Tre-last
Dolce Flirt ~
Dimostra chi sei
Capitolo Tre.
Giocata Decisiva.
Robin's POV.
Ancora
non so dire quanto sia stato shockante per me trovarmi una visita
inaspettata in casa. Per giunta di un ragazzo che avesse qualcosa a che
fare con mia sorella.
Ora, davanti a me, seduto al tavolo della cucina, sta un certo Jade.
Non so chi sia ma sembra un ragazzetto per bene anche se non molto
atletico. Certo è che m'ispira fiducia ma le sue parole ancora
mi lasciano perplesso.
«Dunque...»
attacco bottone dopo aver sorseggiato un po' del mio caffè. Lui
ha ancora la tazza piena con cui giocherella, fissandola
insistentemente. So che vuole dirmi qualcosa, altrimenti non sarebbe
mai venuto fin qui, ma qualcosa lo blocca. «Se
hai qualcosa da dirmi, spara pure» cerco di metterlo a suo agio
con un tono amichevole. Finalmente mi volge la sua attenzione ma il suo
sguardo colpevole non è certo ciò che mi aspettavo di
vedere. Oddio! L'unico
pensiero che si forma nella mia mente è uno di quelli più
catastrofici; così pressante che le mie labbra socchiuse non
riescono a trattenerlo. «Non l'avrai mica messa incinta?!»
gli grido addosso alzandomi di scatto dal tavolo. Faccio forza con le
mani sulla superficie davanti a me ma il movimento è stato
comunque troppo brusco per il mio ginocchio che comincia a far male. Mi
accascio sulla sedia prendolo tra le mani. Nemmeno mi accorgo che ora
il ragazzo si trova al mio fianco. Appoggia una mano sulla mia spalla
chiedendomi se ho bisogno di qualcosa. Gli faccio di no con la testa,
ancora dolorante. Della mia stupidità posso occuparmi da
solo. «Allora?»
gli chiedo, ancora impaurito dalla risposta. Il suo volto già
imporporato diventa, se possibile, più rosso. «M-mannò, certo che no!» fa lui «Comunque
non dovresti fare certi movimenti; l'incidente ti ha-». Pronuncia
le ultime parole con un tono molto più basso, ma poi si blocca
conscio di aver detto qualcosa di troppo. «Come
fai a sapere dell'incidente?» gli chiedo, sospettoso. Chi diamine
è questo ragazzo? E perché sa queste cose? Si allontana
da me, comprendendo l'andazzo sfavorevole della conversazione.
«Mi
ha detto tutto Fleur». Sbuffo infastidito. Lo sapevo che c'era di
mezzo lei: ma sempre avuto una boccaccia enorme e non sapeva stare
zitta ma mai l'avevo sentita parlare dell'incidente, di me e
papà da quando tutto ciò era successo. Pensavo stesse
affrontando la cosa in silenzio ma, a quanto pare, mi sbagliavo. Lo
guardo, aspettando che continui e, vista la sua reticenza, lo invito
con la mano.
«Ecco» balbetta lui, ora fin troppo imbarazzato «Sono
venuto qui per dirti una cosa che riguarda lei...». Torna a
rigirarsi la tazza tra le dita. Non ha intenzione di parlare del
passato; meglio per me, così non mi tocca rivivere quegli
orribili istanti. E per un attimo il volto insanguinato di mio padre mi
ritorna alla mente. Abbasso il capo, coprendo gli occhi con la mano e
premendo le orbite con indice e pollice. Voglio cancellare
quell'immagine dalla mia mente ma ancora non ci riesco.
«Lei ha lasciato il Basket». Un fulmine a ciel sereno. «Cosa?!» ma soprattutto, Perché non ne sapevo niente?!
«Non vorrebbe che te lo dicessi ma... Come avrai notato» apre le braccia indicandosi «non
sono proprio il vostro tipo. Ora frequenta il club di giardinaggio,
dove ci siamo conosciuti». E ora riesco a spiegarmi la terra sui
suoi vestiti e quella sua mania di uscirsene con salopette o vecchie
magliette che le stanno larghe. Ancora, però, non capisco dove
voglia andare a parare. Sono incredulo e deluso da mia sorella. Non
tanto per il basket; piuttosto dal fatto che non mi ha detto niente.
