventiquattro ore ti ritroverai in ginocchio ad
abbaiare alla luna, se te lo chiederanno.”
“E scommetto che
tu sai lì a goderti la scena” sussurro, provocatoria.
“Dovevo fare quella telefonata...”
“Dovevi confidare
in me.”
Piantala con la
gelosia, ho cose più importanti di cui occuparmi. La mia mente
sta lavorando a vuoto, tutti gli scenari crollano inesorabilmente
quando il fattore 'umanità' si mette di mezzo. Sbircio alle
mie spalle e una scarica di paura mi attraversa il corpo. Devo
calmarmi, il battito del cuore è come un richiamo sottomarino
per vampiri. Cazzo, eccoli lì... sono tutti lì...
stanno solo aspettando lo schiocco di dita del loro padrone per...
“Calmati.”
“Gli resterò
in gola, a questo bastardi...” sussurro e il tocco deciso di
Klaus mi fa uscire dallo stato di intontimento e paura. Abbasso lo
sguardo sul bancone pieno di bicchierini sporchi. “Me ne andrò,
ma ne porterò via un bel po'...”
“Kath, sei una di
famiglia. Nessuno ti toccherà.”
Di famiglia?! Li
guardo, uno alla volta. Persino Elijah annuisce debolmente e mi
sfiora la spalla.
Beh... resto di sale...
cinquecento anni di rapporto amore/odio che si trasforma in affetto.
Curioso, penso sedendo compostamente al bancone. Dovrei offrigli da
bere, ora?
***
Li sento parlare fra le
nebbie del sonno e dello scotch. Tengo gli occhi socchiusi e il mento
puntato sui palmi delle mani, immobile sullo sgabello per non perdere
l'equilibrio. Non ho più la resistenza di un tempo. E' passata
solo un'ora – a quanto dice il barista carino che ha continuato
a lanciarmi occhiate per tutto il tempo – ma ho percepito lo
scorrere del singolo minuto. Devo andare in bagno. Atterro malamente
sui tacchi. Hayley muove un passo verso di me, ma ci ripensa. Perché
non è casa a badare al piccolo? “Per controllare un
uomo... si deve controllare ciò che gli è più
caro...” biascico. Ehi, ci ho dato dentro con l'alcool e non me
ne sono accorta. “Il moccioso...”
“Sta dormendo.
C'è la babysitter con lui.”
“Già...”
sghignazzo. “La babysitter...”
Elijah fa una smorfia,
ma il dubbio gli distende i lineamenti. Scambia un'occhiata con
Hayley che sta già imboccando la via contraria, mi ordina di
non muovermi e le corre dietro. Un'altra volta. Cristo, non riesce
proprio a staccarsi da quella gonnella! Barcollo fino alla toilette,
lo specchio mi rimanda una brutta immagine che stento a riconoscere e
fra l'alcool e il sonno, ho solo voglia di chiudere gli occhi e
abbandonarmi alle tenebre. Klaus si è unito a Marcel. Sono
strani, gli uomini. Un momento prima sono lì a piantarsi i
denti nel collo, e un momento dopo sono di nuovo amici. Stanno
facendo i cascamorti con una biondina dall'aria posata che non sembra
intenzionata a cascarci per niente. Sono stordita ma mi
accorgo che il banchetto è cominciato. Nessun umano
viene prosciugato interamente. Si prendono un poco di sangue e poi li
guariscono, mesmerizzandoli. Ordino un bicchiere d'acqua e il barista
mi guarda di traverso. Impicciati dei tuoi affari! Se vomito,
elimino anche parte della verbena che ho ingerito la mattina. Se non
ne assumo altra entro ventiquattrore, resterò scoperta.
“Che ne dici di
pagare il conto, bella mia?”
Bella mia. “E
quanto sarebbe?”
“Sarebbe un
bacio.”
Bella mia?
“O anche due. In
effetti tre è il numero perfetto, ma a tentare la sorte...”
“... si rischia
la morte” concludo, in punta di labbra. E' quell'Angelo?!
Quello che ho conosciuto in Italia?
Il barista posa la mano
sulla borsetta e la fa cadere dalla sua parte. A differenza di Klaus
che preferisce eliminare le sue amanti, io li abbandono con un bel
ricordo e le saccocce piene. E' per questo che la fortuna gira sempre
dalla mia parte. Ci so fare... e a quanto ricordo, quell'Angelo è
pieno di fuoco...
***
“Ma che stanno
facendo quei due?”
Klaus risucchia una
guancia, ignorando la richiesta curiosa di Camille. I vampiri di
Marcel sono poco discreti e sebbene il tavolo sia discosto e la
visuale alla donna offuscata dalla presenza dei due uomini, un certo
movimento è stato notato lo stesso. Come lui ha notato il
flirt che Katherine ha instaurato con il barista dall'aria italiana.
