Katherine è
caduta un mucchio di volte. Si è lanciata di sua spontanea
volontà, è stata spinta... ma non avrebbe mai creduto
che la sua vita si sarebbe conclusa sul selciato del Quartiere
Francese di New Orleans.
Klaus ha provato a
prenderla. Gli è scivolata dalle mani. Quello stupido lenzuolo
di seta. Perché non usa il cotone come tutti?
Katherine tossisce e
una bolla di ossigeno e sangue evade dai polmoni e le resta in gola,
strozzandola. Per quanto veloce, non poteva essere più veloce
di lei a cadere. La fisica vale anche con i vampiri.
I vampiri che la
circondano si tengono alla larga. Sentono l'odore della verbena. Mica
stupidi. La lasceranno morire. Katherine tossisce e sente il cranio
scricchiolare. Come fa ad essere ancora viva è un mistero.
Forse il maledetto lenzuolo di seta ha rallentato la caduta,
impedendole di rompersi l'osso del collo sul colpo. Klaus le plana
sopra con un soffio che ricorda il movimento repentino di un gatto
che fugge. Morde il polso e lo spinge contro le sue labbra.
Non ce la fa, non
riesce ad ingoiare.
“Voltale la
testa. Sta soffocando.”
Katherine tossisce di
nuovo e il sangue cola via attraverso la bocca e il naso. Sente il
brusio attorno a lei. C'è anche il culturista di colore.
“Dovrai
spararglielo dritto in vena non credo riesca a fare molto nelle sue
condizioni.”
Quali sono le sue
condizioni?
“E allora trovami
un fottuto medico, cristo santo! Fa venire le streghe!”
Le streghe non sono mai
una buona idea.
“No, non chiudere
gli occhi! Kath!”
“Fammi spazio...
non sono un medico, ma ho l'attestato del pronto soccorso...”
L'attestato del pronto
soccorso?! Le ci vuole un miracolo e Katherine non crede di meritarlo
dopo tutto quello che ha fatto.
“Sai fare
un'iniezione, Camille?”
“Certo...”
Katherine socchiude le
palpebre. Cribbio se fa freddo... fa così freddo... le sembra
quasi di morire...
“Ehi! Mollami e
ti verrò a cercare anche nell'aldilà, dolcezza.”
Lui non sente il gelo
salire dalle gambe. Katherine non vede alcuna luce bianca, solo i
piedi dei vampiri poco distanti. Sono sempre più sfocati e la
luce cala, invece di aumentare. Non ricorda neppure che giorno è.
***
Kat?
Mh...
Pensi che troveremo
l'amore, un giorno?
Ora come ora spero
solo di dormire, Charl...
Io lo immagino forte
come papà e bello come...
… come Erik,
il figlio del taglialegna?
Mi prendi sempre in
giro!
Erik ha i piedi
piatti e il naso da maialino. Se lo sposi, avrai tanti piccoli
porcellini e passerai il resto della tua vita a grufolare... ah! Non
picchiarmi col cuscino!
Quando lo sposerò,
tu non verrai alle mie nozze!
Nooo, sei cattiva!
Mi piacciono i maialini!
Anche a me... credi
che Erik lo immagini?
Se un uomo non si
accorge del tuo interesse, non vale la pena perderci tempo. Ora
chiudi la bocca e dormi, domani dobbiamo andare al mercato con la
mamma e non ho voglia di ciondolare fra le bancarelle assonnata e
prendermi una strigliata per colpa tua...
Kat...
Che c'è ora?!
Non ti sposerai mai,
resterai zitella e nessuno ti verrà a trovare, quando sarai
vecchia e stanca!
Quel giorno era stato
l'ultimo. Katerina era andata al mercato e lo aveva incontrato.
L'aiuto apprendista del mercante di stoffe. Lei aveva appena compiuto
sedici anni ma Stoyan era già un uomo, nelle sue diciannove
primavere. Katerina aveva pensato che l'amore, se esisteva, si stava
mostrando in tutta la sua forma. Quel giorno si era attardata, aveva
preso una strigliata dal padre e le era stata sequestrata la seta che
le aveva regalato di sottobanco. Non avevano creduto al ritrovamento
fortuito. Il mercante aveva frustato l'aiuto apprendista per la
perdita della pezza. Si sarebbero incontrati di nuovo, qualche mese
dopo, sulla medesima piazza. Sarebbe accaduto quella notte.