«Da
quanto?» gli chiedo. Voglio sapere. Devo sapere. La sensazione di
aver fallito come fratello è troppo dolorosa da sopportare ma
ora che so la verità non voglio più segreti, anche se
è una terza persona a rivelarmeli.
«Due
mesi circa» risponde lui. Ed ecco che il suo strano cambiamento
prende un significato preciso. Il suo essere molto meno stanca e
più allegra... Mi trovo a fissare il mio ospite e a guardarlo
cercando qualche indizio su che persona sia. Possibile che lui sia la causa del cambiamento di Fleur? Che si sia... innamorata di questo ragazzo?
«Ma
la faccenda è un'altra» continua. Sembrano esserci fin
troppe novità, oggi. Ormai, l'idea che lei possa essere davvero
incinta non riesco più ad accantonarla. Lascio che un sospiro
rassegnato esca dalle mie labbra. Ormai, che può succedere?
«Due
sue compagne di squadra hanno chiesto di lei per la partita che si
terrà la settimana prossima ma lei non vuole tornare...».
Mi faccio spiegare per filo e per segno l'accaduto, venendo a
conoscenza dell'esistenza di questo fantomatico Dajan che ha osato
distruggerle il cuore e i sogni. Della sua fuga in un altro club e
delle sue indecisioni. Sentendo parlare questo ragazzo mi rendo conto
che la sorella che pensavo di avere è una persona totalmente
diversa. «Lei
ha bisogno che tu l'aiuti a tornare in campo» conclude il
ragazzo. Ma se non riesco più nemmeno a parlare con Fleur, a
farle dire come realmente sta, come potrò mai aiutarla davvero?
- - - - - - - - - - - - - - - - -
Mi rigiro tra le dita un pezzo di carta bianco cercando di tenere in
bilico sopra le labbra una penna. Ho voglia di scrivere qualcosa ma non
riesco a trovare le parole.
Dovrei chiedergli scusa per tutto il tempo perso e per quello che gli
farò perdere, ma ancora non so se sono tornata ufficialmente nel
club di basket. Dovrei anche ringraziarlo per le sue parole che mi
hanno spronata a provarci un'ultima volta. Dimostra chi sei,
mi aveva detto, e io ora più che mai, ho voglia di mostrare al
mondo quanto valgo. Ma non sarei arrivata a questo punto senza Robin
che, con i suoi soliti modi invadenti mi ha esplicitamente fatto capire
che non mi avrebbe preparato da mangiare per il mese successivo se
durante la partita avevo intenzione di far schifo. Non avevo avuto il
cuore per dirgli del mio cambiamento e, dopo giorni e giorni a pensare,
l'idea di tornare, anche solo per un'ultima grande azione, aveva messo
radici nella mia mente e, soprattutto, nel mio cuore. Per mio padre e per Robin,
mi ero detta e mai mi ero convinta così tanto di una bugia:
l'avrei fatto anche per me stessa, per non lasciarmi sopraffare da uno
stupido ragazzetto che non sa tenere la bocca chiusa.
Jade, però, era stato la molla nonché l'ultima spinta.
«Secondo
me dovresti andare. Hanno bisogno di te». Avevo provato a
ribattere ma un suo astruso discorso sull'importanza che il basket
aveva e avrà sempre su di me a causa dei miei trascorsi mi aveva
fatto accettare l'idea.
«Ma solo per questa partita» avevo detto alle mie compagne.
E ora eccoci qui. Eccomi qui,
da sola, in mezzo alle piante che avevo accudito per settimane e
settimane e che stavo per lasciare. Il giorno seguente avrebbe avuto
luogo il mio ultimo atto e l'idea che Jade non potesse esserci mi
faceva male al cuore. Non avendo, però, altro modo per
contattarlo, gli lascio un biglietto sperando che lo veda in tempo.
Scribacchio l'ora e il luogo.
Domani h. 14,00 in Palestra. Grazie di tutto.
Tento di disegnare un cuoricino che ne esce schifosamente sghembo.