Rivuole la verbena, pensa sogghignando sotto i baffi. Kath è
capace di tutto, anche di portarselo a letto. Il pensiero lo
infastidisce, tira indietro la sedia con stizza. Ha fatto il terzo
incomodo per un tempo sufficiente a capire l'interesse del vampiro.
Ora deve pensare ai propri affari. “Un altro giro, Camille?”
“Sono a posto,
grazie.”
“Marcel?”
Un gesto vago. E'
assorbito dalla donna e non lo vuole fra i piedi. Molto bene,
pensa adocchiando la chioma riccioluta di Katherine e il suo
bicchiere d'acqua.
Katherine lo sente
ancora prima che la tocchi. Immediatamente dimentica il barista e la
verbena nella borsetta, trattiene il fiato e alza il mento,
socchiudendo le labbra. “Portami a letto, sto crollando dal
sonno...”
Ah, ecco. Per un
momento si era illuso. “Sei ospite di Marcel, non posso
portarti via senza il suo consenso.”
“Allora guarderà”
sussurra agguantandolo per la camicia e rimettendosi in piedi.
“Guarderanno tutti.”
Klaus POV
Le sue labbra sono
piene, calde e gonfie. Sanno di liquore ed incitano a mordere.
Percorro tutta la schiena e mi fermo sulle natiche. Afferro, stringo
ed individuo elastici e tessuti impalpabili sotto i jeans aderenti.
Dov'è finito il ridicolo vestitino estivo tanto comodo da
sollevare?
“Ehi ehi ehi!
Questo è un locale rispettabile!”
Marcel ci raggiunge,
sorridente come se avesse vinto la lotteria. Mi stacco a fatica della
mantide religiosa, scocciato per l'interruzione ed eccitato come un
caimano in calore. Katherine reagisce come una ragazzina sorpresa
dalla madre col più fico della scuola. Non è una novità
che fatico a comprenderla. La trattengo contro di me, quando cerca di
allontanarsi. I muscoli si induriscono uno ad uno. Non mi vuole più.
“Aspettami qui.”
“Non ci penso
proprio!” sussurra con sguardo lucido e bramoso.
E' talmente bella che
non mi trattengo. Infilo le dita fra i suoi capelli e li stringo alla
base della nuca. “Fa quel che ti dico.”
“Voglio andare a
casa” sibila, implacabile. “Me ne posso andare, vero
paparino?”
Marcel la ignora, ha
capito come trattarla. Quando mi fa un cenno col pollice, abbandono
Katherine al suo assurdo malumore. Mi arrendo, faccia quel che vuole
della sua vita. Che si faccia pure ammazzare!
“Te la fa
sospirare, eh?”
Eh. Sollevo le spalle
ma la mia espressione parla chiara.
“Dai, portatela
via. Il piano superiore è libero. ”
Marcel allunga lo
sguardo verso il tavolo. Camille è ancora seduta. Capisco la
sua urgenza di tornare da lei. E' una conversazione piacevole,
Camille. Equilibrata. Tutto il contrario della pazzoide che mi sta
aspettando al bancone! Quando mi vede, alza gli occhi al cielo. Le
darei io un buon motivo per alzarli!
“Non ho potuto
trattenermi!”
“Tu non ti
trattieni mai” sibilo prendendola per la vita. L'urto del suo
corpo mi eccita nuovamente. Katherine fa una smorfia. Non sono per
niente delicato, no. Non se lo merita. “Il piano è
cambiato. Resterai ospite di Marcel.”
“Avevi un piano?”
“Io ho sempre
un piano. Siete voi che li fate saltare!”
“Sentiamo questo
favoloso piano.”
“Ormai è
andata, ringrazia solo la tua linguaccia.” La costringo a
camminare verso le scale che conducono al piano superiore e non la
mollo un istante.
“Non è
l'uscita questa” mormora guardandosi attorno. “Dove
stiamo andando?”
“Nei miei
appartamenti privati.” La ignoro, salgo i gradini a due a due,
ansioso di togliermi dalla folla. Scommetto che non ha mai smesso di
pensare a come svignarsela.
Katherine POV
Il corridoio su cui si
affaccia la porta tagliafuoco è costellato di quadri. Klaus si
dirige con scioltezza verso l'ultima porta sul fondo. All'interno,
non noto niente di speciale, solo un enorme pouf quadrato e
solido in tono con il divano angolato della stanza. La finestra è
chiusa. La apro e mi affaccio, decidendo per un'altezza impossibile
da superare per il corpo umano. Non ci sono neppure le scale
antincendio. Merda! penso, richiudendola con un tonfo che
lacera il silenzio. Klaus sta scrivendo sul cellulare. Mi mostra il
messaggio senza proferire verbo.
'Dov'è
Elijah?'
Microspie, eh? Cancello
e scrivo. 'E' andata a casa con Hayley. Controllo babysitter'.