^*^
Katherine non ha alcuna
fretta di rinvenire, si gode gli ultimi strascichi del sogno della
sua vita passata. Stoyan, il suo sorriso storto, le cicatrici delle
frustate sulla schiena. Erano ancora rosse, quando si erano
ritrovati. Avrebbe usato la pezza di seta per il suo abito da sposa.
La mamma aveva capito, le aveva raccomandato prudenza. Ma in amore
non esiste la prudenza.
“Dove vai, torna
qui!”
Sta sussurrando ma
Katherine l'ha udita lo stesso. Uno scalpiccio di piedini invade la
stanza, Katherine apre gli occhi e guarda il bordo del letto. Due
manine strette a pugno e una testolina riccioluta spuntano dal nulla.
Due occhioni azzurri la scrutano timorosi. Katherine si solleva su un
gomito e guarda il bambino. Poi si guarda attorno. Troppi coniglietti
e porcellane per essere il boudoir privato di Klaus.
“Oh, sei
sveglia.”
Già, è
sveglia. Se l'è cavata anche stavolta. Katherine allunga la
mano e accarezza il visetto del bimbo che sorride e mostra un
dentino. “Mi è stata resa la libertà? Posso
tornare a casa?”
Hayley si china a
raccogliere il giocattolo che Mikeal ha appena lasciato cadere e si
avvicina, titubante. “Sei rimasta svenuta solo due giorni, ma
sono successe molte cose.”
Non può ancora
tornare a casa. Katherine sbuffa e si rilassa fra i cuscini. “Della
serie?”
“Avevi ragione
sulla babysitter.”
Lo aveva detto tanto
per dire non pensava l'avrebbero presa sul serio.
“Elijah ed io
siamo arrivati giusto in tempo, lo stava portando via.”
La voce di Hayley vibra
di rabbia. Katherine si scurisce. “L'avete uccisa, spero”
mormora agguantando il piccolo che cerca di scalare il letto.
“Ci è
sfuggita con uno stupido giochetto pirotecnico. Quando abbiamo
provato ad avvertire Klaus, abbiamo scoperto che stava cercando di
salvarti la vita...”
“Sorvola. Quella
parte la ricordo bene.”
“Ha ucciso un
paio di uomini di Marcel per velocizzare la tua resurrezione, e
poiché la babysitter era una strega, ha deciso di scendere in
guerra anche con Sophie che si dichiara del tutto estranea al
tradimento. Io le credo, tutti i suoi sforzi sono sempre stati tesi a
proteggere Mikeal... Katherine, c'è un vero e proprio carnaio,
là fuori, quasi non mi azzardo a mettere piede in giardino...
ehi, ti senti bene?”
“Ricordo molto
bene le mattanze di Klaus...” bisbiglia, pallida. “Dov'è?”
“Nello studio a
dipingere una tela molto grande. Da quel che dice Elijah, più
è grande, più è spietata la sua vendetta. Suona
piuttosto pomposo.”
“No, è
vero...” sussurra scostando le coperte. “Mi presti dei
vestiti?”
“I tuoi abiti
sono appesi nell'armadio.”
“Grazie...”
“Un'ultima cosa.”
Katherine alza lo
sguardo sulla donna. Non sono più due complete estranee. Sono
di famiglia.
“Lo sai come ci
si sente quando ti portano via un figlio. Se provano a toccare il
mio, li ammazzo. Uno ad uno.” Hayley perde la sua aria fissa e
un po' folle e si umetta le labbra. “Il mio branco sta venendo
qui. Si è unito al branco di Tyler e presto la città
sarà invasa dai licantropi e nessuno sarà più al
sicuro, neppure tu. Devi imparare a difenderti.”
Difendersi? E come?
***
“Non stare così
rigida. Il contraccolpo ti farà male alla spalla.”