Infine ci appoggio su le labbra come firma, sperando che possa
captarle. Chiudo gli occhi al contatto con la carta.
Ah, quanto avrei voluto poterglielo dare quel giorno...
Le gambe non tremano più e la stanchezza, anche se tanto, non
basta a fermarmi. Due mesi di stop si sentono ma grazie ai tiri che
ogni tanto facevo fuori casa, al canestro sopra il garage, sono ancora
in grado di giocare.
La partita volge a nostro favore per 47 a 31. Molti canestri li ho
segnati io stessa sorprendendomi nel trovarmi ancora così in
gamba nonostante avessi abbandonato. Il coach, poi, ne è
entusiasta. Le mie compagne si stanno impegnando molto e vedo i loro
sorrisi soddisfatti. L'atmosfera sembra perfetta e l'adrenalina mi
scorre in corpo al posto del sangue. Quanto mi era mancata questa
sensazione...
Lascio vagare il mio sguardo tra il pubblico. Robin troneggia su tutti.
Il suo sorriso compiaciuto è per me fonte d'ispirazione. Ogni
movimento che compio, ogni passo è un tributo a lui e a tutto il
lavoro che ha dovuto fare. Mio padre, da lassù, so che è
fiero di me. Poi vedo Dajan, non molto lontano. Non riesco a capire
ciò a cui sta pensando e poco m'importa. Ma percepisco il suo
sguardo sulla pelle. Una provocazione o una minaccia? Il sorriso che
avevo rivolto pochi istanti fa a mio fratello scompare. Accetto la sfida,
cerco di comunicargli. Poi una mia compagna mi chiama. Vedo la palla
arrivarmi. L'afferro e, memorizzati tutti i vecchi schemi di gioco,
comincio a palleggiare verso il canestro. Passo velocemente sulla
destra e poi sfondo la linea avversaria. La mia compagna tira ma
finisce sul ferro. Salto più che posso arrivando a sentire
l'aria attorno a me fermarsi. Tutto sembra rallentare. Afferro la palla
come se non ci fosse una resistenza avversaria e, nell'azione di
ritirarla a canestro, riesco a sentire una voce fin troppo familiare
nella mia testa. Vediamo che sai fare.
49 a 31. Una compagna mi da una pacca sulla spalla. E mentre le
avversarie cercando di ripartire, il mio sguardo va al ragazzo.
Sorride, quasi compiaciuto della cosa. Non riesco a capirlo, ma non
è certo questo il momento per pensare a lui.
Il fischio dell'arbitro chiude la partita a nostro vantaggio. Non
riesco nemmeno a tirare un sospiro di sollievo o uno sbuffo di
stanchezza che mi ritrovo le mie compagne al collo. Urlano e gridano
felici inneggiando il mio nome come Salvatrice della partita.
Robin, dalle tribune, alza il pollice. Gli sorrido di rimando, cercando
di alzare un braccio per fargli capire di aver afferrato il suo
messaggio ma le ragazze attorno a me mi schiacciano in un abbraccio
collettivo. Dopo festeggiamenti e saluti vari chiedo scusa a tutte.
Voglio solo vedere mio fratello e, sorprendendomi a quel pensiero,
Jade. Ma cercandolo con gli occhi, non ero riuscita a vederlo durante
la partita e la cosa non mi aveva certo lasciata indifferente.
«Sei stata grandiosa, sorellina!»
esulta mio fratello stringendomi a sé. Non riesce più a
prendermi in braccio e a farmi roteare a un metro dal suolo come faceva
sempre prima dell'incidente; ma un suo caldo abbraccio significa molto
più di quanto possa immaginarsi. «L'ho
fatto per te» sussurro al suo orecchio. Ora che tutto è
finito sento che lui deve sapere; devo dirgli tutto. Mi stacco da lui,
guardandolo seriamente negli occhi. «Devo
dirti una cosa, Rò». Il suo sguardo si fa dapprima
pensieroso e poi curioso. La serietà non lo sfiora nemmeno. «Io avevo lasciato il club...». Mi sento un verme a dirglielo ma la sua espressione non muta. «Tutto qui?» mi chiede lui. Ora sono io a strabuzzare gli occhi. «Sì,
lo sapevo già. Me l'ha detto un tuo amico. Che,
approposito...» alza l'indice indicandomi il corridoi che porta
agli spogliatoi. Che amico, però? Non starò forse parlando di... Jade! Il mio viso s'illumina senza ch'io possa controllarlo. Lo capisco subito dal sorriso malizioso. «Su» mi da una pacca sulla spalla «Và da lui».