'La babysitter è
una delle streghe'
'Ti fidi di lei?'
'Mi sono mai fidato
di qualcuno?'
Mai fidarsi delle
streghe. Fisso l'enorme divano, individuo i piedini, decido ad occhio
e croce una robusta solidità e mi muovo verso la camera da
letto. Al suo interno trovo un baldacchino enorme, seta e damasco,
trofei di caccia e... oh dio... è la riproduzione quasi esatta
della camera del castello, manca solo il camino...
“... solo il
camino. Vero?”
Il suo respiro mi sta
sfiorando l'orecchio, inghiotto la saliva e la lingua e mi aggrappo
allo stipite.
Klaus torna a scrivere,
ma la smorfia non lascia presagire nulla di buono.
'Questo posto è
mio. Il locale, la casa di Marcel. E' tutta roba mia.'
E non ha un'uscita
segreta, lo sciocco? La porta si chiude alle mie spalle e gli ultimi
rumori del locale vengono annullati del tutto. Sento solo il battito
del cuore e il respiro affannoso.
Klaus mi sfiora.
Sussulto.
“Che ti succede?
Hai bevuto troppo?”
Succede che non ho modo
di difendermi. O di fuggire. Avevo un piano, fino a due minuti fa.
Avrei usato le lenzuola per calarmi dalla finestra e sarei fuggita il
più lontano possibile. Non sarei tornata mai più a New
Orleans... ed ora... questo...
'Devo restare almeno
un paio d'ore. Marcel crede che ci stiamo dando da fare e non posso
deludere le aspettative del mio 'amico'.'
E' ben condito di
sarcasmo, quel messaggio. Annuisco, sentendomi più che mai nei
guai. 'Io non resto qui'.
Klaus mi studia, mentre
strappo le lenzuola dal letto e le lego insieme.
'Come fai con la
gente là fuori?'
'Sono piena di
verbena, non mi morderanno.' Come si faceva quel maledetto nodo
marinaro? Ah, sì... “Resti a guardare o mi dai una
mano?”
'Te la sto dando,
una mano. Sto impedendo che Marcel ti uccida, costringendomi a
cavargli il cuore dal petto.'
Che cosa tenera da dire
ad una ragazza. 'Non devi preoccuparti per me. Ho cinquecento anni
di fughe disperate sulle spalle.'
Klaus abbozza la
risposta, gettando il cellulare sul letto. “Ti saresti portata
a letto il barista pur di riprenderti la verbena?”
Infilo le dita nella
tasca posteriore e gli lancio il sacchetto. “Già fatto.”
“Ed io che
credevo di doverti aiutare ad uscirne. Come hai fatto?”
“Mi sono portato
a letto il barista. Non sono una sprovveduta, ho le mie conoscenze.”
“Pura fortuna.”
“Ho creato una
rete di salvataggio per sfuggirti, non sarà un vampiro fico e
culturista a fermarmi.”
“Ma ora sei
umana...”
“... e piena di
verbena.”
“E' l'unica cosa
che ti salva in questo momento.” Klaus mi gira intorno, lento,
sfiorandomi con piccoli tocchi che mi accendono tutta. La sua voce è
insinuante e invogliante. “Lo trovi fico?”
Non è proprio il
momento, tesoro. “Ha il suo fascino. Deve essere un maschione a
letto.”
“Devo chiedergli
di raggiungerci?”
Stringo bene il nodo
principale. “Molto spiritoso.”
“Hai iniziato
tu.”
“Sai cosa credo?”
borbotto dirigendosi in salotto “Credo che tu sia invidioso.
Lui è riuscito dove tu hai fallito. Non ti fa un po'
incazzare?”
Klaus passa dalla
tranquilla eccitazione alla furia pura. Ho toccato un brutto tasto.
Mi affretto a completare il cappio e spero che tenga nella discesa. E
che Klaus non mi raggiunga prima. Gli strizzo l'occhio, avvicinandomi
alla finestra aperta. “Ci si vede, cuoricino.”
“Non reggerà.
Ti ammazzerai ed io non potrò aiutarti.”
Guardo di sotto. Cazzo
se è alto... “A tentare la sorte non si rischia sempre
la morte.”
“Sacrosanto, ma
non dormi da ventiquattro ore, sei ubriaca e non ti reggi in piedi.
Le sferzate di adrenalina non durano mai a lungo.”
Se mi fermo, desidero
solo dormire. O morire. Un vero dilemma shakespeariano. “Hai un
piano?”
“Più di
uno.”
“Il primo cosa
prevede?”
“Rifai il letto e
vattene a dormire.”
Ha ragione. Se non
riposo almeno un po', non potrò essere lucida per affrontare
il problema. Annuisco, stanca morta. Infilo piano la gamba dentro, la
seta scivola sotto il palmo della mano e la schiena si inclina
all'indietro. Che strana sensazione... è come cadere.
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