Un fucile. Katherine
non ne aveva mai imbracciato uno.
“Quando sarai
migliorata, passeremo alle pistole ed infine alle armi da taglio.”
“Com'è che
sai tutte queste cose?”
Katherine perde la sua
posa rigida mentre Hayley sistema una fila di barattoli sul bordo di
una staccionata creata appositamente per l'allenamento.
“Ero una
teppistella. Quando mi sono trasformata la prima volta, i miei
genitori adottivi mi hanno cacciata di casa. Dovevo badare a me
stessa. La luna piena c'è una volta al mese, i pericoli, tutti
i giorni.”
Anche lei era stata
bandita, ma se l'era cavata in altri modi.
“Riprova.”
Katherine imbraccia il
fucile e chiude l'occhio sbagliato. E' stancante e ha ragione. Il
contraccolpo fa male. “Ahia...”
“Il fucile è
utile sulla lunga distanza ed è il più semplice da
imparare, all'inizio.”
“Perchè?
Che hanno le pistole che non vanno bene?”
“Te lo mostro
subito.”
Hayley apre la sua
valigetta e carica l'arma. Katherine la guarda incuriosita e quando
gliela passa, non sa cosa farci.
“Mira ai
barattoli. Non a me, non ai tuoi piedi e neppure ad Elijah.”
Katherine lo individua
sul lato opposto del giardino. Chissà da quanto tempo se ne
sta lì ad osservarle.
“Kath, a
proposito di Elijah...”
Katherine alza le
braccia come a visto fare in tv. “Va bene così?”
“Mi sento in
colpa. Non volevo portartelo via. Non gli ho chiesto aiuto, ha fatto
tutto di testa sua.”
Katherine morde
l'interno della guancia, poi abbassa le braccia e volta su se stessa,
grattando la testa. “La defezione di Elijah ha irritato il mio
orgoglio, tutto qui. Quel che è fatto è fatto.”
“Klaus dice che
menti anche nel sonno.”
“Klaus dovrebbe
farsi gli affari propri! Ha sprecato il suo tempo, avrebbe fatto
meglio a lasciarmi morire. Ora non dovrei sorbirmi il tuo patetico
tentativo di fare amicizia, ne udire stupite scuse sul fatto che ti
sei portata a letto il mio uomo!” Katherine stringe le labbra e
spara ai barattoli, mancandoli tutti.
“Ti ho visto
baciarlo, nel supermercato...”
“Non hai visto
niente” ringhia gettando a terra l'arma. “Lui non è
niente per me.”
“Sei ancora
innamorata di Klaus, lo sei sempre stata” bisbiglia lanciando
un'occhiata dietro di se. “Hai fatto tutti questi chilometri
per lui. Sapevi che era pericoloso eppure sei venuta lo stesso.”
“Mi secca
dirtelo, ma sono in cura da uno psicanalista e sto seguendo una
terapia che prevede il dialogo con alcune persone del mio passato.”
“Quella è
la scusa che ti sei messa per costringerti a fare la valigia.”
Centrato in pieno.
“Perché bisbigli?”
“Sono vampiri,
sono uomini e sono impiccioni. Se fossimo in un cocktail bar,
ci rinchiuderemmo al bagno.”
Katherine sorride,
mascherando il sorriso con una smorfia. Raccoglie la pistola da terra
e la porge alla donna. “Hai ragione, è più
difficile con questa.”
“Torniamo al
fucile?”
Katherine annuisce e
sospira, studiando il manico di legno. “Sono stata innamorata
del padre della bambina... la mia fiducia è stata mal riposta
ed è andata come è andata...”
“Non posso dire
di avere un rapporto idilliaco con il padre del mio...” Hayley
alza le spalle con una smorfia simpatica. “Per fortuna la casa
è enorme.”
“Per lo meno è
rimasto... e hai ancora tuo figlio.” Katherine tira giù
un barattolo e poi un altro. Quando le cartucce sono finite,
riconsegna l'arma alla donna che è rimasta in silenzio a
guardarla. O a giudicarla. “Ti invidio.”
“Non invidiarmi.
Puoi averlo anche tu, in qualsiasi momento.”