Incredibile come Robin possa accettare una cosa del genere senza
fiatare. Chissà che cosa diamine ci sarà stato tra lui e
Jade... Ma non è quello il momento per pensarci. Mi fiondo
giù dalle scale per andare a cercare il mio amico quando sento
una voce che mi chiama. Mi giro di scatto, sorridente e raggiante ma le
mie emozioni si stravolgono di colpo quando, al posto del verde, mi
ritrovo davanti Dajan, a braccia incrociate con la schiena contro al
muro e un'espressione compiaciuta sul volto. «Sei stata brava» mi dice, staccandosi dalla parete e avvicinandosi a me «Proprio brava...»
Lo sento pericolosamente vicino ma non so che cosa fare. Abbassa il suo
viso color caramello alla mia altezza e sento due suoi polpastrelli
appoggiarsi sotto al mio mento. Lo spinge verso l'alto per avvicinare
le mie labbra alle sue. Sento il suo respiro sulla mia pelle ma non
è affatto una situazione piacevole. «Credo
di averti giudicata male... Mi piaci». Oddio, la mia prima
confessione? Da un tipo così?! Accidenti! Maledico Jade per non
aver detto chiaro e tondo i suoi sentimenti quella volta in cui
litigammo. Perché il minimo romanticismo dev'essere distrutto da
individui ignobili come questo qui?!
Si fa sempre più vicino.
«Diventerai mia» mi sussurra, imitando -in modo molto
strano e alquanto discutibile- il verso di un felino. Vuole baciarmi ma
io non sono certo d'accordo. Gli afferro il polso con una mano,
spostando la sua leggera pressione da sotto al mio mento. Avendo la
testa non più sostenuta, s'abbassa velocemente e le sue labbra
stanno per sfiorarmi quando io stessa gli porgo gentilmente
un brandello della mia pelle; più precisamente la fronte. Una
testata degna di questo nome, dritta sulle labbra e sul naso che ora si
tiene doloranti. Urla di dolore e si allontana da me pur senza
allontanarsi troppo.
«Ma...!»
diciamo in coro. Jade appare nel mio campo visivo. Quand'è
arrivato?! Ormai è una domanda di routine quando c'è di
mezzo lui. Tiene l'altro polso di Dajan ma, non appena il ragazzo cerca
di allontanarsi lo lascia fare, mollando la presa. I segni delle dita
sono ben visibili sulla pelle scura dell'atleta che ci guarda
infuriato. «Ma siete pazzi?!» ci indica ripetutamente mentre dall'altra mano scende un rivolo di sangue. Ops, credo di avergli rotto il naso...
Jade mi cinge le spalle con un braccio e tenta di trascinarmi lontano da Dajan. «Forse»
gli risponde sorridendo per poi voltargli le spalle. Io seguo i suoi
movimenti, in silenzio, assecondando tutte le sue scelte. Ben presto di
lasciamo alle spalle le urla e gli insulti del ragazzo che ci maledice
per avergli rovinato il viso e i polsi. Purtroppo per lui, la cosa non
ci tange affatto.
Mi blocca in mezzo al cortile, lontano dalla folla di gente arrivata
per la partita. Mi prende le mani tra le sue e mi guarda dritto negli
occhi.
«Non ti ho visto alla partita» sussurro dispiaciuta. Lui abbassa lo sguardo, cercando di scusarsi. «Sono arrivato tardi» dice «Ho
trovato il bigliettino verso le due e mezza e sono subito corso in
palestra ma prima di trovare posto ci ho messo un po'...»
ciononostante ancora non riesco a capire dove si fosse seduto; ma Jade
è così, un ragazzo che arriva come un'ombra, un
fantasma, che lascia un'impronta indelebile nella vita di che ha
la fortuna di conoscerlo.
«Ti direi che sei stata brava ma, purtroppo, non ci capisco niente di Basket» se la ridacchia. «Beh» provo a suggerirgli «puoi
dirlo comunque». Mi risponde con un dolce sorriso. Lascia le mie
mani, facendo scivolare le sue lungo le mie braccia. Mi accarezza,
incurante del sudore che ancora mi imperla la pelle. «Posso
dirti che stai d'incanto anche con la divisa». Abbasso lo
sguardo, imbarazzata. Come può trovarmi bella con addosso solo
una canottiera troppo larga per i miei gusti e dei pantaloncini rossi
sopra ad un altro paio neri, più aderenti? E, soprattutto, sono
madida di sudore. «Ma
con la salopette e il viso sporco di fango sei molto più
carina» mi sussurra all'orecchio. Riporto il mio sguardo nel suo,
alzando di scatto la testa e mancando miracolosamente la sua. So di
essere arrossita perché sento le vampate di calore salirmi dalle
punte dei piedi e fermarsi sulle guance che sicuramente scottano. Ne
accarezza una con la sua mano dal tocco gentile. Chiudo gli occhi
lasciando che il mio viso si appoggi completamente sul palmo. La mia
mente si svuota; non riesco a pensare ad altro se non alla rosa rossa
che ha sfiorato la prima volta che lo vidi. Mi sento tanto un petalo
rosso in balia delle sue dita.
Poi mi chiama, costringendomi ad aprire gli occhi. «Sono felice che non ti abbia fatto niente». Si riferisce a Dajan? «Non spetta a lui il mio primo bacio...» sussurro sperando che colga l'allusione.
Lo vedo arrossire a sua volta, finalmente. Il rosso gli dona tanto,
sotto alla sua folle chioma verde. Avvicina il suo volto al mio ma non
riesco più ad aspettare. Mi stringo a lui, appoggiandomi al suo
petto e alzandomi quasi in punta di piedi per congiungere le mie labbra
alle sue. Una sua mano mi accarezza la guancia mentre mi bacia; con
l'altro braccio mi cinge la vita, tenendomi stretta a lui. Il mio cuore
scoppia di gioia e quando riapro gli occhi non riesco a vedere altro se
non il suo sguardo carico d'amore, tutto per me.
«E ora?» gli chiedo. Lo vedo mordersi un labbro, trattenendo un forte impulso di baciarmi ancora.
«E
ora si stacca da te!» la voce di Robin mi raggiunge. Ci giriamo
spaventati, ancora stretta tra le sue braccia. Mio fratello è a
pochi metri da noi con le braccia incrociate, che ci guarda con
rimprovero.
«Ok che non è incinta. Ma è pur sempre mia sorella!»
Guardo Jade, sconvolta. «Che intende dire?!»
Lui ridacchia, imbarazzatissimo.
«Niente. Lunga storia...»
Oh, mi sento un prodigio!
In un giorno (sì, anche se non le tre, vale come giornata) ho
scritto il finale per la storia di Leigh, concluso il secondo capitolo
di questa ff e ora anche il terzo. Direi che per me è un record!
Oh, e ho anche fatto Kendo, quindi ora penso proprio che me ne
andrò a dormire perché sono stancherrima!
Volevo solo scusarmi per questa storia che, a parer mio, sembra un po'
troppo affrettata. Purtroppo, come avrei già aver scritto, non
avevo intenzione di protrarre altre storie all'infinito così mi
sono messa d'impegno per scriverle e concluderle in pochi capitoli
ma-soprattutto- in breve tempo.
Ipotizzo che, dopo queste, arriveranno finalmente i nuovi capitoli di
Doppio Gioco e Shadows. Per quanto riguarda la prima storia, l'idea di
base è già pronta; per la seconda, il concept è
sempre lo stesso ma non riesco a svilupparlo come vorrei quindi dovrete
avere pazienza per quello.
Perdono!
Ma vi ringrazio comunque per aver letto questi miei piccoli 6 scleri.
In questi ultimi 3 (2, in realtà) sono felice di aver potuto
mettere Jade. Era sempre apparso nelle mie storie ma solo come comparsa
laterale; ora invece ha avuto il ruolo da protagonista che merita!
|