“Non è
così facile...”
“Sei tu a non
renderlo facile.”
***
“Perchè
gli hai tagliato i capelli?!”
Ha la stessa
espressione di Mikeal quando gli viene negato qualcosa. Sconsolato,
sorpreso... Hayley ha un moto di tenerezza. “E' un maschietto.
Se fosse stato una femminuccia...”
“Non erano così
lunghi.” Klaus prende in braccio il bambino che non ha proprio
intenzione di dormire. Sarà perché la luna è
quasi piena e lui stesso si sente irrequieto? Anche Hayley ha l'aria
vispa.
“Stai bene?”
“Starò
bene quando avrò scorticato Sophie.”
“Nik, non credo
sia stata lei” mormora e le sue parole cadono nel vuoto
un'altra volta. “Katherine è sveglia.”
“Lo so. Vi ho
sentite” sussurra accarezzando la schiena del piccolo che
comincia a chiudere gli occhi.
“Non so come fai
tutte le volte ma funziona” bisbiglia mentre il bambino viene
calato nel suo lettino. “Sei una madre migliore di me.”
Klaus sogghigna,
appoggiato alle sbarre alte della culla. “Dov'è finito
Elijah?”
“Al cimitero.
Aveva un appuntamento con Sophie... stanno studiando un modo per fare
un incantesimo di localizzazione senza farsi scoprire da Marcel.”
“Spreca il suo
tempo” bisbiglia facendole cenno di allontanarsi. “Ha
mira, la ragazza?”
“Migliorerà.”
“Ha speranze?”
“Se resta qui,
no.”
Doveva portarla a
Baltimora quando ne aveva la possibilità.
“Non riponete
molta fiducia nelle mie capacità di sopravvivenza.”
Il solito atteggiamento
ostile e spaccone di Katherine. Deve smettere di preoccuparsi per
lei. Bravo, però. Gli è arrivata alle spalle senza
farsi sentire. “Sentiamo... come ti difenderesti da un attacco
sovrannaturale?”
Katherine alza le
spalle. “Verbena. Proiettili d'argento.”
“Hai dei
proiettili d'argento con te? Posso vederli?”
“Ho le mie
risorse. Li trovo, se voglio!” La replica di Katherine è
stizzita, la sua uscita di scena silenziosa.
“Ma funzionano
davvero?”
Hayley fa una smorfia
allegra e torna in camera sua. Klaus sospira. Non finisce mai quella
giornata.
Katherine è in
piedi di fronte al dipinto. Lo studio odora di solvente e tempera
anche se tutte le finestre sono aperte. “Tu non hai alcuna
fiducia in me. Dove hai nascosto la mia verbena?”
“Nel cassetto del
tuo comodino.”
L'unisco posto in cui
non ha guardato. Katherine si umetta le labbra. “Potevi
lasciarmi morire...”
“No, non potevo”
mormora sorridendo “non ti ho ancora portato a letto.”
“Non accadrà
mai.”
Klaus sorride di nuovo.
“Allora ho il tuo permesso di allargare la discendenza
Mikealson.”
Katherine non capisce.
Per tre lunghissimi istanti non capisce di cosa sta parlando.
Ha già assunto
un interessante colorito verdognolo. Non deve mettere troppa carne al
fuoco.
“E perché
dovrebbe interessarmi?” sussurra, gelida. “Potete fare
quello che volete.”
“Questo non
cambia i miei sentimenti per te.”
“Il mio uomo non
lo divido con nessuno. Niente harem per Kath.”
“Non fare la
santarellina. Ricordo di averti scoperto in una certa situazione
compromettente, una volta.”
“Sono cambiata,
non sono più quella stupidina che hai conosciuto alla
festa...”
“Io continuo a
vedere una stupidina che a forza di fare di testa sua si è
quasi ammazzata.”
“Preferisco la
morte al passare la notte con te in quella stanza.”
Katherine smette di parlare, ha la gola secca. “Ricordati solo
di non spedirmi la partecipazione di matrimonio.”
Klaus continua a
guardarla senza raccapezzarsi. Se non capisce la connessione fra
passato e presente, diventa matto.
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